VITA DI GIOTTO PITTORE, SCVLTORE,"*ET ARCHITETTO FIORENTINO.
V E LL’obligofteflo, che hanno gl’ Artefici Pittori alla nata ra,laqual ferue continuamente p eflempio a coloro, che ca uando il buono dalle parti di lei migliorie piu belle,di có
trafarla,&imitarla s’ingegnano Tempre jhaueie, per mio credere,fi deue a Giotto pittore Fiorentino : percioche,ef-fendo dati fotter rati tanti anni dalle'roiiine delle guerre i
modi delle buone pitture,& i dintorni di quelle, egli folo, ancoraché nato fra Artefici inetti,per dono di Dio, quella, che era per mala via,rifiifcitò,&ataleforma riduflè,cheli potette chiamar buona. E veramé te fu miracolo grandiflimo,che quella età,&grolla,& inetta hauefie forza d’operarein Giotto fi dottamente,che il difegno,del quale poca,o niuna cogni zione hauetianogrhuomini di que’tempi, mediante lui, ritornade del tutto in vita. E niente di meno i principij di fi grand’huomo furono l’anno 1176.
nel contado di Firenze,vicino alla città quattordici miglia,nella villa di Vefpi gnano,8c di padre detto Bondone,lauoratoredi terra,& naturale perfona.
Codui hauuto quello figliuolo,al quale pofe nome Giotto,l’alleuò,fecondo lo fiato fuo,collumatamente. E quadc fu all’età di dieci anni peruenuto,mo-flrando in tutti gl’atti,ancóra fanciullelchi,vna viuacità, & prontezzad’inge gno dràordinario,chelo rendea grato non pure al padre, ma a tutti quelli an cora,che nella.villa,e fuori lo conofceuano ; gli diede Bondone in guardia al c’unè pecore, lequali.egli,andando pel podere,quandoin vn luogo,&-quart do in vn’al tro padurado , Ipinto dall’inclinazione della natura all’arte del di segno,per le ladre,& in terra*© in fu l’arena del cótinuo difegnaua alcuna co-fa di naturale,o vero,che gli veniffein fantafia : onde,andando vn giorno Ci-mabue per fue bifogne,da Fiorenza a Vefpignano,trouò Giotto, che mentre le fue pecore pafceuano,fopra vna ladra piana,& pulita con vn faflb vn poco
apuntato,ritraeua vna pecora di naturale,lenza hauere imparato,modo nefis funo di ciò fare da altri,che dalla naturarperche fermatoli Cimabue tutto ma rauigliofo. lo domandò fe Voleaa andar a dar feco.Rifpofe il fanciullo,che c5 tentandofene il padre,anderebbe volentieri. Dimandandolo dunque Cima bue a Bondone, egli amoreuolmenteglieloconcedetre, & fi contentò, che feco ló menade a Firenze,la doue venuto ; in poco tempo,aiutato dalla natu*ra,& ammaedrato da Cimabue,non folo pareggiò il fanciullo la maniera del maedro fuo,ma diuenne coli buono imitatoredella natura : che sbandì affata to quella goffa maniera greca : & rifufeitò la moderna,e buona arte della pita tura,introducendo il ritrarre benedi naturale le perfone viue,il che piu di da gento anni non s’era vfato,efepure fi era prouato qualcuno, come fi è detto
difopra,non gli era ciò riufoito molto felicemente,ne coli bene a vn pezzo,co me a Giotto j ilqualefragl’altri ritrade,come ancor hoggi fi vede, nella capei la del palagio del podedà di Firenze,Dante Alighieri, coetaneo, & amico fuo grandidìmo,& non meno famofo poeta,che fi fiide ne’medefimi tempi Giotto Pittore,tanto lodato da M, Giouanni Boccaccio nel proemio della Nouel-la di M.Forefe da Rabatta,8c di elio Gioito dipintore. Nella medefima capei la è il ritratto fimilméte di mano del medefimo,di Ter Brunetto Latini maeftro diDante,&diM Còrfó Donati gran cittadino'di qu'e’tempi Furono le prime pitture di Giotto nella capella delimitar maggiore della Badia di Firenze » nella quale fece molte cofe tenute belle,ina pat iieolarmeri tev ria noftra Don na,quando è annunziata,perche ineffa efprefle Viuamente la paura, & lo fpa ucnto,che nel (aiutarlaGabriello mifein Maria V ergine,laqual pare,chetut ta piena di grandiflìmo timore,voglia quafi metterli in fuga. E di mano di Giotto parimente la tauola delimitar maggiore disdetta capella, la quale vi fi è tenutainfino,ahoggi,&:ancp,yifi tiene,piupervna certa reuerenza,che s’ha all’opera di tanto huomo,che per altro. • E in S. Crocedono quattro cappelle di mano del médefim.o ; Tre fra la fagr.eftia,è lacapella grande,& vn'adall’al- tra banda. Nella prima delle tre,laquale è di M. Ridolfo de’Bardi,che è quel* la doue fono le funi delle campane,è la vita di S. Francefco : nella morte deiquale vn buon numero di frati moftrano aliai acconciamente l’effetto del pia gere. Nell’altra,che è della famiglia de’Peruzzi fono due Hiftorie della vita di S.Gio.Battiftajalquale èdedicata lacapella, doue fi vede molto uiuamenteil ballare,e faltare d‘Herodiade,ela prontezzad’alcuni feruenti, predi a i feruir gi della merifa. Nella, medefima fono due ftoriedi S.Giol euangelifta maraui gliofe,cioèquàndo rifufcitaDrufiana^quandò èràpito'in cielo i Nella terza ch’è de’Giugni,intitolata'agl’Apóftoli,fono di mano di Giotto dipinte le (lo rie del martirio di molti di loro. Nella quarta,che è dall’altra parte dellachie sa, verfo Tramontana, la qualeè de’Tofinghi,°li Spinelli, etdedicata all’affunzione di noftra Donna, Giotto dipinfe la natiuita,lo fpòfalizió, l’effe re annuntiata, l’adorazione de’Magi,e quando ella porge Gh ri fio, piccol fan ciullo a Simeone,che è cofa belliflìma : perche,oltre a vn grande affetto ,-che fi, conofcein quel vècchio riceuente C H RlST Olfatto del'fanciullo,, che hàuendo paura dilui porge le bràccia ,* de fi riuolge tutto timorolòtto verfo la madre, non può eflere ne piu affettuofò,]ne piu bello. Nella morte poi di effa noftra Donna fono gl’A pòftoli,& vn buon numero d’A ngeli con tòrchi in mano,molto belli. Nellacapella de’Baroncelliin dettaChiefa,’èvna tauo la a tempera di man di Giotto,doue è condotta con molta diligenza J’incorQ nazionedi noftra Donna,Se vn grandiflìmo. numero di figure pitcóle.'&.wi coro d’Angeli,&di fanti molto diligentemente lauorati. E perché in quefta opera èfcritto a lettere d’oro il nome fuo,& il millefimo,gì’Artefici, che con fidererannoin che tempo GiottOjfenza alcun lume della buona maniera die de principio al buon modo di difegnarè,e di colorire,'faranno forzati hauer- lo in fomma venerazione. Nella medefima Chiefa di s.Croce fono ancora fo- pra il fepolcro di marmo di Carlo Marzupini Aretino,vn crucififfo,vna No-r ftra Donna,vn fan Giouanni,e la Madalena a pie della Croce; e dall’altra bada della chiefa,aputo dirimpetto, a quefta,foprà la fepoltura di Lionarno A* retino,è vna Nunziata verfo l’aitar maggiore,laqual’è fiata da pittori moder ni»con poco giudizio di chi ciò ha fatto fere,ricolorita. Nel refettorio è in vn’Albefo di croce hiftorie di S. Lodouico,e vn cenacolo di mano del mede» fimo,&negli armarij della fagreftia ftoriedi figurò piccole della vita di Chri fto,& di S,Franccfco. Lauorò anco nella chiefa del Carmine alla cappella di San Giouanni Battifla tutta la vita di quel fatuo,diuilà in piu qua dri : Et nel palazzo della parte guelfa di Firenze è di fua mano vna ftoria della fede chri- (liana ili frefco,dipinta perfèttamente : Et in ella è il ritratto di papa Clemen te quarto,ilquale creò quel magiftrato,donandogli l’arme fua,laqual’egli ha tenuto lempre,& tiene ancora. Dopo quelle cofe,partendofi di Firenze, pec andare a finir in Afcefi l’opere cominciate da Cimabue, nel pafiar per Arez* zo,dipinle nella pieue la capella di S.Francefco, ch’è (òpra il battefimo ; Se in vna colonna tonda,vicino a vn capitello corinthio,& antico, e bellif$imo,vn fan Francefco,e vn S.Domenico ritratti di naturale; Se nel duomo fuor d’A* rezzo vna capelluccia,dentroui la lapidazione dì lànto Stefano con bel com* ponimento di figure. Finite quelle cofe,fi condulle in Alcefi,città dell’ Vm< Dria,e(Iendoui chiaiiiató da fra Giouanni di muro della Marca,allora genera lede’fratidifanFrancefco,douenellachieladifopradipinfea frefco lotto il corridor,che atrrauerla le fineftre,da i due lati della chiela trétadue llorie del la vita,e fatti di fan Franc.cioè fedici per facciata,tanto perfettamente, che ne, acquiilò grandilsima fama. E nel vero fi vede in quell’opera gran varietà,nó lolamente ne i gelli,<S<: attitudini di ciafcuna figura, ma nella compofizione ancora di tutte le llorie, lenza,che fa bellifsimo vedere la diuerfità degl’ habi ti di que'tempi,& certe imitazioni,& oferuazioni delle cofe della natura. E fra l’altre è bellilsima vna lloria,dotte vno aletato,nel quale fi vede vino il de fiderio dell’acque,bee,llando chinato in terra a vna fonte,con grandilfimo,e veramente marauigliofo affetto,in tanto,che par quali vna pedona viua, che bea. Vi fono anco [molte altre cofe dignifsime di confiderazione , nelle- quali,per non eller lungo non mi dillendo altrimenti. Balli,che tutta quella opera acquiilò a Giotto fama grandilcima,per la bontà delle figure,e per l’or dine,proporzione,viuezza,& facilità,che egli haueua dalla natura, e che haueua, mediante lo ftudio fatto molto maggiore,efapeua in tutte le cofe chiaramente dimollrare. E perche oltre quello,che haueua ciotto da natura, fu fludiofilsimo,&: andò lempre nuoue cofe penfa ndo, e dalla natura cattando, meritò d’elfer chiamato Difcepolo della natura,e non d’altri.Finite lefopra- dette llorie, di pinfc nel medefimo luogo, ma nella chiefa di fotto, le facciate di fopra,dalle bande dell’altar maggiore, e tutti quattro gl’Angoli della voi* ta di fopra,doue è il corpo di S. Francelco e tutte con inuenzioni capricciolè, e belle. Nella prima è S. Franrelco glorificato in cielo,con quelle virtù intor no,che à volere eller perfettamente nella grazia di Dio,fono richielle. Da vn lato l’ubidienza mette al collo d’un frate,che le Ha inanzi ginocchioni, vn gio go, i legami delqualc fono tiraci da certe mani al cielo : Se mollrando con vn dito alla boccha,filenzio,ha gl'occhi à Giefu Chrillo, che veda langue dal co flato.Et in compagnia di quella virtù fono la prudenza, Se l’humilta, per di« mollrare,che doue è veramente l’ubidienza è fempre l’humiltà, e la prudéza, che fa bene operare ogni cofa. Nel fecondo A ngolo è la callita> laquale, flan- dofiin vnafortifsimaroccha,non fi lafcia vincere ne da regni, ne da corone, ne da palme,che alcuni leprefentano.A piedi di collei è la Mondizia, che la- ua perfone nude : Se la fortezza va conducendo genti à lauarfi, Se mondarfi : Apprello alla callita èda vn lato la penitenza,che caccia Amore alato,có vna difciplina,efafuggirela imondizia. Nel terzo luogo è la pouerrà, laquale va co i piedi (calzi calpeftando le fpine > ha vn cane chele abbaia dietro* e intorno vn putto,che le tira falsi, Se vn’altro, che le va accollando con vn battone certe fpini alle gambe. E Quella pouerta li vede etter quitti fpolata da S.Frati cefco mentre Gielu Chrifto le tiene la mano,ettendo prefenti,non fenza mi* ftcrio la Iperanza, e la Caftità.Nel quarto, Se vltimo de i detti luoghi è vn S. Francefco pur glorificato, vedito con vna Tonicella bianca da Diacono,e come trionfante in cielo in mezzo à vna multitudine d’Angeliche intorno gli fanno Coro,con vno ftendardo,nelquale è vna croce con fette ftelle.Et in al* toc lo fpirito fanto.Dentroàcialcuno di quelli Angolifono alcune parolela* line,che dichiarano le ftorie. Similmente,oltre i detti quattro Angoli, fono nelle facciate dalle bande pitture belliftime, e da edere veramente tenute in pregio , fi per la perfezzione , che fi vede in loro,e fi per edere Hate con tanta dtligeuzalauorate., che fi fono infino àhoggiconferuatefrelche. in quelle ftorie è il ritratto d’etto Giotto molto ben fatto, e (opra la porta della (agre* fti-a è di mano del medefimo,pur’a fretto vn S. Francefco, che riceue le (limate, tanto attettuofo,e diuoto,che a me pare la piu eccellente pittura; cheGiot to facedeiii quelPopere,che fono tutte veramente belle,e lodeuoli.finito du* que, che hebbe per vltimo il detto S. Francefco fe ne tornò a Firenze, doue giunto dipinle,per mandar a Pila,in vna Tauola vn s.Francefco nel horribile fado della Vernia,con ftraordinaria diligenza:perche,oltre a certi paefi,pieni d’alberi,e di ttogli, che fu cofanuouain que’tempi, fi vede nell’attitudini di s. Francelco,che con motta prontezza riceue ginocchioni le (limate, vn’ar- dentilsimodifiderio diriceuerle,§c infinito amore vertt>GÌefuChrifto,che in ariajcircondato di Sarafini, glie le concede, con fi viui affetti ; che meglio non è pufsibile immaginarli. Nel difotto poi della medefima Tauola fono tre ftorie della vita dei medefimo molto belle. Quella Tauola laquale hoggi fi vede i n S. Francefco di Pila in vn pilallro a canto allattar maggiore, tenuta in molta venerazzione,per memoria di tanto huomo,fu cagione,che iPilani edendofi finita a punto la fabrica di Campo Santo, fecódo il difegno di Gio- uani di Nicola Pilano, come fi dide di (opra, diedero a dipignere a Giotto par te delle facciate di d en tro.Accioche, come tanta fabrica era tutta di fuori in* crollata di marmi, e d’intagli fatti con grandilsima fpefa,coperto di piombo il tetto, e dentro piene di pile, e fepoltureantiche Hatede’genfili, erecate in quella Città di varie parti del mondo;cofi futte ornata dentro, nelle facciate di nobilifsimc pitture. Perciò dunque,andato Giotto a Pila, fece nel principio d’una facciata di qnel Campo Santo,fei ftorie grandi in fretto del pazien tilsimo Iobbe.E perchegiudiziofamente cofidcrò,che i marmi da quella par* te della fabrica,doue haueua a lauorare, erano volti verfo la Marina,e che tut ti 'eftendofaligni,perglifcilocchi, ttmpre lònohumidi, egettano vnacerta .falledine,fi come i mattoni di Pitti fanno,per lo piuje che perciò aciecano,e fi mangiano i colori,e le pitture: Fece fare perche fi conferuafle quanto potette il piu l’operafua, per tutto doue voleua lauorare in fretto,vn aricciato, o ve* ro intonaco, oincroftratura, che vog'iam dire,con calcina, gettò, e marron pedo mefcolati,cofi apropofito, che le pitture, che egli poi fopra vi fece fi fo* no in fino a quello giorno conferuate ; e meglio ftarebbono le la ftracuratag gine di chi ne doueua hauer cura, non 1’hauefic lattiate motto offendere dai I’humido: perche il non hauere a ciò,come fi poteua agenolme nte, prouedu- to è (lato cagione j che hauendo quelle pitture patito humido,fi fono gu fte I certi luoghi,e l’incarnazioni fatte nere: è l’intonaco fcortecciato; fenza, che la natura elei gefio,quando è con la calcina melcolato, è d’infracidare col tem po,& corromperli : onde nafee, che poi per forzaguafta i colori, fe ben pare, che da principio faccia gran prela; e buona. Sono in quelle ftorie, oltre al ri« tratto di M. Farinatadegl’Vberti, molte belle figure, emafsimamente certi Villani,i quali nel portare ledolorolenuouea Iobbe non potrebbono edere piufenlàti, ne meglio inoltrare il dolore, che haueuano peri perduti beftia- mi,e per l’altrc difauenture,di quello, chefanno. Parimente ha grazia ftupé da la figura d’un feruo, che con vna rolla Ha intorno a Iobbe piagato,e quali abandonato da ognuno : E come,che ben fitto fia iu tutte le parti,è maraui- gliofo nell’attitudine,che fi,cacciando con vna delle mani le mofche al lebro fo padrone,e puzzolente, e con l’altra tutto fchifo turandoli il nafo, per non sétire il puzzo.fono limilmente l’altre figure di quelle llorie, e le telle coli de* Mafchi come delle femine molto belle,& i panni in modo lauorati morbida« mente,chenon è marauigliajfe quell’opera gl’acquiftòin quella Città,e fuori tanta fama,che Papa Benedetto i x. daTrcuifi,mandalleinTofcanavnfuo cortigiano a vedere,che huomo fu Ile Giotto,e quali fodero l’opere fue, haué do dilegnato far in S. Piero alcune pitture. Ilquale cortigiano venendo per veder Giotto,& intendere, che altri Maellri fòdero in Firenze Eccellenti nel la pittura,e nel Mufaico, parlò in Siena a molti Maellri. Poi hauuto difegni da loro,venne a Firenze: Et andato vna mattina in bottega di Giotto,che la- uoraua gl’elpolè la mente del Papa, Se in che modo fi voleua valere dell’ope« rafua,& in vltimogli chiele vn poco di difegno, per mandarlo a fua fantita. Giotto,chegarbariTsimo era,prefe vn fòglio,& in quello con vii pennello tin rodi rollò, fermato il braccio al fianco, per farne compallo, e girato la mano fece vn tondo fi pari di fello,e di proffilo,che fu a vederlo vna marauiglia.Ciò fitto, ghignando dille al cortigiano : Eccoui il difegno. Colui,come beffato dille,ho io a hauere altro difegno,che quello ? Aliai,e pur troppo è’quello,ri fpofe Giotto: mandatelo infieme con gl’altn,e vedrete le farà conolciuto . Il Mandato,vedendo non potere altro hauere, fi partì da lui aliai male lodisfat to,dubitando non edere vcellato. T uttauia,mandando al papa glabri dilegni Sci nomi di chi gli haueua fatti, mandò anco quel di Giotto, raccontando il modo,che haueua tenuto nel fare ilfuo tondo,fenza muouere il braccio,e fen za Ielle. Onde il papa, e molti cortigiani intendenti, conobbero per ciò , quanto Giottoauanzafled’eccellenza tutti gl’altri pittori delfuo tempo. Di uolgatafi poi qlla cofa, ne nacque il prouerbio, che ancora è in vlo dir fi a gl* huomini di grolla palla ; Tu fei piu tondo,che l’O. di Giotto. llqualprouer« bio,non folo,per lo calo,donde nacque,fi prò dir bello,ma molto piu, per lo fuo fignificato,checonfille nell’ambiguo,pigliandoli tondo in Tofcana,oltre alla figura circolare perfetta, per tardità,egróllezza d'ingegno. Fecelo diìquc il predetto Papa andare a Roma douehonorando mollo, e riconofcendo la vi rtù di lui, gli fece nella Tribuna di S. Piero di pignere cinque llorie della vi ta di Ch ri Ilo,e nella fagrellia la Tauola principale,eh e furono da lui con tan tadilignza condotti, che non vfcì mai a temperadelle lue mani il piu pulito lavoro ► Onde meritò,che il Papa,tenendoli ben feruito facefle dargli per pre mio feccnto ducati d’oro,oltre hauergli fatto tanti fauori; che ne fu detto per tutta Italia. fu in quello tempo a Roma molto amico di Giotto, per non tace re cofa degna di memoria,che apartenga all’arte. Oderigi d’Agobbio, Eccel* lente Miniatorein que’tempi,Ilquale, condotto, perciò dal Papa Miniò mol ti libri per la libreria di palazzo ,rche fono in gran parte hoggi confumati dal tempo. E nel mio libro de’dilegni antichi fono alcune reliquie di man prò* pria di coftui,chein vero fu valete huomo, fe bene fu molto miglior Maellro di lui,Franco Bolognefe miniatore,che per lo Hello Papa,e per la ftefiahbre* ria, ne’medefimi tempi lauorò affai cofe eccellentemente in quella maniera, come fi può vedere nel detto libro, doue ho di fua mano difegni di pitture, di minio: E fra efsi vn’Aquila molto ben fatta,& vn Lione, che rompe vn al* berobellifsimo .Diqfti due Miniatori Ecc. fa menzione Dante nell’undeci ino,capitolo del purgatorio,doue fi ragiona de’vanagloriofì,cò quelli uerfi,. 0,difii a /MI,non fé tu Oderigi ■
■ V.bonoriTAgobbiOyCl'honordìqueJr^rtc, . .
Ch'attumindre e chiamata in Parigi ì . .
Vrdt<yà(ficgU,piu ridon le carte » ;
Che pemcflcggiaBr anco Bologne fe, . . i
Uhonorètuttofuoyemioinpdrte.&c.
Il Papa,haucndo veduto qfteopere,epiacédogli la maniera di Giotto infinita mete,ordinò chefacelle itorno nomo a S. Piero Hilloriedel tellamentoYec chio,e nuouo : Onde, cominciado fece Giotto a frelco l’Angelo di fette brac eia,che è fopra l’organo,e molte altre pitture', delle quali, parte fono da altri Hate rellaurate a di nofhi,e parte nel rifondare le mura nuoue o Hate disfatte o traportate dall’edifizio Vecchio diS. Piero,fin lotto l’organo,come vna N.i Donna in muro,laquale,perche non andafle per terra, fu tagliato attorno il muro,& allacciato con traui,e ferri,e cofi Iellata,e murata poi,per la fua bel* lezza,doue volle la pietà,&c amore,che porta alle cofe eccell.dell’arte M. Nic* colo Acciaiuoli,Dottore Fiorentino,ilquale di llucchi,e d’altre moderne pit ture adornò riccamente quella opera di Giotto • Di mano delquale ancora fu la naue di mulàico,ch’è lopra le tre pone del portico,nel cortile di s.Piero,la. quale è veramente miracolofa,e meritamente lodata da tutti i belli ingegni; perche in efia,oltre al dilegno,vi èia dilpofizionedegl’Apolloli,chein diuer- fe maniere trauagliano,per la tempella del mare,mentreloffianoi venti in una vela,laquale ha tanto rilieuo,che non farebbe altre tanto vna vera ; e pure, è difficile hauere a fare di que’pezzi di vetri vna vnione,come quella,che fi’ve de ne’bianchi,e nell’ombre di fi gran vela,laquale col pennello,quando fi fa- ; cede ogni sforzo,a fatica fi pareggiarebbe ; fenza,chein vn pelcatore, ilquale pefea infunino Icoglio a lenza,fi conofce nell’attitudine vna pacienza ellre- ma,propria di quell’arte ; e nel volto la fperanza,e la voglia di pigliare.Sotto quella opera fono tre archetti in frefco,de’quali,efiendo, per la maggior par- teguafli,non dirò altro. Le lodi dunquedate vniuerialmentedagl’artefici a quella opera,fe le conuengono. Hauendo poi Giotto nella Minerua, chiela de’frati predicatori,dipinto in vna tauolavn crucifillò grande colorito a temperatile fu allora molto lodatocene tornò;elTendone fiato fuori fei anni, al--lapatrìa.Maeflendonon molto dopo,creato papa Clemente quinto,in Perù gia,per efier morto papa Benedetto nono,fu forzato Giotto andarcene co qf papa,là doue condufle la corte,in Auignone,per farui alcune opere ; pche an dato,fece non folo in Auignone,main molti altri luoghi di Francia,molte ta uole,e pitture a frelco bellilfimejequali piacquero infinitamente al poptirice Se a tutta la corte. La onde lpedito,che fu,lo licenziò amoreuolmente,fe con, molti doni. ondefe ne tornò a cafa non meno ricco,che honqrato,efamofoi Se fra l’altre cofe recò il ritratto di q uel papa,ilquale diede poi a Taddeo Gad di fuo dilcepolo. E quella tornata di Giotto in Firenze fu Tanno ijió.Ma non però gii fu conceduto fermarli molto in Firenze,perche condotto a padoa', p, opera de’fignori dellaScala,dipinfe nel lanto,chiefa fiatafabricatain que’té-, pi,vnacapella belliffìma. Di li andò a Verona, doue a Mefler Cane fece .nel fuo palazzo alcune pitture,e particolarmente il ritratto di quel fignord.E ne*, • frati di San Francelco vnatauola. Compiute quelle opere,nel tornartene in Tofcana,gli fu forza fermarli in Ferrara,& dipignere in leruigio di.que’figno ri Eftenfi in palazzo,&in lanto Agoftinoalcune cofe, cheanchor hoggi vi fi veggiono.Intanto,venendo a gl’orecchi di Dante,poeta Fioretino,che Giotto era in Ferrara,operò di manieraglielo condulfea Rauéna,doueeglifi fta* uainefilio: egli fece fare in fan FrancefcoperifignoridaPolenta alcune fio* rie in frefeo intorno alla chiefa,che lono ragioneuoli. Andato poi da Rauen naa Vrbino,ancor.quiui lauorò alcune cole.poi.occorrendogli palfar per A«= rezzo,non potette non compiacere Piero Saccone,che molto Thaueua carez* zato ronde gli fece in un pilafiro della capella maggiore del Vefcouado,i.fre>s feo un fan Martino,che tagliatofi il mantello nel mezzo, ne dà una parte a uri pouero,cheglièinanziquafi tiittc* ignudo. Hauendo poi fatto nella Badia,di fan ta Fiore,in legno un crucififiograndea tempera,cheèhoggi nel mezzo di, quellochiefafeneritornòfinalmentein Firenze,doue fra Tal tre cole,chefir rono molte,fece nel monallerio delle Donne di Faenza alcune pitture, & in, frefco,&a tempera,che hoggi non fono in edere,per efier rouinato quel tuo nafterio.Similmente Tanno 1322. efiendo Tanno innanzi,. con.luo molto di- fpiacere morto Dante fuo amicifiimo,andò a Lucca, Se a richieda di Caftruc ciò Sig.allora di quella Città fua patria!, fece vna Tauola in S.Martino, dren toui vn Crifto in aria,e quattro fanti Proiettori di quella Città^cio èS.,Piero, S.Regolo,S. Martino,e S. Paulino,iquali moftrano di raccorr.ridarevn Papa, Se vn’Imperator,i quali,fecondo, che per molti fi crede,fono Federigo Baua io,e Nicola quinto antipapa. Credono parimente alcuni, che Giotto di le» - gnafleaS. Fridiano nella medefima Città di Lucca il Calte!lo,e Fortezza della Giuda,che è inefpugnabile.Dopo,efiendo Giotto ritornato in Firenze,Ru berto Redi Napoli, feri He a Cario Re di Calauria luo primo geni to,ilquale fetrouaua in Firenze,che per ogni modo gli mandalle Giotto a Napoli, per« cioche,hauendo finito di fabricare S. Chiara Monallerio di Donne, &Chie là Reale, voi eua, che da lui fulledi nobile pittura adornara. Giotto adunque fentendofi da vn Re tanto lodato,e famofo chiamar,andò piu che volen tieri alenitelo,e giunto dipinfein alcune capelle del detto Monafterio molte ftoriedel Vecchio'teftamento, e nuouo , E le ftorie del’ApocalilTe, che fece in vna di dette capelle,furono,per quanto fi dice inuenzione di Dan te,come
per auuentura furono anco quelle tanto lodate d’Afcefi, delle quali fi è di fos pra a bàftànza fnuellàto. E fé bui Dante in quefto tempo era morto, poteua- rio heuerne hauut'o, come fpeflo anuiene fra gl’amici, ragionamento .• Ma p tòrnareaNapolfifeceGiotto nel cartello dell’Vuouo molteopere, epartico- làimentela capelia,’che moltapiacqueaquel Re, dalqualefu tanto amato,- che Giotto molte vòlte,lauorando.fi trouò eflere tratenuto da eflo Re, che fi pigliaua piacer di uederlo lauorare, e d’udire i Tuoi ragionamenti. E Giotto, che haueua Tempre qualche motto alle mani,e qualche rifpofta arguta in prò to,lo tratteneua con la mano dipignendo, e con ragionamenti piaceuoli mot teggiandoOnde dicendoglivn giorno il Re,che voleua farlo il primo huo ipo di Napoli; rifpofe Giotto.-E pelò fono io alloggiato 3 porta Reale,p effer il primo di Napoli. Vn altra vòlta,dicendogli il Re,Giottofeiò fufii in te,hora,- che fa caldo,tralafiareivn poco il dipignere, Rifpofe,etio certo, s’io furti voi. Eflendodunqileal Re mólto grato,gli fece in vnafala,che il Re Alfonfo pri* mo rouinò,per fare il Cartello,& coli nell’Incoronata, buon numero di pirtus re,e fra l’altre della detta fala vi erano i ritratti di molti huomini famofi, e fra èfs’i quello diefio Giotto; àIquale,hauédo vn giorno p capriccio chiefto il Re cheglidipignifle ilfuoReair-..Giotto,fecondo,che fi dice,gli dipinfevn Afi no imballato,che tenena à piedi vn altro bafta nuouo, e fiutandolo facea fem biante di difiderarlo: & in fu l’uno, e l’altro bafto nuouo era la corona Reale è lo fcctro della podeftat onde dimandato Giotto dal Re, quello che cotale pittura fignì'ficafie ; rilpofe tali i fudditi Tuoi ertere, e tale il Regno, nel quale ogni giorno nuouo Signore fi difidera. Partito Giotto da Napoli, per andare a Roma,fi fermò a Gaeta,doùe gh fu forza nella Nunziata far di pittura alcune ftorie del Teftamento nuouo,hoggiguafte dal tempo,ma non però in mo do,che non vi fi veggia benifsimo il ritratto d’eflo Giotto,appreflb a vn cruci' firto grande molto bello; Finita quefta opera, non potendo ciò negar al Si» gnor Màlatefta, prima fi trattene pferuigiodilui alcuni giorni in Roma,e di poi fé n’andò a Rimini,della qual Città era il detto Malatefta Signore, c li nel la chiefa di S. Francefco fece moltifsimepitture:lequali poidaGifmondo figliuolo di Padolfo Malatefti, che rifece tutta la detta chiefa di nuouo,furono gettate per terra,e rouinate. Fece ancora nel chioftro di detto luogo,all’incS tro della facciata della chieia in frefeo l’Hiftoria della beata Michelina.chc fu vna delle piu belle,& Ec. cofe,che Giotto facellè già mai, p le molte, e belle co fideraziói,che egli hebbe nel lauorarIe:pche,oltr’alla bellezza de’pani,e la gra zia, e viuezza dlìe tefte,che fono miracolofe, vi è qto può dona erter bella,vna giouane,laqual, p liberarfi dalla calunia deH’Aulterio,giura fopra vn libro in atto ft upcndifs.tenendo filsi gl’occhi fuoi in quelli del Marito, che giurare la fàcca,per diffidenza d’un figliuol nero partorito da lei,li quale in nefiun mo do poteua acconciarli a credere, che fulTe fuo. Cortei, fi come il marito moa ftra lo fdegno, e la diffidenza nel v ifo : fa conofcere con la pietà della fronte, c degl’occhi a coloro,che in tentifsimamentc la contemplano, la lnnocenzia,e fimplicira fua,&il torto,chefele fa, facendola giurare,e publicandolaà torto per meritrice . Medcfimamentc gradifsimo affetto fu quello,ch’egli efpref fe in vno infermo di certe piaghe: perche tutte le femine che gli fono nomo, offefed-’l ^n-^zo,fanno certi ftorcimenti fchifi,i piu graziati del mondo, licor ti poi che in vn’altro quadro fiveggiono, fra vna quantità di potieri ratratti fono molto lodeuoli,e deono e Bere apprelfo gl’artefici in pregio,perche daef fi, fi è hauuto il primo principio,.e modo di fargli i lenza che non fi può dire, che fiano,comeprimi,fe non ragioneuoli. Mafopra tutte falere cofe, che io* no in quella opera,è marauigliolilsimo l’atto, che fa la fopradetta Beata,ver- fo certi vfurai, che le sborfanòi danari della vendita delle fuepoflefsioni,per dargli a poueri ; pche in lei lì di mollra il difpregio de’danari,e dell’al tre co fe terrene,lequali pare, che le putino, & in qlli il ritratto Hello dell’auarizia,el gordigia humana.pariméte la figura d’uno,che annoueradolei danari, pare, che accenni al Notaio, che fcriua, è molto bella, confederato, che le beneha gl’occhi al Notaio, tenendo nondimeno le mani fopra i danari, fa conofcerc ì’afFezzione,rauarizialua,eladifHdenza.Similmenteletre figure,chein aria loftengono l’habito di S. Francefco,figurate per l’ubbidienza, pacienza,e po- uertà, fono degne d’infinita lode, per edere malsimamen te nella maniera de panni vn naturale andar di pieghe, chefàconolcere j che Giotto nacque, per dar luce alla pittura. Ritraile, oltre ciò, tanto naturale il S. Malatefta in vna Nauedi quella opera,che pare viuilsimo: Et alcuni Marinari, Scaltre genti, nella prontezza, nell’affetto, e neH’attitudini.',|e particolarmente vna figura, che parlando con alcuni,e mettendoli vna mano al vifo, Iputa in mare, fa co- nolcere l’eccellenza di Giotto. E certamente fra turte le cofedi pittura fatte da quello Maellro,quella lì può dire,che lìa vna delle migliori perche non è figura in li gran numero,che non habbiain fegrandifsimoartifizio,echenó fia polla con capricciofa attitudine. E però non è marauiglia, fe non mancò il Signor Malatefta di premiarlo magnificamente,e lodarlo. Finiti i lauori di quel lignote,fece,pregato da vn priore Fiorentino,che allora era in S. Cataldo d’Ariminijfiior della porta della chiefa un S.Tomafo d’Aquino,che legge a luoifrati. Di quiui partito,tornò a Rauenna], & in S. Giouanni Euangeli* Ha fece vna capella a frefeo lodata molto. jE Bendo poi tornato a Firenze con grandifsimo honor,& con buone facilità,fece in S. Marco a tempera vn crucili (Tò in legno,maggiore che il Naturale, e in Campo d’Oro, Ilquale fu niello a man delira in chiefa, & vn altro limile ne fecein S. Maria Nouella,in fui quale Puccio capana fuo creato Iouorò in fua cópagnia: e qft’è ancor’hoggi lo pia la porta maggiore nell’étrare in chiefaa ma delira Soprala fepoltura de Caddi.E nella medelima chiefa fece fopra il tramezzo unS. LodouicoaPau lo di Lotto Ardlghelli,&apicdiilritratto di lui,e della moglie di naturale. L’anno poi 1327. eBendo Guido Tarlati da Pietra Mala,Velcouo e Signor d’e Arazzo, morto a Malia di Maremma nel tornare daLucca, doue era flato a Vilìtare l’Imperadorejpoi che fu portato in Arezzo il fuo corpo, eli hebbe hauuta l’honoranza del mortorio honoratifsima,deliberarano Piero Saccori e,e Dolfo daPietra Mala fratello del Vefcouo,che gli folle fatto un fepolcro di marmo degno della grandezza di tanto huomo, ftato lignote lpirituale, e temporale,& capo di parte Ghibellina in Tolcana .Perche, fcrittoaGiot- to,chefacelIeil dilegno d’una fepoltura richilsima, e quanto piufìpotefte honorata,emandatogli le mifurejo pregarono appreflo, che mettefle loro per le mani vu fruitore il piu Eccellente, fecondo il parer fuo, di quanti ne erano in Italia, perche li rimettenano di tutto al giudizio di lui. Giotto> che tortele era, fece il difegno; e lo mandò loro, e fecondo quello, come al luo luogo fi dirà,fu fatta la detta fepoltura. E perche il detto Piero jSaccone ama* uain.fiatamente là virtù di quello huomo, hauendo preio non molto dopo, chehebbehauutoil detto dilegnó, il Borgo a S. Sepolcro; di la confinile in Arezzo vnaTauoladi man di Giotto di figure piccole, che poife n’èitain pez zi. Et Baccio Gondi, gentil’huomo Fiorentino,amatore di quelle nobili Ar ti,e di tutte le uirtu, elfendo comefiario d’Arezzo ricercò con gran diligenza 1 pezzi di quella Tauola,e trouatone alcuni,gli condulle a Firenze , doue gli tiene in gran Venerazione,infieme con alcune altre cole, che ha di mano del medefimo Giotto,llquale lauoiò tante cofe, che raccontandole; non fi crede rebbe. Et non fono mólti anni, che trouandomi io all’Heremo di Camaldo li, doue ho molte cofe laù’cratoaque’R. padri,uidi in una cella: e ui era fiato portato dal molto’R. Don Antonio da Pila, allora Generale della Congrega zionedi Camaldoli, un'crucififio piccoloin Campo d’Oro,e col nomedi GÌOC to di fua mano,molto bello : llquale crucififio fi tiene hoggi,lècondo,che mi dice il R. Don SILVANO Razzi, Monaco Camaldoléfe nel Monafterio, de- 'gl’Angelidi Firenze,nella cella deimaggiore, comecofararifsima, perefiere di mano di Giotto,&I compagniad’un bellifiimo quadretto di mano di Raf faelloda Vrbino.
Dipinfe Giotto ai frati Humiliatid’ogni Santi di Firenze vnacapella, e quat* tfoTeuole‘,efra l’altre, in vnala N. Donna con molti Angeli in torno,e col figliuolo in braccio.Et vn crucififio grande in legno*, dalquale Puccio capan na pigliando il difegno nelauorò poi molti per tutta (Italia, hauendo molto in pratica la maniera di Giotto. Nel tramezzo di detta chiefa era quando que fio libro delle Vite de pittori,fruitori, &: Architetti fi ftampò la prima volta, vnaTauolina a tempera fiata dipintada Giotto con infinitadiligenza, dentro laquale era la mòrte di N. Donna congrApoftoliintorno, Secò vn Chri fioche in braccio l’anima di lei riceueua. Quella operadagl’Artefici pittori era molto lodata,e particolarmente da Michil.Buonarroti,ilquale afFermaua come fi difie altra volta,la proprietà di quella hiftoria dipinta, nonpotereefi- fere piu fimile al vero di quello,ch’ell’era. QueftaTauoletta dico, efiendo ve nutain confiderazione, da che fi diede fuora la prima volta il libro di quelle vite:è fiata poi leuata via da chi che fia,cheforfè,per amor dell’arte, e per pietà, parendogli,che fufie poco ftimata,fi è fatto,come difie il nofiro poeta, fpie tato. E veramente fu in que’tempi vn miracolo, che Giotto hauefle tanta uà« ghezzaneldipignere, confiderando mafsimamente,che egli imparò l’arte in un certo modo lenza Maeftro.
Dopo quelle cofemife mano Fanno 1334.3 di,<>. di juglio al campanile di S. Maria del Fiore: Il fondamento del quale fu efiendo fiato cauato uenti braccia a dentro, vna piatea di pietre fòrti,in quella parte, donde fi era cauara acqua,e ghiaia. Sopra laqùale piatea,fatto poi un buon getto, che uennealto dodici braccia dal primo fondamento;fece fare il riman en te, ciò è Tal tre otto braccia dimuroamano. Eaqueftoprincipio,efondamentointeruénel’Ar ciuelcouo della Città, llquale prefente tutto il clero,e tutti i Magi lira ti', mife lòlénemente la prima pietra. Con'tinuandofi poi quella opera col detto mo- dello,che fu di qucllamanieraThedefca,che in quel tempos'ufaua, dilegnò Giotto tutte le ftoric,che andauano nell’ornamento: e feomparti di colori bianchi, Neri, e roflì il modello in tutti que luoghi, douc haucuano à anda re le pietre, ci fregia con molta diligenza. Tu il circuito da bado in giro lar-» go braccia cento ciò è braccia uentifcinque per ciafcuna faccia.E l’altezza bràò eia: Cento quaranta quattro:E fc c uero, che tengo per uerifsimo, quello,che lafcio fcritto Lorenzo di C.onc Ghiberti,fcccGiottoy non foloil Modello diquelloCampanile,madiSculturaancora, cdirilicuo, partediquelleflo rie di marmo, douc fono i principij di tutte l’arti. E Lorenzo detto afferma hauer ueduto Modelli di rilieuo di man di Giotto, e particolarmente quelli di quelle opere : laqual cofa fi può credere ageuolmente, effendo il difegno, e l’inuenziòne il padre, Se la madre di tutte quelle Arti, enon d’unafola. Doueuaqueflo Campanile, fecondo il Modello di Giotto hauere per finimen tofòpra quello chcfiucdeuna punta, òuero piramide quadra Alta braccia- cinquanta ma per efler’ecofaTedefca; edi maniera Uecchia;gl’Architetton moderni non hanno mai fe non configliato, che non fi faccia, parendo che ftiameglio cofi, perlequali tutte còle fu Giótto, non> pure fatto cittadino, Fiorentino, ma prouifionato di cento fiorini doro l’annodai comunedi Fi-* rehzc; che era in quc’rempi gran cofa > e fatto proueditorefopra quella opc-v ra, che fu feguitata dopo lui da Taddeo G addi, non eflendo egli tanto unur uto, chela potefieu ed ère finita. Hora;, mentre, che quell’opera fi andaua tì rande inanzi,'fece alle Monàchedi San Giorgio vnaTauòla,éhella Badia di Firenze, in un’arco fòpralà porta didéntro la Chicla tre mezze figure,hoggf coperte di bianco, pei illuminare la Chiefà. E'nellafala grande dèi podèlladr Firenze dipinte il comune cubato da molti,doue,in forma di Giudice con lo- feetro in niano Io figurò à federe,e fopra la tefla gli pofe le bilacie pari p le già Ile ragioni minillrate da efsovaiutato da quattro uirtu , che fono la fortezza co l’animo la prudenza Có le leggi,la Giuftitià co 1’amii,c la teperanza có Iépa role:pittura bella,de iuézione propria,e Uerifsimile.Apprefioadatodinuòuo’ aPadoa , oltre à moltfraltre cofe,e Cappelle che egli ui dipinfe fece nel luogo dell’Arena una Gloriamondana, chegl’ arrecò molto honore,e vtile.Lauó. ròanco in Milano alcune cofc che lòno fparfe per quella Città,Arche infino a hoggi fonò tenute bellilsimc. Finalmente tornato da Milano, non pafsò mol to,chchauendoin vitafatto tante, e tanto bell’opere, &eflendo flato non meno buon Chriftiano, che eccrPittore, rendelanimaà Dio ! anno 1336, con molto dilpiacere di tutti i fuoi Cirtadini,anzidi tutti coloro, che non pure l’r haucuano conofciuto, ma vdito nominare : e fu lepellito, fi come le fue vir-: tu meritauano, honoratarriente, eflendo fiatò in uita amato da ognuno,epar ticolarmente dagl’hùomini Eccellenti in tutte le pròfeifioni ; perche oltre sb Dante,di cui hauemo difoprafauellato,fu molto honorato dal Petrarca egli ,- el’opere fue, intanto ^ che fi legge nel teflamento fuo,che egli lafcia al fignoii Francefcò dacharrarafignordipadoa,fraraltrccofedalui tenute in fomma venerazione vn quadro di man di Giotto, drcntoui vna noflra Donna, come cofa rara e fiata à lui gratifsima. E le parole di quel capitolo del Teflamento dicono cofi Tranfcoad difpofitionem aliaruiu rcrum, prsdiòloigitutdo mino mea paduano,quia & ipfeper Deigratiam noneget', &, egonihilaliud habeo dignum fe, mitto Tabularci meam fiuc hifloriam beate Virginis Ma* riteoperis Iodi Pidotis egregij qua: mihi ab amico meo Michele Vannis de Florétia mifla eft in cuius pulchritudine ignorantes nò intelligunt Magiftri autem autis ftupent, Hanc ìconam ipli domino lego, utipla virgo benèdióta fibi fit propitiàfopudfiliumfoum lefurn chriftum c;(.i>fo< h r r ;•
Et il medefimo.petracca in vna fila pillola latina nel quinto libro delle fa-* migliari, dice quelle parole. Àtque-!(.'iièa.nertribus ad noria,'ab externis adnoftta ttansgtcdiar)duos ego: nouipiólòres égregios nec fornlofos Iot> rum Florentinum ciueni: Cuius inter modernos fama in gens eli , & Simo nem fenenlem . Noui Sculptores aliquot c. fu fotterrato in Santa Maria del Fiore dalla banda lì ni lira', entrando in Chiefa »doueèvn Matton di marmò bianco, per memoria di tanto huomo i E come lì dille nella dira di: Gimabuc meomèntator di.Dante, chefù nel tèmpo >che Giotto viueùa, dille: fu ed è ciotto trai pittóri il piu lommo della medelima città di Firenze, e fo fue ^pere il tefti moriamo àRoma, àNapoli, à Yignone, a Fiorenza,padoa, m molte altre parti del mondo/’ . /*• . :: ’ ' r> •' r
I difcepoli luoi furono Taddeo Gaddi, flato tenuto dalui à Battelimo, co come s’e detto è Puccio Capanna Fiorentino., che in Rimini nella Chiefa di San Cataldo de’prati predicatoridipmfe'perfettamentein frefeo vn Voto d’u- naNaue che pace/chelàffoghi nel mare, con huomim , che gettano robbe nel l’acqua, dè’quali è Vno elle Puccio ritratto‘di Natiirafo, fra Vn buon numero di Maririari.Dipinleilmedefimoin Afoefi nella Chiefa di Sari Francefco mol te opere dopo la mortedi Giotto,:&iin Fiorenza nella Chiefa diSanta Trinità fece allato alla porta delfìanco uerlo il fiume, la Cappella degli Strozzi, douc è in frefeo la-coronazione della Madonna con vn Coro d’Angeli, che tirano aliai alla maniera di Giotto, e dalle bande fono, ftorie di Santa.-Lucia molto ben lauorate « Nella Badiadifirenze dipinte la cappella di San Giouanni eria. cdilla della fam igl ia de’Coiioni allato allafagreftià. Et in Pillola fece àfreleo la Cappella maggiorcdella Chidadi san Francefco, eia Cappella di.san Lo-? douicolcon le ftorie loro ichefono ragiprieapli.Ncl mezzo de.Ha. Chiefa di:S. Domenico della medelima Gittàèvn Cirucifìlloi vna Madonna., & uri san Giouanni con molta dolcezza lauorati, & à piedi vn oftatuiadirnarmo intc fa, nella quale (che fu cola inufi tata in que’tempi ) moftrò puccio hauer ten tato di uederri i fondamenti dell’arte. In, quella opera fi fogge il Tuo nome fatto dalui ftriloiri qftomodo,Puccio di'F.i ÓKENZÀ. ME FEcfeìEdifpa.-ma- rioancorain detta:Chiefa,foprala.pòrtàdiSàntaMariaNUOua, nell’Arco tre mezze lìgLire., la Noftra Dpnna col vigli uolo in braccio , e sari Piero da.vna ba da, e dall’altra san Francefco. Dipinte ancora, nellagia detta Città d’Afcefì j nella Chiefa dilortosan Francefco afone ftorie dèlia paflìone di Giefu Cbri* fto in frefeo con buona pratica, & molto rifoluta, e nella Cappella della Chic fa di santa Maria degl’Angeli lauorataà frelco un Crillo in gloria con la Ver* gine che lo priega pel popolo Chriltiàno, laquale' opera, che è aliai buonaè tutta affumicata dalle lampane, e dalla cera chein gran copia ui fi.arde contimi a mente-rE'di uèro perquello * che li può giudicare hauendo Puccio la maniera ye tutto itmpdo drifo e di Giotto foomaellfo,fogli fe.nèfeppe fenrireaf fai. hell'opere^chefece jancor che-,come, uoghonò-ailcunr egli non uiuellc molto* elicndolì inferni morto,per troppo-luuoràre i riti eleo. E di fu a
* mano fnano per quello che, fi conofce, nella medefimaChiefa, la Gappella di san Martino > e le dorie di quel santo /lauoratc in frefco per lo Cardinal Genti» l e. Vedefi.ancoraà mezza la drada nominata porticaun Chrifto alla Colonna , Se in un quadro la Nodra Donna, e santa chaterina, e santa chiara,che la mettono in mezzo, fono fpartc in molti altri luoghi opere di codui, cóme in Bologna vna Taìiola nel tramezzo della Chiefà, con la pafsioncdi Chrido, e dorie di san Francefco.vE in fomma altre che fi lafciano per breuita. Diro bene, che in.Afcefi, dotte fono il,piu dell’opere lue * e doue mi pare.che egli aiti tadea Giotto adipigneré, ho trouato, che Io tengono per loro cittadino, & che.'ancora hoggi fono in.quella Citta alcuni della famiglia de’CapannbOn- dedàcil mente fi può credere, che nefcèfTe in firenzej hauendólo fcrirto egli ,c chefufTe difccpolo di- Giotto : ma che.poi togliefie moglie in Afccfi, che qui* uihauede figliuoli,ehorauifianò defcender.ti.Ma pcrcht ciòiapere apunto, non importa piu, che tanto bada che egli fu buon maedro.
, Fu fimilmente difcepolo di Giotto,e molto pratico dipintore Ottauiano da Faenza,che in S.Giorgio di.Ferrara, luogo de’ Mònaci di monte Oliueto dipinfe mol te cóle : & ih Faeza,doue egli vide,e morì, dipi nie.,nel Fa reo /opra dà porta di S.Franc.vnaN.Donna,&S.Piero, & S, Paulo,~Sc molte altre colè" in detta fua patria, & in Bologna. . y.J-.V • * ? .../ *
- Fu anche, difcepolo di Giotto Pace da Faenza,chedetefeco adai, et l’aiutò in niolte.cofe : ScinrBolognafohodi fua mano nella facciata di fuori diS.Gio nani decoIlatoSc alcune dorie in frefco.Fu quedo pace valente huomo,ma par ticolacmétein fare figure piccole, comefi puo.Ifinoaheggi veder nella chie •fadi S.Fracefco di Forlì in vn Albero di Croce,Sèjn vna tauoletta a tempera -9 •do.uejè la vi.tàdi Chrido,e quattro doriette della vita di Nodra Donna, che tUtte fono molto ben laùorate. Dicefi,che codui lauorò in Afcefiin frefeo nel lacapclladi S»Ahronio,alcunehidoriedella vita di quel Santo, pervn Duca dLSpolé.tijch’èfotterrato in quel luogo co vn fuò figliuolo, effondo dati mot iti in certi fòbborghi’d’Afcefi,combattendo, fecondo,che fi vede in vna luga infcrizzione,che è nella cada del detto fepolcro.Nel vecchio libro della Coni pagma de’dipintori fi truoua edere dato difcepolo del medefimo vn Fracefco i detto di Maedto Giotto,del quale noiifo altro ragionate.
Guglielmo da Forlf fu anch’egli difcepolo di Giotto,&oltre a molte altre opereìfece iti S.Domenico di Forlì fua patria, la capella dell’altar maggiore. Furono anco difcepoli.di Giotto,Pietro Laureat i,Simon Memi Sa'nefi,Stefano Fiorentino,e Pietro Cauallini Romano,ma perche.di tutti quedi fi ragio ria nella vita di ciafcun di loro,badi in quedo luogo hauer detto, che furono difeepolidi Giotto,ilqualcdifegnò. molto bene nel fiiotempo,e di quella ma nicra,come ne fanno fede molte carte pecore difegnaté.di fila mano di acque rcllò,&.profila£c di penna,c di chiaro,e fcuro,e lumeggiate di bianco} lequa li fono nel nodro libro de’difcgni: Se fòno.apetto a quegli de’maeffri dati ina . zi a lui,veramente vna marauiglia. ; , ; n u,-..
i i Fu,comefi è detto,Giotto ingegnofo,e ptaceuole molto, e ne’mottiar.gus tiffimo,de’quali n’è anco viua memoria in queda città : perche oltre a quello, che ne fcride M.GiouanniBoccaccio^rarico Sacchetti nellefue trecento No nelle ne racconta molti,e belhifimi, Dc’quall non mi parrà fatica fermane al Ui * Q_1
cuni con le proprie parole apunto di elio Franco,accio con la narrazione del la nouella fi vegghiuo anco alcuni modi di fauellare, e locuzioni di que’ rem pi. Dice dunque in vna per mettere la rubrica. A Giotto gran Dipintore è da to vn paluelèa dipignereda vn’huomo di picciol affàre.Egli facédofenc fchcE ne, lo dipignicpcrtoima,che colui rimane confufo. Nouella»
Cialcuno può hauere già vdiro, chi fu Giotto, e quanto fu gran dipintore (opraogn’altrò. Sentendo la fama fua vn grofiolano,& hauendò bifogno for fe,per andare in caftellaneria,di far dipignere vn fuo paluele,!fubito nadò-aU la bottegha di Giotto,hauendo chi gli portaua il paluefe drieto,& giunto do ne trouò Giotto,dille. Dio ti falui maeftro,lo uorrei, che midipignefli far* me mia in quello paluefe. Giotto, confiderando cl'huomo,e’l modo,non dif fe altro,le'nò,quando il uuò tu?e quel glielo dille; dille Giotto,lafcia far a me. & partifsij& Giotto,ellendo rimalo,penfa fra le medefimo,che vuol dir que» fto,farebbemi fiato mandato collui per ifcherne? fia che uuole, mai nò mi fa recato paluefe a dipignere,& collui che’l reca e vn’homicciatto femplice,&di ce,ch’io gli facci l’arme fila,come fe folle de reali di Fracia, per certo io gli deb bofare vnanuoua Arme. Eccoli penfandofrafemedefimo fi recò inaziildet to paluefe,e difegnato quello gli parea,dille a vn fuó difcepolo defie fine alla dipintura,5c coli fece.La qualedipintura fu unaCeruelliera,vna gorgiera,un paio di braccialfiun paio di guanti di ferro,un paio di corazze, un paio di conciali,&gamberuoli, unafpada,uncoltello,& unalancia. Giunto il ualente huomo,chenon fapea,chifi fulle, falli inanzi,e dice. Maellro è dipinto quel paluele.difie Giotto,fi bene,ua recalo giu. Venuto il paluefe, e quel gétilhuo mo per procuratore il comincia a guardare,e dice a Giotto, ò che imbratto c c|fto,che tu m’hai dipinto ? Dille Giotto,e ti parrà bé-isnbratto al pagare» »dif- le quelli io non ne pagherei quattro danari.dille Giotto,e che mi dicellu, eh* io dipignelfi,Sc quel rifpofe,l’arme mia,dille Giorto non è ella quì,mancacèa ne niuna,dille coftui,ben’illà,dille Giotto,anzi Uà maLe,che Dio ti dia, e dei «fiere una grà bellia,che chi ti dicefie,chi le tu f appena lo faprelli dire ; e giu gni qui,cdi,dipignimi l’arme mia:fe tu falsi fiato de’Bardi,farebbe ballo.;chc arme porti tu ? Di qua’le’tu ? chi furono gl’antichi tuoi. Deh, cileno ti uergo gni, comincia prima a venire al mondo,che tu ragioni d’arma, come ftu fu Ili Dufnan di Bauiera . Io t’ho fatto tutta armadura fui tuo paluefe: fe cen’èpiu alcuna,dillo,& io la farò dipignerc.Difiequello,tu mi di villania,e m’hai gua fio unpaluefe,e parseli,& valleneallagralcià, e fa richieder Giotto. Giotto compare,c fa richieder lui,adomandando fiorini due della dipintura, e quello domandaua a lui : Vdite le ragioni gl’ufficiali che molto meglio le diceria Giotto,giudi careno, che colui fi togliefie ilpaluefefuo coli dipinto, e defie li re fei a Giotto,peroche gl’haucua ragione.Onde conuenne togliefie il palue fe,c pagafle,& fuprolciolto,cofi coftui,non mifurandofi,fu mifurato.- •>?
Dicefi,che dando Giotto,anpor giou> netto con Cimabue,dipinlè una uol caia fui nalo d’unafigura,che efiò Cimabue hauea fatta, una mofea tanto Ha turale,che tornando il maeftro per fluitare il lauoro firimifepiud’unauolta a cacciarla co mano,penfando che filile nera, prima,che s’accorgefie dell’erre» re.Potrei molte altre burle fatte da Giotto,e molte argute rifpofte raccontare: mi uoglio^chc queft€,lequaii fono d cofe pertinenti All’arte , mi balli hauea ~ ' i% re detto in quello luogo. Rimettendo il refto al detto Franco,& altri. Finalméte, pche rcftò memoria di Giotto non pure nell* oper e,che vfeirono delle fue mani,ma in qlle ancora,che vfeirono di mano degli fcrittori di que* tépiefTendo egli flato quello,che ritrouò il vero modo di dipingere, ftatopdu ro inanzi a lui molti anni j onde per publico decreto, & per opera, & afrez- zione particolare del Magnifico Lorenzo Vecchio de’ Medici ammirate le uirtù di tanto huomo, fu porta in Santa Maria del Fiore, l’effigie Tua Scolpita di marmo da Benedetto da Maiano fcultoreEcc. con gl’infrafcritti uerfi fatti daldiuino huomo M. Angelo Poliziano,accio chequelji?cheuenif lero Ecc. in qual fi uoglia profefsione, poteflero fpcrare d’nauereaconfc« guire da altri di querte memorie, che mento, & confeguì Giotto dalla bontà Tua largamente.
1Ut ego fum,per quem Pittarci extìntta reuixit, ■
Cui quàm retta mamjam fiut,cr facili!.
N aturje dccrdt,nottr<£ quod defuit arti. •
plus licuìt nulli pingere,nec mttius. lliraris Turrim egrtgiam [acro tre fonatiteliI •
H£c quoque de modulo creuit ad afra meo.
Denique fum lottus, quid opus flit iUa referrt ì Hoc nomen longi carmims injlar ent.
E perche pofsino coloro, che uerranno uederedei disegni di man propria diGiotto,cda quelli conofcercmaggiormentel’Ecc. di tanto huomo, nel no ftro già detto libro ne fono alcuni roarauigliofi,flati da mcritrouati con non minore diligenza,che fatica,e fpefa *
- ° - - Fine della Vita di Giotto. ■