VITA DI PIERINO DA VINCI
SCVLTORE.
ENCHE coloro fi Cogliono celebrare, iquali hanno virtù®
famen ce adoperato alcuna cofa,nondimeno,fé le già fatte
-opere da alcuno moftrano le non fatte, che molte fareb
bono ftate,&molto piu rare,fe cafo inopi nato,& fuor’del
l’ufo comune non accadeua,che le’n terroppc, cercamétc
coftui,oue fia chi dell’altrui uircu uoglia cflere giurto efti
filatore,coli per l’una,come per falera parte,& per quan-
to e’fece,& per quefche facto harebbe,meritamente fara lodato, & celebra-
to. Non douerranno addii nque al Vi nei scultore nuocerei pochi anni,che
egli vifle,& torgli le degne lode nel giudizio di coloro, che dopo noi verran
no;confiderando,che egli allhorafionua,&d’età,&c di ftudij,quando quel’
che ognuno ammira,fece,& diede al modo.ma era per moftrarne piu copio
famente i fruttile tempefta nimica i frutti,& la pianta non ifueglieua.
- Ricordomi d’hauer altra uolta detto, che nel Cartello di Vinci nel Vai- damo di (òtto fu ser Piero padre di Lionardo da Vinci pittore famofirtìmo. ^ queftoler Pierò nacq; dòpo Lionardo, Bartolomeo vltimofuo figliuolo: ilqualeftandofia Vinci, & venuto in età, tolfeper moglie vna delle prime giouanedél Cartello. Era defiderofo Bartolomeo d’hauereun’figliuol’ma- ftiò,&: narrando molte volte alla moglie la grandezza dell’ingegno, che ha u’eua hauu to Lionardo fuo fratello,pregaua Iddio che la facerte degna, che. per mezzo di lei na/certe in cala fua vn’altro Lionardo,ertendo qllo già mor tp; Natogli adunque in breue tempo, fecondo il fuo defiderio vn’gratiofb fanci.ùllojgli voleua porre il nomedi Lionardo,ma con figliato da’parentià rifare il padre,gli pofe nome Piero. Venuto nell’età di tre anni,era il fanciul Jò.d.i volto bellifiìmo,& ricciuto,'& molta grafia moftraua in tutti igeiti, de uiuezza d’ingegno mirabile: in tanto che venuto a Vinci, 8c in cafa Bartolo meo alloggiato maertro Giuliano dei Carmine Aftrologo eccellente, Safeco vn’preteChiromante,cheerano amendueamiciffimi di Bartolomeo,& guardata Iafronte,& la mano del fanciullo, predirtono al padre, l’A ftrologo e’I Chiroman te infieme la grandezza dell’ingegno fuo, & che egli farebbe in poco tempo profitio grandiftìmo nell’arti Mercuriali, ma che farebbe breuillima la vita fua. Et troppo fu vera la cortor’profezia, perche nell’un» parte,&: nel!’aJrra(baftando in vna)nell arte,& nella tiita fi volle adempiere. Crefcendo di poi Piero, h ebbe per maertro nelle lettere il padre, ma da fe fenza maertro,datoli a difegnare,& a fare cotali fàroccini di terra, moftrò chela naturai la celefte inclinazione conofciutada!l’AftroIogo,& dal Chi Tornante già fi suegliaua,& cominciaua in lui a operare.Perla qual cofa Bar lolomeo giudico,che’l ino voto fu fife efauditoda Dio : de parendogli, che’l fratello gli filile flato renduto nel figliuolo,pensò a leuare Piero da Vinci,& condurlo à Firenze- Cofi fatto adunque lènza indugio, pofe Piero, che già era di dodici anni,a ftar col Bandinelioin Firenze:promettendoli che’l Ban «lineilo, come amica già di Lionardo, terrebbe conto del fanciullo,& gl’in
fegnerebbé
PIERO DA VINCI 417
fegnarebbe con diligenza,pemochegli pareua,che-egli piu della scultura fi dilettarle, chedella pittura. Venendo dipoi piu volte in Firenze,conobbe che’lBandinello non corrifpondeua co’fatti al fuopenderò, Se nóvfauanet fanciullo diligenza,nè ftudio,con tuttoché pronto lo vedette all’imparare. per la qual’cofa toltolo al Bandinello,lodetteal Tribolo, ilquale pareuaà Bartolomeo.chepiu s’ingegnatted'aiu tare coloro,i quali cercauano d’impa rare,& che piu arrendette agli ftudij dell’arte,& portatte,ancora piu afFettio ne alla memoria di Lionatdo. Lauoraua il Tribolo a Cartello villa di sua EC cedenza, alcune fonti. La doue Piero comincia to di nuouo al fuo folitoadi fegnarc,per hauer’quiui la concorrenza degPaltrigiouani,che teneuail Tri bolo,fi mette con molto ardore d’animo a ftudisre il di,& la notte, spronati dolo la natura defiderofa di virtù,& d’honore,& maggiormente accenden dolo l’ettempio degli altri paria le,i quali tuttauiafi vedetta intorno.Onde in pochi meli acquiftò tanto,che fu di ntarauigliaa tutti; Se cominciato a pt- gliar’pratica in lu’ferri,tentaua di vederle la mano,& lo Icarpello obbediua fuori alla voglia di dentro,& a’difegni Tuoi dell’intelletto. Vedendo il Tribolo quefta fila prontezza,Se appunto hauendo fatto allhora fare vn’acqua io di pietra per Chriftofano Rinieri,dette a Piero vn’pezzetto di marmo, del quale egli facefle vn’fanciullo per quell’acquaio,che geteatte acqua dal mem bro virile. Piero prefoil marmo con molta allegrezza, Se fatto prima vn’mo delletto di terra,condutte poi con tanta grazia il lauoro,che’l Tribolo,&gli altri fecionoconiettuta,cheegli riufeirebbedi quegli, che fi truouano rari nell’arte fua. Dettegli poi a fare vn’mazzocchio ducale di pietra fopra vn’ar me di palle per Metter Pierfrancefco Riccio Maiordomo del Duca: «Scegli lo fece con due putti,i quali intrecciandofilegambetnfieme, tégonoil maz zocchtoin mano,6c lo pongono fopra Tarme; laquale è porta fopra la porta d’una cafa,che allhora teneua il Maiordomo dirimpetto a san’Giuliano allato a’preti di sant’Antonio. Veduto quefto lauoro,tutti gli artefici di Firé zefecionoil medefimogiudicio,ch’el Tribolo haueuafatto innanzi. Lauo- rò dopo quefto,vn’fanciullo,che ftringe vn’pefce, chegetti acqua per bocca perlefonti di Cartello .EthauendoghdatoilTribolo vn’pezzo di marmo maggioreme cauò Piero due putti,che s’abbracciano l’un’raltro,& ftrigne- dopefcijgli fanno fchizzare acqua per bocca. Furono quelli putti fi grazio fi nelle tefte,& nella perfona,& con fi bella maniera condotti, di gambe, di braccia,& di capelli,chegià fi potette vedere,che egli harebbe còdotto ogni «difficilelauoro a perfettione. Prefo addunqueanimo, Se comperato vn’pez zo di pietra bigia,lungo due brac.«Sc mezzo,^condottolo a cafa fua al canto alla Briga,cominciò Piero a lauorarlo la fera quando tornaua,& la notte, Se igiorni delle fette,intanto chea poco a poco lo condutte al fine. Era quefta vna figura di Bacco,che haueua vn’Satiro a’piedi,& con vna mano tenendo vnatazza,nelTaltrahaueuavn’grappolod’vua: e’1 capo lecingeua vna coro na d’vua fecondo vn’modello fatto da lui fletto di terra. Moftrò in quefto,& negli altri fuoi primi lauori Piero vn’ageuolezza marauigliofa, laquale non offende mai l’occhio,nèin parte alcuna è moietta a chi riguarda. Finito que fio Bacco,lo comperò Bongianni Capponi,òchoggi lo tiene Lodouico Cap poni fuo nipote in vna fua corte, Mentre che Piero faceua quelle cofe,pqchi
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4*8 TERZA PARTE
fapeuano ancoraché egli fufle nipote di Lionardo da Vinci: ma facendo I*o perefue lui noto,&chiaro,di qui fi fcoperfeinfiemeil parentado e’1 fangue. La onde tuttauia dappoi fi per l’origine del zio,&fi per la felicità del propiq ingegnOjCól quale e’rartomigliana'tanto huomo,fu per innanzi non Piero, mada tutti chiamatoli Vinci.-Il Vinci addunque, mentrechecofi fi porta- ua,piu volte,&da diuerfe perfone haueua vdito ragionare delle cofedi Ro ma appartenenti all’arcej&celebrarle^ome fempre da ognuno fifajonde in lui s’era vn’grandedefiderio accefo di vederle,sperando d’hauerne a canore profirto,non folamemevedendo l’opere degli antichi, ma quelle di Miche- lagnolo,& lui fteiTo alihora viuo,& dimorante in Roma. Andò addunque in compagnia d'alcuni amici fuoi,& veduta Roma,& turco quello, che egli defideraua,fene tornò a Firenze,confiderato giudiziofamente^lieiecofe di Roma erano ancora per lui troppo profonde, & voleuanoefier’uedute, & inimitate non cofi ne’princtpij,ma dopo maggtor’noritia dell’arte. Haueua alihora il Tribolo finito vn’modello del fufo della fon te del Laberinto, nel quale fono alcuni Satiri di ballo rilieno, & quattro mafehere mezzane, & quattro putti piccoli tutti tondfchcfeggono fopra certi viticci.Tornato ad dunqueil Vinci,gli detteil Triboloafarequefto fulo, Scegli locondu(Ie,& fini,facendoui dentroalcunilauorigétili non ufati da altri,cheila lui,iqua- li molto ptaceuano aciafcuno che gl i vedeua. Hauendo il Tribolo fatto fini re tutta la tazza di marmo di quella fonte,pensò di fare in fu Periodi quella quattro fauciulli tutti tondi,che ftellinc agiacere,& scherzallino co le brac cia,& con le gambe nell’acqua con vari jgefti per gettargli poi di bronzo . Il Vinci percommetlìone del Tribolo gli fece di terra Jquali furono poi getta lidi bronzo daZanobi Lafl:ricatiscuhore,&moltOfprarico nelle cofedi get to,&furono porti non è molto tempo intorno allafonte,-ch'efonocofa bel- liflìma a vedere. Praticarla giornalmente col Tribolo Luca.Manint prouedi toreailhora della muraglia di Mercato Nuouo.' ilqualedefiderandodigtoft uare al Vinci,lodando molto il valore dell’arte,& la bontà de’coftumi in lui gli pronuedde vn'pezzo di marmo alto due terzi,& lungo vn’braccio,& vn’ quarto. Il Vinci prefo il marmo,ui fece dentro vn Chrirto battuto allacolo na, nelquale fi vede ofTeruato l’ordi ne del bado nlieuo, 8c deldifegno. Et certamente egli fece marauighare ognuno,conlìderando che egli non era p uenuto ancora a r7. anni dell’età fua,& in cinque anni di ftudio,’haueua ac qui (lato quello nell’arte, eh e gli altri non acqui ftano fe non con lunghezza di vita,&con grande’spericnzadi moltecofe.In quello tempoilTribolo,ha uetido preso l’ufficio del capomaéftro delle fogne della città di Firenze,fec5 do ilquale vfficio ordinò,che la fogna della piazza vecchia di santa Maria NO nellas’alzalleda terra.acciochepiu ellendocapace,■meglio porefle riceuere • tutte l’acque,-che da diuerfe parti a lei concorrono,perqueftoaddunqueco mefTe al Vinci,che facefTe un’modello d un malcheronedi tre braccia,ilqua le aprendo la bocca inghiottirle Tacque piouane. Di poiperordine degli vi ficiali della Torreallogata qneft’opera al V incisegli per condurla piu predo j ch'im ito Lorenzo M trignolli scultore,in<compagnia dicoftui la fini in vn* failo di pietra forrej'&l’operaè tale,checon volita non piccola della.ctttà tut ta quella piazza adorna.. Già pare.ua.al Vinci hanercacquiilatocatuoiielPar
te,
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te, che i! vedetele co (e di Roma maggiori, & il praticareeogli artefici, che fono quiui eccellentiflimi, gli apporterebbe gran frutto 5 però porgendoli occafioned’andarui,la prefe volentieri.Era venuto Fiancefco Bandini da Ro ma amiciflimo di Michelagnolo Buonarroti; codui per mezzo di Luca Mar tini conofciuto il Vinci, & lodatolo molto, gli fece fare vn ’ modello di cera d’unafepoltura,laquale voleuafarcdi marmò alla fu a cappella in santa Cro ce,&: poco dopo,nel fuo ritorno a Roma, pcioche il Vinci haueua feoperto l’animo fuo a Luca Martini,il Bandino lo menò feco, doue dudiando tutta uia dimoiò vn’anno,&fece alcune opere degne di memoria. La prima fu vn’Crocifillo di bado rilieuo,che rende l’anima al padre, ritratto da vn’ dife gno fa.tto da Michelagnolo. Fece al Cardinal’ Ridolfi vn’ petto di bronzo, per vna teda antica,&vnaVenere di baflb'rilieuodimarmo,thefumoltolo ciato. A Fran. Bandini racconciò vn’cauallo antico, atquale molti pezzi man cauano,& lo ridufle intero. Per modrare ancora qualche fegno di gratitudi nc,doue egli poteua,inuerfo Luca Martini, ilquale gli fcriueua ogni spaccio &Ioraccomandauadicontinouoal Bandino, parueal Vinci di fardi cera tutto rondo, & di grandezza di dua terzi il Moisè di Michelagnolo,ilquale è in san’Pierom Vincolaallafepolturadi papaGiulio fecondo,che nó fi può uedereopera piu bella di quella: cefi fatto di cera il Moisè, lo mandò a dona rea Luca Martini. In quello tempo che’l Vinci dalia a Roraa,& ledette co- fefaceua,LUca Martini fu fatto dal Duca di Firenze proueditoredi Pifa,&nel fuo vfficio non fi feordò dell’amico fuo. Perche fcriuendogli, che gli prepa raua la danza, & prouuedeua vn’marmodi tre braccia, fi che egli Tene ror- na(leafuopiacere,perciochenullagli mancherebbe appreflodi lui,il Vinci da'auedecofeinuitato,& dall’amoreche a Luca porraua,fi rifoluè a partirli di Roma,&per qualche tempo eleggere Pifa per dia danza, doue dimaua d’hauereoccafioned’efercitarfi,& di fare fperienza della fua virtù. Venuto oddunquein Fifa,trouò che’l marmo era già nella danza,acconcio fecondo l’ordine di Luca: & cominciando a tiolerne cauare vna figura in piè,s’auued de che’l marmo haueua vn’pelo,ilquale lo.fcemaua vn’bracció. Per Io che ri /blutoa voltarlo a giacere,fece vn’fi urne gioiiane,che tiene vn’vafo, che get ta acqua; & è il vafo alzato da tre fanciulli, i quali aiutano a verfare l’acqua il fiume,&lotto i piedi a lui molta copia d’acqua difcorre,nella quale fi veggo no pefei guizza re,& vccelli aquaticiin varieparti volare Finito quedo fiume,il Vìnci ne fece dono a Luca,ilquale lo prefen tò alla Ducheda: Se a lei fu moltocaro,percheallhora edendo in Pifa Dcn’Grazziadi Tolledo fuo fra* tello venuto con leGalee,ellalodonòalfrarello,ilqualecon molto piacere lo riceuetteper le fonti del fuo giardino di Napoli a Chiaia. Scriueua in que (lo tempo Luca Martini foprala Commedia di Dante alcune cofe,& hauen domodrataal Vincilacrudeltàdelcritta da Dante,laqualevforono i Pifani & l’ArciuefcouoRuggieri contro al Conte Vgolino della Gherardefca,face do lui moriredi famecon quattro fuoi figliuoli nella Torre, perciò cognominata della fame;porfeoccafione,&penfiero al Vinci di ntiouaopera, &C di nuono difegno. Però mentre, che ancora lauorauail fopradetto fiume, mede mano a fare vna doria di cera per gettarla di bronzo alra piu d’vn’brac Ciò, & larga tre quarti. Nella quale fece due de’dgliuoli del Còte morti, vno
4io • T.ERZA 5A RT fe
in ateo di spirarelanima,vno,che vinco dalla Fame è predo all’eftremo, non peruenu to ancora all’ultimo fiato; il padre in atro pietofo,&miferabile> eie co,& di dolore pieno va brancolando fopra i miferi corpi de’figliuolidiftefi in terra. Non meno in quella opera moftrò il Vinci la uirtu deldifegno,chc Dante ne’fuoi verfi moftralleil valoredellapoefia: perche non men’compaf fione muouono in chi riguardagli atti formati nella cera dallo scultore,che faccino in chi afcolta gli accenti,& le parole notate in carta viue da quel Poe ta. Et per inoltrare il luogo, doueil cafo segui, fece da pie il fiume d’Arno , che tiene tutta la larghezza della ftoria, perche poco difcoftodal fiume è in Pifa la fopradettarorrejfopra la qualefigurò ancora vna uecchia ignuda, fec ca,& paurofa,intefa per la Fame,quali nel modo che la deferiue Ouidio. Finita la cera,gettò la ftoria di bronzo, laquale.fommamen te piacque, & in corte,& da tutti fu tenutacofa fingulare. Era il Duca Cofimo allhorainten to a benificare,&: abbellire la Città di Pifa,& già di nuouo haueua fatto face la piazza del mercato congran numero di botteghe intorno, & nel mezzo mede vna colóna alta dieci brac. fopra laquale per difegno di Luca doueua ftare vna ftatua in pfona della Douizia. Adduque il Martini,parlatoc-ol Da ca,& medogli innanzi il V inei,ottenne che’l Duca .volenti,eri,gli concede la ftatua,defiderando TemprefuaEccellenza d’aiutarei virtuofi,&di tirarèin nanzi i buoni ingegni. Condude il Vinci di treuertino la ftatua tre braccia, mezzo alta, laquale molto fu da ciafcheduno lodata: perche hauendole. pofto vn fanciulletto a’piedi, che l’aiuta cenereil corno dell’abbondanza, rnoftra in quel’fadb ancora che ruuido,& malageuole, nondimeno morbi de.zza,& molta facilità. Mandò di poi Luca a Carrara a far’ cauare. vn’ mar« ino cinque braccia-ai to,,& largo tre: nel quale il Vinci hauendo già'veduto alcuni fchizzi di MichelagnGlo d’un Sanfone,cheammazzaua vn’Filifteo co la mafcella d’Afino.diiegnò da quefto fuggetto fare a Tua fantafia due fiatile di cinque braccia . -Onde mentre che’l marmo ueniua,medofi a fare piu mo delli variati l’uno dall’altro,fi fermò a vno,& di poi venuto il fado,a lauorar Io incominciò,&c lo tirò innanzi adai,immitando Michelagnolo nel cauare a poco a poco de’fallì il concetto filo e’1 difegno,fenzaguaftagli,P fami altro errore.Condude in queftaopera gli (trafori fottosquadra, &:foprasqua« drajancora che labonofi,con molta facilitarla manieradi tutta l’opera era dolcidìma. Ma perchel’opera erafaticofidìma,s’andaua intrattenendo con altriftudi,& lauori di manco importanza. Onde nel medefimo tempo fece vn quadro piccolo di bado rilieuo di marmo, nelquale esprefle vna noftra Donna con Chr.ifto,con san’ Giouanni,& con santa Lifabetta, che fu, tenuto cofa fi ligulare,&hebbelo l’ftluftridìma Duehe£la,& hoggi è frale co fe care del Ducane! fuo fecittoio. _
Mededi poi manoa vnahiftoria in marmo di mezzo bado rilieuo, ahavn bracio, &.lunga vn’ braccio,&: mezzo,nellaqualefiguraua Fifa refta; uratadal.Duca, ilquale è nell’opera prelente alla città, Se alla reftaurazióne, di eda follecitata dalla fua prefenza. Intorno al Duca fono le file uirtù ritrae, te,Se particularmente vnaMinerua figurata perla Sapienza, Se per l’Arti riFucilate da lui nella città di rifa; Shellac cinta intornoda molti mali,Sedi— ifem.nauitalukè hiogo-i quali aguifa.di.nimici l’adediauanojier m.tto, & Taf.,-
iligtieiia
PIERO DA VINCI
421
fliggeuano. Da tatti quelli è fiata pòi liberata quella città dalie fopradette
virui del Duca »Tutte quefte virtù intorno al Duca,&tutti c ’ '' ‘
no a Pifa erano ritratti con belli iBrai modi, òc attitudini ne
Vinci. Ma egli la lafciòimperfctta, &defideràta molto da c . _ r„_._
perfezione delle cofe finite in quella. „
Crefciuta per quefte cofe, & sparfa intorno la fama del Vinci, gli here- di di MefTer Bartolomeo Turini da Pefcia lo pregorono, che è faceffe vn’mo dello d’una fepoltura di marmo per Mefler Baldaflarre Ilquale fattói Se pia ciuto loro,conuenuti che la fepoltura fi facefte, il Vinci'mando a Carrara a cauare i marmi Francefco dei Tadda valente maeftro d’intaglio di marmo. Hauendogli coftui màdato vn’pezzodi'marmo, il Vinci cominciò vna ftatua,&: ne cauó vna figura abbozzata fi fatta,che.chi altro nòn haueflefa- ptito,harebbe detto, che certo Michelagnolo l’Iia'abbozzata. Il npmedel i Vinci,& la virtù era già grande, & ammirata da tutti, <5c molto piu., che a fi gloriane età non farebbe richiedo, §e era per ampliare ancora > Se diuentare maggiore,& per adeguare ogni hnomo nell’arte fua, comél’operefuefcnza l’altrui teftimomo fanno fede,quando iUermine alni preferitto dal Cielo ef fendo dapprefìofinterroppe ogni fuodifegno, fece l’aumento fuo veloce in vn’tratto celare,Se nó pari che piuauànti mbntafte,&:'priuo il mòdo di mol ta Eccellenza d’arte, Se d’opere, delle quali viuendo il Vinci egli fi farebbe ornato. Auuenne in quello tempo, men tre che’I Vinci all’altrui fepoltura era intento,non fapendo che lavila fi preparaua, che’l Duca hebbe a manda re per cofe d’importanza'Luca Martini a Genoua.’ilquale fi perche amauail Vinci, Se per hauerlo in co ni p a g nia,;> n corale r d se e a lui qualche di
porto,& sollazzo, & fargli vedereGénpua,,.iridando lo meno feco.
Doue mentre chei negozij fi tratta'Uanadal Martini,per mezzo di lui Mes- fer Adamo Centurioni dettò al Vinciafare vna figura di san’Giouanni Bati da, della quale egli fece il modello »•• Ma todo venutagli la febbre, gli fu per raddoppiare il male infieme ahcoraroltoi“amico,forfè per trouareuia che’l fato s’adempiefie nella vita del Vinci. Fu neceflario a Luca perlo’nterefle del negozio a lui commeffojche egli andafle a trouareil Duca a Firenze. La onde partendoli dall’infermo amico con molto dolore dell’uno, & dell’altro, lo lafciò in cafa l’Abate nero, & drettamenrc a lui lo raccomandò, ben che egli mafuolentieri redaflein Genoua. Ma il Vinci ogni di sentendofi peggiorare, fi rifoluèaleuarfi di Genoua: Se fatto venire da Pifa vn’fuo crea to chiamato Tiberio Caualieri,fi fece con l’aiuto di coftui condurre a LÌuor no per acqua, Se da Liuorno a Pifa in cefte. Condotto in Pifa la fera a uen- tidua hore,effendo trauagliato,& afflitto dal cammino,& dal mare,& dalla febbre -, la notte mai non posò, Se la feguente mattina in fui far del giorno pafsò, all’altra vita, non hauendo dell’età fua ancora padatoi ventitré anni. Dolfe a tutti gli amici la morte del Vinci, Se a Luca Marti nicccefimamé te,& dolfe a tutti gli altrùi quali s’erano permeilo di vedere dalla fila mano •di quelleoofe, che rare volte fi veggono : Se MefTer Benedetto Verchi ami- •ciflimo alleine virtù,Se a quelle di riafcheduno;glifecepoip.memoria.del- lle fuelode quello sonetto.»
ue mau-intor- la fua fioria dal
li la Vede ner Ir»
.12, TERZA PARTE
COME potrò da me, fé tu noti p'réflt
O for%a,.o tregua al mio gran duolo interno,
Soffritto in pace mai, Signor superno,
Che fin qui mona ognhor pena mi dejìi ì Dunque de’miei piu cari hor quegli,h or quefìi Verde fen yoh allalto rifilo eterno ,
Ed io canuto in queffo bafo inferno M pianger fempre ,e lamentarmi reflt?
Sciolframt al men tua gran bontate quinci ,
Hor, che reo fato noflro,ò fua Centura ,
Ch'era ben degno d’altra yita, e gente,
Per far piu ricco il Cielo, e la scultura
Men iella, c me col buon M-ART IN dolente, N'hapnui,òpietà,delfecondo VINCI,
Il fine detta ‘vita di Piero da Vinci scultore.