INTRODVZZIONE
DI M. GIORGIO VASARI
PITTORE ARETINO,
Alle tre Artidei Difègno, cioè Architettura, Pittura,& Scoltura J prima ddl'Architettura, Velie diuerfe Pietreyche fèrttono agl*Architettiper gl ornamenti) i
& per tefiat ut alla S coltura.
Cap. I.
VANTO fia grande rutile, eh e ne appotta l’Architettura,non accade a me raccontarlo 5 per trouarfi molti lcrÌttori,i quali- diligentilsimaméte,& a luti go n’hanno trattato. Et per quello lafciando da v*na parte le calcinerò aferì e,i legnami, i ferramene ti,e’l modo del fondare,& tutto quello, che fi adòpera alla fabrica \ & lacquede regioni,e i fiti largamente già deferirti da Vitruuio,& dal noftro Leo Batifta Alberti ; ragionerò fidamente per feruizio de’noftri artefici,&di qualunque ama di faper,e come debbano efiercvniuer falmentelefabriche. Et quanto di proporzione vnite, & di corpi» per con-feguire quella graziata bellezza, che fi defidera, breuemente raccorrò infie« me, tutto quello,che mi parrà neceflario a quello propolito. E t accioche piti manifeftamenteapparifcala grandilfima difficultà del lauorar dellepictre, che lon durilfime & forti,ragioneremo dillintamente,ma con breuità,di eia fcunalortedi quelle, che maneggiano inoltri artefici. Et primieramente del Porfido. Quello è vna pietra rolla con minutilfimi fchizzi bianchi, condotta nella Italia già dell’ Egitto -, doue comunemente fi crede, che nel cauarla ella fia piu tenera,che quado ella è fiata fuori della caua, alla pioggia, al ghiaccio, e al Sole ; perche tutte quelle cofe la fanno piu dura, & piu difficile a lauorar la .Di queftalene veggono infinite opere lauorate, parte con gli fcarpelii, parte fegate, & parte con ruote, & con fmerigli confumate a poco a poco : co me fe ne vede in diuerfi luoghi diuerlamente piu cofe *, ciò è, quadri, tondi, & altri pezzi Ipianati, per far pauimenti: & coli ftatue per gli edifici ; & an- cora grandiffimo numero di colonne Se picciole,&: grandi, & fontane con tc ile di varie mafehere', intagliate con grandilfima diligenza. Veggonfi anchora hoggi lepolture con figure di ballo 6c mezzo rilicuo, con do tte con gran fa ticaj comcal tempio di Baccho fuor di Roma, afantaAgnclà,lalepoltura che e dicono di Santa Goftanza figliuola di Goftantino Imperadoiejdouc fon den tro molti fanciulli con pampani 8c vue, che fanno fede della difficul-tà,chebbe chilalauorò nella durezza di quella pietra. Il medefimo fi vede in vn pilo a Santo Iàni Laterano, vicino alla porta lanca, che fioriate) ; et euui dentro dentro-gran numero di figure. Vedefi ancora fulla piazza della Ritonda vna’ bel'lillìma calla fetta per fepoltura,laquale èIauorata con grande induftriact fàtica j Se è per la fuaforma, d^ grandiflima grazia , & di formila bellezza, Se molto varia dal l’altre. Et in cafa di Egidio, & di Fabio Saffo nefoleua edere vna figura a federe di braccia tre, Se mezo condotta à di noftri con il redo del -altreftatuc in cala Farnefe. Nel cortile ancora di cafa la Valle fopra vnafine- ilravna lupa molto eccellente, & nel lorgiardinoidue prigioni legati del medefimo porfido j i quali fon quattro braccia d’altezza l’uno,lauorati da gli antichi con grandifiìmo giudicio j i quali fonohoggi lodati ftraordinaria- mente da tutte le perfone eccellenti, conofcendofiladifficultà, chcha'nno fiauuto a códurli per la durezza della pietra. Adi noftri non s’è mai condot« to pietre di quella forte a perfezzione alcuna,per hauere gli artefici noftri per duro il modo del temperare i ferri,& coli gli altri dormenti da condurle. Ve ro è,che le ne va fegando con Io fmeriglio rocchi di colonne, Se molti pezzi, per accomodarli in ilpartimenti per piani,óc coli in altri vari; ornamenti per rabriche; andandolo confumando a poco a poco con vna fega di rame fenza denti tirata dalle braccia di due huomini : laquale con lo fmerjglio ridotto in polaere,& con l’acqua, che continuamente la tenga molle,finalmente pur Io ridde. Et fe bene fi fono in diuerfi tempi prouati molti begli ingegni, per tro tiare il modo di lavorarlo,che vfarono gli antichi,tutto c flato in vano.E Leo Battifta Alberti,il quale fu il primo,che cominciaffe a far pruoua di lauorar* lo,non però in cofe di molto momento,non truouò,fra molti,che ne mife in pruoua,alcuna tempera,che faceffe meglio, che il fangue di becco, perche fc bene leuaua poco di quella pietra duriffima nel lauorarla,e sfauillaua fempre fuoco,gli lerui nondimeno di maniera, che fece fare nella foglia della porta principale di fanta Maria Nouella di Fiorenza,le diciotto lettere antiche,che affai grandi,£c ben mifurate fi veggono dalla parte dinazi in vn pezzo di por fido;lequaliietteredicono BERNARDO ORICELLARIO. E perche il taglio delloScarpello non gli feceua gli fpigoli, nè daua all’opera quel pulimen ' io,e quel fine che le era neceffario,fece fare vn mulinello a braccia co vn mani co aguifedi ftidionc,che ageuolmente fi maneggiaua apontandofi vno il dee to manico al petto,e nella inginocchiatura mettendo le mani per girarlo. E nella punta,doue era o {carpello,o trapano, hauendo mefto alcune rotelline di rame,maggiori,& minori,fecondo il bifògno,quelIe-imbrattate di (meri- glio,eQn4euare a poco a poco,e fpianarefaceuano la pelle,& gli fpigoli,men- tre con la mano fi giraua deftramenteil detto mulinello. Ma con tutte quelle diligenze,non fece però Leon Batifta altri lauori : perche era tanto il tempo, che fTperdeua,che mancando loro l’animo,non fi mife altramete mano a fta»» tue,vafi,o altre cofe fottili. Altri poi,che fi fono rriefsi a {pianare pietre, Se ra pezzar colonne,col medefimo fegreto hanno fatto ir quello modo. Fannofi per quello effetto alcune martella grani,& grolle con le punte d’acciaio temperato fortifsimamente col fàngue di becco,&lauoratc aguifedi punte di dia manti,con lequali picchiando minutamentein fui porfido, Se Scantonando^ lo a poco a poco il meglio,che fi può, fi riduce pur finaìmenteo a rodo, o a pia no,come piu aggrada all’artefice con fatica,& tempo non picciolo' ma no già aforma di.ftaui.e>.che di quello non habbiamo lamanicra, Se fi gli da il pulì«B a» memo cò lo fmeriglio,e col cuoio flrofinahdolo,che viene di luflro molto pii Inamente lauorato,e finito. Et ancorché ogni giorno fi vadino piu affottiglia do gl’ingegni humàni,e nuoue cofe inuefligando, nondimeno anco i moder ni che in diuerfi tempi hanno,per intagliar!! porfido prouatò nuoui modi,di uerfe tempre, & acciai molto ben purgati, hanno come fi diffedisopra, infi no a pochi anni fono faticato in vano. E pur l’anno 1553. hauendo il fignor* Afcanio Coióna donato a Papa Giulio 11 ì.vna tazza antica di porfido belliffi ma larga fette braccia: il Pontefice,per ornarne la fila vigna, ordinò, man* candole alcuni pezzi,che la fufie refiaurata : perche mettendoli mano all’ope ra,Se prouandofi molte cofe,per configlio di Michelagnolò Buonarroti,e d’ altri eccelIentifsimiMaeflri, dopo molta lunghezza di tempo, fudifperatal* imprefa,mafsimamentenon fi potendo in modo nefiunofaìuare alcuni canti viui,come il bifogno richiedeua. E. Michelagnolò, pur auèzzo alla durezza de’fafsi,infieme con gl’altri fé ne tolfegiu,ne fi fece altro. Finalmente, poiché niuna altra cola in quelli noflri tempi mancaua alla perfezzione delle noflr* Arti,che il modo di lauorare perfettamente il porfido, accióche ne anco que fio fi habbia à difiderare, fi è in.queflo modo.ritrouato. Hauendo l’anno 1555 il fignor Duca Cofimo còdotto dal filo palazzo,e.giardino de’Pitti, vna bellif fmia acqua nel cortile del fuo principale palazzo di Firenze,per farui vna fon. te di flraordinaria bellezza,trouati fraifuoi rottami alcuni pezzi di Pòrfido affai grandi,ordinò,che di quelli fi facefie vna tazza col fuo piede per la detta fon te j & per ageuolar’ al maeflro il modo.di lauorar’il porfido,fece di non fb che herbe llillar’vn’acqua di tanta virtù,che fpegnendoui dentro i ferri bolle ti fa loro vna tempera'durifsima. Con quello fegretò adunque, fecondo! di-, fogno fatto da me,condulfeFrancefco del TADDA intagliator da Fiefolc la tazza della detta fonte,che è larga due.braccia,e mezzo di diametro,&infie me il fuo piede,in quel modo, che hoggi ella fi vede nel detto palazzo, il Tad- da,parendogli,che il fogreto dategli dal Duca fufie rarifsimo, fi mife a far pira uà d’intagliar’alcuna cofa,egli riufei coli bene,che in poco tempo ha fatto in tre ouati di mezzo rilieuo grandi quanto il naturale il ritratto d’eflo ' S. Duca COSIMO, quello della Duchefia Leonora,èc vna tefla di Giefu.Chriflo con tanta perfezzione,che i capegli,e le barbe,che fono dificilifsirainell’intaglio ì fono condotti di maniera,che gl’antichi non Hanno punto meglio.Di quelle opere ragionando il S.Duca con Michelagnolò,quàdo.S. Ecc.fu inRomajno ’ voleua creder’il Buonarroto,che cofi fufie perche hauendo io d’ordine dèi Duca mandata la tefla del Criflo a Roma,fu veduta con molta marauiglia da Michelagnolò,il quale la lodò aliai, 8c fi rallegrò molto di veder ne’tépi no* fori la Scultura arrichita di quello rarifsimo dono, cotanto in vano infino a hoggi difiderato. Ha finito vltimamente il Tadda la tella di Cofimo vecchio de’Medici in vnoouato,comei detti dtfopra,8c ha fatto, & fa continuamente molte altre fomiglianti opere. Reflami a dire del porfido,che p eflerfi hog gi fmarrite le caue di quello,è per ciò necefiario feruirfi di fpoglic, & di fram menti antichi,e di rocchi di colonne,& altri pezzi : Et che però bifogna a chi lolauoraauuertirefehahauuto il fuoco: percioche quando l’hahauuto, fe bene non perde in tutto il colorane fi disfa,manca non dimeno pure affai di quella viuezza,che&fuapropria;6cnon piglia mai cofi bene il pulimento, co« me me quando non l’ha hauuto,Se che è peggio,quello che ha hàuuto il fuoco fi fchianta facilmente quando filauora. È da lapere ancora,quanto alla natu* ra del porfido,che me fio nella fornace,non fi cuoce,e non laida interamen* te cuocerle pietre,che gli fono intorno,anzi quanto a fé incrudelire, come nedimoftranoledue colonne,che i Pifirni l’anno 1117. donarono a* Fiorenti ni,dopo l’acqtiifto di Maiolicale quali fono hoggi alla porta principale del tc pio di fan Giouanni,non molto bene pulite,efenza colore.perhauere hauti* to il fuoco,come nelle file ftorie racconta Giouan Villani. Succede al Porfido il Serpentino, il qualeèpietra di color verde fcuretta alquanto, con alcune crocette dentro gialIetteSelunghe per tutta la pietrai dellaqualenel mede* fimo modo fi vagliano gli artefici,per far colonne Se piani per pauimenti per le fabriche,ma di quella forte non s’è mai veduto figure lauorate,ma fi bene infinito numero di bafe perle colonne, & piedi di tauole,Se altri lauoripiu materiali. Perche quella forte di pietra fi fchianta anchor che fia dura piu eh e’I porfido; Se riefce alauorarlapiudolce.Se men faticofa che’l porfido5 & cauafi in Egitto,Se nella Grecia,elafuafaldezza ne’pezzi non è molto grande. Conciofia,che di Serpentino no fi è mai veduto opera alcuna in maggior pez zo di braccia tre per ogni vcrfb,e fono fiate tauole, e pezzi di pauimenti. fi è trouato ancora qualche colonna,ma non molto groffa, ne larga. E fimilmen te alcune mafchere,e menfole lauorate.ma figure non mai. quella pietra fi la uora nel medefimo modo,che fi lauora il porfido.
Piu tenera pofdi quella è il Cipollaccio,Pietra che fi caua in diuerfi luoghi; il quale è di color verde acerbo,Se gialletto,Se ha dentro alcune macchie nere quadre,picciole Se grandi,& coli bianche alquanto grò Ifette, Se fi veggono di quella forte in piu luoghi colonnegrolfe,Se fiottili,Se porte,Se al tri or* namenti j manon figure. Di quella pietra è vnafònre in Romain Beluederc cioè vna nicchia in vn canto del giardino doue fono le llatue del Nilo,e delTe uere la quale nicchia fece far papa Clemente fettimo col dilegno di Michela- gnolo,per ornamento d’un fiume antico,accio in quello campo fatto a guila di fcogli,apparifce,comeverumentefa,moltobeIlo. Di quella pietra fi fanno ancora,legandola, tauole,tondi,ouati,Se altre cofe limili,che in pauimenti,e altre forme pianeranno con lai tre pietre bellilsimaaccompagnatura,emoi-
t.o vago componimen to.Quella piglia il pulimento come il porfido, Se il fer* pentino ; Se ancora fi lega come l’altre forti di pietra dette di fopra,e fe ne tra * uano in Roma infiniti pezzi lotterrati nelle ruine,che giornalmente vengo* no a luce,Se delle cofqantichefe ne fono fatte opere moderne,porte, Se altre forti d’ornamenti ; che fanno doue elle fi mettono ornamento, di grandifsi* ma bellezza. Ecci vn’altra pietra chiamata Mifchio dalla mefcolanza di diuer. fe pietre congelateinfieme,Se fatto tutt’vria dal tempo,Se dalla crudezza del* Tacque. Et di quella forte le ne trouacopiolàmentein diuerfi luoghi, come ne’monti di Verona,in quelli di Carrara,Se in quei di Prato in Thofcana, Se ne’monti deli’Imprunetta nel contado di Firenze. Mai piu begli, Se migliori fi fono trouati,non ha molto,a fan Giulio a Monterantoli,lontano da Fioren za cinque miglia Et di quelli me n’ha fatto il S.Duca Cofimo ornare tutte le llanze nuoue del palazzo in porte,e camini,che fono riufeiti molto belli ; E p Io giardino de’Pitti le ne fono del medefimo luogo cauate colonne di braccia fette bellilsimc.Et io retto marauigliato,che in quefta pietra fi lì a trouata ta* ta Caldezza. Quefta Pietra,perche tiene d’albcrefe piglia bellifsimo pulimen* to,e trae in colore di paonazzo roCsigno;macchiato di ucne bianche, de gial* licce. Ma le piu fini fono nella Grecia,& nell’Egitto 3 doue fon molto piu du* ri, che i noftri Italiani, Et di quefta ragion pietra Ce ne troua di tanti colori, quanto la natura Ior madre s’èdi continuo dilettata diletta di condurre» perfetione. Diquefti fi fatti mifchi feneveggono in Roma ne’rcropi noftri opere antiche,& moderne, come colonne, vafi,fontane, ornamenti di porte, de diuerfe incroftature per gli edifici, Se molti pezzi ne’pauimenti. Se ne vede diuerfe forti di piu colori, chi tira al giallo,& al rollò, alcuni ai bianco de al nero,al tri albigio Se al bianco pezzato di rollò, Se venato di piu colori : cofi certi rolli verdi neri,Se bianchi, che fono oriétali.e di quefta forte pietra n’ha vn pilo an tichiffimo largo braccia quattro e mezzo il Signor Duca al fuoGiac dino de’ Pitti,che è cofarariflìma, per efler comes’è detto oriétale di mifchio billiffimo, ernolto duroalauorarfi. E cotali pietre fono tutte di fpecie piu dura, & piu bella di colore,& piu fine,come ne fanno fede hoggi due colonne di braccia dodici di altezza nella entrata di San Pietro di Roma, lequali reggono le prime nauate, &vnan’è davna banda, l’altra dall’altra. Di quell* fòrte quella ch’è ne’monti di Verona, è moltopiu tenera che l’orientale infinitamente, & ne cauano in quello luogo d'una forte, ch’è rottìccia,Se tiraiu color ceciato,& quelle forti fi lauorano tutte bene a’giorni itollri con le tem pere de co’ferri,fi come le pietre noflrali, Se le ne fa & finellre, de colonne, de fontane,Se pauimenti, Se ftipidi per le porte, Se cornici, come ne rende tetti* monanza la Lombardia, anzi tutta la Italia » Trouafi vn’altra loi te di pietra durifllma molto piu ruuida, Se picchiata dt neri Se bianchi, Se tal volta di rotti,dal tiglio, Se dalla grana di quella,comu- nementedetta Granito. Della quale fi truoua nello Egitto Laidezze grandif- lime,Se dacauarne altezze incerdibili, come hoggi fi veggono in Roma negli Obelilchi, Aguglie, Piramidi, colonne, Se in que’grandiflìmi vafi de’bagni, che habbiamo a San Piero in vincola, Se aSanSaluatoredel Lauro jSeaSan Marco, Se in colonne quali infinite, che per la durezza,Se Laidezza loro non hanno temu to fuoco, ne ferro. Et il tempo illefio, che tutte le coLe caccia a terra, non Lolamen te non lehadiftrutte, mane pur cangiato loro il colore* v£r per quella cagione gliEgittij le ne Leruiuano peri loro morti, fcriuendo in quelle A guglie,co i caratteri loro ftrani la vita degrandi,per mantenerla me moria della nobiltà Se virtù di quegli. Venutane d’Egitto medefimamentc d’una altra ragione bigioni quale trae piu in verdiccio,! neri Se i picchiati bia chi, molto duro certamente,ma non fi, che i noftri Lcarpellini per la fabricha di San Pietro non habbiano delle Ipoglie,che hanno trouato.meftein opera, fatto fi, che con le tempere de’Lerri,checi fono al prefente,hanno ridotto le colonne, Se l’altre coLe a quella lottigliezza c’hanno voluto, Se datoli bellifli- mo pulimento come ai porfido. Di quello granito bigio è dotatala Italia in molte parti,ma le maggiori laidezze, che fi trouino,lòr.o neU’ilòla dell’ Elba, douei Romani tennero di continuo huoniinia cattare infinitonumerodi quefta pietra. Et di quefta forte r,c fono parte le colonne del portico della Ri iodajlequalifonmoltobelìe^Se.digrandezzailraordiaaiia,^ vedefi,chenei lt cani,quando fi taglia è piu tenero affai, che quando c fiato cauato, Se che vi fi lauora con piu facilità. Vero è che bifogna per la maggior parte lauorar- lo con martclline,chehabbiano la punta* come quelle del Porfido, & nelle gradine vna dentatura tagliente dall altro lato. D’un pezzo della qual.
forte pietra che era fiaccato dal mallo, n’ha cauato il Duca Cofimo vna Taz* ea tonda di larghezza di braccia dodici, per ogni verfo, Et vna Tauola della medefimalungezza, per lo palazzo,e giardino de’Pitti.Cauafi del medefimo Egitto, &di alcuni luoghi di Grecia anchora certa forte di pietra nera detta Paragone,laquale ha quello fiume, perche volendo faggiar l’oro s’arruota fu quella pietra, Se fi conolce il colore,& per quello paragonandoui fu vien det to Paragone.Di quella è vn altra Ipccie di grana,& di vn altro colore pche no ha il nero morato affatto , & non ègentile: che ne fecero gli antichi alcune eli quelle lphingi,& altri animali, come in Roma in diuerfi luoghi fi uede, & di maggior faldezza vna figura in Parione d’uno Hermaphrodito accompagnata da vn’altra ftatuadi Porfido belliilima. Laqual pietra è dura a intagliarli,ma è bella ftraordinariamente, Se piglia vn luftro mirabile. Di quella medefima forte fe ne troua anchora in Thofcana ne’monti di Prato,vicino a Fiorenza a x. miglia,&: coli ne’monti di Carrara,dellaqualeallelepolture mo dernefencveggonomoltecalfc,&dipofitiperimorti, come nel Carmine di Fiorenza alla capella maggiore,doue è la fepoltura di Piero Soderini(fe bene non vi èden tro)di quella pietra:& vn padiglione Umilmente di paragon di Prato tanto ben lauorato, etcofiluftrate, cheparevnRalodifeta,ctnou Vn fallo intagliato,e lauorato.Cofi ancora nella incroftatura di fuori del tem pio di Santa Maria del Fiore di Fiorenza, per tutto lo edificio c vna altra for* te di marmo nero,&marmo rollo, che tutto fi lauora in vn medefimo mo* do. Cauafi alcuna Ione di marmi in Grecia, ein tutte le parti d’Oriente» che fon bianchi, & gialleggiano,& trafpaiono molto, iquali erano adoperati da gli antichi per bagni, & per ftuffe, Se per tutti que’luoghi,doue il vento potelle offendere gli habitatori.E hoggife ne veggono ancora alcune fineftrc nella tribuna di San Miniato a monte, luogo de’monaci di Monte Oliueto infuleportediFirenza, che rendono chiarezza, & no vento. Et con quella inuentione riparauano al freddo, Se faceuano lume alle habitationi loro. In quellecaue medefime cauauano altri marmi fenzavene,madel medefimo colore,del quale eglino faceuano le piu nobili ftatue. Quelli marmi di tiglio^* Se di grana erano finiffimi, Se le ne fcruiuano anchora tutti quegli, che inta- gliauano capitegli, ornamenti, Se altre cofc di marmo per l’architettura ; Et vi erafaldczze grandiflìmedi pezzi, come appare ne’giganti di monte Caual lo di Roma,&nel Nilo di Bcluederc,e in tutte le piu degne,e celebrate ftatue. Et fi conofcono eller Greche,ultra il marmo,alla maniera delle tefte, Se alla acconciatura del capo,& a i nafi delle figure,iquali fono dall’ appiccatura del le ciglia alquanto quadri fino alle nate del nalo . Et qucfto fi lauora coi fèrri crdinarij, Se co i trapani,& fi gli dà il luftro con la pomice Se col gello di Tri* poli col cuoio,&ftruffoli di pagliai Sono nelle montagne di Carrara, nella Carfagniana vicino ai monti di JLuni, molte forti di marmi, come marmi neri, & alcuni che traggono in bi« gio,$C altri che fono mifchiati di rollo,Se alcuni altri,che fon con vene bigie, che fono eroda (òpra a marmi bianchi*, perche non fon purgati, anzi oded dal tempo, dall’acqua, Se dalla terra piglian quel colore. Cauanfi anchora al tre fpecie di marmi, che fon chiamati Cipollini,Se Saligni,Se Campanini, Se mifchiaci, Se per lo piu vna forte di marmi bianchirmi, Se lattati,che fono gentili,e in tutta perfezzione perfarlefigure.Etvis’etrouato da càuarefal* dezze graudillìme, Se fé n’è cauato anchora a giorni noftri pezzi di noue brac eia per far giganti*, Sed’un medefimo (allo,ancoraiene fonocauatia*tempi noftri due,fimo fu il Dauitte,che fece Michelagnolo Buonarroto, il quale è alla porta del palazzo del Duca di Fiorenza,e l’altro l’Èrcole, e Cacco, che di mano del Baudinello fono all’altro lato della medefima porta. Vn’altro pez* zo nefu cauato pochi anni fono di braccia noue,perche il detto Baccio Bandi nello ne facefle vn Nettuno,per la fonte che il Duca fa fare in piazza ; Ma eC- fendo morto il Bàdinello è ftato dato poi all’Ammanato fcultore Ecc. perche ne faccia (imilmente vn Nettuno. Ma di tutti quefti marmi quelli della caua detta del Poluaccio,ch’è nel medefimo luogo,fono co maco macchie, e fmerr gli,efenzaque’nodi,enoccioli,che il piti delle voltefoglionoefter nella grati dezza de’marmi,e recar no piccola diffìcultà achi gli lauora,e bruttezza nell’o perenniti che fono le ftatue. Si fono ancora dalle caue di forrauezza in quel di Pietrafanta hauute colonne della medefima altezza, come fi può vedere vna di molte,che haueuano a edere nella facciata di San Lorenzo di Firenze* quale è hoggi abbozzata fuor della porta di detta Chiefa: dotte l’altre fono parte alla cauarimafe, Se parte alla marina. Ma tornando alle caue di Pietra Santa dico che in quelle s’edercitarono tutti gli antichi: Se altri marmi, che quelli non adopei arono per fare que’maeftri, che furon lì eccellenti, le loro ftatue; edercitandofi di cótinuo,métre fi cauauono le lor pietre p far le loro ftatue,in fare ne’lafti medefimi delle caue bozze di figure: come anchora hog gi fe ne veggono le veftigia di ntoltein quel luogo. Di quella forte adunque cauano hoggi i moderni le loro ftatue,8c non folo per il foruitio della Italia ; ma fe ne manda in Francia,in Inghilterra,in Hifpagna,e in Portogallo; come appare hoggi perla lepoltura fatta in Napoli da Giouan da Nola (cultore ec- celenteaDon Pietro di Toledo Viceré di quel regno; che tutti intarmi gli furon donati Se condotti in Napoli dal SignorDuca COSIMO de Medi« ci. Quella forte di marmi ha in le faldezze maggiori, Se piu pallosi Se mor- bidè a lauorarla, Se fe le da bellillìmo pulimento, piu ch’adaltra forte di marmo. Vero è, che fi viene tal volta a (contrarli in alcunevene domandateda gli (cultori fmerigli, iquali fogliono rompere i ferri.Quelli marmi fi abboz« zano con vna forte di ferri chiamati fubbie, che hanno la punta a guifadi pa liafacceScpiugrofil Sefottili; Se di poilèguitano con (carpelli detti calca* gniuoli; iquali nel mezzo del tagliohannovnatacca, Se coll con piu fottili di mano in mano,chehabbianopiu tacche, Se gii intaccano quando fono ar ruotati con vnoaltro fcarpello. Et quella fortedi ferri chiamano gradine, perche con elle vanno gradinando Se riducendo a fine le lor figure ; doue poi con limedi ferro diritte Se torte vanno leuandole gradine,che fonreftatc nel marmo .’Secoli poi con la pomice arrotando a poco a poco gli fanno la pelle che vogliono Se tutti gli (trafori che fanno,per non intronare il marmo gli fanno con trapani di minore Se maggior grandezza, Se di pelo di dodici libre l’un o, & qualche volta venti; che di quelli nehanno di piu forte, per far maggiori & minori buche, & gli feruon quelli per finire ogni forte di lauoro,&: condurlo a perfezione. De’marm i bianchi venati di bigio gli fcul tori &gli architetti ne fanno ornamenti per porte, Se colonne per diuerfe caa fe.'leruonfcneper pauimenti ,&per incroftaturanellelor fabriche; Se gli adoperanoa diuerfe forti di cofe: Umilmente fanno di tutti i marmi mife chiari., I marmi Cipollini fono vn’altralpeeie di grana,&colore differente# Se di quella forte n’è anchora altroue che a Carrara ; Se quelli il piu pendono in verdiccio : Se fon pieni di vene, che feruono per diuerle co fe,8e non per fie gure. Quegli che gli fcul tori chiamano Saligni, che tengono di congestione di pietra,per ellerui que’Iuflri ch’apparifcono nel fale, Se tralpaiono alqua to; è fatica affai a farne le figure .’perche hanno lagranadella pietra ruuida Se grolla; Se perche ne’tempi humidi gocciano acqua di contimi0,0 vero fu- dano » Quegli,che fi dimandano Campanini,lon quella forte di marmi,che fuonano quando fi lauorano ; Se hanno vn certo fuono piu acuto degli altri, quelli fon duri, Se fi fchiantano piu facilmente, chel’altre forti fudette ; Se fi cauano a Pietrafanta. A Serauezza ancora in piu luoghi, Se a Canapiglia fi cariano alcuni marmi,che fono per la maggior parte bonilsimi per lauoro di quadro,e ragionatoli ancora alcuna volta per ftatue,& in quel di Pifa,al rq5 te a s.Giuliano,fi cauafimilméte vna forte di marmo bianco,che tiene d’albe refe,e di quelli è incroftato di fuori il Duomo,& il campofanto di Pifa,oltre a molti altri ornamen ti,che fi veggono in quella città fatti del medefimo. E t p chegiafi conduceuano i detti marmi del monte aS.Giuliano in Pifacó qual* cheincommodoj&rfpefa; Hoggihauendoil Duca Colimo, coli per fanareil paefe,come per ageuolare il condurrei detti marmi,& altre pietre, che fi cauano di que’monii,meffo in canale diritto il fiume d’Ofoli,& altre mul teac* que,chelorgeanoin que’piani con danno del paefè 3 fi potranno ngeuolmen te per lo detto canale condurrei marmi,olauorati, o in altro modo con pic- ciolifsimafpelà,&: con grandilsimo vtile di quella città,che è poco meno,che tornata nella pallina grandezza,mercè del detto S.Duca Cofimo,che non ha cura,che maggiormentelo prema,che d’aggrandire,& rifar quella Città,che era affai mal condotta innanzi,che ne fuffe fua Eccel. Signore.
Cauafi vn altra forte di pietra chiamata Treuertino , il quale lerue molto per edificare, Se fare anchora intagli di diuerfe ragioni ; che per Italia in mol ti luoghi le ne va cariando,come in quel di Lucca, Se a Pifa,& in quel di Siena ffa diuerfe bande, male maggiori faldezze, Se le migliori pietre, ciò è quelle chefon piu gentili, fi cauano inlul fiume del Teuerone aTigoli, ch’è tutta fpecie di congelatione d’acque, Se di terra, che per la crudezza, Se freddezza fila non folo congela,& parificala terra, mai ceppi,i rami,& le fronde de gli alberi. Et per l’acqua, che riman dentro,non fi potendo finire di afeiugare, quando elle fon fiotto l’acqua, vi rimangono i pori della pietra cauati, che pa ^elpugnofa, & buccheraticcia egualmente di dentro,& di fuori. Gli antichi di quella forte pietra fecero le piu mirabili fabriche, Se edifici chefaceffero ; come fono i Colilei,& l’Erario da San Cofmo Se Damiano, Se molti altri edi hei, Se ne metteuano ne’fondamentidellelorfabricheinfinito numero ; Se Silurandoli non furon molto curiofi di farli finire, ma fe ne feruiuano rudica mente. Et quello forfè faceuano perche hanno in fé vna certa grandezza, &fuperbia. Ma ne’giorni noftri s’è trouato chi gli halauorati lottiliflìma* mente, come fi videgia in quel tempio tondo, che cominciarono, & non fi« nirono faluo che tutto il bafamento, in filila piazza di San Luigi 1 Francefi in Roma, il quale fu condotto da vn Francefe chiamato Maeftro Gian ; che ftu« dio l’arte dello intagliò in Roma, Se diuenne tanto raro,che fece il principio di quella operai laquale poteua Ilare al paragone di quante cofe eccellenti antiche,& moderne, che fi fian ville d'intaglio di tal pietra, per hauer (traforato sfere di aftrologi, Se alcune Salamandre nel fuoco imprefe reali,& i n al« altre,libri aperti con le carte lauorati con diligenza,trofei,& mafchere,lequa li rendono doue fono tellimonio della eccellenza,& bontà da poter lauorarfi quella pietra limile al marmo, anchor che fia mitica. Et recali in fe vna grana per tutto,vedendo quella fpugnofità de’buchi vnitamente, che fa bel vede xe.ilqual principio di tempio, ellendo imperfetto fuleuatodalla Nazione frazefe, e le dette pietre Se altri lauori di quello,polli nella faciata della Chie la di fan Luigi,& parte in alcune capelle,doue Hanno molto bene accomoda te|, e riefeono bellidìmi. Quella forte di pietra è boniilìma per le muraglie hauendo fotto fquadratola o fcorniciata -, perche fi può incroftarla di llucco, con coprirla con eflò,& intagliami ciò ch’altri vuole: come fecero gli antichi nelle entrate publiche del Culileo, Se in molti altriluoghi : Se come ha fatto a’giorni noftri Antonio da San Gallo nella fala del palazzo del papa dinanzi alla capella,doue ha incroftato di treuertini con llucco, con vari intagli eccel lentiflimamente. Ma piu d’ogni altro Maeftro ha nobilitata quella pietra Mi chelangelo Buonaroti nell’ornamento del cortile di cafa Farnefe,hauendoui con marauigliofo giudizio fatto d’elTa pietra far fineftre, Malchere,Mcfole, e tante altre limili bizzarie,lauorate tutte come fi fa il Marmo, che non fi può veder alcuno altro fimile ornamento piu bello: E fe quelle cofe fon rare ; è ftu pendiftìmo il cornicione maggiore del medefimo palazzo n ella faciata dinan zi, non fi potendo alcuna cofa ne piu bella, ne piu Magnifica difiderare. Del la medefima pietra ha fatto fimilmente Michilagnolo nel di fuori della fabri cadi lan Piero, certi tabernacoli grandi. e dentro la cornici chegira intorno alla tribuna, con tanta pulitezza,che non fi feorgendo in alcun luogo le com mettiture può conolcer ognuno ageuolmente quanto polliamo leruircidi queftàfbr te pietra. Ma quello,che trapalla ogni marauiglia, è che hauendo fatto di quella pietra la volta d’una delle tre tribune del medefimo S. Pietro fono comnieifi i pezzi di maniera, che non folo viene collegata beniftìmo la fabrica,con vari fòrti di commettiture, Ma pare a vederla da terra tutta lauo» rata d’un pezzo. Ecci vn’altra forte di Pietre che tendono al nero ; Se non ler uono a gli Architettori le n5 a laftricare tetti.Quelle lono ladre fottili,^pdot tea fuolo a fuolo dal tempo Se dalla natura, per feruizio degli huomini,chc ne fanno anchora pile, murandole talmente infieme che elle commettino l’una nel altra, Se le empiono d’olio fecondo la capacità de’corpi di quelle, Se ficurtlfimamente ve lo conferuano. Nafcono quelle nella riuiera di Genoua, i n vn luogo detto Lauagna.e fe ne cauano pezzi lunghijx.braccia,e i Pittori fc neferuono, alauorarui fu le pitture a olio 5 perche elle vi fi conferuano fu molto piu lungamente j che nelle altre cofe i come alluo luogo fi ragionerà ne’capitoli della pittura. Auiene quello medefìmo de la Pietra dettaPiperno» da molti detta preperigno pietra nericcia Se Ipugnola come il treuertino, la quale lì cauaperla campagnadi Roma;Sclènefannollipitidi finellre,Sc Portein diuerlìluoghijComeaNapoli&inRoma ?&ferue ella anchora a* Pittori a lauorarui lii a olio,come al Tuo luogo raccon teremo. è quella pietra alidiflìma,& ha anzi dell’ arlìccio che no. Caualì anchora in Illria vna pietra biancha liuida, laquale molto ageuolmente lì fchianta ; Se di quella lopra di ogni altra fi lerue non fedamente la Città di Vinegia,ma tuttala Romagna anchora,facendone tutti i loro lauori,& di quadro Se d’intaglio. Et con forte di ftromenti Se ferri, piu lunghi che gli altri, la vanno lauorando ; mallìma- mente con certe martelline, andando fecondo la falda della pietra,per elfere ella molto frangibile. Et di quella fòrte pietra ne ha melfo in opera vna gran copia M. Iacopo Sanlouino,ilquaIe ha fatto in Vinegia lo edificio Dorico del IaPanatteria,&ilThofcano alla Zecca in filila piazza di San‘Marco. Et coli tutti i lor lauori vanno facendo per quella città, Se porte, finellre, cappelle, Se altri ornamenti, che lor vien comodo di fare; non oliarne, che da Verona per il fiume dello Adige habbiano comodità di condurui iMilchi, Scaltra forte di pietre ; delle quali poche cofe fi veggono, per hauer piu in vfo quella. NellaqualelpelTo vi commettono dentro Porfidi, Serpentini, Se altre fòrti di pietre mifchie,che fanno,accompagnate con elTe,bellillìmo ornamento, que ila pietra tiene d’alberefe, come la pietra da calcina di nollri paelì,e come lì è detto ageuolmente fi fchianta. Reilaci la pietra Serena, Se la bigia detta Ma« cigno,Se la pietra fòrte, che molto s’ufa per Italia ; doue fon monti, Se maflùe mamentein Tholcana; per lo piu in Fiorenza, Se nel fuo dominio. Quella ch’eglino chiamano pietra Serena, è quella forte chetrahe in azurrigno,o vero tinta di bigio; della quale ne ad Arezzo cauein piu luoghi,a Cottona,a Volterra, Se per tutti gli Appennini ; Se ne’monti di Fielole è bellifiìma,per clTeruifi cauato faldezzc grandifiìme di pietre, come veggiamoin tutti gli edifici, che fono in Firenze fatti da Filippo diSer Brunellelco, il quale fece cauare tutte le pietre di San Lorenzo,Se di Santo Spirito,Se altre infinite,che fono in ogni edificio per quella città. Quella fòrte di pietra è belliffima a veder e,ma doue fia humidità, Se vi piouafu,o habbiaghiacciati adol!ò,fi logo* ra;8efisfalda;maal coperto ella dura in infinito. Ma molto piudurabiledi quella, Se di piu bel colore, è vna forte di pietra azurrigna ; che lì dimanda hoggi la pietra del FolTato : laquale quando .fi caua il primo filare, èghiaiolo Se grolTo ; il fecondo mena nodi,Se fefiure, il terzo è mirabile,perche è piu fi ne. Dellaqual pietraMicheleagnolo se feruito nella libreria, Se Sagreftia di San Lorenzo, per papa Clemen te,per eller gentile di grana,S: ha fatto condurre le cornicele colonne,Seogni lauoro,con tanta diligenzajche d’argento non rellerebbe lì bella. Et quella piglia vn pulimento belliilìmo ; Se non li può defiderarein quello genere cola migliore. E perciò fu già in Fiorenza ordinato per legge,che di quella pietra non lì potelfe adoperare le non in fà-- re edilìzi publici, ò con licenza di chi gouernalfe. Della medelima n’ha fatto aliai mettere in opera il Duca Colìmo, coli nelle colonne. Se ornamenti della loggia di mercato nuouo,come nell’opera dell’udienza , cominciata nella la» la grande del palazzo dal Bandinello, e nell’altra, che è a quella dirimpetto,Ma gran quantità piu che in alcuno altro luogo fia flato fatto giafnai, n’ha fatto mettereS.Ecc. nella ftrada de’Magillrati, che fa condurre col difegno, Scordine di Giorgio Vaiati Aretino. Vuole quella forte di pietra il medefi- mo tempo a elfer lauorata, che il marmo, & è tanto dura che ella regge all* acqua,e fi difende aliai dall’altri ingiurie del tempo. Fuor di quella n’èvn* altra fpecie,ch’è detta pietra Serena per tutto il monte *, ch’è piu rtiuida & piu dura, & non è tanto colorita: che tiene di fpccie di nodi della pietra ; laquale regge all’acqua, al ghiaccio ; & fe ne fa figure, & altri ornamenti intagliati. Et di quella n’è la Douitia figura di ma di Donatello in fu la colonna di Mer cato vecchio in Fiorenza,cofi molte altre llatue fatte daperlonc eccellétinó foloin quella citcà,ma perii dominio.Cauafi per diuerfi luoghi la pietra For te,laqual regge all’acqua,al Sole,al ghiaccio,& a ogn i tormento; 8c vuol tera po a lauorarla, ma fi conduce molto bene ; & non ve molte gran faldezze. Della qual fe ne fatto,e per i Go tthi,& per i moderni i piu belli edifici, che fia no p laTolcana, come fi può vedere in Fiorenza nel ripieno de’due archi,che fanno le porte principali dell’oratorio d’Orfanmichele,iquali fono veramen. te còfe mirabili,e con molta diligenza lauorat'e. Di quella medefima pietra fi* no fimilmente perla Città,come s’è detto,molte llatue,& arme,come intor-: no alla fortezza,& in altriluoghi fi può vedere.Quella ha il colore alquanto gialliccio,con alcune vene di bianco fortilifsime,chele danograndifsima grana : & cofi fe n’è vfato fare qualche fatua ancora, doue habbiano a elferefon tane,perche reggano all’acqua. Et di quella forte pietrac murato il palagio de’Signori,laloggia,Orfan Michele,e il di dentro di tutto il corpo di S. Maria del Fiore,& cofi tutti i ponti di quella città,il palazzo de’Pitti,&: quello.de. gli Strozzi. Quella vuole eller lauorata con le martelline,perch’è piu foda; 8c cofil’altrepietrefudettevoglionoclferlauorate nel medefimo modo,che s’è detto elei marmo,&dell’altre forti di pietre. Imperò non ollante le buone pietre,&Je tempere de’ferri,è di necefsità l’arte,intelligenza,e giudicio di co loro,che lelauorano ; perch’ègrandifsimadiferenzanegliartefici, tenendo vna mifura medefima da mano a mano,in dar grafia,^bellezza all’opere,che fi lauorano. Et quello fa difcernere,&: conofcere la perfetrione del fare da q gli chefanno,aqueiche mancofanno.Per confillere adunque tutto il buono & la bellezza delle cole ellremamente lodate ne gli eltremi della perfettione, cheli dà alle cofe; che tali fon tenute da coloro,che intendono : bifogna con ogni indullriaingegnarfifempredifarle perfette,&belle; anzi belhfsime, c perfcttilsime.
Che cofd[ìd il Iduoro di quadro [empiici; <*? il Ignoro di quadro intdglutc. Cdp. I I.
HAuendo noi ragionato cofi in genere di tuttale pietre,che o per or namé ti,o per ifcolrure,leruono agli artefici noftri ne loro bifognhdiciamo ho ra; che quando elle fi lauorano per la fabrica; tutto quello doue fi adopera la fquadra,& le felle,& che ha cantoni,fi chiama lauoro di quadro. Et quello cognome deriua dalle faccie,&: dagli fpigoli,che fon quadri, perche ogni or dine di cornicio cola,che fi? diritta, o vero rilahata, & habbia cantonate eoa pera,che ha il nome di quadro,& però volgarmètefi dice fra gli artefici lavoro fo di quadro. Ma s’ella non rella cofi pulita,ma fi intagli in tai cornici fregi, fogliami,huouoli,fufaruoli,dentelli,gufcie,& altre forti d’intagli, in que’mé bri, che fono eletti a intagliarli da chi le fa,ella fi chiama opra di quadro intagliata, o vero lauoro d’intaglio. Di quella forte opra di quadro,& d’inta* glio fi fanno tutte le forti ordini Rullico,Dorico, Ionico,Corinto, Se Compo £lo,& co fi fe ne fece al tempo de Gothi il lauoro Tedefco,& non lì può lauo« rare nelluna fòrte d’ornamenti,che prima non fi lauori di quadro,& poi dm taglio,cofi pietre milchie,& marmi,& d’ogni forte pietra,cofi come anchora di mattoni,per hauerui a incrollar lu opra di llucco intagliata, fimilmente di legno di noce,& d'albero,& d’ogni forte legno. Ma perche molti non fanno eonofeere Iedifferenzé;che fono da ordine a ordine-, ragioneremo diftinta- mentcnel capitolo chelegue,dicialcunamaniera,omodo piubreuemente* che noi potremo.
Dfcinque ordini d'àxclnttttwrei Rujlico, Dorico, Ionico, Corkto,xcwpcftc?
0dtlhuoroTcdcfco*
Cap HI.
IL lauoro chiamato Rullico è piu nano,&di piu grollezza, che tnrtigl’altri ordini,per edere il principio,& fondamento di tutti ", Se fi fa nelle modana ture delle cornici piu icmplici,e per confeguenza piu bello, cofi ne’capitellii c baie,come in ogni fuo membro. I fuoi zoccoli,opiedillalli, che gli vogliam chiamare,doue pofano le colonne,fono quadri di proporzione,con l’hauere dapielafua fafcia foda,c coli vn’altradifopra,chelo ncingain cambio di cornice.L’altezza della fua colonna li fa di fei tede,a imitatione di perfone nane, Se atte a i egger pelò ", Se di quella forte fe ne vede in Tofcana molte loggiepu lite,5c alla rullica con bozze,& nicchiefra le colonne, Se lenza, Se cofi molti portichi,cheglicollumaronogli antichi nelle lor ville 3 Se in Campagna fe» ne vede anchora molte fepolture,come a TÌgoli,£c a Pozzuolo.Scruircnfi di quello ordine gli antichi per porte,finellre,ponti,acquidotti,Erarij, cartelli, torri,&: rocche da conferuar munitione,& artiglieria,& porti di mare, pri= gtòni,& fortezze,doue fi fa cantonate a punte di diamanti, e a piu facce bellif lime. E quelle fi fanno Ipartite in vari modi,cioè o bozze piane, per non fare con elle fcala alle muraglie ", perche ageuolmente fi falirebbe, quando leboz ze hauelfonòjcome diciamo noi troppo agetto ; o in altre maniere,come fi ve de in molti luoghi,e mafsimamente in Fiorenza nella facciata dinanzi, e prin cipale della cittadella maggiore,che Alertandro primo Duca di Fiorenza fece fare: laquale per rifpetto dell’imprefa de’Medici,è fatta a punte di diamante, & di palle schiacciate,e l’una,e l’altra di poco rilieuo. Il qual comporto tutto di palle,e di diamanti vnó allato all’altro,è molto ricco,e vario,e fa bellifsimo vedere.Et di quella opera n’è molto per le ville de’Fioren tini,portoni,entrate, &: caCe,Se palazzi,doue e’villeggiono 5 che non folo recano bellezza, Se ornamento infinito a quel contado,ma vtilità,& commodo grandilsimo a i cit ladini. Ma molto piu è dotata la città di fabriche ftupendilsime fatte di bozze,come quella di cafa Medici,la facciata del palazo de’Pitti, qllo degli Strozzi^ altri infiniti.Quella forte di edificij tanto quanto piu fodi, Se femplicifi fanno,& con buon difegno,tanto piu maeftria,e bellezza vi fi conolcedétro; et è uccellano,che quella forte di fabrica fia piu eterna,e durabile di tutte Tal tre,auuenga che fono i pezzi delle pietre maggiori, et molto migliori le com mettiture,doue fi và collegando tutta la fabrica con vna pietra, che lega l’altra pietra.Et perche elle fon pulite, e fode di membri, non hanno poflanzai cafi di fortuna,o del tempo,nuocergli tanto rigidamente, quanto fanno alle altre pietre intagliate,e traforate,o come dicono i noftri, campate in aria dal« la diligenza degli intagliatori.
L’ordine Dorico fu il piu mafsiccio, c’hauefler’i Greci,c piu robufto di fortez za,e di corpo,eimolto piu degl’altri loro ordini collegato infieme,e non folo i Greci,mai Romani ancora dedicarono quella forte di edificij a quelle pfone che erano armigeri* come Imperatori d’eferciti,conloli,cpretorij ma agliDet loro molto maggiormente * come a Gioue,Marte,Hercolc,& altri,hauendo Tempre auuertenzadi diftinguere,fecondo il lor genererà differenza della fa brica,o pulita,o intagliata,o piu femplice,o piu ricca* accioche fi poteffe cono feere da gli altri il grado,e la differenza fra gl’imperatori, o di chi faceua fabrì care. E per ciò fi vede all’opere,che fecionogl’antichieflereftata vfata molta arte>ne’componimenti delle loro fabriche,e che le modanature delle cornici doriche hanno molta grafia,e ne’membri vnione,e bellezza grandifs.Et vede fi ancora,chela proporzione ne’fiifi delle colóne di qfta ragione,è molto ben intefa,ccme quelle,che non effóndo ne grolle groffe, ne fiottili lottili, hano forma fomiglian te,come fi dice alla plona d’Hercole,moftrando vna certa lo dezza molto atta a regger’il pefo degli architraui,fregi,cornici,e il rimanente di tutto l’edifìcio,che va lopra.E perche quello ordine,come piu ficuro,epiu fermo degl’al tri e Tempre piacciuto molto al S.Duca Cofimo, c gli ha voluto, che la fabrica5chemifafarcongrandifsimo ornamento di pietra per tredici Llapiftrati cinili della fuajcittà,e dominio a’canto al fuo palazzo infino al fiume d’ Arno,fia di forma Dorica.onde per ritornare in vfo il vero modo di faa bi icare,ilquale vuole,che gl’architraui fpianino fopra le colonne, leuado via la fallita de girare gl’archi delle logge fopra i capitelli,nella facciata dinazi,ho fe<mitatoil vero modo,chevfaronogl’antichi,comein quella fabrica fivede. Et perche quello modo di fare è fiato da giardinetti paffati fuggito, percio- che grarchitraui di pietra,che d’ogni forte fi trouario atichi, e moderni fi veg gono tutti,o la maggior parte,effere rotti nel mezzo>non oliarne,che lòpra il fodo delle colonne,dell’architraue,fregio, et cornice fiano archi di mattoni piani,che non toccano,e nonaggrauano :odopo molto hauere confiderai il tutto,ho finalmente trouato vn modo bonilsimodimetterein violi vero modo di far con ficurezza degl’Architraui detti,che non patifeono in alcuna parte,e rimane il tutto faldose ficuro quanto piu non fi può defiderare, fi co« melafperienzane dimofrra.il modo dunque è quello,che qui di fiotto fi dirà a beneficio del mondo,e degl’artefici. Meffe fu le colonne,et fopra i capitei li al’Architraui,che fi llringono nel mezzo del diritto della colonna l’un lai* tro fi fa vn Dado quadro,effempigratia,fe la colóna é vn braccio grolla,e l’ar- chitraue Umilmente largo,et affacciali limile il Dado del fregio, ma dinari zi gli relli nella fàccia vn’ottauo per la commettitura del piombo,c vn’altro ot tauo,o piu fia intaccato di dentro il dado a quartabuono da ogni banda.par« rito poi nell’intercolonnio il fregiò in tre partale due dalle binde fi augnino a quartabuono in contrario,chericrefcadi dentro,accio fi Aringa nel Dado, e ferri aguisa d arco. E dinanzi la grofTezza dell’ottauo,vada a piombo,Se il fi mile faccia l’altra parte di là,all’altro dado. E coli fi faccia fopra la co léna, che il pezzo del mezzo di detto fregio Aringa di dentro, e fiaintaccato a quarta - buona infinoamezo. L’altramezafiafquadrata,ediritta,emeflaacalletta,|> che Aringa a vfo d’arco,moArando di fuori edere murata diritta, facciafi poi, che le pierre di detto fregio non posino fopra l’architraue,e non s’accodino vn dito : percioche facendo arco viene a reggerfi da fe,e non caricar l’architra ue. facciafi poi dalla parte di dentro,per ripieno di detto ,fregio vn’arco piano di Mattoni alto quanto il fregio,che Aringa fra dado, e dado fopra le colo ne.facciafi dipoi vn pezzo di cornicione largo quanto il dado fopra le colonne,ilquale habbia le commettiture dinanzi,come il fregio,e di dentro fia det ta cornice,come il dado a quartabuono,vfando diligenza, che fi faccia, come il fregio,la cornice di tre pezzi, de’quali, due dalle bande Aringhino di dentro a cadetta il pezzo di mezzo della cornice fopra il dado del fregio. E auet tali,che il pezzo di mezzo della cornice vada per canale a cafietta in modo,che Aringa in due pezzi dalle bande,e ferri a guifa d’arco. E11 queAo modo di far può veder ciafcuno,che il fregio fi regge da fe,& coli la'cornice,laquale pofa quafi tutta in fuHarco| di Mattoni. E coli aiutandoli ogni cofa daperfe, non viene a regger l’archi traue altro, che il pefo di fefieflofenza pericolo di romperli giamai per troppo pelo. E perche la fperienza ne dimoAra queAo modoeflerficurifsimo, ho volutofarneparticulare mentioneacommodo, et beneficio vniuerfale, E mafsimamente conofcendofi, che il mettere, come gl’antichi fecero, il fregio, et la cornice fopral’ Architraue, cheeglifi rompe in fpatio di tempo, et forfè per accidente di terremuoto,ò d’altro,non lo defendendo a bafianza l’arco, che fifa fopra il detto cornicione. Magiran do Archi fopra le cornici fatte in quefia forma , incantenandolo al folitodi ferri, afsicura il tutto da ogni pericolo, e fa eternamente durar l’edificio. Diciamo adunque per tornar a propoli to, che quefia forte di lauorofi può vfare folo da fe, Se anchora metterlo nel fecondo ordine da bado fopra il Ru Aico *, Se alzando metterui fopra vn’altro ordine variato, come Ionico, o Cos rinto , o compoAo ; nella maniera che mo Ararono gli antichi nel Culifeo di Roma, neiquale ordinatamente vfarono arte,Se giudicio. Perche hauendo i Romani tionfato non folo de’Greci, ma di tutto il mondo ; mifero l’opera compo Aa in cima,per hauerla i Thofcani compoAa di piu maniere. Se la mifero fopra tutte,come fuperiore di forza, grada, e bellezza, Se come piu apparente dell’al tre,hauendo a far corona all’edificio,che per efier ornata di be membri,fa nell’opra vn finimento honoratifsimo,Se da non defiderarlo altri menti.Et per tornare al lauoro Dorico,dico,che la colonna fi fa di fette refi* d’altezza j Se il fuo zoccolo ha da edere poco manco d’urrquadro, Se mezo di altezza,& larghezza vn quadro,facendoli poi fopra le fue cornici, de di fotto la fua fafeia col bafione,5e due piani,fecondo che tratta Vitruuio : de lafua ba fcydc capitello tanto d’altezza vna,quanto l’altra,cóputando del capitello dal collarino in fu,la cornice fua col fregio,& architraue appiccata, rifaltando a ogni dirittura di colonna con que’canali,che gli chiamano Tigrifi ordinariamente,che vengono partiti fra vn rifalto,Sel’altro vn quadro,dentroui o tefie Hi buoifecche,o trofei,© mafchere,o targheròaltre fantafie.Serrararchitrauc rifaltando con vna lillà irifalti,Se Ha pie fa vn pianetto fottile, tanto quanto tiene il rifalto; a pie del quale fanno fei campanelle perciafcuno, chiamate Goccie da gli antichi. Et fe fi ha Ha vedere la colonna accanalata nel Dorico, vogliono efiere venti faccein cambio He canali : ÒCnon rimanere fra canale,e canale altro,che il canto viuo. Di quella ragione opera n’è in Roma al foro Boario,ch’è ricchifsima,Se d’un’altra forte le cornici,Se gli altri mébri al Tea trodi Marcello j Houe hoggièlapiazza Montanara, nellaquale opera non fi vede bafe,Se quelle che fi veggono fon Corinte. Et èopenione,che gli antichi non le facefiero,Se in quello fcabio vi metteflero vn dado tanto grande, qua to teneua la bafe. Et di quello n’è il rifeontro a Roma al carcere Tulliano, do uefon capitelli ricchi di membri piu che gli altri,che fi fian villi nel Dorico.’ <• Di quello ordine medefimo n’ha fatto Antonio da San Gallo il cortile di cafa Farnefe in capo di Fiore a Roma,il quale è molto ornato,ebello j benché con tinuamente fi veda di quella maniera tempij antichi,Se moderni, e coli palaz zi ; iquali perla fodezza,Se collegatione dellepietre fon durati,Se mantenuti piu,che non hanno fatti tutti glialtri edifici]. L’ordine Ionico per elfer piu fuelto del Dorico fu fatto da gli antichi a imitatione delle perfone, che fono fra il tenero,e ilrobullo:Sedi quello rende tellimoniò l’hauerloefsi adopera to Se mefio in opa ad Apolline,a Diana,e a Bacco,Se qualche volta a Venere* Il zoccolo,che regge la lua colóna lo fanno alto vn quadro,emezo elargo vn quadro -, Se le cornici lue di fopra,Sedi fotto fecondo quello ordine.La lua co lonna è alta otto telle,Se la lua bafe è doppia con due balloni ; come la deferì ue Vitruuio al terzo libro al terzo capo,Se il fuo capitello fia ben girato con le lue volute,o cartoccio viticci,cheogniun fe gli chiami > come fi vede al Thea tro di Marcello in Roma fopra l’ordine Dorico : cofi la lua cornice adorna di menlole,Se di dentelli,Se il fuo fregio con vn poco di corpo tondo. Et volèdo accanalare le colonne,vogliono efiere il numero de canali ventiquatro, ma fpartiti talmente,che ci relli fra l’un canale,e l’altro la quarta parte del cana* le,cheferua per piano. Quello ordine ha in fe bellifsima grana,Seleggiadria, Se fe ne colluma molto fra gli architetti moderni. Il lauoro Corinto piacque vniuerlalmente molto a’Romani,Se fe ne dilettarono tanto,eh’e fecero di que Ilo ordine le piu ornate,Se honorate fabriche,per lafciar memoria di loro; co me appare nel tempio di Tigoli in fui Teuerone,S: le fpoglie del tempio della pace,Se l’arco di Pola,S: quel del porto d’Ancona. Ma molto piu è bello il Pa theon,cioè la Ritonda di Roma >il quale è il piu ricco, e’1 piu ornato di tutti gli ordini detti di lopra. Fafsi il zoccolo,che regge la colonna, di quella ma* niera,largo vn quadro,& due terzi,Se la cornice di fopra,Se di fotto a propor zione,fecondo Vitruuio fafsi l’altezza della colnnna none tclle, con la fua ba- fa,& capitello; il quale faràd’altezza tuttala grofiezza della colonna da pie: ÒC la fua bafa farà la metà di detta grofiezza, la quale vfarono gli antichi iuta gliare in diuerfi modi. Et l’ornamento del capitello fia fatto co’ fuoi vilucchi, Se le fue foghe,fecondo chefcriue Vitruuio nel quarto libro ; doueeglifari cordo efiere flato tolto quello capitello dalla fepoltura d’una fanciullaCorin ta.Scguitifi il fuo architraue,fregio,& cornice con le mifure defentte da lui tutteintagliate con le menfole* Se vuoli,& altre fòrti d’intagli lotto il goccio ‘ latoio, kroio E i fregi di quell’opera fi poflòno fare intagliati tinti Con fogliami, Se. ancora farne de pulitilo vero con lettere denteo; come erano quelle al porti* modella Ricondadi bronzo cominellò nel marmo. Sono i'canali nelle colon fletto cjueftafortea numero.ventifei, béche n’è di manco ancora j & è ia quar ta parte,del canale fra l’uno,&é,l'altro,che refla’piano : come ben.ifsimaappa« re in molteopere antiche, & moderne mifurateda quelle. • <..
L’ordine comporto, fe ben Vitruuio non nehafariomenzione jnon facendo, egli contod’altro.chedell’op.i Dorica,Ionica,Corinthia,&Tolcana: tenendo troppo licentiofi coloro, che pigliado di tuttequattro qgli ordini ne facefiero corpi,che gli rapprefen tallero piu torto, moftri, che huo.mihi \ per hsmerlo co (lumaio molto i Romani, Se a loro imitazione i moderni, non mancherò df quefto ancora, accio fe n’habbik notizia dichiarare,e formare il corpo di.que rtàproportionedi fabrica .Credendo quefto,cheleiGreri>eiRomanifor-f. marono que’primi quattro ordini, & gli ridulkroamifuraj®oja genera le, chea polsino eflere ftati di quegli,che habbino fiitqni fatto nell’ordine, Comporto, & componendo da fe delle cofe,che apportino molto piu grazia,, t'henon fanno le antiche: E eh e quello fia vero ne’fanno fede l’opere che chekngnolò Buonarroti hafattò.nelia lagreitia, e libreria di S, Lorenzo di Fi lenze, doti e lé porte,! Tabernacoli, le baie. le colonne,! capitelli,le cornicili, méfùleySc ingomma ogni altra Còla hanno del fiuouo,edel compòrto da lui,c nòndimeno'foho maraùigliole nonchebéllè. Il medefimo, emaggiormgn,-? tedimoftrò lo ftéflò Michelagnolo nel fecondo ordine dei 'cortilè dicafa Fari fiele, e nella cornice ancora, che regge di fuori iltetto di quel, palazzo. Echi Vuol veder quanto in quefto modo di fare habbia mcrtrato k virtù di quefto liuomòjVeràmepte venuta dal cielo, Arte;difegnò,'e Varia maniera,«coafide*, ri qiiello, che ha fatto nella'fàbbrica di S/Piero, nel riunire in fieme il corpo- di quella machina,è ndfat tante forti di vari, &.ftrauaganti ornamenti, tan^ te belle modanature di cornici is tanti diuerfe tabernacoli, Se altre molte co*, fe tutte tròu ateda lui, e fatto variatamente'daHiufo degfantichi-.pcretaniii* no può negare,che quello nuouo ordine compofto^hauendo da Michelagno lo tantaperfettionericeuuto,non polla andar al paragone degli altri. E dive ro la bontà, e virtù di quefto veramente Ecc. Scultóre Pittorej Se Architetto, ha fatto miracoli dovunque egliba-pofto'mano poltre all’altre cofe, che Cono, ma'nifefte,e chiare come la luce del Sole, hauendo lìti 11 orti dirizzati facilmer* te,e ridotti a perfezione molti edifici,Se altre cofe di cattiuilsima forma,rico prendo con vaghi, e capricciofi ornamenti i difetti dell’arte,e.dellaNatura* Lequali cofe non conlìderando con buon giudicio, e non le inimicando, harl no a’tempinoftri certi Architettiplebei prosótuolì,&lènza difegho fatto qua fi a cafo,sézaferuar decoro, Arte,ò ordine nefluno,tutte le cofe loro moftruo fe,epeggio, cheleTedelche. Ma tornando a propofito,di quefto modo di kuorareèfcorlo l’uIo,che già è nominato quello ordine da alcuni comporto* da altri Latino, & per alcuni altri Italico. La mifura dell’altezza di quella c 0 Iona vuole eflere dieci tefte : la.bafe fi a per la meri della groflèzza della colon rui, Se mifurata limile alla Corinta; come ne appare in Róma all’arco; dfTito 'Velpafiano . Et chi uorràfar canali in quella colonna, può fargli fimilialla Ionica, 0 comelaCorintajo come farà l’animo di chifarp l’architettura dj e, * ' " D quefto / quello corpo, ch’è mirto con tutti gli ordini. I capitelli fi pofion fare fimili & iCorinthi, faluo', che vuole edere piu la cimafa del capitello j ^devolute,o viticci alquanto piu grandi : come fi vede all’arco fuddetto. L’architraue fu tre quarti della grofiezza della colonna, & il fregio habbia il redo pien di me fole: & la cornice, quanto l’architraue, chel’agettola fa diuentar maggiore: come fi vede nell’ordine vltimo del Culifeo di Roma :& in dette menfolefi pofion far canali a vfo di tigrifi,e altri intagli fecondo il parere dell’architetto: & il zoccolo, doue pofa fu la colóna,ha da efiere alto due quadri, Se cofi le lue cornici a fua fantafia, o come gli verrà in animo di farle. Vfauano gli antichi oper porte,ofepolture,o altre fpecie d’ornamenti, in cambio di colonne,ter mini di varie forti j chi vna figura c’habbia vna cefta in capo per capitello : al tri vna figura fino a mezo, & il redo verfo la baie piramide, o vero bronconi d’alberfiScdi quella lortefaceuano virgini,fatiri,putti,& altre forti di moftri, © bizarie che veniua lor comodo,e fecondo,che nafceua loro.nella fantafia,le metteueno in opera. Ecci vn’altra fpecie di lauori,che fi chiamano Tedéfchii iquali fono di ornamenti, &di proporzione molto differenti da gli antichi* & da’moderni. nchoggi s’ufano per gli eccellenti, ma fon fuggiti da loro co« - me moflruofi,e barbari : Dimeticando ogni lor cofa di ordine, che piu torto confufione,o difordine fi può chiamare ; adendo fatto nelle lor fabriche,chc (oh tante,c’hanno ammorbato il mondo, le porte ornate di colonne lottili Se attortea vfo di vite, le quali non poflonoauer forza a reggere il pelo, di che leggerezza fi fia ; Secoli per tutte le facce, Scaltri loro ornamenti faceuano vna maledizione di tabernacolini l’un fopra l’altro,con tante piramidi,& pii te,Se foglie,che non ch’elle portano flare,pareimpofsibile ch’elle fipofsino reggere. Et hanno piu il modo da parer fatte di carta,che di pietre, o di mar4 mi. Et in quelle opere faceuano tanti rifai ti, rotture, menfóline,Scviticci, che Iproporzionauano quelle opere,che faceuano j Se fpeflo con méttere cofa fo^ pra cofa,andauano in tanta altezza,che la fine d’una porta toccaita loro il tetr tò.Quefta maniera fu trouàta da iGotthi, che per hauer ruinate le fabriche antiche,Se morti gli architetti per le guerre,fecero dopo coloro che rimafero le fabriche di quella maniera > le quali girarono le volte con quarti acuti, Se tiempierono tutra Italia di quella maledizione di fabriche : che per no hauer ne a far piu,$ e difmeflò ogni modo loro- Iddio fcampi ogni paefe da venir tal >enfiero,Sc ordine di lauoti,che per eflère eglino talmente difformi alla bel* ezza delle fabriche noflre,meritano che non fe ne fauelli piu, che quello. El però pafsiamo a dire delle volte, Del fare le uolte di gettoyche uengano intagliate quando jl disarmino 5 CTd'impaflarlojìucco, Cap. ini, . -
Vado le murafon’arriuatc al termine, che le volte s’habbino a voltare, o di mattoni,o di tufi,o di fpugna,bifbgna fopra l’armadura de’corré* ti,opiane voltaredi tauolein cerchio ferrato, checommemnofè condo la forma della volta,o a fchito : e l’armadura della volta in quel modo, che fi vuole con bonifsimi puntelli fermarci chela materiadi fopra del pelo con la sforzi j Se dapoi faldifsimamente turare ogni pertugio nel mezzo, ne*cantoni,& per tutto con terra,accioche la miftura non coli (òtto, quando fi getta. Et coli armata fopra quel piano di tauole,fi fanno cade di legno, che in contrario fiano lauorate,doue vn cauo rilieuo,&: cofi le cornici, e i membri# che far ci vogliamo,fiano in contrario ; accio quando la materia fi getta,vena ga dou’è cauo di rilieuo,& doue èrilieuo, cauo, & cofi fimilmente vogliono edere tutti i membri delle cornici al contrario fcorniciati.Se fi vuol fare pulia ta,o intagliata medefimamente è neceftàrio hauer forme di legno, che fornai no di terra le cofe intagliate in cauo ; & fi faccin d‘eda terra le piaftre quadre di tali in tagli,& quelle fi commettino l’uno all’altra fu piani, o gola, o fregi* che far fi vogliono diritto per quella armadura. E t finita di coprir tutta de gli intagli di terra formati in cauo,& commefsi già di fopra detti,fi debbe poi pi gliare la calce,con pozzolana,o rena vagliata lottile {temperata liquida,& alquanto grada ; & di quella fare egualmente vna incroftatura p tutte, fin che tutte le forme fian piene.Et appredò fopra co i mattoni far la volta alzando q gli; & abbadando,fecondo che la volta gira,& di continuo fi conduca con ef- fi crefcendo,fino ch’ella fia ferrata. Et finita tal cofa fi debbe poi lafciare fare prela,8c adodare, fin che tale opra fia ferma,& fecca. Et da poi quando i putì tedi fi leuano,& la volta fi difarma,facilmente la terra fi leua ; 6c tutta l’opera refta in tagliata, & lauórata,comefedi ftucco foffe condottai &.quelle parti, che non fon venute,fi vanno con lo ftucco riftaurando,tanto,che fi riducano a fine. Et cofi fi fono condorte negli edifici antichi tutte l’opre, lequali hanno poi di ftucco lauorate fopra a quelle. Cofi hanno ancora hoggi fatto i model ni nelle volte di S. Pietro :& molti altri maeftri per tutta Italia. . .
Hora volendo moftrare, come lo ftucco s’impafti, fi fa con'vn’edificio in vfto mortaio di pietra peftare la {caglia di marmo : ne fi toglie per quell’al u o, che lacalce,che fia bianca,fatta odi fcagliadi marmo,o di treuertino;&in cabio di rena fi piglia il marmo pefto,& fi ftacciafottilmen te,& impaftafi có la calce,mettendo due terzi calce,Scvn terzo marmo pefto,& fe ne fà del piu grof* lo,Se lottile,fecondo che fi vuol lauoraregrodamente,o fbttilmente.Et degli ftucchi ci bafti hor quefto ; perche il reftante fi dirà poi, doue fi tratterà del mettergli in opra tra le cofe della {cultura. Allaquale prima,che noi pafsiamo diremo breuemente delle fontane,che fi fanno per la mura, & degli ornarne li vari] di quelle.
Come di Tàrtari,cr di colature $ acque fi conducono le Fontane R umiche, (F come nello ftucco fi murano le Telline,cric colature . delle pietre cotte. Cap. V.
SI come le Fontane,chc’nei loro palazzi, giardini, Scaltri luoghi fecero gl’antichi furono di diuerfe maniere,cioè alcune ifolate con tazze,& vafi ■ d’altre forti ; altre allato alle mura,con nicchie,mafchere,o figure, & or* «amenti di colè maritime ; Altre poi,per vfb delle ftufe piu fimplici,& pulite; & altre finalmente limili alle faluatiche fonti,che naturalmente furgonone i bofehi ; Cofi parimentefono di diuerfe forti quelle, che hanno fatto, elfan» no tutta viai moderni,i quali variandole fempre hanno alle inuenzioni degli antichi aggiunto componimenti di opera Thofcana coperte di colature d’ac-D x que <juepetrifkate,chepedonoagcrifàdiradicionifimicol tépo dalcUne cogeta fciorifd’eileac^ne-’luoghidoueelleioncriide^grofre^ comenófoloaTigoli <loueJ’if fiume Tduerone parificai.rami degTalbcri,c ogn’altra cofa,che fegli pon'eTriazi,facendone di quelle gomme,e tartari -, ma ancora allago di piedi Lupo,che iefa gràndifsime,&: irr.Toican’a al fiume d’Elfa, Tacque del quale le fain modo chiare,chepaiono di marmi,di vitriuoli,ed’allumi. Mabellifsime ébizarrefopra;tutte Taltre fi fono tròuate dietro monte Morelle,pure in TIIO fcana $ vicino'orto miglia a Fiorenza.-‘Et di quella forte ha fatte fare il Duca Cpfimo,nelfuo giardino dclTòlmoa Caftello gli ornamenti rullici delle fon* ■tane fatte dal Tribolo fcultoce ifiQj-ieller^uate .dondela natura Tha prodotte fi vanno accommodando nelTppèraichealtri vuolfore, con fpraghedi ferro, con rami impiombati,o in altra maniera.;E s’innellano nelle pietre iti modo, che fofpefi pendino. E murando quelli addollò all’opera Thófcana fi fa, che ella in qualche parte fi veggia.-Accommodando poi fra elsi caue di pioinbo a- fcofe,efparriti per quelle i buchi,verfano zampilli d’acque,quando fi volta v* na diiauè,tlvenel principio di detta cannella, de cofi fi fanno con dotti, d’a’c- 1 <que,& diuerfi Zampilli : doue poi l’acqua pioue per le colature.di quelli tarta ri, Se colando fa dolcezza nell’udire,e bellezza nel vedere. Se nefa anchora di .* vn’altra fpecie di grótte piu’rullicamente compolle ccntrafacendo le fonti al Ta’fàluatiCa in quella maniera. r
' Piglianfi lafsilpugnofij&commefsijchefonoirifiemefi fa nalcerui herbe fopra;lequalicon ordine,che paiadifordine. &faluatico, fi rendo molto na* turali,& piu vere. Altri ne fanno di fluccoipiu pulite,&lifce, nelle quali me* ' jfcòIàn'oTùno,& l’altro. Et mentre quello c frefeo. mettono fia„élfo per fregi, & Ipartimenti,gongole,telline,chiocciole mari'time,ta’Uarughej e nicchi gra di,&piccóli3chi a ritto,&z chi a rouefeio. Et di quelli fanno. vafiV&'feftóni, iti checotàli telline figurano lefoglie > & altre.chiocciole,e infochi fanno le frut te', A? Icorze di telluggine d’acqua vi fi pone. Come fi vede alla vigna,che fece fare Papa Clementefettimo quando era Cardinale,apiedi Monte Mario, p configlio di Giouanni da Vdine.
Cofi iì fa anchora in diuerfi colori vn mufaico rullico,& molto bello,pigliati dò piccoli pezzi di'colature di mattoni disfatti,e troppo cotti nella fornace,& altri pezzi di colature di vetri,che vengono fatte,qùudo pel troppo fuoco feop piano lepadelle de’vetri nella fornace,fi fa dico murando i detti pezzi fermati dogli nello fluccò,comes’èdèttodifòpra, & facendo nafeere tra elsi coralli, & altri ceppi maritimi ; iquali recano in fe grana,& bellezza grandilsima. Cofi fi fanno animalifigure, che fi cuoprono di fmalti in varij pezzi podi alla grofia,6c con le nicchie fudette > le quali fono bizarracosa avederle.Erdi quella fpecie n’è a Roma fatte moderne di molte fontane, lequ ali hano dello l’animo d’infiniti a edere per tal diletto vaghi di fi fatto lauoro. E hoggi fimil mente in vfo vn’altra forte d’ornamento per le fon tane, ruftico affatto, ilqua le fi fa in quello modo, fatta difotto Tosature delle figure,o d’altro, che fi voglia fare, & coperte di calcina,odi flucco,firicuopre iIdifuori,aguiladimus laico di pietre di marmo bianco,o d’altro colore,fecondo quello, che fi ha da fare, o véro di certe piccole pietre di ghiaia,di diuerfi colori,c quelle quando fono con diligenza lauorate hanolunga vita.E lo fluccojcon cheli murano,e lauorano qfte cofe,è il medefimo,che inanzi habbiamo ragionatole per la pre /a tetta con ella rimangono mura te. a quelle tali fontane di frombole,cioè falli di fiumi tondi,& diacciati lì fanno pauimenti murando quelli per coltello,,e a Onde a vfo d’acque,che fanno benilsimo. Altri fanno allepiu gentili pauimé ti di terra cotta a marroncini con varij fpartimenti,& inuetriati a fuoco, coma ih vali di terra dipinti di varij colori,& con fregi,& fogliami dipinti; ma ques ila forte di pauimenti piu conuiene alle ftufe,&a’bagni, che alle fonti.
Del modo di fare i Pduimenti di commtjfo* Cap.. vr. '
(V tte lé cofé,che truóuar fi poterono,gli antichi ancora che con difficul c, I • tà in ogni genererà le ritrouarono, o di ritrouarle cercarono, quelle di co, ch’alia vifià degli huomini vaghezza,& varietà indurre potertelo; I rouarono dunque fra l ak’recofe belle, ipauimenti di pietre ifpartiti con va rij mirti di porfidi, ferpentini, & graniti, con tondi,Se quadri, Se altri fparti* menti, onde s’imaginarono,che fare fi poteflero fregi jfogliami,& altri anda ridi dilegui figure. Onde per poter meglio riceuere l’opera tallauoro,tri tauanof marmi ; accioche ertendo quegli minori potertero,per lo campo', Se piapo con 'eCsi rigirare i n tondo, Sé diritto, Se a torto,fecondo che veniua lor meglio : Se dal commettere infieme quelli pezzi lo dimandarono Mufaico. ,Et nei. pauimen ti di molte loro fabrichefe neferuirono: come ancora veg« giamo all’Antornano di Roma, «Se in altri luoghi, doue fi vede il mulaico lavorato con quadretti di marmo piccioli ; conducendo fogliami,malchere, Se altre bizarrie, &'con quadri di marmo bianchi, Se altri quadretti di marmo nero fecero il. campo di quegli. Quelli dunque fi lauorauano in tal modo. Faceualì finto vn piano di ftucco frefeo di calce, & di marmo, tanto grorto, che baftafle per tenere in fei pezzi commelsi fermamente, fin che fatto prefa fi poteflero fpianar difopra ; perchefaceuano nel feccarfi vita prelà mirabile, Se.vno (malto marauigliolo,che ne l’ilio del caminare,ne l’acqua non gl’offen dcua. Onde eflendo quella opera in grandilsima confideratione venuta, gli ingegni loro fi mifero a fpeculare piu alto; efsendo facile a vna inuézione tro uatà aggiugner lempre.qual cola di bontà. Perche fecero poi i musaici di mar mi più fini ; &,pet bagni, Se per ftufe i pauimen ti di quelli, Se con piu fiottile magiftero,&: diligenza quei lauorauano fottililsimamente ,• facédolì pefei va riati,limitando la pittura con varie forti di colori atti a ciò con piu fpecie di marmi ; melcolando anco fra quegli alcuni pezzi triti di quadretti di mulaico di ofladi pefee,c’hanno la pelle luftra. E coli viuamente gli faceuano,che l’aca - qua poftaui di fopra,velandogli,pur chechiara forte, gli faceua parere viuil* fimi ne ipauimenti,come le ne vede in Parionein Roma in cafa di M.Egidio, Se Fabio Saflo. Perche parendo loro quella vna pittura da poter reggere all’ac que,8c a i venti,Se al fole per l’eternità fua ; Et penfando, che tale opra molto meglio di lontano,che dappreflo ritornerebbe; perche coli non fi lcorgereb- bono i pezzi,che’l mulaico dappreflo fa vedere,ordinarono per ornar le volte Se le pareti de i muri, doue taicofe fi haueùano a veder di lontano. E perche lultraflcro,& daglihumidi,&: acque fi difendertene pesarono talcofa douer fi fare di vetri 3 & coli gli milt ro in opra:& face ndo ciò bellifsimo vedere , ne ornaros/ornarono i tempij loro,8c altri luoghi -, come veggiamo hoggi ancora a Roma il tempio di Bacco, Se altri. Talché da quegli di marmo deriuano quelli » che fi chiamano hoggi mufaico di vetri. Et da quel di vetri s’è paflato al mufai co di gufci d’huouo-j Se da quelli al mufaico del far le figure,e le Itone di chia ro fcuro pur di commefsi,che paiono dipinte j come tratteremo al fuo luogo nella pittura* Comefi ha a conofcere «HO edificio proporzionato lene, & che parti generai. mente fc li contengono, C ap. VII.
MA perche il ragionare delle cofeparticulari/miferebbedeuiar troppo dal mio propofito ) lafciata quella minuta conlìderazione a gli fcritto ri della Archittetura. dirò folamente in vniuerlale come fi conolcano le buone fabrichej & quello che fi conuengaalla forma loro j per efiere in- dente,de utiliSe belle. Quandos’arriuadunque,a vno edificio,chi volefle va dere s’egli è fiato ordinato da vno architettore eccellente j Se quàta maeftria egli ha hauuto,Se fapere, s’egli ha laputo accomodarfi al fito, e alla volótà di
chi l’ha fatto fabricare: egli ha a confiderai tutte quelle parti. In prima, (c •chilohaleuatodal fondamento ha penfatofe quel luogo era difpo fio, Seca pace a riceuere quella qualità,fic quantità di]ordinazione,cofi nello fpartime- to delle ftanze, come ne gli ornamen ti,’che per le mura comporta quel fito,o (lretto,o largo,o alto,o baffo *, E fe è fiato fpartito con grazia,fic conueniente miftira : difpenfando,fic dando la qualità, e quantità di colonne, fineftrc, por te, fic rifeontri delle facce fuori,e détro nelle altezze, ogrofiezze de muri,’e in tutto quello, che c’interuenga a luogo per luogo. E di necefsità che fi diftri- buifehino per lo edificio le ftanze c’habbino le lor corrifpondenze di porte, fìneftre,camini, ficaie legrete, anticamere, deliri, ficrittoi, fenza eh« vi fi veg- ga errori s come faria vna fiala grande, vn portico picciolo, fic le ftanze mino-ri : lequali per efter membra dell’edificio, è di necefsità ch’elle fian o, come i corpi humani egualmente ordinate,fic diftribuite,fiecondo le qualità, fic va- rietà delie fabriche,come tempij tondi,otto faccie,in fiei facce,in croce,fic qua dri* fic gli ordini varij fecondo chi,fici gradi in che fi troua chi le fa fabricare.
Percioche quando fon difegnati da mano,che habbia giudicio con bella ma« niera,moftrano l’eccellenza dell’artefice,8c l’animo dell’auttor della fabrica.
Perciò figureremo per meglio efter’intefi vn palazzo qui di (otto; fic quello ne darà lume agli altri edifici,per modo di poter conofcere,quando fi vede,fic è ben formato,o no. In prima chi confiderei la facciata dinanzi lo vedrà le* uato da terra,o in fu ordine di fca!ee,o di muricciuoli,tanto che quello sfogo lo faccia vfeir di terra con grandezza j Se fèrua che le cucine, o cantine (òtto terra fiano piu viue di lumi,fic piu alte di sfogo,il che anco molto difende l’e- dificio da’terremuoti,c altri cali di fortuna. Bifiogna poi che rapprefienti il cor po deirhuomoncl tutto,fic nelle parti fimilmente,e che per hauere egli a te- mere i venti,l’acque,fic l’altre colè della natura ; egli fia fognato con ifmaltitoi che tutti rifipondino a vn centro,che porti via tutte infieme le bruttezze, fici puzzi,che gli poffano generare infermità. Per l’afpetto filo primo, la facciata vuole hauere decoro,fic maeftà,Se efiere compartita come la fàccia dell’huo-mo, ino,la porta da ballo,& in mezo,cofi come nella tefta ha rhuomo la bocca,dó de nel corpo palTa ogni forte di alimen to,le fineftre per gli occhi, vna di qua, & l’altra di là,feruando lempre parità, che non li fàccia, fe non tanto di qua, quanto di là negl’ornamentijO cTarchi,o colonne,o pilaftri,o nicchie,o fineftre inginocchiate,o vero altra forte d’ornamento,conlemifure, & ordini, che già s’è ragiona to,o Dorici,o Ionici,o Corin thi,o Thofcani. Sia il fuo cor* nicione,che regge il tetto fatto con proporzione della facciata,fecondo ch’eo gli è grande i & che l’acqua non bagni la facciata,& chi Uà nella ftrada a fede re. Sia di Iporto fecondo la proporzione dell’altezza,&: della larghezza di ql« lafacciata.Entrando.dentro nel primo ricetto fìa magnifico,& vnitaméte cor jilponda all’appiccatura della gola,oue fi patta j &: fia fuetto, & largo, accio* ehe le Uretre,o «ie’caualli,o d’altre calche j che Ipettò v’interuengono -, non fa cino danno a lor medefimi nell’entrata,o di felle,o d’altre allegrezze.il cortile figurato per il corpo fia quadro,& vguale,o vero vn quadro, & mezo, come tutte le parti del corpo : & fia ordinato di porte,& di parità di danze dens tro con belli ornamenti. Vogliono le fcale publiche efler commode, & dolci al falire,di larghezza fpaziofe, & d’altezza sfogate, quanto però comporta la proporzione de’luoghi. Vogliono oltre accio,eflere ornate, & copiofe di lu« mi. E almeno fopra ogni pianerottolo doue fi volta hauerefineftre,o altri lumi. &in fòmrrta vogliono le fcale in ogni fua parte hauere del magnifico,atte io,che molti veggiono le fcale,& non il rimanente della cafa. Et fi può dire, che elle fiano le braccia,6c le gambe di quello corpo, onde fi come le braccie fiannò da gli lati deU’huomo,cofi deono quelle ftar dalle bande dell’edificio* Ne lafcierò di dire,che l’altezza degli fcaglioni vuole edere. vn quinto alme* no,& ciafcuno Icaglionelargodue terzi,cioè come fi è detto, nelle Icale'degli edifici pubhci,& neglialcri a proporzione: perche quando fono ripide non fi pofionofalire,neda putti,ne da’vecchi,&rompono le gambe.Et quello mé- brò è piu diftìcile a porfi nelle fabriche,& per etter’il piu frequentato che fia, & piu commutìe,auuiene Ipettò,che per laluar le ftanze le guadiamo. Et bifo gna,che le fale con le ftanze di fotto faccino vn’appartamento communeper lattate, &diuerlàmentelecamereper piuperfone,*&lòpra fianofalotti,la« le,& diuerfi appartamenti di ftanze,che rilpondino femprenella maggiore: & coli faccino le cucine,& Tal tre ftanze,che quando non ci fotte quell’ordine le hauette il componimento fpezzato,& vna cofa alta,Sd’altra batta,e chi gra de,&chi picciola,rapprefentetebbehuoraini zoppi,trauol ti, biechi, & ftor« piatijlequali opre fanno,che fi riceue biafimo;& non lode alcuna. Debbono i componimenti,doue s’ornano le facce,o fuori, o dentro, hauer corrifpóden za nel feguitar gli ordini loro nelle colonne,& che i full di quelle non fiano lu ghi,o fonili,o grolsi,o corti,leruando fempre il decoro degli ordini fuoi j ne fi debbe a vna colonna lottile metter capi tei grotto, ne baie limili, ma feròdo il corpo le membra,lequali habbino leggiadra,& bella maniera, & difegno. Et quelle cofe lòn piu conofciute da vn’occhio buonojilquale le ha giudicioj fi può tenere il vero compaflo,&Diletta mifura,perche da quello laranno lodate le cole,& biafimate Et tanto balli hauer detto generalmente dell'Archi lettura,perche il parlarne in altra maniera, non è cola da quello luogo* ' fj Che cofi jìd U Sculturd)CT come fld.no fate le fculture buone ; er che pjrti ] .. elle debbino hduere^ereffere tenute perfètte. Cap. Vili. ■ A'Scultura è vna Arte, che leuandoil fuperfluodalla materia higgettaja riduce a quella forma di corpo,che nella idea dello Artefice edifegnata. Et èdaconfiderare,chetuttele'figuredi qualuque forte fifiano, o intagliate ne'Marmi,o gittate dibiro zi,o fatte di ftucco,o di legno, hauendo adeflere di tondo riliè* uo, & che girando intornoE habbino a vedere per ogni verfq ;,è di nécèfsitàj chea volerle chiamarpfette,cH’habbino di molte parti. La prima èjche quadò vna fimil figura ci fi pfenta nel primo afpetto alla villa,ella’rappreferfnVe teda fomiglianza a quella cofa,per la quale ella'è fitta,ò fiera,o humile, o bizarra,ò allegra, ò malenconica, fecondo chi fi figura. Et che ella habbia corrifpondé za di parità di membra, cioéjriòn habbia le gambe Ioghè, il capo groflo,lèbraò eia corte,ik disformi. Ma fia ben mifurata,& egualmente aparte aparte Con-cordata , dal Capo a’ piedi. Et fimilmente le ha la taccia di vecchio, habbia là bracciali corpo,legambe,le mani,&i piedi di vècchio,vnìtàme'riteofluta pet tutto, mulculofa,neruu tà, & le vene polle a’iuoghi loro. E t fe harà la faccia di giouane, debbe parimente efler ritonda, morbida, de dolce nella aria, &>per tutto vnitamente concordata. Se ella non harà ad elferc ignuda,facciali,che i panni ch’ella hara ad hauer addoflò non fiano tanto tritijc’habbino del fecco,ne tanto grolsi,che paino fafsr. Ma fiano con il loro andar dipieghe girati tal mente,che fcuoprino lo ignudo di fotto,<Se c5 arte,Ì8c grazia thloràlo moftrii no,& talora Io afcondino,lènza alcuna crudezza che offendala figura; Siano i fuoi capegli,& la barba lauorati con vna certa morbidezza>fuellatÌ,& riccia ti,che inoltrino di elfere sfilati, hauendòli data quella ma.ggior piumofità,&' grazia, che può lo fcarpello . Ancora, che gli fruitori in quella parte non pof fino cofi bene contraffare la Natura,facendo elsi leciocche de’capegli fode,5É
.-ricciute,piudi maniera, chediimmitazionenaturale. • Et ancora, che le figure fiano veftite,è necéllario di fare i piedi,Se le mani1, -che fiano códotte di bellezza,&di bon tà come Tal tre parti. Et per effere tutta la figura tonda è forza,che in faccia,in profilo,6qdi dietro, ella fia .di propor ziurte uguale,hauendo ella,a ogni girata,& veduta, a rapprefen tarli'beri di- fpollaper tutto.E necelfarioadunque,chetila habbia corrifpódéza,«Se che v* gualmenteci fia per tutto attitudine,difeguo,vnione,grazia,&: diligenza, le*
quali cofe tutte infiemejdimoltrino fingegno,& il valóre dell’artefice. Deb* bono le figure cofi di rilieuo,come dipinte,efler condotte piu co ìl giudicio* che con la mano,hauendo a Ilare in altezza,doue fia vna gran diftanza; pche ladiligenza dell’ultimo finimento non fi vede da lontano} Mali conofcebé ne la bella forma delle braccia,& delle gambe j & il buon giudicio nelle fai * de de’ panni con poche pieghe j perche nella Amplici tà del poco, fi moftral’a cutezza dell’ingegno. Et per qucfto le figure di marmo,odi bronzo, che vati no vn poco alte,uogliono eflere traforate gagliardejaccioche il marmo,che è bianco^ il bronzo,che ha del nero,piglino all’aria della ofeurità j & £ quel la apparifea da lontano il latioroefler finito, &dapprefio li vegga lanciato in bozze. La qualeauuertenza hebberograndamentegli Antichi, come nelle ior figure tonde, & di mezo rilieuo che negli archi, Se nelle colonne veggia* mo dì Roma, lequali moftrano ancora quel gran giudicio che egli hebbero. E t infra i Moderni fi vede edere fiato ofleruato il medefimo grademente nel le fue opere da Donatello. Debbefi oltra di quello confiderai, che quando le fiatile vanno in vn luogoalto,echea bafio non fia molta diftanza da poter fi difeoftare a giudicarle da lótano,ma che s’habbia quali a ftar loro fimo,che coli fatte figure fi debbon fare di vna tefta,o due pili di altezza. Et quello fifa perche quelle figure,che lon polle in alto, fi perdono nello feorto della veda ta,fhndo.di lòtto,Se guardando allo in fu. Onde cioche fi dà di accrefcimen* to,viene a confumarfi nella grofiezza dello feorto, Se tornano poi di proporr rione nel guardarle,giulle,&: non nanej ma con bonifsima gratia. Etquàdo non piacefiefar quello,fi potrà mantenere le membra della figura, lottilette, &gentih,che quello ancora torna quali il medefimo. Coftumali per molti ar telici,fare la figura di nuoue tefte ; la quale vien partita in otto telìe tutta, ec» cetto la gola,il collo,& l’altezza delpiede ; che con quelle torna noue. Perche due,fono .gli ftinchi, duedalleginocchiaa’membii genitali,& tre il torlo fi-* no alla fontanella della goIa,&: vn’altra dal mento alfultimo della fronte, Se vna ne fanno la gola,& quella parte,ch’è dal dodo del piede, alla pianta, che fono nouè. Le braccia vengono appiccate alle fpalle, Se dalla fontanella all’ nppicchàturadaogui bandaèvna teftai&efie braccia fino a la appiccatura delle mani fono tre ielle,&: allargandoli l’huomo con le Braccia apre apunto tanto quanto egli è alto. Ma non fi debbe vfare altra miglior Mifura, che il Giudicio dello occhio -, il quale fe bene vna cola farà benifsimo mifurata, Se egli ne rimanghi oitelo, non reitera per quello di biafimarla. Però diciamo, che le bene la Mifura è vna retta moderatione da ringrandirelefigure talmé te,che le'alrezze, Se le larghezze,feruato l’ordine, faccmoTopera proportio- nata,& gratiofa ; l’occhio nondimeno ha poi con il giudicio a lcuare,& ad ag giugnere,fecondo,che vedrà la di Igeati a dell’opera, talmente, che eie dia giu ftamente proportione, gratia,dilegno, Se perfezione ; acciò,che ella fia in fe tutta lodata da ogni ottimo giudicio. Et quella llatua, o figura, chehauerà q» He parti,farà perfetta di bontà; di bellezza, di difegno;& di gratia. Et talifigu re chiameremo tonde* purché fi polsino vedere tutteleparti finite, come fi vede nel huomo girandolo a torno 5 Se Umilmente poi l’altre, che da quelle Spendono. Ma e’mi pare horamai tempo da venire a le cofe più particulari, Del fare i modelli di di terrd,e? comefi ueftitioicr come d proporzione fi fin grandifchirio poi nel mmno^come fi fubbino}o'(ì gradinino . puhfchino,zx impomicinoj er fi lucrino, er fi ron dino finiti, Cap,~ IX.
Ogliònoglifcultori, quando vogliono lauorare vna figura di marmo,fa re per quella vn modello, che’cofi fi chiama,’ cioè vno efemplo,cheè vria figura di grandezza di mezo braccio ò meno,ò piu fecondo, che gli torna comodo,ò di terra,ò di cera,o di lluccojpur che e’pofsin niolharin qllal’attitu dine, &. la proportione, che ha da edere nella figura, che e voglìon fare 3 cero cando accomo.darfi alla larghezza,& alla altezza del fallo, «hehanno fatto calure, per faruela dentro. Ma, permollrarui come la cera fi lauora, dire
mo del lauorare la cera, &non la terra . „Quella per renderla piu morbida,vi fi mette dentro vn poco feno^Sc di trementina, Óc di pece nera,dellequa li cole il leuo la fa più arrendeuole ; e la trementina tegniente in fe *, & la pece le dà il colore nero, & le fa vna certa fodezza dapoi, ch’c lauora ta, nello Ilare fatta,che ella diuéta dura. Et chi volefle anco farla d’altro colore,può ageuol mente j perche mettendoui dentro terra rolla, ò vero cinabrio, ò minio,la fa rà giuggiolina, ò di fomigliante colore. Se verderame,verde 3 & il fimilé fi di cedegli altri colori. Ma è bene da auuertire, che i detti colori vogliono elfer fattiampolliere, e lliacciati,e coli fatti elferepoi melcolaticonla cera liquefatta,che Ila. Fafiene ancora per le cofe piccole,& per fare medaglie,ri tratti,e iloriette,&: altre cole di ballo rilieuo,della bianca. E quella fi fa, mefcolando con la cera bianca,biacca in poluere,come fi é detto difopra. Non tacerò ancora,che i moderni Artefici hanno trouato il modo di fare nella cera le mèlli che di tutte le forti colori *, onde nel fare ritratti di naturale di mezzo rilieuo fanno le carnagioni,i capegli,i panni,& tutte l’àltre còfe iii modo fimili al uc ro,che a cotali figure non manca,in vn certo modo,fe non Io fpirito, & le pa role. Ma per tornare al modo di fare la cera. Acconcia quella millura, einfie me fonduta,fredda ch’ella èife ne fa i pallelli,iquali nel maneggiarli dalla cal dezza delle mani fi fanno come palla,& con ella fi crea vna figura a federe,rit ta,o come fi vuole,laquale habbia fottovn'armaduta,per reggerla infe llef- fa,o di legm,o di fili di ferro,fecondo la volontà déll’artefice, & ancor fi può fare con ella, Scienza, come gli torna bene. Et a poco a poco col giudicio, & le mani lauorando,crefcendo la materia,con i {lecchi d’olio,di ferro, o di legno, fi fpinge in dentro la cera,&con mettere dell’altra lopra fi aggiugne, & raffiria,fincheconieditafi.dàa quello modello rùltimopulimento.Et finito ciò,volendo fare di quegli,che fiano di terra,fi lauora a fimilitudine della cera,ma fen za armadura di fotto,o di legno,o di ferro, perche li farebbe fende* re,Se crepare. Et mentre,che quella fi lauora,perche non fenda,con vn pano bagnato fi tien coperta,fino che iella fatta. Finiti quelli piccioli modelli,o fi gure di cera,o di terra fi ordina di fare vn’altro modello,chehabbia ad eflere grande,quanto quella llella figura,che fi cerca di fare di marmo 3 nel che fare perche la terra,che fi lauora humida nel leccarli rientra 3 bifogna mentre,che ella fi lauora,fare a bell’agio,& rimetterne fu di niano in mano 3 & nell’ ulti* ma fine mefcolare con la terra farina cotta,che la mantiene morbida,et lieua quella fecchezza.Sc quella diligenza fa,che il modellonon rientrando rimane giullo,& limile alla figura,che s’ha da lauorare di marmo.Et perdi e il mo dello di terra grande fi habbia a reggere in fe,& la terra non habbia a fender E,bifogna pigliare della cimatura,o borra,che fi chiami, o pelo. Et nella terra mefcolare quella,la quale la rende in le tegnente^ non la laida fendere. Armali di legni lòtto,&: di lloppallretta,o fieno,con lo fpago,& fifa I’olfa del « la figura,'Se fe le fa fare quella attitudine,che bilogna ; fecondo il modello pie dolo diritto,o a fede re,che fia,& cominciando a coprirlajdi terra, fi conduce gnuda*lauorandolamfino alfine, La qual condottale le le vuol poifare pan ni acidoIlo,che fiano fonili,fi piglia panolino,che fià fottiIej& fe grotto,grof
foj& fi bagnai bagnato,con la terra,s’interra nrqnliquidamente,madi vn loto,che fia alquanto fodetto i &c attorno alla figura fi và acconciandolo, che facciaquellepieghe,Se amaccature,chel’ahim'ogli’porge-,di che fecco verri a indurarli,& manterrà di continuo le pieghe. In quello modo fi conduco- no a fine i modelli,& di cera,& di terra. Volendo ringrandirlo, a proporzio« ne nel marmo ; bilogna,che nella (leda pietra > onde s’ha da cattare lafigura, fia fatta fare vna (quadra,che vn dritto vada in piano a’ pie della figura, Se l’al trOjVada in alto,& tenga fempre il fermo del piano,& cofi il dritto di (opra:6? fimtlmente vn’altrafquidra, odi legnoso d’altra còfa fia al modello',' pervia della quale fi piglinole mifure da quella del modello quanto (portano le ga- be fora,&: cofi le braccia;& fi và fpignendo la figuralo dentro con-quelle mi- fare riportandole fui marmo dal modello,di maniera,che indurando il mar# mo,& il modello a proporzione viene a leuare della pietra con li fcarpelli> Se la figura a poco a poco mifurataviene avfcire di quel fafio nella maniera,che fi cauerébbe d’una pila d’acqua pari,e diritta vna figura di cera,che prima ver rebbe il corpo,Se la tefta,&: ginocchia,& apoco, apoco (coprendoli,& in fu ti randola,fi vedrebbe poi laritonditàdi quella fin paflatòil n:ezo ; e in vltifrio la ritondità dell’altra parte. Perche quelli,che hanno.fietta a lattorare, &che bucano il (allo da principio,& leuano la pietra dinanzi,&: di dietro, rifolutas mente,non hanno poi'luogo doue ritirarli,bifognandoli > Se di qui nafeono molti er rorfiche fono nelle llatue,che perla voglia,c’ha l’artefice del vedere le figure tonde fuor del fallo a vn tratto,fpeflb fi gli fcuopre vn’ errore, che noti può rimediami, fe non vi fi mettono pezzi commefsi, come habbiamo villo collumare a molti artefici moderni. Il quale rattoppamento è da ciabattini, Se non dahuomini eccellenti,© maeftri rari ; Se è cofa vilifsimaj Sé brutta, Se digrandilsimo biafimo.Sogliono gli fruitori nel fare le llat.ue di marmonel principiojoto abozzare le figure con le fibbie,chc.fono vna (pecie di ferri da lóio coli nominati -, i (piali (ono apuntati,Se grolsi j Se andare leuando,&fub biando grollàmente il loro la(To,&: poi’con altri ferri detti calcagnuoli, c’han noìvn'a tacca in mezo,6c fono corti,andare quella ritondando, perfinoch’e- glino. venghino a vn ferro piano piu lottile del calcagnuolo, che.ha due tac7 eh e, chiamato gradina. Col quale vanno per tutto con gentilezza gradii nandoià'figura,con la proporzione de.Mufcoli,&delle pieghe ; Se là tratteg- giano di maniera per la-viìtii delie tacche,o den ti predetti, .'che la pietra mo- ftra gratia mirabile. Quello fatto fi vàileuando le gradinature có vn ferro pu lito. £t per dare perfezione alla figura, volendole aggiugnere dolcezza* mor-bidezza, &fine,fi và con lime torte leuando le gradine ; il fimile fi fa có altre lime fiottili, Se feu ftine diritte, limando, che redi pianoiSc da poi con punte di pomice fi và impomiciando, tutta la.figura,dandole quella carnofità, che fi ve de nell’opere marauig-liofe della fcultura. Adoperali ancora il geffo^di li,accio chcl’.habbia iuftro,&: piihmento; fimilmentecori paglia di gtano,ta- cendo ffcruffeli fi ftroppiccia, talché finite*& 1 liftrate fi rendpno.a: gl’occh.i no itribèllifsimè.aiCL-.d : unii :i.'. -
tx'bdfii}&de’ntczzì Rilitui* U difficulù del fargli * a1 in che confai ilcott dur gli a perfezione.
Cap. X.
J/r~\ Velie figure, che gli (cultori chiamano mezi rilieui, furono rrouate già j da gli'antichi, per fare iftòrie da adornare le mura piane: & fe ne ferui ■- - rono ne’teatri, Se négharchi per le vittorie 5 perche volendole fa* re tutte tonde,nonlepoteuanofituare(enon faceuano prima vna ftanza}ò ve ro vna piazza, che fu (Te piana . llche volendo sfuggire trouarono vna fpecie, che mezo rilieuo nominarono, Se c da noi cofi chiamato ancora : ilquale à fi militudined’una pittura,dimoftra prima l’intero delle figure principali,ò me ze tonde,ò piu come (ono ; & le feconde occupate dalle prime, Se le terze dal- le feconde* in quella (leda maniera, che appariamole perfone viue,quando elle (ono ragtinate,& riftrette infìeme. In quefta fpecie di mezo rilieuo,per la diminuzione dell’occhio,fi fanno l’ultimefìgure di quello,bade come alcune tede bafsifsime, Se cofi i cafamenti, Se i paefi, che fono l’ultima cofa. CVueftà fpecie di mezi rilieui da neffuno èmài ftatameglio.ne con piu offeruanza fat- ta, ne piu proporzionamente diminuita, ò allontanata le fuefigui e i’una da l’altra * che dagli antichi. Coinè quelli che imitatori del vero, Se ingegnofi, non hanno maifattolefigurein tali ftorie, chehabbinopiano, chefcorti, o fugga j Ma l’hanno fatte co’proprijpiedi,che pofino fu la cornice di (otto; Dò ue*"alcuni de’noftri moderni animofi più del douere, hanno fatto nelle ftorie loro di mezo riIieuò,pofire le prime figure nel piano, che è di baffo rilieuo,Se sfugge j de le figure di mezo (ul medefimoin modo che dando cofi non pofa no i piedi con quella fodezza, che naturalmente douerebbono; la onde fpef- fe volte fi vede le punte de piè di quelle figure che voltano il di dietro , toccar fi gli ftinchidellegambe,perlòfconocheèviolento. Etditalicofe fenevf-de in moltè opere moderne,Se anchora nelle porte di fan Giouanni, Se in più luoghi di quella età . Et per. quefto i mezi rilieui, chehano quefta proprietà, fono fallì ; perche fe la metà della figura fi caua fuor del (allo, hauendon’a fa* re altre dopo quelle prime, vogliono hauere regola dello sfuggite,e di miniti re$& co’piedi in piano;che fia piu inanzi il piano, chei piedi,come fal’occhio c la regola nelle cofc dipinte ;&conuiene che elle fi abbacino dimanoin ma-no a proporzione, tantoché venghino a nlieùo diacciato,& baffo per quefta vinone, che in ciò bifogna; è difficile dar loro peirfèzzione, & condur gli : attefo che nel rilieuo ci vanno feorti di piedi, & di tefte; ch’è nécedàrio hauere grandifsirrto difegno, a volere in ciò moftrareil valore dello'artcfice.
Et tanta perfezzione fi recano in quefto grado lecofelauorate di terra., &di cera,quanto quelle di bronzo, & di marmo. Perche in tuttel’opcrechehàra* no le parti, ch’io dico, faran noi mezi rilieui tenuti bellifsimi, odagli artefici intendenti fommamente lodati, La feconda fpecie,che baisi rilieui fi chiama ho, fonodi manco’rilieuoaflài, eh il mezo,&r fi dimoftràno almeno p la meta di quegli, che noi chiamiamo mezo rilieuo,è in quelli fi può con ragione, fa- rei! piano, i cafamenti, le prò (petti ue,1e (cale, Se i paeficome veggiamo ne’ pergami di bronzo in fan Lorenzo di Firenze,6c in tutu i baisi rilieui di Dona ro*ilqualein quella profefsionelauoròveramente cofediuinecongrandif-fimaofler'tiazione. Et quefti fi rendono a l’ochio facili, & lènza erroii, o bar*bar' bv: sim barifmi ; perche noli fportano tanto in fuori,che poisino dareeaufa di errori, ò di biafimo. La terza fpeziefi chiamano bafsi, & diacciati rilieui,i quali non hano altro in fe,che’ldifegno dellafigura;con amaccato,&:diacciato rilieuo. Sono difficili adai, attelo,che e’ci bilogna dilegno grade,e inuézione. Anuen ga,che quelli fono faticofi a dargli grazia,per amor de'contorni.Et in quello genereancora Donato lauorò meglio d’ogni artefice con arte,difegno,&in- uenzione. Di quella lorte fe n’è villo ne vali antichi Aretini aliai figure, mal chere, & altre llorie antiche, & Umilmente, ne’Cammei antichi, &ne’conij da llamparele cofedi bronzo per le medaglie ; Se Umilmente nelle monete. Et quello fecero perche fe fodero date troppe di rilieuo, non harebbono potu to coniarle,ch'ai colpo del martello non farebbono venute l'impronte,douen doli imprimerei Conij nella materia gittata,la quale quando è bada,dura po ca fatica a riempirei cauidel conio. Di quella arte vediamo hoggi molti ar* telici moderni chel’hano fatta diuinifsimamente j Se piu che efsi antichi co* me fi dirà nelle viteloro pienamente. Impero chi conofcerà ne’mezi rilieui la perfettionedellefigure,fattediminuireconoderuatione; Se ne’bafsila bontà del difegno,perleprofpettiue,& altreinuenzioni3 Se nelli diacciatila net* tezza,lapulitezza, Se labella forma delle figure, che vi fi fanno ; gli farà eccel* lentemen te, per quelleparti, tenere, ò lodeuoli, ò biafimeuoli 3 Se infognerà conofcerli altrui.
C ome fi fanno i modelli per fare di bronzo le figure grandi ex picciole; crccmele forme» per buttarle 3 come fi armino di fèrri} er come fi gettino di metallo >ejdì .
tre forti bronzo ; cr come gittate fi ce felino, er fi rinettino j cr come mancando pezzi, che non fùffero uenuti, s'innefti- nOfCrccmmettmo nelmedefimo bronzo. - '
Cap. XI. 1
S A N 0 gl’artelici eccellenti,quando vogliono gittare, o metallo, o bro’ zo figuregrandijfarenel principio vna (fatua di terra,tantogràde,qua* to quella,che e’ vogliono buttare di metallo,& la conducono di terra a quella perfezione,eh e conceda dall’arte,& dallo dudio loro. Fatto quello, che fi chiama da loro modello,& condotto a tutta la perfezione dell’arte, Se del làper loro,cominciano poi con gedo da fare prela a formare lòpra quello modello parte per parte.facendo addodo a quel modello i caui di pezzi, Se Co praogni pezzo fi fanno rilcontri,che vn pezzo con l’altro fi commettano, fe* gnandoli,o con numeri,o con alfabeti, o altri contrafegni;' Se che fi pofsino cauare,®gere i n fi em e. Co fi a parte per parte,lo vano formando 3 Se vngé do con olio fra gedo, & gedb,douele commettiture s’hanno a congiugnere','
Se cofi di pezzo in pezzo lafignra fi forma 3 Se la teda,le braccia, il torfo, Se lè gambe,perfin’all’ulnma cofa : di maniera,che il catto di quella (tatua, cioè la forma incauata,viene improntata nel catto con tutte le parti, & ogni minima cofa,che è nel modello’. Fatto ciò,quelle forme di gedo fi lafciono adodare,& ripolare; poi pigliano vn palo di ferro,che fia piu lugo di tutta la figura, che, vogliono fare, Se che fi ha a gettare; &lopra quello fanno vn’animadt terra, laquale raorbidameme impattandoci mefcolano Aereo di cauallo/.& cima* tura* tura,laquale anima ha la medefima forma,che la figura delmtìdelloj&a Tuo* Io afuolo fi cuoceper cauare la huinidità della terra,& quella leruepoi alla fi gura j perche gittando la llatua,tutta quella anima,ch’èfoda,vienuacua,ne fi riempie di bronzo j che non fi potrebbe mouere, perlopefo; coli ingrofla- no tanto,& con par:, mifure quella anima, che {calciando, de cocendoiluoli, cornee detto,quella terra vien cotta bene,&: cofi priuain tutto deir.humi.do’, chegittandoui poi lòprailbrózo, nó puofchizzare, ofàrenocumento ; come fi è villo già molte volte cò la morte de’maeftri, e con la rouiha di tutta l’opa. Cofi vanno bilicando quella anima, de affettando, de contrapefando i pezzi fin,che la rifcontrino,& riprouino,tanto ch’eglino vengono a’fare,che fi laici appunto la grolfezza del metallo,o la fondita di che vuoi, che là llatua fia. • Armano fpelTo quella anima per trauerfo.c'on perni di.rame,&:.con ferri,che fi pofsino cauare,& mettere ; per tenerla con ficurtà,& forza maggiore. Que , • ila anima quando è finita,nuouamente ancora fi ricuoce con fuoco dolce *, de cauataneinteramenterhurriidità,fepur ve nefudereftatapunto,fi'lafcia poi ripolare,& ritornando a’caui del gelìo 5 fi formano quelli pezzo per pezzo co cera gialla,che fiallata'm molle ; &fia incorporata con vn poco di Trementi na,& di leuo. Fondutala dunque al fuoco,la gettano a metà per meta ne’pez zi di cauo y di maniera,che l’arteficefa venire la cera fottile,fecondo la volon tà fua per il getto. Et tagliati i pezzi, fecondo,che fono i cani addoflo al’anima che già di terra s’è fattagli commettono,&infiemegli rifcontrano, de inne* flano j de con alcuni brocchi di rame fottili fermano,lopral’anima cotta,i pez zi della cera,confitti da detti brocchi,& cofi a pezzo,a pezzo,la figura in nella no,&: rifcontrono,& la rendono del tutto finita. Fatto ciò vano leuando tutta la cera,dalle baue delle fitperfluità de’caui,conducendolail piu, che fi può si quella finita bontà,.óc perfez,one,chefidefidera chehabbiail Getto.E tana ti,chee’proceda piu innanzi,rizza la figura,de confiderà diligentemente,fela cera ha mancamento alcuno,de la va racconciando,&: riempiendo, o rinalza do,o abballando,doue mancalfe. Appi edò finita la cera, de ferma la figura ; mettel’Artefice fu duealarfio di legno,o di pietra,o di ferro,come vn’arollo, al fuoco la fua figura con commodità,che ella fi polla alzare, de abballare, de con cenere bagnata,appropriata a queH’vfo,có vn pennello tutta la figurava ricoprendo,chela cera non fi vegga,&per ogni cauo, de pertugio la velie he ne di quella materia. Dato la cenere,rimette i pernia trauerfo, che padano la cera,& l’anima,fecóndo,che gl’halafciati nella figura, percioche quelli ha no a reggere l’anima di dentro, de la cappa di fuori,che èia incrollatura del ca uo fi-a l’anima,de là cappa,doue d’brózo figetta.-Armato ciò, l’artefice comin eia a torre della terra fotcilècó:cimatura,& llèrco di caual!o,come difsi battu tainfiemej &con diligenzafa vnaincrodaturaper tutto fottililsima,& quel la lafcia feccare,& cofi volta per volta fi fa l’altra incrodatura, con lalciare fec caredi continuo fin, che vieneinterrando* balzando allagrodèzza diinezo palmo il piu. Fatto rio, que’ ferri, che tengono l’anima di dentro, fi cingono con altri ferri,che tengono di fuori la cappa a quelli fi fermano,de 1 un,& l’altro incatenati , & ferrati fanno reggimento l’ uno a l’altro. , ■ L.'anima di dentro reggela cappa di fuori, de la cappa di fuori, regge l’anima di den-* tro. VfafiYare certe cannelle fra l’anima, & la cappa, le quali fi dinianda- « no venti, che sfiatanoall’infu,Se fi mettono verbigratia,davn ginocchio, a vn braccio,che alzi ; perche quelli danno la via al metallo di loccorrore quello,che per qualche impedimento non vemlTe,Se fé ne fanno pochi,Se affai le condo,che è difficile il getto.Cio fatto fi va dando il fuoco a tale cappa vgual mente per tutto,tal che ella venga vnita,Se a poco a poco a rifcaldarfi -, rinfor zando il fuoco fino a tanto,che laforma fi infuochi tutta di maniera, che la cera che è nel cauo di dentro,venga a ftruggerfi,tale che ella efca tutta p quel la banda,per laquale fi debbe girtare il metallo; feuza che ve ne rimanga den tro niente. Et a conofcere cio,bilogna quando i pezzi s’inoeltano fu la figura pelarli pezzo per pezzo ; coli poi nel cauarela cera ripefarla 5 Se facendo il ca* lo di quella,vede l’artefice le n’è rimalta fra l’anima, Se la cappa, Se quanta n’è vlcita.Et fappi,che qui confilte la maeltria,Se la diligenza dell’artefice a caua re tal cera ; doue fi inoltra la difficulrà di fare i getti,che venghino begli,e net ti. Attefo,che rimanendoci puto di cera,ruinarebbe tutto il getto,malsima« mente in quelle parti doue eha rimane.Finito quello,l’artefice fotterra que* fta fórma vicino alla fucina,doue il bron zo fi fonde, Se puntellali,cheilbron zo non la sforzi,& li fa le vie,che polla buttarli ; Se al fommo lafcia vna quan tità di groflezza,che fi pofia poifegare il bronzo,che auanza di quella mate - ria ; & quello fi fa,perche venga piu netta.Ordina il metallo,che vuole ; Se'p o^ni libra di cera ne mette dieci di metallo,Fafsi la lega del metallo llatuario di due terzi rame,Se vn terzo ottone;fecondo l’ordine Italiano. Gl’Egizij,da> quali quella Arte hebbe origine,metteuano nel bronzo i due terzi ottone, 8c vn terzo rame.Del metallo elletro,che è degl’altri piu fine,fi mette due parti rame,Se la terza argentó.Nelle campane per ogni cento di rame xx.di llagno: Se a barrigliene per ogni cento di rame,dieci di llagno, acci oche ilfuoho di ql le fia piufquillante,Se vnito.Rellaci hora ad infegnare,che venendo la figura con mancamento;perche folfe il bronzo cotto, o lottile;o mancafie in quale che parte,il modo dell’inncltarui vn pezzo. Etin quello cafo lieui l’artefice tutto quanto il trillo,che è in quel getto,Se facciaui vna buca quadra cauado la fotto fquadra;dipoi le aggiulli vn pèzzo di metallo attuato a ql pezzo, che venga in fuora quanto gli piace'Et commeflo appunto in quella buca quadra colmartello rantolo percuota,chelo faldi,Secòn lime,Se ferri faccia fi, che lo pareggi,Se finifea in tutto. Ora volendo l’artefice gettare di metallo le figure picciole,quelle fi fanno di cera,o hàuédone di terra,o d’altra materiali fa lo* pra il cauo. di gefio,come alle grandi,Se tutto il cauo fi empie di cera. Ma bilb gna,che il cauo fia bagnato;perche buttandoui detta cei a,ella fi rappiglia per la freddezza dell’equa,Se del cauo.Dipoi,fuentolando, Se diguazzando il cauo,fi vota la cera,che è in mezo del cauo : di maniera, che il getto reità voto nel mezofilqual voto,o vano riempie l’artefice poi di terra, Se vi mette perni di ferro. Quella terra ferue poi per anima; ma bifognalafciarlafeccar bene. Dapoi fa la cappa,come all’a! tre figure grandi, armandola, Semettendouile cannelle per i ventila cuoce di poi,Se ne caua la cera;e coli il cauo fi i ella nei to,fi che ageuolmente fi pollbno gittare.Il limile fi fa de’bafsi,Sede’mezi rilie ui,Se d’ogni altra cola di metallo. Finiti quelli getti,l’artefice dipoi, con ferri appropriati,cioè Bulini,Ciappole,Strozzi,Celelli,Puntelli,Scarpelli, e Lime, iieua doue bifognaje doue bifogna fpigne all’indentro,e rinetta le baue. e con altri ferriche radono,rafehia,e pulifceil tutto con diligenza, & vltimamence con la pomiceglidail pulimento. Quello bronzo piglia col tempo per fé me d’lìmo vn colore,che trahein nero,&: non in rodo,come quando filauora. ; Alcuni co olio lo fanno venire nero -, altri con l’aceto lo fanno verde ; tk altri conia verniceli danno il colore di nero; tale che ogn’uno lo conduce,come piu gli piace.Ma quello, che veramente è cofa marauigliola,è venuto a tempi nodri quello modo di gettar le figure,coli grandi,come piccole, in tanta ec« cedenza,che molti maedri le fanno venire nel getto in modo pulite, che non fi hanno a rinettare con ferri,e tanto lotrili quanto è vna co dola di coltello. Et quello, che è piu alcune terre, Se ceneri,che a ciò s’adoperano, fono venute in ranta finezza,che fi gettano d’argéto,e d’oro le ciocche della ruta,e ogni al tra lottile herba,o fiore ageuolmen te, &C tanto bene, che coli belli riefcono come il naturale.Nel che fi vede quella arte edere in maggior eccellenza,che non era al tempo degli antichi. - ,
De conij d'acciaio per fdre le medaglie di bronzo,o d'altri metalli, er come elle fi fan no di efii metalliidìpietre orientali,??di Cammei.
Cap. XII.
Volendo fare le medaglie di bronzo,d’argento,o d’oro, come gialefècc ro gl’antichi,debbe l’artefice primieramente,con Punzoni di ferro,inta gliare di rilieuo i punzoni nell’acciaio indolcito afuoco,a pezzo per pez zo j Come per efemplola teda fola,di rilieuo ammaccato in vn punzonefolo d'acciaioi& cofi l’altre parifiche fi commettono a quella. Fabbricati coli d’ac ciaio tutti i punzoni,che bilognano per la medaglia,fi temprano col fuoco-,£c in lui Conio dell’acciaio demperato,chedebbeleruirepercauo , & per ma« dre della medaglia,fi va improntando a colpi di martello, «3c la teda, 8c l’altre' parti a’iuoghi loro.Et doppo l’hauere improntato il tutto,fi và diligentemen te rmettando,& ripulendo,& dando fine,e perfetitone al predetto cauo.chc ha poi aferuire per Madre.Hanno tutta volta vfato molti artefici, d’incauare con le ruote le dette Madri,in quel modo,che fi lauoranod’incauo i Cri dalli, i Diafprfii Calcidonij,Ie Agate,gli Ametidfii Sardonici lapislazulfii Crifoli* ti,le Corninole,i Carnei,de l’altre pietre orientalfiSc il cofi fatto latioro, fa le madri piu pulite,come ancora le pietre predette. Nel medelìmo modo fi fa il rouefeio della medagliai con la madre della teda,8: có quella del rouefeio, fi dampano medaglie di cera,o di piombo,lequali fi formano di poi con fotti lillima polùete di terra atta a ciò, nelle quali forme,cattatane prima la cera,o il piombo predetto,ferratedentro ale dalle,fi getta quello dello metallo,che ti aggrada per la medaglia.Quelli getti fi rimettono nelle loro madri d’acciaio: Si per forza di viti,o di lieuc,& a colpi di martello fi dringono talmente, che elle pigliano quella pelle dalia darnpa,che elle non hai.tno prefa dal Getto., Ma le Monete,& l’alt re medaglie piu balle, fi improntano fenza viti, a colpi di martello con mano;& quelle pietre orientali,che noi dicemmo dilopra, U in tagliano di cauo con le ruote per forza di fmeuiglio^hecon la ruota confu ma ogni forre di durezza di qualunquepietrafi fia. Et l’artefice và fpefiò im- prontando con cera quel cauo,che e’lauora,&m quedo modo,vàleuando do pepui giacile a di bifogno,& dando fine alla opera. Mai Cammei fi lanorahp riliètto;pcrchc edendo queda pietra faldata,cioè biaiicalopraj&fb tto nera! fi va leuando del biaco tato,che o tefta,o figura redi di bado rilieuo bianca ne! campo nero.Et alcuna volta per accomodarli,che tutta la teda, o figura venga biancaih fui campo nero,fi ’vfa di tign ère il campo', quando e' non è tanto fcuro,quanto bifogna.Et di queftaprofcffione habbiamo ville opere mirabili & diuiilimc antiche, Se moderne.
Come dì fuoco f conducono i Uuori bianchì,'O' del modo del fare la forma di[otto murata,crcomefllavorano. : '
Cap. XIII.VÌ ,
SOleuano gl’antichi,nel volere fare volte,olcrollature,o porte,ofinedre^ 0 altri ornamenti di ducchibianchijfarel’olTa dilotto dimnraglia;,chefii . o di mattoni cotti,o vero di tufi,cioè falli,che fiano dolci, & fi pollino ta- gliare con facilità,Sé di quelli murando faccuano Polla di lottòi dandoli o fòr ma di cornice,o di figure,o di quello,che fare voleuano, tagliando de* matto* ni,o delle pietre,lequah hanno a edere murate con . la calce. Poi có lo due • co.chenel capitolo mi, dicemmo,impaftato di marmo pedo, Se di calce di Treuertino,debbano fare lopra l’oda predette, la prima bozza di ducco ruui do,cioè gròdo,&granellofo,accio vi fi podi mettere foprà il piu fottileiquan.
do quel di lotto ha fatto la predi; Se che fia fermo,ma no lecco afatto. Perche lavorando la malfa della materia in fu quel che è humidoj fa maggior prefa* bagnando di continuo doue lo ducco fi mette ; accio fi renda piu facile a la* uorarlo.Et volendo lare cornicio fogliami intagliati, bilogna hauere forme di legno,intagliate nel cauo,di quegli freisi intagli,che tu vuoi fare. Et fi pi- glielo ducco,che fia non lodo fodo,ne tenero tenero -, ma di vna maniera te- i g-nien tc, Se fi mette fu l’opra alla quantità della cofa, che fi vuol formare, Se vi fi mette lepra la predetta forma intagliata,impoluerata di poluere di mar- mo,&picchiandola fu con vn martello,che il colpo fia vguale, cedalo ducs co improntatojilquale fi varinettando,8e pulendo poi accio venga il làuoro diritto,Se vguale.Ma volendo,chel’opera habbia maggior riliéuo allo in fuo ri fi conficcano,doue ell’ha da edere ferramento chiodi,o altre armadure li-mili,che tenhgino folpefo in aria lo ducco, che fa con effe prefa grandidima, - come ne gli edifici) antichi fivede,ne’quali d truouano ancora gli ftucchi,Se iferri contemati dno aldi d’hoggi.Quando vuole adunque l’artefice, còndurre in muro piano vn’idoria di badò rilieuo coficca prima in quel muro i chio ui Ipcdìjdoue meno,Se doue piu in fuori,fecondo che hanno a dare le figure, - Se tra quegli ferra pezami piccoli di mattoni,o di tufija cagione che le punte,
ocapi di quegli,tenghino il primo ducco groflo,Se bozzato,& appredò lo YA finendo con pulitezza;&conpacienza,chee’lì raflodi. Et mentre che egli in* durifee,l’artefice lo va diligentemente lauorando,Se ripulendolo, di contino . uo.«/pennelli bagnati,di maniera,che e’lo conduce a perfertione,come fe e* fudedicera,o di terra.Con queda maniera medefima di chioui,Sedi ferrame ci fatti-apoda,&; maggióri, Se minori fecondo il bifògno/fi adornano dirftuc- chi,le volte,ghfpartimenti,Se le fabbriche vecchie, come fi vede codumarlì hoggi per tutta Italia,da molti jnaeftri,che fi fon dati a quedo efercizio. Ne fi ; debbe dubitare di lauoro cofi fatto,comc di cola poco durabile.Perche e’fi co ‘ ' F fe
{crua infinitamente,& indurile tanto nello ftar fatto,che c*diuenta col temi-C HI vuole che le figure del legno fi pofsino condurre a perfettione, bifo gna,chee’nefaccia prima il modello di cera,odi terra, come dicemmo.
Queftafortedifigur'efiè vfatamolto nella chriftiana religioneattefo, cheinfiniti maeftri hanno fatto molti crocififsi,&diuerfe altre cofe. Ma in vero,non fi da mai al legno quella carnofità,o morbidezza,che al metallo, Se- al marmo,Se all’altre fculture,chenói véggiamo,o di ftuchi,o di cera,o di ter ra.Il migliore nient’edimanco tra tutti i legni, cheli adoperano alla fcultura, èil TigliojPerche egli hai pori vguali per ogni lato, & vbbidifee piu ageuol- mente alla lima,& allo fcarpello.Mapercherartefice,efIendo grande la figu*
ra:chee’vuole,non puofàreil tutto d un pèzzofolo,bifogna ch’egli lo còrnee ta di pezi,&l’alzi.«Scingrofsiiecondo la forma che e lo vuol fare. Et per apa piccarlo inficine in modo,che e tenga,non tolga Maftrice di cacio,perche nò rerrebbe,ma colla di fpicchi;con la quale ftrutta,fcaldatii predetti pezi al fuo co, gli commetta1,Scgli dcrri'infierire,nòn con chioui di ferro,ma del medefi- mo legno.Ilche fatto,lo lauòri,& intagli fecondo la forma del fuo modello. Et degli artefici di cofi fatto meftiero fi fono vedute ancora opere di boftòloj- lodatifsime; & ornamenti di noce belliffimi,i quali quando fono di bèl noce eh e fia riero,apparifeono quali di bronzo.Et ancora habbiamo veduti intagli in noccioli di frutte come di Ciregie,& meliache di mano di Tedefchi, moi« to eccellenti;lauorati con vna pacienza,ò: fottigliezza grandilfima.Et fé bene e’non hanno gli ftranieri quel perfetto difègno,che nelle cofe loro dimoftra no gPltaliani,hanno nientedimeno operato, & operano continouamente in guifa,che riducono le cofe a tanta fottigliezza,che ellefanno ftupire il mes do.Come fi può veder’in vn’opera,o per meglio dire in vn miracolo di legno di mano di maeftro Ianni Franzefe,ilquale habitando nella città di Firenze, laquale egli fi haueua eletta per patria,prefe in modo nelle cofe del difegno, del quale gli dilettò femprela maniera Italiana,che con la pratica, chehaitee ua nel lauorar il legno,fece di tiglio vna figura d’un fan Rocco grande; quan* to il naturale.E condulfe con fottiliiììmo intaglio tanto morbidi, e traforati i
panni,che la veftono,& in modo cartoli,& con bello andar l’ordine delle pie ghe,che non fi può veder cofa piu marauigliofa. Similmente códufle la tefta, la barba,le mani,& le gambe di quel fànto con tanta perfettione, che ella ha meri tato, & meriterà femprelode infinita da tutti gl’huomini,5ccheèpiu,ac ciò fi veggiain tutte le fue parti l’eccellenza dell’artefice, e fiata conferitala in fino a lioggi quefta figura nella Nunziata di Firenze, lòtto il pergamo, lenza alcuna coperta di colori,o di pitture,nello Hello color del legname,e con la fo la pulitezza, & perfettione,che maeftro Ianni le diede belliffinia fopra tutte 1* al tre,che fi veggia intagliata in legno.Et quefto baffi breuementehauer det»‘ to delle cofe della Sculturà,PaiIìamo bora alla Pittura; po come marmo» ; _
C cme fi conducono le figure di Ugnoia‘che Ugno fia buono a furie, <■ .
Crfp. XIIII.'
Che cofa p4 difegno,& come fi fanno ^ fi conofeono le buone P itture,zrache, & 'deirinuenzionedelleftoric. >.•» . C^. X V* r E R C H E il Difegno,padre dellejtre Arti nollre, Architettura; Scultura,3c Pittura,procedendo dairintelletto, caua di molte cofe vn giudizio vniuerfale, limile a vna forma, ò vero Idea di tutte le cole della natura,laquale è lìngqlarilfima nelle lue mi- furej di qui è,che non dòlo nei corpihumani, 8c degnarti ma- li j ma nelle piante ancora,& nelle fabriche,& fculture,&pitture cognofce la
proporzione,che ha il tutto con le par ti, & che hanno le parti fra loro, & col tutto inlieme. E perche da quella cognitione nafee vn certo concetto, & gut dizio,che fi forma nella mente quella tal cofa, che poi efpréHa con le mani lì chiama Difegno ; lì può conchiudere,che elTo dilegno altro non fia, che vna apparente elprelfione,&: dichiarazione del concetto, che lì ha nell’animo, & di quello,che altri fiènellamenteimaginato,efàbricatoneìl’Idea.E da que- llo per. àuuentura nacque il prouerbio de’Greci j dell’ugna vn Leone,quan* do quel valente huomo,vedendo Iculpitain vn mallol’vgna fola d’un Leo- ne, cóprefe con l'intelletto da quella mifura,e forma le parti dirutto l’Alale,e dopo il tutto inlieme,come le l’hauèfle hauuto plente,e dinazi agl’occhi. Crc dono alcuni che il padre del Difegno,& dell’ Arti filile il calo,eche l’ufo,& la fperienza,come balia,& pedagogo lo nutriflèro co l’aiuto della cognitione,e del dilcórfo ; ma io credo, che có piu verità fi pólla dire il cafohauer piu tolto- dato occàlìone,chepo tersi chi amarpadre del difegno.Màfia come lì voglia,? quello difegno ha bilogno, quando caua l’inuézione d’una qualche cofa dat giudiziOjChe la mano lìà,mediante lo ftudio»&elìefcizipdi’moltianni, Ipe- di ta,&atta a dileguare,Se efprimere bene qualunche colà ha la nàtuiià crea- to con penna,con Itile,con carbone,con. matita,o con altra cofajperche quan do l’intelletto manda fuori i concetti purgati, & con giudizio ; fanno quelle maniche hanno molti anni edercitato il difegno coiiofcere la perfezzione, e eccellenza dell'arti,&: il fapére dell’ Artefice infiemeJE perche alcuni fcultori; tal volta non hanno mólta pratica nelle linee,e ne dintorni, onde non pollò* no dilegnare in carta > eglino in quel cambio con bella proporzione,& mifu ra,facendo con terra,o cera huomini,animali,&altre cofe di rilieuo, fanno il medeiìmojche fa colui,ilquale perfettamente difegna ih carta,oinfualtripia ni.Hanno gli huomini di quelle arti -,chiamato, o vero diflinto il difegno in varij modi, Scfecondo le qualità de’dilegnfche lì fanno. Quelli,chefono toc- chi leggiermente,& a pena accennati con la penna, o altro fi chiamano fchiz zi,cóme li dirà in altro luogo.Quegli poi, che hanno le prime linee intorno/intorno fono chiamati prorili,dintorni,o lineamenti.E tutti quelli,o profili, o altrimenti,che vogliam chiamarli,feruono coli all’Architettura,& Scultu*ra,come alla pittura; ma all’Architettura maflìmamente 5 percioche i dife- gni di quella non fono compolli, le non di linee,il che non è altro,quanto al« • Architettore, eh il principio,elafinedi quell’arce,perche il rellante,media* tei modelli di legname^tratti dalle dette linee,non è altro,che opera di fcar* F x pellini,e pellini,&rmuratorl.Ma nella (cultura Terne il difegnodi tutti i contorni, per che a veduta,per veduta fe ne ferue lo fcuhore,quando vuol difegnare quella par:e,cheglftorriàmegliò;o che egli intende di fare;per ogni verfoyo nella cera,o nella terra,o nel marmo,o nel legno,o al tra materia.
Nella pittura (eruonoi lineamenti in piu modi,ma particolarmente a dintor nareogrn figura; perche quandò eglino fono Ben difegnact, &: fatti giudi, & a proporzione ; l’ombre, che poi vi fìaggiugono,& i lumi fono cagione, che i lineamenti della figura,che fi fa hagrandilsimo rilieuo, e riefeedi tutta bori tà.e perfezzione E di qui na(ce,che Chiunque intende,e maneggia bene que (le linee,farà in ciafcuna di quelle arti mediante la pratica,& il giudizio eccel Icn tillimo chi dunque vuole bene imparare a efprimere, difegnando i cócet* ti deH’aniiiio,è qual fi voglia co fa,fa di bifogno,poi che hauerà alquanto afuc fatta la manoyche per diuenir piu intelligente nell’arti fi eferciti in ritrarre fi gure di nlieuo,o di marmo di (aftb,o di lallo,o vero di quelle di geflo forma- iefulviuo,o vero (opraqualche bella ftatuaantica, o fi veramente rilieui dimodelli fatti di terra,o nudi,o con cenci interrati addoflb,t’che fernono per pà‘. ni,& vefiìmenti.Percioche tutte quelle co(e,efiendo immobili, 6c fenza fen- dmento fanno grande ageuolezza,dando ferme a colui,che difegna,ilche nc» auuiéne nelle cofe viuè,che fi muouono /Quando poi hauerà in difegnando fimilfcofe fatto buona pratica, &c afiìcuracala mano, cominci a ritrarre cole naturali s Srin efie faccia con ogni pollìbile opera,e diligenza vna buona,'e fi cura pratica j percioche le cofe,che vengono dal naturale fono veramente ql finche fanno honore a chi fi è in quelle affaticato, hauendo in fe, oltre a vna certa grazia,Se viuezza,di quel lemplice,facile,e dolce,che è proprio della ria* tura,& che dalle cole fue s’impara perfettamente,Se non dalle cofe dell’arte a baftanza giamai. E tengali per firmo, che la pràtica, che fi fa con Io ftudio eh molti anni in difegnàdo,comefièdettodifopra,è il véro lume del difegno, & quello,che fa gli htiomini eccellentiflìmi.Hòra hauendo di ciò ragionato ft baftanza,feguita,che noi veggiamo,che cofa fia la Pittura.
, Ell’è'dunquevupianocopertodi campi di colori, in (uperficie, odila- dola, o di muro, o di tela, iu torno a lineamenti detti difopra,iquali per virtù di vn buon difegno di linee girate,circòndano la figura-Quefto fi fatto pia ho,dai pittore con retto giudizio mantenuto n élmezo,chiaro, Se negli cftre* mi,& ne’fondi(curo,5Caccompagnato rraquefii, 8c quello da colore meza-; no tra il chiaro, Scio (curo ; fa che vnendofi infiem? quefti tre campi, tutto: quello,che è tra l’uno lineamelo,& l'altro fi nlieua,& apparilce tondo,e fpic cato,comes’è detto. Bene è vero,che quefti tre campi non poilono badare ad ogni cofa minntamenre;atte(o,che egli è neceftarió diuidere qualundie di lo' ro almeno in due fpezic; farcendo di quel chiaro due mezi, & di quell’o(cu- ro,due piu chiari,&di quel mezo due altri mezi, che pendino, Trino nel piu chiaro; & l’altro nel piu feuro.Quando quelle tinted’un color lolo, qualuni che egli fi fia faranno ftemperated! vedrà a poco a poco cominciare il chiaro,« $epoi meno chiaro,Se poi vn poco piu feuro,di maniera ch’a pòco a poco tro uèrremoil nerofchietto. Fattedunquelemediche, cioè riiefcolati infieme quefti colori,volendolauorare,oaolio,o a tempera,o in fiefco;fi va copren» do il lineamento,& mettendo a’ (uoi luoghi ichiari>& gli feuri, & i mezi, &z v ■ gli/gli abbagliati deWzi,&de’Iumi; che fono quelle tinte mcfcolate de’tre primi,chiaro,mezano,& fcuro ; iquali chiari,&mezani,&fcuri,‘&abbagliati fi cauano Hai cartone,o vero altro ci fegno,che per tal cofaè fatto, per porlo in opra j il qual’è necef!ario,che fia condotto con buona collocazione,e difegno* fondato yik con giudizio,& inueniione,atrefo, che la collocazione non è al-* tto nella pittura,che hauere fp'artito in quel loco,doue fi fa vna figura,chegli’ ipazij fiano concordi al giudizio dell’occhio,& non fiano disformi,che il cam pò fia in vn luogo pieno,& nell’altro voto,la qual cofa nafca daldilegno,eda ì’hàuere ritratto,o figure di naturale viue,o da modelli di figure fatte per ql- lo che fi voglia fare.Il qual difegno non può hauere buon’origine, fe nó s’ha dato continuaméteopera a ri trarre cofe naturali j & (ludiato pitture d’eccel lenti maefth,&di ftatue antiche di rilieuò,corres’è tante volte detto. Malo pra tutto il meglio è gl’ignudi degli huomini viui,&femine,&: da quelli haue re prefb in memòria,per lo cònrinouo vfo i mufcoli del torfo, delle Ichiene, delle gambe,delle braccia,delle ginocchia. & Po fia di lotto, & poi hauere fi- curtà,per lo molto ftudio,chefenza hauere j naturali inanzi, fi pofla formare di fan rafia da fe attitudini, per ogni verlo; coli hauer veduto degli huomini Corticati,per faperecome ftanno l’olla lòtto &i mufcoli,& inerui,con tut<* ti gli ordini,& termini della Notomiaj pei potere con maggior ficurtà,e piu rettamente fituarc le membra hell’huoiriò, & porrei mufcòli nellefigure.
E t coloro,che ciò fanno,fórza è,che faccino perfetramen te i con torn i delle figure ; le quali dintornate come elle debbono,moftràno buona grazia,&bel la maniera.Perchechi ftudialepitture,& fculture buone, fatte con fimiimo'' dOivedendo,&in tendendo il viuo,è'necèlTariò'chéhabbi fatto buona manie ra nell’arte.Et da ciò nafcel'inuenzione,!àquàIè fa mettere infiéme in hifto- ria le figure a quarrro,a fei,a dieci,a venti-,talmente, che fi viene alformare le battaglie^ l’altre cole grandi dell’arte.Qiieftainuènzionevuol’in feyna co tieneuolezza formata di concordanza,edobedienza; che s’una figura fi muo neper làlurare vn’ahra ; non fi faccia la falutata voltarli indietro, hauendo a- rilpondere,&con quella fimilitùdine tutto il refto.
La iftoria fia pienach cofe pariate,tk differenti l’una da l’altra,ma a propofito femprèdi quello, che fi fa, & chedi manoin manofiguralo Artefice,'Ilqua!e- debbedjftinguerei gefti,& l’attirudini facendo le femmine cori aria dolce, Se bella, &fimilmenreigiouani j Mai uecchi,graui Tempre dialpetto, & 1 Tacer doti malsimamente, & leperfone di autorità. Auuertendo però fempremai, cheogni colà corrilponda ad un tutto della opera,di maniera, che quando la pittura figuarda, ni fi conolca una concordanza unita, chedia terrore nelle furie,&dolcezza negli effetti piaceuoli; Et rapprefenti in un tratto la in tene tzionedel Pittore, non le cofe, chee’non penlaua. Conuiene adunque per qnefto.chee’formi le figure,che hanno ad eller fiere,con mouenzia,&conga gliàrdia s Et sfugga quelle,chelòno lontane da le prime,con I’ombre,&con i colori appoco appoco dolcemente ofeu ri'; Di maniera che l’arte fia accompa gnatalempre con vna grazia di facilità, & di pulita leggiadria di colori j Ercó dotta l’opera a perfezzione,non con vno lieto di pafsione crudele, che gl’hno mini, che ciò guardano habbino a patire pena della pafsione, che in tal’opera ueggonofopportatadallo Artefice j Ma da ralegrarfidella felicità, chelafuà ò \ ’ mano/mano habbia hauuto dal Cielo quella agilità,che renda le cole finite cen illue dio,& fatica fi,ma non con iftento ;tanto,che doue elle fono porte,non fiano rnorte,mafiappre(entino viue,& vere achi le confiderà. Guardinfi dale cru* dezze. Et cerchino,che le cole,che di continuo fanno,non paino dipinte ; ma fidimoftrino viuc, Se di rilieuofuor della opera loro’, Et quello è il verodifc gno fondato,Se laverainuenzione, cheficonofceefierdatadachileha fatte, alle pitture che fi conofcono,e giudicano come buone, Vegli fchizzi difegni,cartoni^ ordine di progettine ; er per quel, che[ì f<mno,& d quel lo che i Pittori fe ne fcruono.
Cap. XVI, ; {
GLi fchizzi de quali fièfauellatodi lopra chiamiamo noi vna primafòrte di difegni, che fi fan no per trouare il modo delle attitudini, & il primo componimento dell’opra. Et fono fatti in forma di vna machia, e accen iiati lolamente da noi in vna fola bozza del tutto. E t perchedal furor dello ar tefice fono in poco tempo con penna, ò co altro difegnatoio, ò carbone efpref fi folo per tentare l’animo di quel che gli fouuiene perciò fi chiamano fchizzi, Daquefti dunque vengpno poirileuatiin buona formai difegni, nel far de quali con tutta quella diligenzajche fi può fi cerca vedere dal viuo, fe già l’ara tefice non fi fentifle gagliardo in modo,che da le li potefie condurre. Appref fo mifuratili con le felle, ò a ochio, fi ringrandilcono da le mifure piccole nel le maggiori,fecondo l’opera che fi ha da fare. Quelli fi fanno, con varie cofe, ciò è,o con lapis rollò, cne è vna pietra, la qual viene da monti di Alamagna® che per efier tenera, ageuolmentefi fega Se riduce in punte fiottili da'fegna- re con erte in fu i fogli, come tu vuoi : ò con la Pietra nera che uiene de’monu di Francia,laqual’è fimilmente come la rolla, Altri di chiaro Se feuro, fi condu cono fu fògli tinti, che fanno vn mezo, Se la penna fa il lineaméto, ciò è il d’in torno ò profilo,& l’inchioftro poi con vn poco d’acqua, fa vna tlta dolce, che lo vela > Se ombra di poi con vn pennello fiottile in tinto nella biacca ftemper rata con la gomma fi lumeggia il difègno, Sz quello modo c molto alla pitto- refica Se mortra piu l’ordine del colorito ; Molti altri fanno con la penna lòia , laficiando i lumi della carta, che è diffìcile, ma molto maeftreuole j Se infiniti altri modi anchora fi co fiumano nel difegnare de’quali non accade fare men zione, perche tutti rapprelentano vna cola medefima, cioèil difegnare. Fatti coli i dillcgni,chi vuole lauorar in frefeo, cioè in muro, è neceflario che faccia i cartoni, ancora ch’e fi coftumi per molti di fargli per lauorar anco in tauola, Quelli cartoni fi fanno coll, Impaftanfi fogli có colla di farina,e aqua cotta al fuoco,fogli dico,che fiano fquadrati,e fi tirano al muro cò rincollarli a torno duo dita verlò il muro có la medefima pafta.E fi bagnano fipruzzandoui détro p tutto acqua frefca,Sc coli molli fi tirano,accio nel leccarli, vengano a diftède re il molle delle grinze. Da poi quando fono lecchifir'àno con vna canna lun ga,che habbia in cima vn carbone,riportando lui cartone p giudicar da difico fio tutto quello,che nel difiegno piccolo è dileguato,con pari grandezza, eco fi a poco a poco quando a vna figura,e quando a l’altra danno fine.Quifannoi pittori tutte le fatiche dell’arte del ritrarre dal viuo ignudi, Se panni di natu« rale,& tirano leprolpettiue con tutti qlli ordini, che piccoli fi fono fatti in fu fògli,ringrandendoli a proporzione.Et fe in quegli fulTero profpettiue, o cai (amenti,fi ringran difeono con la Rete; La qual’è vna Graticola di quadri pie coli ringrandita nel cartone ; che riporta giuftamenteogni cola. Perche eh» ha tirate le prolpettiué ne’difegni piccoli, cauatè di fu la pianta, alzate col prò filo,Se con lainterlècazione,Se col punto fatte diminuire,e sfuggirejBilogna che le riporti proporzionate in lui Cartone. Ma del modo del tirarle, perché ella è cofa faflidiofa,Se difficile a darli ad intendere ; non voglio io parlare ala trimenti.Ballajche leprolpettiuelon belle tanto,quanto elle fi inoltrano giu fte allaloro veduta,& sfuggendo fi allontanano dall’occhio. E t quando elle fono compolle con variato,Sebello ordine di cafamen ti. Bilognapoi,cheì pie tore habbià rilguardo a farle con proporzione Iminuire co la dolcezza de’ co* lori,laquaI è nell’artefice vna retta difcrezione,Se vn giudicio buonora caula del quale fi mollra nella difficultà delle tante linee confule colte dalla pian« ta,dal profilo,8einterfocazione,che ricoperte dal colore reflanovnafacillifsi- macofa,laqual fa tenere l’artefice dotto,intendente,Se ingegnofo nell’arte. Vlono ancora molti maeftri innanzi,che faccino la lloria nel cartonejfare vn modello di terra in fu vnpiano,con fituar tonde tutte le figure, per vedere gli sbattimenti,cioè l’ombre,che da vn lume fi caulàno adollo alle figure, che lo -no quell’ombra tolta dal fole,ilquale piu crudamente,che il lume le fa in ter« ra nel piano per l’ombra della figura.Èt di qu i ritraendo il tu tto della opra ha no fatto l’ombre,che percuotono adolfo a l’un a,& l’altra figura, onde ne ven gono i cartoni,& l’opera,per quelle fatiche,di perfezzione,& di forza piu fini ti,Se da la carta fi (piccano per il rilieuo.il che dimollra il tutto piu bello, Se maggiormente finito.Et quando quelli cartoni al frefoo, o al muro s’adopra- no,ogni giorno nella commettitura fe ne tagliavn pezzo, & fi calca fui muro che fia incalcinato di frelco,& pulito eccellentemente. Quello pezzo del cartone fi mette in quel luogo,doue s’ha a fare la figura,& fi contralfegna ; pchc l’altro di,ché fi voglia rimettere vn’altro pezzo,fi riconofca il fuo luogo apuri tojSc non polla nafeere errore. Apprellò,per i dintorni del pezzo detto, con vn ferro fi va calcando in fu l’intonaco della calcinala quale per elfere frefea, acconlen te alla carta : Se coli ne rimane legnata.Per il che fi lieua via il carto« ne,& per que’fègni,che nel muro fono calcati,fi va con 1 colori lauorando; Se coli fi conduce il lauoro in frelco,o in muro. Alle tauole,& alle tele fi fa il me- defimo calcato ; ma il cartone tutto d’un pezzo,faluo, che bilogna tingere di dietro il cartone,con carboni,o poluere nera, accioche fegnando poi col fer« ro,egli venga profilato,& difegnato nella tela>o tauola.Etper quella cagione i cartoni fi fanno per compartire,che l’opra venga giuda,e mifurata. Aliai pie tori fono,che per l’opre a olio sfuggono ciò,ma per il lauoro in frelco non fi può sfuggi re,che non fi faccia. Ma certo chi trouò tal inuenzione,hebbe buo na fan tana,attefo,che ne’cartoni fi vede il giudizio di tutta l’opra infieme, Se fi acconcia,Se guada,finche diano bene. 11 che nell’opra poi non può farli.
De li [corti dette figura al difottojn fu, er di (jutUi itt piano.
Cap. XVII.
HAnno hauutogli artefici nollri vna grandilsima auuertenza nel fare feortare lefigure^cioènel farle apparire di piu quantità, che elle non lo no no veraméte,elTendo lo (corto a noi vnà cofa difegnata in faccia corta, ché al!* occhio,venendo innanzi non ha lalughezza,ò la’ltezzajche ella dimoftrajTut .tauia^agrolTezzafi dintorni,lombi e Se i lumi fanno parere, che divenga in nanzi, &c per quello fi chiama fcorto. Di quella Ipecie non fu mai pittore p di fegnatore, chefacelfe meglio, che s’habbia fatto il noftro Michelangelo Buo narroti: Se ancora nelTuno meglio gli poteuafare, hauendo egli diurnamente fatto le figure di rilieuo. Egli prima di terra, ò di cera ha per quello vfo fatti i modelli : &c da quegli, che piu del viuo rellano fermi, ha cauato 1 contorni,! lumi, & l’ombré. Quelli danno a chi non intende grandifsimo fallidio ; per che non arriuano con (’intelletto ala profondità di tale difficulta, la qual eia piu forte afarla bene, che nelluna, che flanella pittura, Et certo inoltri vecchi, come amoreuoli dell’arte, trouarono il tirarli per via di linee in profpet- tiua,ilche non fi poteua fare prima, e li ridulfero tanto inanzi, che hoggi s’ha la vera madida di farli. Et quegli,che li biafimano ( dico delli artefici nollri) fono quelli,che non li fanno fare, &,che,per alzare fe ltefsi,vanno abaflando altrui. Et habbiamo affai maellri pittori, iquali,ancora che valenti, non fi di Iettano di fare feorti : Et nientedimeno quando gli veggono belli & difficili# non lolo non gli biafimano,magli lodano fommamente. Di quella Ipecie ne hanno fatto i moderni alcuni,che fono a propofito, Se difficili 3 come farebbe adir in vna volta le figure,che guardando in fu fcortano,&sfuggono, &que Hi chiamiamo al difotto in fu, c’hanno tanta forza, ch’eglino bucano le volte • Et quelli non fi polfono fare, fe non fi attraggono dal uiuo,ò con modelli in altezze conuenienti non fi fanno fare loro le attitudini, Se le mouenzie di tali cofe.E certo in quello genere,fi recano in quella difficulta vna fomma grazia, Se molta belezza, Se mollrafi vna ternbihfsima arte. Di quella fpecie trouer rete,che gli artefici nollri nelle vite loro hanno dato grandifsimo rilieuo a ta« li opere,Se condottele a vna perfetta fine, onde hanno confeguito lodegran- difsima. Chiamanfi feorti di fotto in lu, perche il figurato è alto,e guardato dall’ochioper veduta in fu, & non per la linea piana dell orizonte.la onde al zandofi la tella a volere vederlo,& lcorgendofi prima le piate de piedi, Se Tal tre parti di fotto,giullamente fi chiama co'l detto nome ;
Come fi debbino unire i colori a otìo,òfrefco,b a temperò ; ty come te carinfi pòtmi, e? tute to quello che fi dipighe, uengò nell'operò òunire in modo che le figure non ueti ghino diuifacr hòbbìno rilieuoycrfèrzò^ mostrino l'opera • .
chiavò)??aperta.
Cap. X v 111.
L’Vnione nella Pittura è vna difeordanza di colori diuerfi accordati infie* meji quali nella diuerfità ni piu diuife, molirano differentemente dittiti te l’una da l’altra,le parti delle figure,come le carni da i capelli; Se vn pan no diuerfo di colore, da l’altro. Quando quelli colori fon mefsi in opera aca celamente,&: viui,con vna difeordanza fpiaceuole, tal che fiano tinti,Se caria chi di corpo, fi come vfauano di fare già alcuni pittori ; i! difegno ne viene ad efiere offefo di maniera, che le figure rellano piu pretto diplti dal colore ; che dal pennello,che le lumeggia, Se adombra, fatte apparire di rilieuo,& natura li. Tu tte le Pitture adunque ò a olio,ò a frefco,ò a tempera, fi debbon fare tal mente 'snen te vnitene’Ioro colori; che quelle figure, che nelle florie fonoleprinci- pali,venghino condotte chiare chiare ; mettendo i panni di colore non tanto Icuro a dodo a quelle dinanzi,che quelle, che vano dopo gli habbino piu chia ri che le prime ; anzi a poco a poco, tanto quanto elle vanno diminuendo a lo indentro ; diuenghino anco parimente di mano in mano, Se nel colore delle carnagioni,Se nelle veffimanta, piufeure. Et principalmente fi habbiagran- difsima auuerréza di mettere fempre i colori piu vaghi, piu dilettatoli,& piu belli,nelle figure principali, Se ih quelle mafsimamente, che nella iftoria vengono inter e, Se non meze, perche quelle fono Tempre lepiùconfiderate; Se quelle che fon piu vedute,che Tal tre ; lequali feruono quali per campo nel co« lorito di quelle; Se vn colore più fmorto,fa parere più viuo l’altro che gli è po fio accanto. Et 1 colori maninconici, Se Pallidi fanno parere'piu allegri quelli cheli fono acca'nto,& quali d’una certa bellezzafiameggianti. Ne fi debbono veflire gli ignudi di colori tanto carichi di corpo, che diuidino le carni da’pan ni,quando detti panni atraùerfafsino detti ignudi,ma i colori de’lumi di det* ti panni fìano chiari limili alle carni,ò gialletti,ò rofsignfò violati,ò pagonaz zi,con cangiare i fondi fcuretti,ò verdi,o azzurrò pagonazzi, ò gialli ; purché traghino alo ofcuro;8c che vnicamente fi accompagnino nel girare delle figu re,con lé lor ombre,in quel medelimo modo,che noi veggiamo nel viuo, che quelle parti,che ci li aprefentano piu vicine all’ occhio,piu hanno di lumejet l’altre perdendo di villa, perdono ancora del lume, Se del colore * Cofi nella pittura fi debbono adoperare i colori con tanta vnione, che e’non li lafci vno feuro,& vn chiaro fi fpiaceuolmente ombrato,Se lummeggiato,che e fi faccia v.nadilcordanza,& vnadilunionefpiaceuole,laluo, che negli sbattimenti ; che fono quelTóbre,che fanno le figure adolfo Tuna all’altra,quando vn lume ioio percuote adollo a vna prima ngura,che viene adombrare col Ilio sbatti« mento lafeconda. Et quelli aricora.quandoaccaggiono, voglion elfer dipin ti con dolcezza,& vnitamen te. perche chi gli dilordina, viene a fare,che quel la Pittura par piu prello vn tappeto colori to,ò vn paro di carte da giucarc, che carne vnita,ò panni morbidi,ò altre cole piumofe,delicate Se dolci. Che fi co megli orecchi rellano offefi da vnamufica,che fa llrepito, ò diffonanza,ò dii« rezze ; Tàllio però in certi luoghi,& a’tempi; fi come io difsi degli sbattimenti; coli rellano offefi gli occhi da’colori troppo carichi,ò troppo crudi. ’,Concio* fia,che il troppo accefo, offende il difegno, Et lo abbacinato,fmorto abbaglia to, Se troppo dolce,pare vna cofa Ipenta, vecchia Se affumicata : Ma lo vnito, che tenga in fra lo accefo, Se lo abbagliato, è perfettilsimo ; Se dilata l’occhio come vna mufica vnita, Se arguta diletta lo orecchio. Debbonfi perdere ne« gli feuri certe parti dellefìgure: Se nella lontananza della [Iftoria ; perche ol« tra, che fe elle fufsono nello apparire troppo viue, Se accefe,confonderebbo- no le figure,elle danno ancora,rellando feure, Se abbagliate,qnafi come cam po,maggior forza alle altre,che vi fono inanzi. Nè fi può credere, quanto nel variare le carni con i colori faccendole a’giouani piu frefche, che a vecchi ; Se a’mezani, tra il cotto, Se il verdiccio, Se gialliccio,fi dia grazia,& bellezza alla opera, Et quafi in quello fteffo modo, che fi faccia nel difegno l’aria delle vecchie accanto alle gipuani, & alle fanciulle, Se a’puttirdoue veggendofene vna tenera,^ carnofa; l’altra pulitale frefea; fa nel dipinto vna difeordanza accordatilsima.Etin quello niodofidebbe nel lauorarc mettergli fcuri doue meno offendino, de faccino diuifione; per cauare fuori le figure j come li vè* de nelle pitture di Rafaello da Vrbino, & di altri pittori eccellenti, che hanno tenuto quella maniera. Ma non fi debbe tenere quello ordine nelle Ilio rie, dotte fi conrrafacefsino lumi di fole,&: di luna, ò uero fuochi, ò cofe notturne*, perche quelle fi fanno con gli sbattimenti crudi, de taglienti come fa il viuo. Et nella fommità dotte fi fatto lume percuote, fempre vi farà dolceza de vnione. Et in quelle pitture, che haranno quefti parti fi conolcerà, chela intelligenza del Pittore harà con la vnione del colorito, campata la bontà del difegno, dato vaghezza alla Pittura, de rilieuo, &: forza terribile alle figure.
Del dipingere in muro3comefìft ; & perche fi chiunu Uno
rareinfrefeo.
Cap. XIX.
DI tutti gl’altri modi,che i pittori faccino,il dipignere in muro e’piu ma® dreuole, & bello; perche confillenel fareinvn giorno lolo quello, che nelli altri modi fi può in molti ritoccare (opra il lauorato. Era da gli antichi molto vfato il frelco, &i vechi moderni ancora l’hanno poifegui tato. Quello li lauora fu la calce, che fia frefea, ne fi lafcia mai fino a, che fia finito quanto per quergiorno fi vuolelauorare. Perche allungando punto il dipingerla, fa la calce vna certa crofterella, pel daldo, pel freddo, pel vento»
de pe’ghiacci, che muffa, de macchia tutto il lauoro. Et per quello vuole elfc re continouamente bagnato il muro, che fi dipigne, de i colorii che vi fi ado= perano , tutti di terre, de non di miniere *, de il bianco di treuertino cotto Vuole ancora vna mano delira reloluta 5 de veloce, ma fopra tutto vn giudi«*zio faldo, de intero, perche i colori métre, che il muro è molle,mollrano vna cofain vn modo, chepoifecco non è piu quella.Er peròbifogna, che in que-lli lauori a frefeo, giuochi molto più nel Pittore il giudizio,cheil difegno : de che egli habbia per guida fua vna pratica più che grandifsima, eflendo lom« inamente difficile il condurlo a perfezione . Molti de’nollri artefici vagliono affai negl’altri lauori, cioè aolio, ò a tépera,6cin quello poi non riefeono, j> ellere egli veramente il piu virile, piu ficuro,piu refoluto, de durabile di tutti
gl’altri modi, de quello, che nello Ilare fatto di continuo aquifla di bellezza , de di vnione piu degl’altti infinitamente. Quello all’aria fi purga, de dall’ac-qua fi difende, tregge di continuo a ogni percoffa. Mabifogna guardarli di non haue.e a rittocarlo co’colori che habbino colla di Carnicci, ò rollo d’ uouo, ò gomma, o Draganti, come fanno molti pittori, Perche oltra, che il muro non failfuocorlodi mollrarela chiarezza, vengono i colori apannati da quello ritoccar di fopra,& con poco fpazio di tempo diuentano neri. Pe*rò quegli che cercano lauorar’in muro, lauorino virilmente afrefeo, de non ritochino a feceo, perche oltra l’effer cofa uihfsima, rende piu corta vita allepitture, come in altro luogo s’è detto. Del dipignere a temperai uero duetto fu le Uuo'e, ò tele, er come fi può ufirc
fui muro chejì<t[ecco.
Cap. XX.
Da PITTVR A fI
DA Cimatile in dietro, Se da lui in qua se, tempre veduto ©pfelauoratc da’Greci a tempera in tauola, Se in qualche muro . Etvfauanonelloiri' • geflare,delle tauole quelli macftri vecchi dubitando,che quelle non te apri fiero in fu le commettiture, mettere per tutto con la colla di carnicci, tela lina, Se poi fopra quellaingeteauano, per lauorarui (opra, Se temperauano ì colori da condurle col roteo dello vouo,ò tempera, laqual e quella. Toglie* uano vno vouo, Se quello dibatteuano, Se dentro vi tritauano vn ramo tene ro di tìco, accio che quel latte con quel vouo, facetee la tempera de’colori ji quali,con etea temperando, lauorauono l’opere loro.Et toglieuano,per quel le tauole i colori ch’erano di miniere, i quali fon fatti parte da gli alchimilli, de parte trouati nelle caue. Et a quella fpecie dilauoro ogni colore è buono, faluo ch’il bianco; che fi lauora in muro fatto di calcina,pch’è troppo forte * Coli veniuano loro condotte con quella maniera le opere, Se le pitture loro * Et quello chiamauono colorire a tempera. Solo gli azzuri temperauono con colla di carnicci; perche la giallezza dell’uouo gli faceua diuentarverdi, oue, la colla gli man tiene nell’eflere loro, el limile fa la gomma. Tienfila medefi- ma maniera fu le tauole, o ingeteate, ò lenza, Se coli lu muri, che fiano fechi, fi da vna, ò due mani di colla calda, Se di poi con colori temperati con quel« la, fi conduce tutta l’opera, Se chi volefie temperare ancora i colori a colla, a* geuolmente gli verrà fatto,ofleruado il medefimo,che nella Tempera fi è rac contato. Ne faranno peggiori per quello. Poi che anco de’vecchi Maellri no fili, fi fono vedute le cole a tempera, conferuate centinaia d’anni, con bellez za,&frefchezza grande. Et certamente e fi vede ancora delle cote di Giotto, che ce nepure alcuna in tauola, durata già dugento anni, Se matenutafimol to bene. E’poi venuto il lauorar’a olio, che ha fatto per molti mettere in ban do il modo della tempera, fi come hoggi veggiamo, che nelle tauole, Se nelle altre cote d’importanza fi è lauorato ; Se fi lauora ancora del continouo »
Del dipingere d olio, in tduold, crfule tele♦
Cdp. XXI»
FV vnabellifsimainuenzione, Se vna gran commodità all’arte della pit- tura, il trouare il colorito a olio ; Di che fu pi imo inuentore, in Fiandra • Giouan'ni da Bruggia: il quale mandò la tauola a Napoli al Re Al fo’nfo, &alDucad’Vrbino Federigo 11. la flufafua; Se fece vnfan Gironimo,che Lorenzo de’Medici haueua,& mo Ite altre cote lodate. Lo feguitò poi Rugie ri da Bruggia fuo difcipolo , Se Aufle creato di Rugieri, che fece a Portinari in S.Maria Nuouadi Firenzavn quadro picciolo, il qual’è hoggi apreteoai
Duca COSIMO, & è di fua mano la tauola di Careggi villa fuora di Firenze della Illuftrifs. cafa de Medici furono fimilmente de primi Lodouico da Luano, Se Pietro Chrifla, Se maeftro Martino, Se Giufto da Guanto, che fece la tauoladellacomunionedel Ducad’ Vrbino, Se altre pitture, Se Vgo d’An- uerfa, che fe la tauola di S. Maria Nuoua di Fiorenza. Quella arte condufie pòiin Italia Antonelloda Mefsina,che molti anni confumòin Fiandra, Se nel tornarfi di qua da Monti fermatoli ad habitare in Venezia, la infegnò ad alcuni amici, Vno de’quali fu Domenico Vemziano,chela conduteepoiin Firenze, quando dipinte a olio ia espella de’Portinari in S. Maria Nuoua,do*
G a uela imparò Andrea dal Caftagno, che la indegno agli altri maeftti, coni qua li fi andò ampliando l’arte, Se acquiftando, fino a Pietro Perugino* a Lionar do da Vinci, Se a Rafàdlo da Vrbino ; ta Imen te, che ella s’è ridótta a quella bellezza , clie gli artefici noftri, mercè loro, l’hàno acquiftata. Quella manie radi colorire accende piu i colori 5 ne altro bifogna,che diligenza; Se amore, perche l’olio in le fi reca il colorito piu morbido, piu dolce, Se dilicato, Se di vnione, & sfumata maniera piu facile, che li altri, &: mentre, che ffefcho fi lauora,i colori fi mefcolano, & fi vnilcono l’uno con l’altro piu facilmente. Et in lòmma li artefici danno in quello modo bellifsima grazia,&. viuacità,& gagliardezza alle figure loro, tal mente, che Ipertò ci fanno parere di rilieuo le loro figure ; Se che eH'efchino della tauo!a, E t mafsimamen te quando elle fono continouati di buono difegno, con inuenzion e, Se bella'maniera : Ma per mettere in opera quello lauoro fi fa cofi . Quando uogliono cominciare? cioè ingefsato, che hanno le tauole, ò quadri gli radono, Se datoui di dolcifi» lima colla quattro, ò cinque mani, con vna Ipugna ; vanno poi macinando i colori con olio di noce, o di feme di lino( benché il noce è meglio perche ingialla meno) & cofi macinati con quelli oli), che èia tempera loro, non bifo- gna altro quanto a efsi, chedilfenderli col pennello . Ma conuiene far prima vna medica di colori Peccati ui, come biacca, Giallolino, Terre da campane mefcolati tutti in vn corpo, Se d’un color folo, Se quando la colla è Pecca im* piaftrarla fu per la tauola. E poi batterla con la palma della mano tanto ch’ella venga egualmente vnita, e diftefa per tutto, il che molti chiamano l’impri matura. Dopo,dirtela detta medica ò colore per tutta la tauola,fi metta fopra erta il cartone,che hauerai fatto con le figure,e inuenzioni a tuo modo . E fot to quello cartonefe ne metta vn altro tinto da un lato di nero, ciò è da quella parte, che va fopra la medica. A puntati poi con chiodi piccoli l’uno,e l’altro,. piglia vna punta di ferro, ò vero d’auorio, ò legno duro, Se va fopra iprofrili del cartone degnando deliramente, perche cofi facendo non fi guada il carro ne, E nella tauola, ò quadro vengono benifsimo p-raffilate tutte le figure, et quello, che è nel cartone fopra la tauola. E chi non volertefar cartone,difegni con geflo dà farti bianco > fopra la medica, ò vero con carbone di falcio ; per« che l’uno,e l’altro facilmente fi cancella. E cofi fi vede,che Seccata qucfta me dica lo artefice,ò calcando il cartone, ò con geffo bianco da farti difegnando l’abozza,ilche alcuni chiamano imporre. Et finita di coprire tutta ritorna cò fomma politezza lo artefice da capo a finirla, Se qui vfà l’arte, Se la diligenza, per condurla a perfezione, Se cofi fanno iMaeftri in Tauola a olio le loro Pie ture.
Del pingtru olio ndmurosheflaficco.
Cap. XXlf.
VandogParrefid vogliono lauorare a olio in fui muro Pecco, due ma-' niere pollóne tenere. vna con fate,che il muro, fe vi è dato fu il bianco òafrefcojòinahro modo, firafehi;òfeeglièreftatolilcio fenza bianco, ma intonacato, vi fi dia fu due,ò tre mane di olio bollito, Se cotto : co tinoando di ridamelo fu, fino a tan to, che non voglia piu bete 3 & poi Pecco fi gli da di medica,o imprimatura come fi dille nel capitolo auati aquefto.Ciofatto, Se Pecco, portone gli artefici calcare, ò difegnare > Se tale opera come la
tauola
Cauola* condurre al fine, tenendo mefeoiato continuo il è i colori VH p.oco di vernice: Perche facendo quello, non accade poi vernicarla. L’altro modo è, chel’artèfice,o di ftucco di marmo, Se di matton petto finifsimofa vfi’arricia to,che ila pulito; &lo rade col taglio della cazzuola, perche il murene retti ruuido. Appretto gli da vnaman d’olio, di feme di lino, & poi fa in vna pigila tavna mi ftu radi pece greca,&: malli co, &: vernicegrofla; & quella bollita # con vn pen nel grotto fi da nel muro ; poi fi diftende per quello con vna caz* zuclada murare,che fia di fuoco. Quella intatta i buchi dell’ aricciato 3 & fa vna pelle piu vnita per il muro. Et poi ch’è lecca,fi va dandole d’imprimatu- ra,o di medica ; Se fi Iauora nel modo ordinario dell’olio,come habbiamo ra gionato. E perche la Iperienza di mol ti anni.mi ha inttegnato come fi polla la uorar’a olio in fui muro,vItimamente ho tteguitato,nel dipigner le fiale carne re,& altre ftanze del palazzo del Duca Cofimo,il modo,che in quello ho per l’adietro molte volte tenuto. Il qual modo breuemente è quello . facciali Par iicciato,loprailqualefihadafar l’intonaco di calce,di matton petto, &dires na,6c fi laici leccar bene affatto ciò fatto,la matteria del fecondo intonaco ila calce,matton petto,ftiacciato bene,ettchiuma di ferro,perche tutte e tre quelle co le,cioè di ciattcuna il terzo,in corporate con chiara d’uoua,battute qua* to fa bittogno,& olio di feme di lino,fanno vno ftucco tanto ferrato, che non fi può difiderar in alcun modo migliore.Ma bifbgna bene auuertire di nò ab bandonare l’in tonaco,men tre la materia è frefca,perche fenderebbe i n molti luoghi,anzi è necettàrio a voler che fi conlerui buono, non fe gli leuar mai d’intorno con la cazzuola,ouero mettola,o chuchiara,che vogliam dire, ini! no a che non fia del tutto pulitamente diftefo,come ha da ftare.Sccco poi che fia quello intonaco,e datoui fopra d’imprimàtura,o meftica,fi condurranno le figure,Se le ftorie perfettamente,come I’operc del detto palazzo , Se molte altre pottòno chiaramente dimoftjrar’a ciafcunp, ,
Del dipignere a olio fu te tele.
Cdp> XltlIL :
GGI huomini per potere portare le pitture di paefe in paele, hanno troa uato la comodità delle tele dipinte,come quelle,che pelano poco, Se a-uòlte,fonò ageuolia traportarfi.Quelle a oÌió,perch’ellefian'o arrende uoli, fenon hanno a Ilare ferme non s’ingettano; attefo,cheil getto vi crepa fu arrotolandole,però fifa vna patta di farina con diodi noce, Se in quello fi metteno due,o tre macinate di biacca, Se quando le tele hanno hatiuto tre, o quattro mani di colla,che fia dolce,c’habbia pattato da vna banda a l’altra,co vn coltello fi da quella patta,& tutti i buchi vengono con la mano dell’artefi ce a turarfi. Fatto ciò fe li da vna,o due mani di colla dolce, Se da poi la metti
ca,oimprimatura,& adipingerui fopra fi tiene il medefimo modo,cheagl’al tri dilopra racconti.E perche quello modo è parutó ageuole, Se commodo fifono fatti non lettamente quadri piccoli per portare attorno, ma anchora ta* mole da altari,& altre opere di ftorie grandilsimè, coinè fi vede nelle fale del, palazzo di S. Marco di Vinezia,& al troue,attenga che dotte non arritta la grà.
olezza delle tauolejlerue la grandezza, e’1 commodo delle tele.
H
DELLA'1
Det dipingere in pietra a olio, cr}che pietre [Uno buone
Cap. XXIII!#
E Crefciuto Tempre lo animo a’noftri artefici pittori,fàccendo,che il colo rito a olio,oltral’hauerlo lavorato in muro, fi pofla volendo Iauorarc ancora Tu le pietre. Delle quali hanno trottato nella riuiera di Geno-
ua quella fpezie di laftre',che noi dicemmo nella architettura,che lono attifsi me a quello bilògno.Perche,per efler ferrate in fe^e per hauere la grana gentile,pigliano il pulimento piano. In fu quelle hanno dipinto modernamente quafi infiniti,& trottato il modo vero da potere lauorarui fopra.Hanno pro- uato poi lepietre piu fine,come milchi di marmo,fèrpentini, Se porfidi, & al tre fimili,chefèndo lifcie,&: brunitevi fi attacca lopra il colore. Ma nel vero quando la pietra fia ruuida,& arida,molto meglio inzuppale piglia l’olio boi lito,& il colore dentro,come alcuni piperni,o vero piperigni gen tili, i quali quando fiano battuti col ferro,& non arrenati con rena,o fallo di Tufi, fi pof fono fpianare con lamedefima millura,che difsi nell’arricciato co quella caz zuola di ferro infocata. Percioehe a tutte quelle pietre non accade dar colla in principio j ma lolo vna mano d’imprimatura di colore a olio,cioè mellica ; de lecca,che ella fia fi può cominciare il lauoro a luo piacimento Et chi volef- fe lare vna lloria a olio fu la pietra,può torre di quellelallre Genouefi,8c far* le fare quadre,Si fermarle nel muro co perni fopra vna incrollatura di fluc* co,dillendendo bene la mellica in fu le commettiture.Di maniera che e’ven- ga a farfi per tutto vn piano di chegrandezza l’artefice ha bilogno. Et quello# èilveromodo di condurre tali opre a fine.&finire fi puoa quelle fare orna* inentidipietrefini,di milli,&: d'altri marmi,lequali fi rendono durabili ir» infinito,pur che con diligenza fiano lauorate, 8e pollonfi, de non fi pollòno vernicarc,come al trui piace,perche la pietra non prolciuga,cioè non lorbilcc quanto fa la tauola,& la tela,Se fi difende da’ tarli, il che non fa il legname,
Del dipignere nelle mura di chiaro puro di uarie tcrrettc>&comefì contrafanno . le cofe di Bronco,cr delle storie di terretta per archilo per fi&e}a colla, che è chiamato a guazzosa tempera,
Cap. XXV.
VOgliono i pittoriche il chiaro leuro fia vna forma di pittura, che trag- ga piu al difegno,che alcolorito,perche ciò é flato cauato da le llatue di - marmo,contrafacendole,&:dalefiguredi bronzo,& altre varie pietre.’ Et quello hanno vsato di fare nelle faciatede’palazzi, Se cafe, in iflorie, mo* flrando,che quelle fiano contrafatte,&paino di marmo, odi pietra con quel le llorie intagliate,o veramente contrafacendo quelle sorti di fpezie di mar*mo,Sc porfido,& di piena verde,&granito rollò,& bigio, o bronzo, o altre pietre,come per loro meglio,fi fono accommodati in piu fpartimenti di que* (la maniera,laqual è hoggi molto in vlo per fare le facce delle cafe,Se de palaz zijcofi in Roma,come per tutta Italia. Quelle pitture fi lauorano in due mo- di prima in frefco,che è la vera ;o in telep archi,che fi fanno nell* entrate de*
principi nelle citrà.ene’trionfi,o negli apparati delle felle, e delle Comedie; perche in limili cofe fanno bellilsimo vedere.Trattaremo prima della Ipeziè# de forte del fare in frelco 5 poi diremo de l’altra. Di quella forte di terretta fi* fanno fiinnol campi con la terra Ha fare i vafi,mefeolandoquellaconcarbone macinato^ altro nero per far l’òmbre piu fcures& bianco Hi treuertino co piu fcuri,& piu chiari,& fi lumeggiano col bianco fchietto, Se con vltimo nero a vltimi (curi finite; vogliono hauere tali Ipeciefierezza^ifegno,forza,viuaci- tà & bella maniera,&edere elprede con vnagngIiardezza,chemoftriarte,R non dento,perche fi hanno’a vedere,R à conofoere Hi lontano. Et con quelle ancora s’imitino le figure Hi bronzo,le quali col campo Hi terra gialla,& rof- fo, s’abbozzano,Se con piu feuridi quello nero, R rodò, Sr giallo fi sfonda- no,&con giallo fchietto fi fanno i mezi,R con giallo, Se bianco fi lumeggia«» no. Et di quefte hanno i Pittori le facciate,& le ftorie Hi quelle con alcune fta tuetramezate,chein queftogenerehannograndidimagrazia.Quellepoicbe £ fan no per archi,comeHie,o fefte,fi lauorano poi che la tela fia Hata Hi terree ta,cioè Hi quella prima terra fchietta Ha far vafi,temperata con colla, Se bilc- gna che efla tela fia bagnata Hi dietro,men tre l’artefice la Hipigne,a ciò che co quelcampodi terretta,vnifca meglio li fcuri,Ri chiari della opera fua.Et fi coftuma temperarei neri Hi quelle,con vn poco Hi tempera. Et fi adoperano biaccheper bianco, Se minio per dar rilieuo alle cofe, che paiono Hi bronzo, Rgiallolino per lumeggiarefopra detto minio.Etperi campi, Se per gli feltri,le medefime terre gialle,& rod'e,R i medefimi neri,che io dilli nel lauora- re afrefco,i quali fanno mezi,R ombre. Ombrafiancoracon altri diuerfi co lori,altre forti di chiari,& feuri ; come con terra d’ombra,allaqunle fi fa la ter retta di verde terra; Rgialla,R bianco; fimilmente con terra nera,che è vn’- altra forte Hi verde terra,Se nera,che la chiamono verdaccio »
D egli sgraffiti delle cafe,che reggono a l'acqua ; Quello de fi adoperi a fargli; a1 co '
mefilauorinoleGrotiefcbencUemura. -
Cap. XXVI. : "
Anno i Pittori vn’altra forte Hi pittura,che è Difegno, Se pittura infic-ine; ócquefto fi domanda Sgraffito,& non ferue ad altroché per orna menti di facciate di cafe, Se palazzi, che piu breuementefi conducono con quefta fpezie,R reggono all’acque ficuramente. Perche tutti i lineaméti, in vece di edere difegnati con carbone,o con altra materia fimile, fono tratteggiati con vn ferro dalla mano del Pittore. Il che fi fa in quefta maniera. Pigliano la calcina mefcolata con la rena ordinariamente; Se có paglia abbru ciata la tingono d’uno fcuro,che venga iti vn mezo colore, che trae in argentino. ; Se verfo lo feuro vii poco più,che tinta di mezo, Se con quefta intonaca no la facciata.Et fatto ciò, Se pulita col bianco della calce di treuertino, l’imbiancano tutta, Rimbiancata ci fpoluerono fu i cartoni :o vero difegnano quel che ci vogliono faré.Et dipoi agrauando colierro,vanno dintornande, Se tratteggiando la calce; la quale eftendo fotto di corpo nero, moftra tutti i graffi del ferro,come legni di dilegnò.Et fi fuole ne’campi di quegli radere il bianco ;R poi hauere vna tinta d’acquerello fourretto molto acquidolo; Se di quello dare per gli (curi, come fi defte a vna carta; il che di lontano fa vn belliifimo vedere • ma il campo,fe ci ègrottefche,o fogliami.fi sbattiméta,cio ^ombreggia con quello acquarello.Et quello è il lauoro,cheper efter dai fer ro graffiato,h anno chiamato i pittori sgraffito. Rcftaci hora ragionare de le grot-grottefche,che fi fanno fui muro;dunque quelle,che vanno in campo biacoj non ci eflendo il campo di ftucco,per non edere bianca la calce ; fi dà per tutto Tortilmente il campo di bianco : Se fatto ciò fi fpoluerano, Se fi lauorano in frelco di colori lodi, perche non harebbono mai la grazia,c’hanno quelle,che fi lauorano fu lo ftucco.Di quella fpeziepoftono edere grottefchegrofte,elot tili, le quali vengono fatte nel medefimo modo/ che fi lauorano le figure a tre fco,o in muro.
ComliUuorinolegrotteschefu lo[iucco.
Cap. XXVII,
LE grottesche fono vnalpezie di pitturalicenziole,&ridicolo molto,far« te da gPantichi,per ornamenti di vani, doue in alcuni luoghi non ftaua bene altro,che cofe in aria : per ilche faceuano in quelle tutte fconciatu* re di monftri,per ftrattezza della natura; &per gricciolo, &ghiribzizo de* gli artefici ; 1 quali fanno in quelle, cofe lenza alcuna regola, apiccando a vn lottilifsimofilo vn pefo,che non fi può reggere,à vn cauallo le gambe di foglie^ vn’huomo le gambe di gru j Se infiniti fciarpelloni,& paftèrotti.Et chi piu ftranamentefegli immaginaria,quello era tenuto piu valente.furonopoi regolate,& per fregi, & fpar ti menti fatto bellifsimi andari*, cofi di ftucchi me icolarono quelle con la pittura. Et fi innanzi andò quella pratica, che in Roma, & in ogni luogo,doue i Romani riledeuano,ve n’e ancora cóferuaro qual che veftigio.Et nel vero tocche d’oro,& intagliate di ftucchi, elle fono opera allegra,& diletteuole a vedere.Quelle fi lauorano di quattro maniere, l’una lauora lo ftucco fchietto; l’altra fa gli ornamenti foli di ftucco, Se dipigne le ftorie ne’ vani, Se legrottelchene’fregijLa terza fa lefigure partelauoratedi ftucco,Se parte dipinte di bianco,Se nero,contrafacendo Cammei,ealt.rc pie tre.Et di quella fpezie Grottefche,&: ftucchi,le n’è villo 3 & vede tante opere lauorate da’moderni,i quali con formila grazia,e bellezza hanno adornato le fabbriche piu notabili di tutta l’Italia 3 che gli antichi rimangono vin ti,di gra deIpacio.L’ultima finalmente lauora d’acquerello in fu lo ftucco,campando il lume con elio ; Se ombrandolo con diuerfi colori.Di tutte quelle forti, che ft difèndono aliai dal tempo,fe ne veggono delle antiche in infiniti luoghi a Roma,& aPozzuolo vicino a Napoli. Et quella vltima Torteli può ancobe* nifsimo lauorare con colori lodi a frefco,lafciando lo ftucco bianco,per cam* po a tutte quelle,chenel verohannoinfebellagraziaj &fraeffe fimelcola* no paefi, che molto danno loro de l’allegro. E cofi ancora ftoriette di figure piccoli colori te.Et di quella forte hoggi in Italia ne fimo molti maeftri,che no fonno profelsione,& in elle fono eccellenti, Dtlmodo del mettere d’oro a bolo3oJd mordente, cr altri modi.
Cap, XXVIII.
FV veramentebellilsimo fegreto,& inueftigatione fofifticail trouarmo* do,che l’oro fi battefl'e in fogli fi lottilmente,che per ogni migliaio di pez zi battur,grandi vn’ottauo di braccio per ogni verlo, ba Halle fra l’ar cili- cio, Se l’oro,il valore lòlo di feifcudi.Ma non fu punto meno ingegnofa cola, il trouar modo,a poterlo talmente diftendere fopra il Gefio ; che il legno, od altro alcoftouiforto^parelTe tutto vna mafia d’oro.Iiche fifain quella manie* ra.Ingelfafi il legnò con getto fottilifsimo,impaftato co la colla piu torto do] ce che cruda : Et vi fi da lopra grotto piu mani, fecondo che il legno è lauora to bene,o male.In oltre rafo il gettò,e pulito,con la chiara dell’uouo fchietta, sbattuta Tortilmente con l’acqua deh troui,fi tempera il bolo armeno, macinato ad acqua fottilifsimamente.Et fi fa il primo acquidofo, o vogliamo dirlo liquido,& chiaro $ & l’altro appretto piu corpulento.Poi fi da con etto al man co tre volte fopra il lauoro,fino,che e’io pigli per tutto bene. Et bagnando di mano in mano con vn pennello con acqua pura doue è dato il bolo, vi fi met te fu l’oro in fogliaci quale fubito fi appicca a quel molle. Et quando egli c foppattòjnon fecco,fi brunifcecon vnazannadicane,odilupo, finchee’diué ti luftrante,Sc bello. Dorafi ancora in vn’altra maniera, che fi chiama a mordente,ilche fi adopera ad ogni forte di cofe, pietre, legni, tele, metalliid’ogni fpezie,Drappi,& Corami -, Et non fi brunifce come quel primo. Quello Mor dente,che è la maeftra,che lo tiene,fi fa di colori feccaticci a olio di varie for* ti,& di olio cotto con la vernice dentroui ; Et dalli in fui legno, chehahauu« to prima due mani di colla. Et poi che il mordente è dato cofi , non mentre, che egli è frefco,ma mezo fecco,vi fi mette fu l’oro i foglie.ll medefimo fi può fare ancora con l’orminiaco,quando s’ha fretta; attefo che mentre fi da è buo no Et quefto feru e piu a fare felle arabefchi,&altri ornamenti, chead altro. Si macina ancora di quefti fogli in vna tazza di vetro con vn poco di mele, Se di gomma, che lerue a i miniatori,& a infiniti, che col pennello fi dilettano fare profitti,& fottilifsimi lumi nelle pitture.Et tutti quefti fono belliftìmi fe greti,ma per la copia di efsi,non fe ne tiene molto conto.
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Del Mufxico ic netti,&d quello,che fi conofce il buono,&loiito.
Cdp. XXIX. ”
ESfendofi affai largamente detto di fopra nel vi.Cap. che cofa fia il Mufai co,Sc come e’fi faccia ; continuandone qui, quel tanto che è propiodel* la Pittura diciamo,che egli è maeftria veramentegrandiffima, condurre i fuoi pezzi cotanto vniti,che egli apparifea di lontano,per honorata pittura, & bella. Attefo,che in quella fpeziedi lauoro bifogna, & pratica, Se giudizio grande,con vna profondiflìma intelligenza nell’arte del difegnu. perche chioffufcane’difegniilmufaico,con la copia, & abbondanza delle troppe figure
neIleiftorie,e con le molte minuterie de'pezzi,le confonde. Et però bifogna, che il difegno de’cartoni,che per etto fi fanno ; fia aperto,largo,facile, chiaro, & di bontà;& bella maniera continuato. Etclnintendenel difegno la forza degli sbattimenti,&del dare pochi lumi,Scattai feurij con fare in quegli cer-te piazze,o campi,Coftui fopra d’ogni altro;la farà bello,8c bene ordinato. Vuole hauereil mufaico lodato,chiarezza in fercon certa vnitafeurità verfo l’ombre, Se vuole edere fatto con grandittìmadiferezione , lontano dall’oc- chio,acio che lo ftimi pittura,&non tarila commetta; La onde i mufaici, cheharanno quefte parti,faranno buoni,Se Iodati da ciafcheduno ; & certo è che il mufaico èia piu durabile pittura che fia. Imperò che l’altra col tempo fi fpe gne j Se quella nello Ilare fatta di cótinuo s’accende. Et in oltre la Pittura ma*
ca,& fi conlumaper femedefimajOueil Mufaico,per la fua lunghiifima vita, fi può quafi chiamare eterno.Perloche Icorgiamo noi in etto,non folo la per= fezionede’Maedri vecchi ; ma quella ancora degli antichi, mediante quelle opere,che hoggi fi riconofcono dell’ età loro. Come nel tempio di Bacco a S. Agnefafuor di Roma,dotte è benillimo condotto tutto quello,che vi è lauoe rato.Similmente a Rauenna n’è del vecchio belliflìmo in piu luoghi. Età Vi* neziain fan Marco. A Pifa nel Duomo,& a Fiorenza in fan Giouanni la tribti na.Ma il piu bello di tutti è quello di Giotto nella naue del portico di S.Piero di Romajperche veramente in quel genere è cola miracolofa. Se ne’moderni quello di Domenico del Ghirladaio (opra la porta di fuori di Tanta Maria del Fiore,che vaallaNuntiata.Preparanfi adunquei pezzi dafarlo;in quella ma niera.Quando le fornaci de’vetri fono difpode,&: le padelle piene di vetro,fe li vanno dando i colori a ciafcuna padella il luo;Auuertendo Tempre, che da vn chiaro bianco,che ha corpo,& non è trafparente,fi conduchino i piu feu- ri di mano in mano,in quella deda guifa,che li fanno le mediche de’colori,p dipignere ordinariamente. Apprefio,quando il vetro è cotto, Se bene dagio nato,&le mediche fono condotte, Se chiare, &fcure,& d’ogni ragione, con certe cucchiaie lunghe di ferro lì caua il vetro caldo.Et lì mette in fu vno mar mopiano,&fopracon vn’altro pezzo di marmo fi fchiaccia pari. Se Tene fan no rotelle,che venghino vgualmente piane; e redino di grodezzala terza par te dell’altezza d’vn dito. Se ne fa poi con vna bocca di cane di ferro pezzetti quadri tagliati;&altri col ferro caldo lo Ipezzano indinadolo a loro modo. I medefimi pezzi diuentano lunghi,Se con vno Imeriglio fi tagliano ; il limile lì fa di tutti i vetri,che hanno dibifogno.E t fe n’empiono le datole, Se lì légo no ordinati,come fi fa i colori quando lì vuole Iauorare afrefeo, che in varij icodellini fi tiene feparatamente la medica delle tinte piu chiare,& piu dure per Iauorare Ecci vn’altra Ipezie di vetro,che fi adopra per lo campo, Se per i lumi de’panni,che fi metted’oro;quedo quando Io vogliano dorare, pigliano quelle piadre di vetro,che hanno fatto ; Se con acqua di gomma bagnano tutta la piadra del vetro,Se poi vi mettono lopra i pezzi d’oro. Fatto ciò mettono la piadra lu vna pala di ferro,& quella nella bocca della fornace, coper* ta prima con vn vetro fottile tutta la piadra di vetro,che hanno meda d’oro,e fanno quedi coperchio di bocce,o a modo di fiafehi lpezzati,di maniera,che vn pezo cuopra tutta la piadra; Et lo tengono tanto nel fuoco,che vieti quali rodo,Se in vn tratto cauandole, l’oro viene co vna prela mirabile a imprimer fi nel vetro,Se fermarli ; e regge all’acqua,& a ogni tempeda;Poi quedo fi taglia^ ordina come l’altro di fopra. Et per fermarlo nel muro vfano di fare il cartone colorito,Se alcuni altri lenza colore; il quale cartone calcano, 6 fe* gnano a pezzo a pezzo in fu lo ducco;& di poi vanno commettédo appoco ap poco quanto vogliono fare nel mulàico. Quedo ducco per eder podo grodo in fu l’opera gli aiperta duoi di,& quattro fecondo la qualità del tempo;E fallì di treuertino,di calce,mattone pedo,Draganti,& chiara d’uouo,e fattolo, tengono molle con pezze bagnate,coli dunque pezo,per pezo tagliano i cartoni nel muro,& lo dilegnano fu lo ducco calcando fin,che poi có certe mol lette fi pigliano i pezzetti degli fmal ti;6c fi commettono nello ducco, et fi lumeggiano i lumi,etdalsi mezi a mezi,et feuri agli leu ri ; contrafacendol’om- bre,i lumi,et imezi minutamente,come nel cartone; et coli lauorando con diligenza fi conduce appoco appoco a perfezione. Et chi piu lo conduce vni-to,fi che e’torni pulito,et pìanojcolui è piu degno di loda,Se renino da piu de gli altri. Impero fono alcuni tanto diligenti al mu(aico,chelo conducono di maniera,che egli apparile pittura a frelco. Quello,fatta la prefa,indura tal* mente il vetro'nello ftucco;che dura in infinitojcome nefanno fede i mufai- ciantichijchefonoin Roma, Se quelli che fono vecchi j Stanco nell’una,SC nell’altra parte i moderni a i di notòri n’hanno fatto del marauigliolò.
'DtU'ìfiorieì&delle figure,che fi fanno di commejfo ne'Pauimenti,ad imitazione del le cofc di chiaro feuro. •
Cdp. XXX»
HAnno aggiunto i notòri moderni maeftri al mufaico di pezzi piccoli,vn altra fpecie di mulaici di marmi commelIì,che contrafanno le ftoriedi pinte di chiaro fcuro.Et quefto ha caulàto il defiderio ardentiflìmodi volere,che e’refti nel mondo a chi verrà dopo,le pure fi Ipegnefiero l’altre Ipe zie della pittura,vn lume,che tenga accefa la memoria delittori modernij Se cofi hanno contrafatto con mirabile magifterio ftorie grandifsime, che noniolo fi potrebbono mettere ne pauimenti, doue fi camina j Ma incroftarne an
cora le facce delle muraglie, Se di palazzi, con arte tanto bella, Se merauiglio- fà, che pericolo non farebbe ch’el tempo conin mafie il difegnodi coloro,che fono rari in quella profefsione. Come fi può vedere nel Duomo di Siena, co minciato prima da DuccioSanefe, Se poi da Domenico Beccafumi a di notòri feguitato,Se augumétato. Quella arte ha tanto del buono, del nuouo, Sedei durabile, che per pittura cominella di bianco, Se nero poco più fi puotedefi« derare di bontà, Sedibelezza. Il componimento fuo fifa di tre forte marmi, che vengono de’monti di Carrara;L’uno de’quali è bianco finiflimo,Se can- dido ; l’altro non è bianco^ma pende in Iiuido,chefa mezzo a quel bianco,Se il terzo è vn marmo bigio di tinta,che trahe in argentino, che ferue per ifcu-ro. Di quelli volendo fare vna figura,fc nefa vn cartone di chiaro, è feuro, c5 le medefime tinte-,Se ciò fatta,per i dintorni di que’mezi, Se leuri, Se chiari a luoghi loro.fi commette nel mezo con diligenza il lume di quel marmo can-didojSe cofi i mezi,Segli feuri allato a que’mezi, fecondo i dintorni ftefsi, che «nel cartone ha fatto l’artefice Etquando ciò hanno commefiò infieme,Selpia nato difopra tutti i pezzi de’marmi,cofi chiari come feuri, Se come mezi ; pi«glia l’artefice,che ha fatto il cartone vn pennello di nero temperato, quando tutta Popraèrnlìemecommefiain terra; Se tuttaful marmo la tratteggia, & proffi!a,doue fono gli fcuri,aguifa,che fi contorna,tratteggia,Se proftila con la penna vna carta,che hauefle difegnata di chiaro feuro. Fatto ciò lo fcultore viene incauando coi ferri,tutti quei tratti,Se proffili,cheil pittore ha fatti,& tutta l’opra incaua,doue ha difegnato di nero il pennello. Finito quefto fi mu rano ne’piani apezi,apezi,Se finito con vna miliura di pegola nera bollito, o asfalto,Se nero di terra,fi riempiono tutti gli incaufche ha fatti Io Icarpel* lo ; Et poi che la materia è fredda,Se ha fatto prefa,con pezzi di Tufo, vanno leuando,Se confumando cio,chefopraauanza; Se con rena mattoni,e acquafi va arrotando,Se Ipianando tantoché il tutto relli ad vn piano, cioè il mar« mo ftefibjSe il ripieno. Il che fatto,reità l’opera in vna maniera, che ella pare Veramente pittura in piano.Ethainlegrandiflimaforza con arte,Se con mac firia. Laonde c ella molto venuta in vfo pet la Tua bellezza*,Et ha caufatò anco ra,che molti pauimenti di'ftanzehoggi fi fanno di màctoni,che dauo.vna par te di terra bianca,cioè di quella,che trae in azurrino,quado ella èfrefca,e cotta diuenta bianca; ^cl’altradellaordinaria da fare mattoni , che viene roflà quando ella è cotta.Di quelle due forti fi fono fatti pauimenti commeilìdi va rie maniere a fpartimenti,come ne fanno fede le Tale papali a Roma al tempo di Raffaello da Vrbino; & horavltimamentemolte ftazein caflellòS. Agno lo,Houe d fono con imededmi mattoni fatte imprefe digigli,commelIi di pc zi,che dimoflrano l’arme di Papa Paulo 3 & molte altre imprefe. E t in Firen« zeilpauimento della libraria di S.Lorenzo,fatta fare dal Duca Codmo;&tut te fono date condotte con tanta diligenza,che piu di bello non fi può dedde« rare in tale magiflerio.Et di tutte quefle cofe cómelfefu cagione il primo mu faico. Et perche,doue fi è ragionato delle pietre,et marmi di tutte le forti, non fi è fatto meli tione d’alcuni midi nuouamente trouati dal S. Duca Codino,dico chel’anno 1563.fuaEcc.ha trottato ne’mótidiPietrafantapredo alla villa di Stazzema vn monte,che gira z.miglia.& altifìimo; la cui prima fcorza è di marmi bianchi ottimi p fare flatue.lldifottoèvn mifchio rodo, e giallic* ciofe qllo che è piu adentro,è verdiccio,nero,rodo,e giallo,co altre varie me fcolanze di colori,e tutti fono in modo duri,che quato piu fi va à détro,fi tro* uano maggior laidezze,& infino a hora vi fi vede da cauar colonne di quindi ci, in venti braccia.Non fe ne ancor meffo in vfo ; perche fi va tu ttauia facendo d’ordine di S.Ecc.vna firada di tre miglia,per potere condurre quelli mar mi dalle dette caue alla marina.iquali milchi faranno, per quello, che d vede molto a propodto per pauimenti. .
Del mufako di legname ^cioè delle Tarfìeier ddriftorie^he fi fanno di legni tinti, er commefii a guisa di Pitture. '
Cap. XXXI.
Q V an to da facil cofa l’aggiugnere all’inuenzioni de’ padati qualche nuo 110 trouatofempre; adai chiaro celo dimoflranon folo il predetto co* medo de pauimenti,che fenza dubbio vien dal mufaico; ma le flef (è Tarde ancora,de le dgure di tante varie cofe,che a dmilitudine pur del mufaico, 8c della pittura,fono fiate fatte da’nodri vecchi di piccoli pezzetti di le* gnocommedì,&: vnitiindeme nelle tauoledel noce,&: colorati diuerfàmen- tejllche i moderni chiamano lauoro di commeflo,benché a’vecchi fode Tar-
da. Le miglior cofe,che in qdafpeziegiafifacedcrojfuronoin Firenze nei tépi di Filippo difer Brunellefco ; & poi di Benedetto da Maiano.ll quale niente«dimanco giudicandole cola difutile,d leuò in tutto da quelle,come nella vita fua d dira.CofluijCome gli altri padati le lauoro folamen te di nero,& di bian co.MafraGiouanni Veronefe,che in effe fece gran frutto, largamente le mi« glioro 5 dando varij colori a’legni,con acque,& tinte bollite, de con clij pene tratiui 3 per hauere di legname i chiari,e gli /curi,variati diuerfamen te, come nella arte della Pittura. Et lumeggiando con bianchifdmo legno di Silio fot-tilmentelecofefue.Queflo lauoro hebbe origine primieramente nelle pro-fpettiue.perche quelle haueuano termine di canti viui,che commettendo in* beine ipezifaceuano il prodlo;&: pareua tutto d'un pezzo il piano dell’ opera loro/loro,fe bene e forte flato di piu di nulle. Lauorarono perb di quello gli ami-chi ancora nelle incroftatin-e;dellej3Ìetrénni, come apertamente fi vede nel. portico di fan Pietro,doue è vna gabbia con vn’vccelloin vn campo di porfi7) dod’altre pietre diuerfe,commerte in quello con tutto il refto degli Ihggi. & delle altre colè. Ma per edere il legno piu facile, &: molto piu dolce a que ftolauoro 5 hanno potuto iMaeftri noftrilauorarnepiu abbondantemente, de in quel modo,che hanno voluto. Vfarono già per far l’ombre,abbronzar* le col fuoco da vna.banda : il che bene imitaua l’ombra; ma gli altri hanno v* fato di poi olio di zolfo,Se acque di folimati, Se di arfenichi, con le quali cofe hanno dato quelle tinture,che eglino fielTi hanno voluto; Come fi vedenel- l’opre di fra Damiano in fan Domenico di Bologna. Et perche tale profetilo-, ne confitte folo ne’difegni,che fiano atti a tale efercizio,pieni di cafamenti,Sc. di cofe che habbino i lineamenti quadrati ; Se fi polla per via di chiari, Se di feuri dare loro forza,Se rilieuo ; hannolo fatto fempre perfone,che hanno ha; uutopiupacienza,chedifegno. Et coli s’ècaufatOiche molte opere vi fi fono( fatte.Et fi fono in quella profefilone largi ate ftorie di figure,frutti, & anima li,che in vero alcune'cofe fono viuitfime ; ma per edere cofa,che torto diuen- ta nerà,& non contrafa le non la pittura,ettèndo da meno di quella, Se poco- durabile per i tarli,& per il fuoco,è tenuto tempo buttato in vano ^nchoraj che ella pure,& lodeuole,$C maeftreuole»
Del dipigtiere lefincfire di udroi&come ette fi conduchitio colombi,e co'fèrri ddfofie ’ nerlefenzd impedimento delle figure,
Cap. XXXII., f-
COftumarono giagl’antichi,ma per gl’huomini gradi o almeno di qual che importanza;di ferrare le fineftre in modo, che fenza impedire il lu* me ; non vi entralfero i ventilo il freddo ; Se quello folamente ne’bagni; loro,ne’ludatoi,nelle ftufe,& negli altri luoghi riporti,chiudendo le apertuc re,o vani di quelle con alcune pietre trafparenti,come fono le Agate,gli Ala- baftri,& alcuni marmi teneri,che fono mifchi,o che traggono al gialliccio. Ma i moderni,che in molto maggior copia hanno hauuto le fornaci de’vetri, hanno fatto le fineftre di vetro,di occhi,Se di piaftre, a fimilitudine, od imita zione di quelle,che gli antichi fecero di pietra.Et con.i piombi accanalati da ogni banda,le hanno infieme ferrate, Se ferme ; Se ad alcuni ferri medi nelle muraglie a quello propolito,o veramente ne’telai di legno,le hanno armate, Se ferrate come diremo.Et doue elle fi faceuano nel principio femplicemente d’occhi bianchi,& con angoli bianchi, o pur colorati ; hanno poi imaginato gli arteficijfare vn mufaicodeledguredi quelli vetri,diuerfamentecolorati, Se commetti ad vlo di pittura. Et talmente fi è aflottigliato l’ingegno indo, che e’fi vede hoggi condotta quella arte delle fineftre di vetro a quella perfez zione,che nelle tauole fi conducono le belle pitture,vnite di colori, Se pulitamente dipinte ; fi come nella vita di Guglielmo da Marzille Franzefe, larga-mente dimoftrerremmo. Di quella arte hanno lauorato meglio i Fiaminghi, Se i Franzefi,cheraltre nazioni. Attefo,che eglino come inueftigatori delle cofe del fuoco,& decolori hanno ridotto a cuocere a fuoaoi colori, cheli pó gono in fui vetro, A cagione che il vento^'ana, Sda pioggiajiion le offenda in manie maniera alcuna.Doue già coftumauano dipigner qlle di colori velati co gome Se altre tempere,che col tempo fi confumauano.Et i venti, le nebbie, Se Tacque fé le portauano di maniera,che altro non vi reftaua,cheil femplice colo* re del vetro. Ma nella età prefente veggiamo noi condotta quefta arte a quel fommo grado,oltra il quale non fi può appena defiderarè perfezione alcuna, di finezza,di bellezza,& di ogni particularità,che a queftopoffaferuirej con vnadelicata & fornirla vaghezza,non meno falutifera,per aflìcurarele ftanze da‘venti,& dall’ arie cattiuejche vtile Se comoda per la luce chiara,& fpedita che per quella ci fi apprefenta. Vero è che per condurle,che elle fiano tali,bi- fognano primieramente tre cofe,cioè vnalumincfa trafparenza ne’vetri fcei* ti ; vn belliilìmo componimento di ciò che vi fi lauora ; Se vn colorito aperto Lenza alcuna confufione. La trafparenza confitte nel faper fare elezione di ve- trfche fianolucidi per fe ftefll.Et in ciò,meglio fono i Franzefi,Fiaminghi,&: Inghilefi,chei Veniziani ; perche i Fiaminghi fono molto chiari, Se i Venizia ni molto carichi di colore.Et quegli,che fon chiari, adombrandoli di feuro, non perdono il lume del tutto,tale, che e’non trafpaino nell’ om bre loro. ’ Mai Veniziani,ettendo di loro natura feuri, Se ofcurandoli di piu con Tom- bre,perdono in tutto la trafparenza.Etancora,che molti fi dilettino d’hauer gli carichi di colori,artifitiatamente foprapoftiui, che sbattuti dalTaria, Sedai- fole moftrano non so che di bello piu,che nò fanno i colori naturali. Meglio è nondimeno hauer i vetri di loro natura chiari,che feuri; a ciò che da la grof fezza del colore non rimanghino offìifcati. A códurre quefta opera, bifogna hauere vn cartone difegnato con profili,doue fiano i cótorni delle pieghe de* panni,& delle figure, ìquali dimoftrino doue fi hanno a commettere i vetri; Di poi fi pigliano i pezi de*vetri,rolli,gialli,azurri,& bianchi; Se fi feomparti- feono fecondo il difegno,per pani,o per carnagioni, come ricerca il bifogno. Et p ridurre ciafcuna piaftra di etti vetri a le mifure difegnate fopra il cartone fi Legnano detti pezzi in dette piaftre,pofate fopra il detto cartonerò vn pen nello dibiacca;Eta dattorno pezo s’affegna il fuo numero,per ritrouargli piu fàcilmente nel commettergli,iquali numerifinita Topera,fi ttcancellano.Fat- to quefto,per tagliargli a mifura,fi piglia vn ferro appuntato affocato, con la punta del quale hauendo prima con vna punta di fmeriglio intaccata alquan to la prima fuperficie doue fi vuole cominciare, e con vn poco di fpu to bagna toui,fi va con etto ferro lungo que’dinrorni, ma alquanto difeofto. Et a poco, a poco mouendoil predetto ferro il vetro fi inclina, Se fi ttpicca dalla piaftra. Dipoi,con unapuntadi fmeriglio fi va rinettando detti pezzi,Se leuaudoneil fuperfluojEt con un ferro,che e’chiamano Grifatoio, o ueroTopo, fi uanno rodendo i dintorni dittegnati,tale che’uenghino giufti da potergli commette re per tutto. Cofi dunque cómelli i pezzi di uetro,in fu una tauola piana fi di ftendono fopra il cartone,& fi comincia a dipignere per i pani l’ombra di que gli,laquale uuol effere di scaglia di ferro macinata;& d’un’altra ruggine, che alle caue del ferro fi troua,la quale è rolla,o uero matita rott^e dura macina* ta,& con quefte fi ombrano le carni,cangiando quelle col nero,& rotto,feco- do che fi bifogno Maprimaènecettario alle carni uelarecon quel rotto tu iti ìuetri,^:con quel nero fare il medefimoapannùcon temperargli con lago* $na#apocoapoco dipignendoIi,& ombrandoli come ftail cartone. Et appretta fo,dipin ti,che e’ fono,volendoli dare lumi fieri fi ha vn pennello di fetofe cor to,Se lottile,Se con quello fi graffiano 1 vetri in fu il lume,Selcuafi di quel pa* no,che haueua dato per tutto il primo colore ; Et con l’adiciuola del pénello fi va lumeggiando icapegli,le barbe,i panni,i cafaméti,epaeficome tu vuoi; Sono però in quella opera molte difficultà,Se chi fe ne diletta può mettere va. rij colori fui vetro,perche legnando fu vn colore rofIò,vn fogliame,o cofa mi nuta,volendo,che a fuoco véga colorito d’altro colore fipuofquamare quel vetro quanto tiene il fògIiame,con la punta d’un ferro, che leui la prima fca* glia del vetro cioè,il primo fuolo,Se non la palli,perche faccendo coli, rima* ne il vetro di color bianco,& fe egli dà poi quel rollo fatto di piu mifture,che nel cuocere mediante lo fcor rere,diuenta giallo.Et quello fi può fare fu tutti i colori,ma il giallo meglio riefce fui bianco,che in altri colori, l’azurro a cam pirlo,diuicn verde nel cuocerlo,perche il giallo,& l’azurro mefcolati, fanno color verde: Quello giallo non fi dà mai le non dietro, doue non è dipinto, perche mefcolandofi,e fcorrendo guaderebbe,Se fi mefcolarebbe,con quello il quale cotto rimane fopragroflo il rodo,che rafehiato via con vn ferro,vi la (eia giallo.Dipinti,che fono i vetri, vogliono effer medi in vna teghia di ferro con vn fuolo di cenere dacciata,Se calcina cotta mefcolata:Se afuolo, a fuolo i vetri parimentedidefi,Se ricoperti dalla cenereideda; poi podi nel fornello,il quale a fuoco lento a poco a poco rifcaldati,venga a infocarli la cenere,ei vetri,perche i colori,che vi fono fu infocati, in rugginilcono, Se feorrono, Se fanno la prefa lui vetro.Eta quedo cuocere bifogn a vlare grandiffima dilige za,perche il troppo fuoco violento,li farebbe crepare ; Se il poco non li coce- rebbe.Ne fi debbono cauare finche la padella,o teghia doue e’fono non live de tutta di fuoco,Se la cenere con alcuni faggi fopra,che fi vegga quando il co lore è fcorfo.fatto ciò fi buttano i piombi in certefòrme di pietra, o di ferro, i quali hanno due canali,cioè da ogni lato vno,dentro al quale fi commette,e ferra il vetro.Et fi piallano,Se dirizano,Se poi fu vna tauola fi conficcano, Se a pezzo per pezzo s’impiomba tutta l’opera in piu quadri ; Se fi faldano tutte le commettiture de’piombi con faldatoi di dagnojSe in alcune traucrfe,doue vanno i ferri,fi mette fili di rame impiombati,accioche pollino reggere,Se le* gare l’opra: la quale s'arma di ferri, che non fiano al dritto delle figure, ma torti fecondo le commettiture di quelle,a cagione,che e'non impedifehino il vederle.Qùedi fi mettono con inchiouature ne’ferri,che reggono il tutto.Et non fi fanno quadri,ma.tondi àccio impedifehino manco la vida Et da la bada di fuori fi mettono alléfinedre,Se ne’buchi delle pietre s’impiombano, Se con fili di rame,che ne’piombi delle finedre faldati fiano a fuoco,fi legano for temente.Et perche i fanciulli,o altri impedimenti non leguadino, vi fi mette dietro vna rete di filo di rame fottile.Le quali opre, fe non foffero in materia troppo frangibile durerebbono al mondo infini totempo.Maperquedo non teda,che l’arte non fia difficile,artificiofà,Se belliffima.
Dtl NUtios come per quello babbiamo lefiarnpemdi rame,*? come s'intaglino gl’argé* ti,per fare gli smalti di baffo rilieuo^ fimilmente fi cefelino ■ le grofjerie.
Crfp.XXXIIh
L Niello,il quale non è altro,che vn difegno tratteggiato,Se dipinto fu io argento,come fi dipigne,& trarreggialottilmente con la penna 5 fu troua* rodagli Orefici fino al tempo degli antichi,efiendofi veduti caui co5 ferri, -ripieni di miftura negli ori, & argenti loro. Quello fi difegna có lottile fu lo argento,che fia piano,Se s’intaglia col bulino,che è vn ferro quadro tagliato a vnghia,da l’uno degli angoli a l’altro per isbieco,che cofi calando vedo vno de’canti/lo fa piu acuro,& ragliente da due lati,Se la punta di etto lcorre,e fcrt tiliifimamentc intaglia. Con quefto fi fanno tutte le cofe,che fono intagliate ne’mctalli,per riempierle,o per Ialciarle vote,fecondo la volontà dell’artefice.
Quando hanno dunque intaghato,Se finito col bulinojpigliano argento; Se piombo, Se fanno di elfoal fuoco vna cola,che incorporata infiemeènera di colore,Se frangibile molto,Se fottilillìma a fcorrere.Qiiefta fi pefta,8c fi pone fopra la piaftra dell’argento dou’è fin taglio,il qual’èneceffario, che fia bene pulito 5 Se accettatolo afuoco di legne verdi,foffiando co’mantici, fi fa, chei raggi di quello,percuotino doue è il Niello.Ilquale per la virtù del calore fon dendofi,Se f correndo,riempie tutti gli in tagli, che haueua fatti il bulino. Ap- pretto,quando l’argento è raffreddo 5 fi va diligentemente co’rafchiatoi lena* do il fuperfluoj Se con la pomice appoco appoco fi confuma,fregandolo,e co le mani,S: con vn quoio tantoché è fi truoui il vero piano; Se che il tutto rei- tti pulito.Di queftolauoròmirabiliffìmamenteMafo Finiguerra Fiorétino-,il quale fu raroin quella profellìone,comenefannofedealcnnepàci di nicl* lo in fan Giouanni di Fiorenza,che fono tenute mirabili. Da qUefto intagliòdi bulino son deriuate leftampedi ramejonde tante carte,e Italiane, e Tede* fche veggiamchoggi per tutta Italia, che fi cerne negli argenti s’improntaua, anzi che fu fiero ripieni di niello:di terra,Se fi bimana di zolfo,cofi gli Stampa tori trouaronoil modo del fare le carte fu le Srampe di rame col torculo,'co- me hoggi habbiam veduto da etti imprimerli-/ Eeci vn’ahra forte di labori in
argenro,oin oro,comunemente chiamata Smalto, che è.fpezie di pitturarne* {colata-con lafcultura.Etferuedouefi mettono Tacque, fi che gli fmalti retti no in fondo.Quéfta douendofi lauorarein fu l’oro, ha bi fogno d’oro finità*mo.Et in fu l’argento,argento almeno a lega di Giulij. Et è neceffario quefto - modo,perche lo fcnalto ci polla reftare,& non ifcorrerealtroue, che nel fuo luogo 5 bifognalafciarh i profili d’argento,che difoprafian fiottili,e non fi veg ghino Cofifi fa vn rilieuo piatto,Se in contrario aralrro* accioche, rr.ettcdo in gli final ti,pigli gli leu ri,& chiari cffquelIodalTaltezza/Se dalla battezza del intaglio.Pigliali poi smalti di vetri di Ivarij colori,che diligentemente fi fermi no col martello.Et fi tengono negli fcòdelhni con acqua chiaritàma, fepara* ti,Se diftin ti l’uno da l’altrò.Et quegli che fi adoperano a l’oro,fono differen*ti da quegli che feruono per l’argen to . Et fi conducono in quella maniera. - Con vna fottilillìma Palettina d’argento fi pigliano leparatamentegli fmaltij Se con pulita pulitezza fi diffondono a’iuoghi loro;Se vi le ne mette,& rimet- te foDra fecondo, che ragnano,tutta quella quantità,che fa di melliero » Fatto quefto fi prepara vna pignatta di terra,fatta a polla, che per tutto fia pitna di buchi, Se habbia, vna becca dinanzi ; Et vi fi mette dentro la Mufola, cioèvn cooerchietto di Terra bucato,chenon lafci carierei carboni a baffo; Se dalla Mufola in fu fi empie di carboni di cerro,Se fi accende or din ariamen te. Nel voto, che è reftato (òtto il predetto coperchio,in fu vna fòttilftsima piaflra di ferro, fi mette la cofa (maltata,a fentire il caldo apoco a poco,et vi fi tiene tanto,che fondendofi gli fmalti > fcorrino per tutto quafi come acqua. Ilche fatto fi la- fcia rafreddare; & poi con vna frafsinella ch’è vna pietra da dare filo a i ferri,e con rena da bicchieri fi sfrega,& con acqua chiara, finche fi truoui il fuo piano . Et quando è finito di leuare il tutto fi rimette nel fuoco medefimo, acciò illuftro nello fcorrerel’altra volta vada per tutto. Fafle ned’un’altra fortea mano, che fi pulifce con gelfo di Tripoli, de con vn pezzo di cuoio ; del quale non accade fare menzione -, ma di quefto, l’ho fatto > perche, eflendo opra di pittura, come le altre, m’è paruto a propofito.
BellaTaufla,cioèLauoroalaDama/china.
Capitolo, XXXIIII.
HAnno ancora i moderni ad imitazione degli antichi rinuenuto vna fpe- ziedicómetterene metalli intagliati d’argento, o d’oro,faccendo in efsi lauori piani, o di mezo,o di baflo rilieuo; Et in ciò grandemente gli hanno auanzati.Etcofi habbiamo veduto nello acciaio 1 opere intagliate ala Taufia altrimenti detta a la Damaichina, per lauorarfidicioin Damafco, &per tut to il Leuante eccellentemente. La onde veggiamo hoggi di molti bronzi ,.& ottoni,& rami commefsi di argento,& oro,con arabeschi,venuti di quepae- fi; Et negli antichi habbiamo veduto anelli d’acciaio con meze figure, & fb gliami molto belli.Et di quella fpezie di lauoro Iene fon fatteadinoftri arma dure da combattere lauorate tutte d’arabefchi d’oro commefsi, de fimilmen- teflaffe, arcioni di felle, & mazze ferrate,Ethoramolto fi coftumano iter* nimenti delle fpade, de pugnali,de’coltelli, &d’ogm ferro che fi voglia ricca menteornare, de guernirei&fi fa cofi. Cauafiilferroin fotto fquadra, de per forza di martello fi commette l’oro in quello, fattoui prima fotto vna ta<= gliatura aguifa di lima fottile, fi, che l’oro viene a entrare- ne’ cani di quella, &: a fermameli. Poi con ferri fi dintorna,o con garbi di foglie, o con girare di quel che fi vuolej de tutte le cofe co’fili d’oro pafiati per filiera fi girano per il ferro, de col martello s'amaccano ; de fermano nel modo dilopra. Auuerti fcafinientedimeno,cheifili fianopiugrofsi5 &:i proffìli piu fiottili, a ciò fi fermino meglio in quegli. In quella profefsioneinfiniti ingegni hanno fatto cofelodeuoli, de tenute marauigliofe; de però non ho voluto mancare di far ne ricordo, dependendo dal commetterli, &effendo fcultura, de pittura , ciò ècofachederiuadaldifegno, .
De le Stampe di legno -, er del modo di farle del primo Inuentorloroj cleome con tre {lampe jì fanno le carte, che paiono difegnatc •, cr mofìrano . tllnmcyilmezzojerombrexap.
XXXV.
IL primo inuentoredelle (lampe di legno di tre pezzi, per moftrare oltrail ifegno, l’ombre, i mezi, de ilumi ancora, fu Vgo da Carpi, il quale a imi razione delle (lampe di Rame, ritrouò il modo di quelle,! n tagliandole in legname di pero, odi bofiolo, chein quefto (ono eccellenti (opra ruttigli al- jrilegnami. Fecele dunque di ere pezzi, ponendo nella prima tutte lecole- I prof/profiliate, Se tratteggiate: Nella feconda, tutto quello, che è tinto a cantei al profhlp con lo acquerello per ombra, E t nella terza i lumi, Se il campo, la-, fidando il bianco della carta in vecedi lume, & tingendo ilrefto per campo» Quella, doiieèil lume, & il campo fi fa in quefto modo. Pigliali vna carta {lampada, con la prima, douelano tutte le prò fiala ture,&i tratti,& co.fi frefea frefea fi pone in lu l’afie del pero, Se agrauandola fopra con altri fogli, che nò fiano umidi, fi ftrofina,in maniera, che quella che è frefea lafciafu falle la tinta di tutti proffili delle figure. E allora il pittore piglia la biacca a gomma » Se dà in fiu‘1 pero i 1 tirai s I quali dati, lo in tagliatore gli in caua tutti co’ferri fc condo, che fono legnati . Et quella è la ftampa, che. primieramente fiadope-' ra; perche ella fa i lumi, Se il campo,quando ella è imbratata di colore ad olio: Se per mezo.della tinta, lafcia per tutto il colore, faluo, che doue ella c inca* uata, che iui refta la carta bianca. La feconda poi è quella delle ombre, che è tutta piana, Se tutta tinta di acquerello, eccetto che doue le ombre non hanno ad eflere, che quitti^è incartato il legno . Se la Terza, che è la prima a formarli1, è quella, doue il proffilato del tuttoèincauato per tutto, faIuo,chc doue c’rton hai proffili tocchi dal nero della penna. Quelle fi llampanoal torculo, Se vi fi rimettono fotto tre volte,ciò è vna volta per ciafcuna ftampa. fi che elle habbino il medefimo rifeon tro. Et certamente,che ciò fu belifsima i nuenzione .Tutte quelle profelsioni, Se arti ingegnofe fi vede che deriuana cfli’difegno : il quale è capo necefsario di tutte: Se non Fhauendo non fi ha nulla. Perchefe bene tutti ilegreti, Se i modi fono buoni *, quello è ottimo ^ per lo quale ogni cofa perduta fi rnroua, Se ogni diffidi cofa, per elio diuerv* ;a facile,come fi potrà vedere nel Ieggerele vite degfartefici ; i quali dai 5 la natura, Se dallo ftudio aiutati »hanno fatto cole fopra humaiiQ per il mezo folo del difegno. Et cofifaccendo qui fine alla introduzzione delle tre Arti, troppo piu iungamen te forfè trattate, che nel principio non mi penfai ; Me ne palTo a foriuere 1?
• Vice.