VITA DI AGOSTINO* ET AGNOLO SCVLTO-RI, ET ARCHITETTI S'ANESI.
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R A gl’al tri,che nella {cuoia di Giouanni,e Nicola {culto-ri Pifani,fi efercitarono, Agoflino,& Agnolo {cultoriSa« nefi,de’quali al preientefcriuiamo la vitajriufciiono, fec5 do que’tempi,eccellenti{simi. Qucftijfecondojche io tro* uo nacquero di padre, & madre Sanefi,e gl’antenati loro furono Architetti,conciofia,che l’anno 1190. {otto il reg- gimento de’tre Confali fufle da loro condotta aperfezzio ne Fontebranda; &poi l’anno feguentefotto ilmede{ìmocon{òlato,Iadoga na di quella citta, Se altre fabriche. &nel vero fi vede, che i Temi della virtù, molte volte nelle cafe douefono {lati per alcun tempo,germogliano,e fanno rampol/rainipollLche poi producono maggiori,Se migliori frutti, chic le prime pian- tefattonon haueuano. Agoftino dunque, Se Agnolo, aggiugnendo molto • miglioramento alla manieradi Giouanni, e Nicola Pifani,arricchirono Parte- di miglior difegno,Se inueiizione,comel’opere loro chiaramente ne dimo * ftrano. Diccfi,che tornando,Giouanni fopradetto, da Napoli a P'fa l’annq 1184. fi fermò in Siena afare'il difegno, Rifondare la facciata del duomodia nanzi,doue fono le tre porte principali,perche fi adornafle tutta di marmi ri camen te: Se che allora,non hauendo piu,che quindici anni, andò a ftar feco Agoftino,per attéderealla fcultura,della quale haueua imparato i primi prin cipij,eftendo a quell’arte non meno inclinato,chealle cofe d’Architettura.
Et coli fotto la difciplina d* Giouanni,mediante vn continuo ftudio,trapafsò in difiegno,grazia,e maniera tutti i condifcepoli fuoi : intanto, che fi diceua per ognuno.,che egli eral’occhio diritto del fuo.màeftro. E t perche nelle per iòne,che filmano,fi difiderano (opra tutti gl’altri beni, o dinatura, o d’animo,© di fortunata virtù,che fola rende gl’huomim gradi,e nobili,e che piu i in quefta vita,e nell’altra fclicifsimi ; Tirò Agoftino, con quella occafione di Giouanni, Agnolo fuo fratello minore al medefimo efercizio. Ne gli fu il ciò fare molta fatica : perche il praticar d’Agnolo con Agòftinoi e co gli altri feul torigl’haueuadi già,vedendoPhonore,e ùtile, che traeuanodi cotal arte,Pa* nimo accefo d’eflrema voglia, e difiderio d’attendere alla fcultura j anzi pri* ma,che Agoftino a ciò hàueflepenfato , haueua fatto Agnolo nàfcofamente alcune còfe. Trouandofi dunque Agoftino a lauòrare con Giouanni la tauo- ladi marmo dell’altar maggiore delV.efcouado d’Arezzo,dellaqualefi èfauel lato difopta, fece tanto, che vi Condufte il detto Agnolo luo fratello, ilqua* le fi porto di maniera in quell’opera,che finita,ch’ella fu fi trouò hauere nel* l’eccellenza dell’arte raggiunto Agoftino. Laqual cofa conofeiura da Gióuan ni fu cagione,che dopo queftaopera, fi ferùì dell’uno,& dell’altro in molti al tri fuoi lauori chefeceinPiftoia,in PifajSein altri luoghi: E perche attefero non fidamente alla fcultura,ma all’architettura ancora, non pafsò molto tem po,che reggendo in Siena i Notte,fece Agoftino il difegno del loro1 palazzo in mal borghetto,che fùl’anno.1308. Nel che.fare,fi.acquiftò tanto nome nel la patria,che ritornati in Siena dopo la mortedi Giouanni, furono l’uno , Se l’altro fitti architetti,del pubIice:onde poi 1 anno 1317. fu fatta,per loro oidi ne,la facciata del Duomo,che èvoltaafetteritrione,e l’anno 132.1x0Idifegnò de’.medefimi fi cominciò a murare la porta Romana in quél modo, che eli’è hoggixfufinital’anno i}2ó.laqual porta fi chiamaua prima,porta fan Marti no. Rifeciono anco la porta a Tufi , che prima fi chiamaùaVld poi fa cif 15'. A - gata'all’arco. il medefinio anno fu cominciata còl difegno deg i ftefli Àgofti no,Se Agnolo,la chiefa,& conuento di fan Francefco,interuenendom il Car dinaie di Gaeta, legato apoftolico. Ne molto dopo,per mezzo d’alcunide’To lomei,che come efuli fi (lattano a Oruieto,furono chiamar Agoftino ƒ>& A“ gnolo a fare alcune iculture,per l’opera di (anta Maria di quella citlà: perche andati là,feceto di fcultura in'marmo,alcuni profeti^ che ibno hoggi fml’kb trebpere di quella facciata,le migliori,e piu pròporzionatedi quellaopa rato nominata;.'Hora auuenne Pannò. J326.comdfi è dettò nella fua vitaiblit-Giot to,fu chiamato,per mezzo di Carlo Duca di Calauria,che allora dimoraua in Fiorenza/Fiorenza,aNapoli,per far al Re Ruberto alcune cofc in S.Chisra>& altriIflff ghi di quella città : onde pattando Giotto hell’andar là,da Oruieto*pcr veder ropere,che da tanti huomini vi fi erano fatte,e faceuano tutta via,che egli volle ueder minutamente ogni cofa. Et perche piu, che tutte Faltr'effculturc gli* piacquero i profeti d’AgoftinOj&d’Agnolo S alte fi, di qui venne,che Giotto non lolamentegli comendò,egli hebbc,con molto loro contento, nel nume ro degli aimicifuoi. ma che ancora gli mife per le mani a Piero Sacconeda Pietramala,come migliori dt quanti allora fu fièro fcultori,per fare,come fi è detto nella uita d’etto Giotto,la fepoltura del Vefeouo Guido, (ignote, & Ve fcouod’Arezzo. E coli adunque,hauendo Giotto veduto in Oruieto l’opc re di molti fcultori,e giudicate le migliori quelle d’Agoftino,&Agnolo Sane fi,fu cagione,che fu loro data a fare la detta fepoltura,in quel modo però,che egli l’haueua di(èghata,& fecondo il modello,che efiò haueua al detto Piero Saccone mandato. Finirono quella fepoltura Agoftino,& Agnolo, in ifpa-: zio di tre anni,&con molta diligenza la condufiòno,e murarono nella chie* fa del V efeouado d’Arezzo,nella capella del fagtamcnto.Sopra la carta,laqua lepofa in (u certi menfoloni intagliati piu,che ragioneuolmente, è diftefo di marmo il corpodiquel Velcouo,e dalle bande fono alcuni Angeliche tirano certe corrine aliai acconciamente. Sono poi intagliate di mezo rilicuo in qua dri,dodici ftorie della vita,e fatti di quel Velcouo con vn numeroinfinito di figure piccole. Il contenuto dellequali ftorie, accio fi veggia con quanta pa- cienza furono lauorate, e che quelli fcultori lludiando, cercarono labuon# maniera,non mi parrà fatica di raccontare.
Nella primaèquandoaiutatudallapartcGhibellinadi Milano,ch'egli ma dò quattro cento muratori,e danari ; egli rifa le mure d’Arezzo tutte di nuo-' uo,allungandole tanto piu,che non erano,che dà loro forma d’una ^alea.
, Nella feconda è la prefa di Lucignanodi Valdichiana. Nella terza quella di Chiufi. Nella quarta quella di Fronzoli,cartello allora forte (opra Poppi,c pofieduto dai figliuoli del Contedi Battifolle. Nella quinta è quàdo il callel
10 di Rondine,dopo edere (lato molti meli attediato da gl’A retini, fi arrende finalmente al Velcouo. Nella leda è laprela del cadetto del Bucine in Valutar* no.NelIa fettima è quando piglia per forza la rocca di Caprelè.che era del Co te di Romena,dopo hauerle tenuto l’afledio intorno piu mefi. Nell’ottaua è 11 Vcfcouo,che fa disfare il cartello di Laten no,Se tagliare in croce il poggio,“ cheglièfopra pofto>acctonon vi fi porta far piu fortezza. Nella nona fi vede,' che rouina,& mette a fuoco,e fiamma il monte Sanlouino,cacciandone rutti gli habitatori. Nell’ vndecima è la fua incoronazione, nella quale fono con: fiderabili molti begli habiti di foldati a piè,& a cauallo,e d’altre genti. Nell* duodecima finalmente fi vedegli huomini fuoi portarlo dà Montenero, do* uc ammalò,i Mafia,edi lì poi,efièndo morto,in A rezzo. Sono anco intorno* a quella fepolturain molti luoghi rinfegneghibelline,e l’arme del Velcouo, che fono fei pietre quadre d'oro in campo azurro,con quell’ordine che ftano? le fei palle nell’arme de'Medici. Laquale arme della cafata del Vefcono fu deferì tta da frate Guittone,caualier,c poeta Aretino, quando feriuendo il fito* del cartello di Pietramala,onde hebbe quella famiglia origiue,dille: ,-Pouez: Dvut.fi.[contriilGiotioncorilaChiafl*' ’: M tufi: - ?
lui furono imiti anteccpori »■ » , i' . •
j Che in campo azurroyi’or portati fei .[affa. .
Agnolo duuque,& Agoftino Sanefi condurtòno quella opera con miglioràt te,& inuenzìone)& con piu diligenza,che filile in alcuna cóla Hata condótta mai a tempi loro. E nel vero non deono fenon edere infinitamente lodati, hi uendo in ella fatte tante figure, tante varietà di lìti,luoghi,torre,cauagli, huo mini, &c altre cole,che è proprio vna marauiglia.làt ancora,che quella fepol- tura fufle in gran parte guaita dai Franzcfidel Duca d’Angiò,iquali per vens dicarfi có la parte nimica d’alcune ingiurie riceuute, meflono la maggior par te di quella città a Tacco,ella non di meno moltra,che fu lauorata con bonilsi mo giudizio da Agoftmo,&. Agnolo detti,iquali v’intagliarono in lettere af fai gradi quelle parole. Hoc opus fecit Magifter Auguftinus,& Magifter An gelusdeSenis. Dòpo quello lauorarono in Bologna vnatauola di marmo p la chiefa di S.Francefco,l’anno 13*9. con aflai bella maniera,& in ella,oltre al l’ornamento d’intaglio,che è ricchilsimo,feciono di figure alte vn braccio,&: mezzo,vn Chrifto,checoronalanoftra Donna,edaciafcuna banda trefigu'« re fimili,fan Franc.lan Iacopo,fan Domenico,S. Anto. da Padoa,S.Petronio, clan Giouannieuang.Efotto cialcuna del ledette figure é ^intagliata vna fio- riadi baffo rilieuo della vita del fanto,chcèfopra. Et in tutte quelle hiltorie c vn numero infinito di mezze figure, che fecondo il collume di que’ tempi » fanno ricco,e bello ornameli to.Si vede chiaramente, che durarono Agoftino,&: Agnolo in quella opera grandifsima fatica,e che polero in efia ogn i di ligenza,& lludio,per farla,come fu v’eramen te,opera lodeuole. & ancor,che fiano mezzi confiimati,pur vi fi leggono i nomi loro,Se ilmillefimo : median te ilquale,lapcndofi.quando la cominciarono,fi vede,che penaflono a fornir laotto anni interi. Ben’c vero,chein quél medefimo tempo fecero anco mol tealtrecofetteindiuerfi luoghi,&a varie pe’rfone. Hora mentre,chccofto= ro lauorauono in Bologna,quella città,mediante vn legato del papa, fi diede liberamente alla chiefa,& il papa all’incótro promife, che anderebbe ad habi tar con la corte a Bologna,ma che per ficurtàfuavoleua edificarui vn cartello o vero forttza.Laqual cofa ertendogli cóceduta da ; Bolognefi,fu có ordine,e dilégnod’AgóftinOj& d’Agnolo toftamentefatta, mahebbepochilsima vi= ta percioche conofciuto i Bolognefi » che le molte promefie del papa erano idei tutto vane,con molto maggior preftezza,che non era fiata fatta, disfecero,e rouinarono la detta fortezza* Dicefi,che men tre dimorauano quelli due fcultori in Bologna,il Po con danno incredibile del territorio Man roano, & Ferrarelé,& con la morte di piu,chedieci milaperfone,che vi perirono, vfcì impetuoso del letto,e rouinò tutto il paefe alTltorno per molte migliale che p dò chiamati efsijcomeingegnpfijóc valenti huomini, trouarono modo di ri metter quel terribile fiume nel luogo Tuo,ferrandolo con argini,’& altri ripa ri vtilifsimijilchefu con molta loro lode,& vtile,perche,oltre,che n’ acquifla ronofama, furono da i fignori di Mantoa,e da gl’Eftenli, con honoratifsimi premi) riconofciuti. EfTendo poi tornati a Siena l’anno 1358. fu fatta con ordi ne,e difegno loro la chicfa nuoua di S.Maria approdo al duomo vecchio ver- fo piazza Manctti> c non molto dopo,rertado molto fodisfatti i Sanefi di tutte l’opere,checoftorofaceuano,deliberarono con fifatcaoccafione .di mette re ad effetto quello di che fi era molte volte,main.vano infino allora«, iragio« nato,cioè di fare vna fonte publica in fullà piazza principale, e"dirimpetto al palagio della fignoria: perche datone cura ad Agoftino,«Se Agnolo,eglino.c5 duflono per canalLdi piombo e di'terra,ancor che molto «difficile falle , l’ac* qua di quella fon te,làquale cominciò a gettare l’anno.13 43. adi primo di Giu gnOjCon molto piacere,e concefitò di tuttala cittàiche reflò per ciò molto oi bligata alla virtù di queftì duefuoi cittadini.Nel medefimò tempo li ^ece la fa la del configlio maggiore nel palazzo delqiublico.: &cofi fu coq ordine,e col difegno de i medefimi,condotta al fuo fine la torre del'detto-palazzo l’Anno 1344. epoftoui fopradue campane grandi, delle:qualt vna hebbonòdaGrof feto,& l’altra fu fatta in Siena. Trouandofi finalmente Agnolo nella città d’rf Afcefi,dotte nella chiefa .di fottddi fan Francefco,fece vn'acapella.e vna fi poi cura di marmo per vn fratello di Napoleone Orlino,ilquale'éflendo Cardina le,e frate di fan Erancelco;s’era morto in quel luogo : Agoftmo, che a Siena era rimafo perferuigio del publico,fi mori,mentre andana facedo il dtlegno degl’ornaitienti della detta fonte di piazza-,e fu in duomoihor'reuólmente: le* pellito. Non ho già tiouato,é’però'non poflo alcuna coladirne, ne come, ne quando morifle Agnolo,he manco altre opere et importanza di mano di co- fioro,Se però fia quello illfine della vita loro'» .ojni.i J ' t-i Hora perche larebbelenza dubbio errore, feguendo? l'ordine dev'tempi nò fare menzione d’alcuffi,chele benè non hanno tante cofe adoperato, che fi pofiafcriuerettittalavitaloro,hanno non dimeno in qualche cofa aggiùnto commodo,e bellezza all’arte,Se al mondoipigliàdo occafione da quello, che di fopra fi è detto del Véfcouado d’A rezzo, e della piene,di co, che Pietro, Si Paulo orefici Aretini}iquali impararono a difegnareda Agnolo,SeAgofiino Sanefi,furono i pnraijche di cefello lavorarono opere grande di qualche bo tà, perciòche per vn’Arciprete.deKapieue:d’Arezzo con’duAfono vnatefta d’Argentogrande quantoil viuò,nella*qualefii meila la tèftadifan Donato Vefcouo,e protettore di quella città. Laquale opera non fufenon lodeuole, fi perche in eflafeciono alcune figure fmaltate aliai belle, Sé al tri ornamenti,e fi perche fu delle primecofe,che fufTero,.cóme fi è detto, lauora’tedi ceiello»' Quali ne’medefimi tempi,o poco manziyl’arte di Calim'ara di Firenze fe.céfa* re a macftro Cione orefice eccellehté;fenon turtdiLa maggior parte dell’ Al ta re d’argento di fan Giouannt Battifla,ne» qualefono .molte fiorie della Vita di quel lanto,cauite d’una piaftra d’argentofin figuiedi mezzo rilieuo ragio* netioli. Laqualeoperafufi per grandezza,e pebellerecofa nuoua, tenuta da chiunchela videunàrauigliofa. irli medefimo'maeftro Cione Tanno 1330.efi- lendofi fotto le volte di s.Reparata trouato il corpo di fanZanobi,legò in vna tefta d argento gride quanto il naturale,quel pezzo della cella di quelldntò* che ancora hoggi fi l'erba nella tnedefima d’afgento;Sefi.pona a proceffione; La quale cella fu allora tenuta cofabelliffima, e diede gran!nùme all’artefice fuo,chenon moltodopo,efiendo ricco,Sc in gran reputazione*!! mori* \.,~ • Lafctòmaeflro Cione molti difcejàolfiefragTalcri ForjzarejHiiSpjneliQ.A'- retino^helauoròd’ogni cefeilamenró Benifstmoi ma in pa rticolare fti Eccel ìentein fare ftoried’Argento afuocofpaalcàte^comenefannofedeneL.Vefco liado d’Arezzo Vnà Mitera con [fregiature bellifsime di fmalti,& vn paftura le d’Argento molto bello. Lauorò il medefimo al Cardinale, Galeotto da Pie tra Mala molte argenterie, le quali dopo la morte fua rimafero a i frati della Vernia, doue egli volle efiere fepolto, e doue, oltre la muraglia, che in qu el luogo il Conte Orlando Signor di chiufi,picciol cartello lòtto la Vernia, ha* uba atto fare ; edifichigli :la chiefa, e molte ftanze nel conuento, eper tutto quel luogo,fenza far uil’infé'gna fua,o lafciarui altra memoria':. Fu difcepolo ancora di maeftro Cione,Lionardo di fer Giouanni Fiorentino,ilquale di ce- felló,e di faldature, &: con miglior difegno, che non haueuano’fatto gl’altri inanzi a lui,lauorò molte opere,e particolarmente l’altare, e tauolad’argéto, di fan Iacopo di Piftoia.nellaquale‘opera,oltre le ftorie,che fono affai,fu moi to lodata la figura,che fece in mezzo alta piu d’un braccio d’un fan Iacopo, to da,e lauorata tanto pulita mente,che par piu torto fatta di getto, che di cefel= lo. Laqual figura è collocata in mezzo alle dette ftoiie nella tauòla dell’altare, intorno alqualeé vn fregio di letterefmaltate,che dicono cofì. Ad honorem Dei,& ianóti Iacobi apoftoIiiHoc opus fa diurni fuit tempore Dni’Franc.Pagni dicrtas opera; operarij fubanno i37i.per me Leonardiffer Io^de Florc.aurific.
Flora tornando a Agoftino,é Agnolo,furono loro difcepoli molti* che do po loro feciono molte cole d\Architettura,é di fcultura in Lombardia, Se altri luoghi d’Italia,e fra gl’altri maeftro Iacopo Lanfrani da Vinezia, il qu ale fondò fan Francefco alinola,e fece la porta princi pale di fcultura,doue inta= g!iòilnomefuo,& il millefimo,che fu l’anno 1343. Se ih Bologna nella chiefa di fan Domenico il medefimo maeftro Iacopo fece vrià fepoltura di marmo per Giouan Andrea Calduino,dottore di legge,e fegretario di Papa Clemente fefto -, Se vn’altra pur di marmo,e nella detta thiefe', molto ben lauora ta,per Taddeo Peppoli conrtruador del popolose delfà Inftizia di Bologna:& il medefimo anno,che'foPanrfo J347. finita quella FepoIrura;o poco inazi, an dando maeftrp. Iacopo a^Yinezia (ua p atr i a, fon d o? Delti efad i fan t’Antonio, che prima era di legname,axichieft^d’qno^Anatie Fior e ri tino dell’anricadami glia degl’Abati,eflendo Doge M. Andrea Dando,oT ^Laquale chiefafu finita Fanno mille trecento quaranta noue. ■ V , Iacobello ancora,e Pietro Paulo Viniziani, chefurono difcepoli d’Agofti no, Sed’Agnolo feciono in S.Domenico di Bologna vna fepolturadi marmo per M. Gibiianni da Lighano dottóre di legge l’arino 1383.I quali tutti,e mólti altri fcultori andarono,per lungo fpazjo di tempo,Seguitando in modo v* na fteffa maniera,che n’empierono tutta l’Italia. Si crede anco,che quel Pela refe,chq oltre a molte altre-cole,fecenella patria, la'chicfa di fan Domenico, e di fcultura la porta di marmo,con le tre figure tonde,Dio padre, fan Gio. Bat tifta, e fan Marco, fulfe difcepolo d’Agoftino,e d’Agnolo , eia maniera ne fa fede.fufinit^ quella operal’anno 1385: Maper Diegroppo farei lungo feio vo lefsi rriinutamentefar menzione dell’opere,,ch.c furono da molti maeftri di que’ccpi fatte di quella maniera,voglio,che quello,che fi’ho detto cofi in generale,per hora mi balli,&maflìmamenténon jibauehdo da cotali opere alcun giouamen to,che molto feccia,per le noftre Ani.De’fopradetti mi è paru to far menzióne,perche fe nò meritano,chò di,loro fi ragioni alligo * nò. fono • anco dall’altro lato flati tali,che fi debba paflargli del tutto có filenzio.
. Tinedclla vita d’Agoftinò,&Àgnolo S 2.