VITA DI MASACCIO DA S. GIOVANNI
DI VALDARKO, PITTORE.
COSTVME della Natura,quando ella fa vna perlona mol to eccellcntein alai naprofelfione, molte voltehon la far
fola.’Ma in quel tempo medelìmo,& vicino a quella,farne vn’al tra a fua concorrenza j a cagione,che elle pollino gio
uarc l’una all’altra nella virtu,e nella emulazione. Laqual cola^oltra il lìngular giouaméto di quegli ftellì, che in ciò
concorrono > accende ancora oltra modo,gli animi di chi viene dopo quella età,a sforzarli con ogni fbudio,&: con ogni induftria, di p«
venire a quello honore,e a quella gloriola reputazione,che ne’pallati, tutto’l giorno altamente fente lodare.Er,che quello fia il vero,lo hauer Fiorenza
dotto in vna medefima età,Filippo,Donato,Lorenzo,Paulo Vccelio, Se Ma- Taccio eccellentilfimi ciafcuno nei genere fuo,non {blamente leliò via le roze,
Se goflemaniere,mantenutefifinoaquel tempo; ma perle belle opere, di collo ro, in citò, &:accefe tanto gli animi di chi venne poi,che l’operarein quelli meftieri fi è ridotto in quella grandezza,& in quella perfezzionei, che fi vede ne’tempi noftri. Di che habbiamo noi nel vero obligo grande a que’primi, che mediante le loro fatiche,ci inoltrarono la vera via, da caminaretal grado fupremo.Et quanto alla maniera buona dellepitture,aMafacciomaflìmamé te, per hauere egli,come difiderofo d’acquiftar fama,confiderato,non elfendo la pittura altro,che vn cótrafar tutte le cofe della natura viue,col dilegno, de co’colori fempliceméte,come ci fono prodotte da lei,che colui, che ciò piu perfettamente confegue,fi può dire eccellente. Laqual co fa, dico, conokiuta da Malàccio fu cagione,che mediante vn continuo lludio imparò tanto, che fi può anouerare fra i primi,che per la maggior parte leualfino le durezze,im perfezzioni, Se dilììcultà dell’ arte, Se che egli delle principio,alle belle atti« tudini,mouenze,fierezze,e viuacità,& a vn certo rilieuo veraméte proprio, • naturale, liehe infino a lui non haueua mai latto niun pirtore.E perche fu di ottimo giudizio,confiderò,che tutte le figure,che non pofauano, ne feorta« uano co i piedi in fui piano,ma ftauano in punta di piedi,mancauano d’ogni bontà,& maniera nelle cofe elfenziali.E coloro,che le fanno moftrano di nò intéder lo Icorto.EtfebcnePaulo Vccello vi fi era mclTo,&haueiiafatto qual che cola,ageuolando in parte quella difficultà,Mafaccio nondimeno,varian« do in molti modi fece molto meglio gli lcorti,e per ognilorte di veduta,che ni un altro,che infino allora luffe flato. E dipinfe le cofe fue con buona vnione, de morbidezza,accompagnando con le incarnazioni delle teile, òcdegli nudi,i colori de’panni : Iquali fi dilettò di fare con poche pieghe, Se fàcili, come fa il uiuo,e naturale.il che è flato di grande vtile a gl’artelici,& ne merita elle re comcndato,comefe ne fülle fiato inuentore: perche in yero le cole fatte inanzi a lui fi poflonó chiamar dipintc,& le lue viue,veraci,e naturali,allato a quelle fiate fatte da gli altri.L’origine di collui fu da Caftello fan Giouanni di Valdarno; Et dicono, che quiui fi,veggono ancora alcune figure fatte da lui nella fua prima facitillezza. Fu perlòna aflrattiss.e molto a cafo,come quel lojdiehauendo fillo tutto fanimo,& la volontà alle cofe deH’ane fola, fi cu- raua poco di fe,& manco di altrui.Et perche e’non volle péfar già mai in maa niera alcuna alle cure,o cofe del mondo,& non che altro,al vellire Hello, no collumandorilcuotereidanarida’luoidebitorijienon quando era in bilo- gno ellremOjper Tommalojche era il fuo nome,fu da tutti detto Malaccio*
Non già perche e’fulfe viziofo,elfendo egli la bontà naturale,ma per la tanta flraccurataggine.Con laquale niente dimanco era egli tanto amoreuole nel fare altrui feruizio,& piacere,che piu oltrejnon può bramarli. Cominciò Torte nel rempo,che Mafolino da Panicale latioraua nel Carmine di Fiorenza la cappella de’Brancacci,leguitando lempre quanto e poteua le vefligie di Fi lippo,3c di Donato,ancora,che farte filile diùerla . Et cercando continuarne te nell’operare,di lare le figure viuilEmeJ& con bella prontezza a la fimilitu-' ' I dine del vero.Et tanto modernamente traile fuori degli altri i fuoi lineamene •’ I tijSe il fuo dipignere,che l’opere fue Heuramente poliono§ltare al paragone, con ogni difegno,& colorito moderno.Fu ftudiofiilìmo nello operare,&nel le difhcultà della profpettiua,artifiziofo,& mirabile, come fi vede in vnalua iftòria di figure piccole,chehoggièin cafa Ridolfo del Ghifladaio,nella qua lebbra il Chrifto,che libera lo indemoniato,fono cafamen ti bellitlìmi in pio fpettiua,tirati in vna maniera,che e dimoftrano in vn tempo medefimo il di dentro,& il difuori ; per hauere egli prefa la loro veduta,non in faccia,ma in fu le cantonate per maggior difficultà, Cercò piu degli altri maeftri, di fare gli ignudi,& gli fcorti nelle figure,poco vfati auanti di lui. Fu facilismo nel far fuòjòc è,come fi è detto,molto femplice nel panneggiare. E di fuamano vria tauola fatta a tempera,nellaquale è una noftra Donna,in grembo a fanta Anna,col figliuolo in collo ; laquale tauola è hoggi in s: Ambruogio di Firen ze nella capella,che.è allato alla porta,che ua ài parlatorio delle monache. Nella chiela ancora di fan Niccolò di là d’Arno,ènei tramezzo una tauola di mano di Malaccio,dipinta a tempera,nella quale,oltre la noftra Donna, che vi è dall’Angelo annunziata,ui è un cafamento pieno di colóne, tirato in prò fpettiua,molto bello : perche oltre al difegno delle linee,che è perfetto, lo fe* Ce di maniera con i colori sfuggire,che apoco apoco abagliatamente fi perde di vifta. Nel che moftrò aliai d’intender la prolpettiua. Nella Badia di Firéze dipinfe a frefeo in vn pilaftro,dirimpetto a uno di quegli, che reggono l’arco delimitar maggiore,fanto Iuo di Brettagna,figuratolo dentro a una nicchia, perche i piedi Icortaflìno alla ueduta dilotto.Laqual cofa, non effondo, fi bene ftata vfatada altri,gl’acquiftò non piccola lode: E fotto il detto fanto fopra vn’al tra cornice,gli fece nomo vedoue,pupilli,e poueri,che da quel fanto fono nelle loro bifogne aiutati In fanta Maria nouella anchora dipinfe afrefeb fotto il tramezzo della chiefa una Trinità, che è pofta fopra l’altar di s. Ignas zio,e la noftra Donna,& s.Giouanni euangelifta,che la mettono in mezo,c5 tempi indo Chrifto crucififlo.Dalle bande fono ginocchioni due figure, che per quanto fi può giudicare,fono ritratti di coloro,che la feciono dipignere j ma fi feorgono poco,clFendo ricoperti da vn’ornamen to meffo d’oro.Ma ql- lo,cheui è belliilìmo oltre alle figure è vna volta a mezza botte tirata in pio« fpettiua,efpartitain quadri pieni di rollori,che diminuirono,e scortano co fi bene,che pare,che fia bucato quel muro.Dipile ancora in fanta Maria mag giore,a canto alla porta del fianco,laquale va a fan Giouanni,nella tauola d’u ria capella,una noftra Donna,fanta Caterina,jelan Giuliano. E nella predei là fece alcune figure piccole,della vita di fanta Caterina 3 & fan Giuliano,che ammazza il padre,& la madre.E nel mezzo fece la foatiuità dilGiefu Chrifto con quella femplicità, e viuezza,che era fu a propria nel lauorare.Nella chiefa del Carmine di Pifa,in vnatauola,che è dentro a vna capella del tramezzo è'vna noftra donna colfigliuoloj&a’piedi fono alcuni Angioletti,chefuona nb,vno de’quali fonando vn liuto,porge con attenzione l’orecchio all’armo riiàdi quel fuono.Mettono in mezzo la noftra Donna,fan Piero, fan Giouan ni Battifta;>fan Giuliano,&fan Niccolò; figure tutte molto pronte, & viua- ci.Sottornella predella fono di figure piccole ftorie della vita di que’lanti ; & nel mezzo i tre Magi,che offorilconoa Chrifto ; & in quella parie fono alcu riicaualli ritratti dal viuo,tanto belli,che non fi può meglio defiderare. egli h'uomini della corte di que’ tre Refonoveftitidi uarij habiti,chcfi vfauano in que’tempi. E fopra per finimento di detta rauola fono in piu quadri moìr ti fanti intorno a un Crucififlo.Credefìjchela figura d’un fanto fin habito di Ve/couojche è in quella chiefa in frefeo alato alla porta,che va nel conuéro, fiad i mano di Malaccio. Ma io tengo per fermo,ch’ella fia di mano di fra Fi* lippoluo dilcepolo. Tornato da Pifa,lauorò in Fiorenza vna tauola,dentror- ui vn mafchio,& vna femmina ignudi,quanto il viuo 5 laquale fi truoua hog gi in cafa Palla Rucellai. Apprellò non lentendofi in Fiorenza a fuomodo, & {limolato dallaafFezzione,& amore della arte, deliberò per imparare, 8c iuperar gli altri,andarfene a Roma; coli fece.E quiui acquillata fama gran dilTìmadauorò al Cardinale di fan Clemente nella Chiela di fan Clemente, vna cappella,doue a frefeo,fece la paifionedi Chrillo, co’ladroni in Crocea e le fiorie di fan ta Caterina martire.Fece ancora a temperamolte tauole,cho ne’trauagli di Roma fi fon tutte,o perlejo’fimarrite. Vna nella chiefa di fanti Maria Maggiore,in yna capelletta uicina alla fagreflin,nellaquale fono quat tro fanti tanto ben condotti,che paiono di riIieuo,& nel mezzo fanta Maria della nelle ; & il ritratto di papa M artino di naturale,ilquale con una zappa difegna i fondamenti di quella chiefa,& àppreflo a lui è Sigifmondo fecondo Imperatore.Confiderando quefta opera vn giorno MichelagnoIo,6cio,egli la lodò molto,&c poi foggi un fc,coloro edere flati viui ne’ tempi di Mafaccio, Alquale mentrein Roma,lauorauanole facciate della Chiefa di fanto Iàni, jier papa Martino Pifànello,& Gentile da Fabriano,n’hsueuano allogato una parte ; quado egli hauuto nuoue,che Cofimo de’Medici,dalqual’era molto aiutato,e fàuorito,era flato richiamato dall’dìlio, fene tornò a Fiorenza., Doueglifu allogato,effondo mortoMafolino’daPanicale , chel’haueua cominciata,la capcllade’Brancacci nel CarminejaHaqUale prima, che mettefTe mano,fece,come per faggio il fan Paulo,che è preflo alle corde delle campane; per moflrareil miglioramento,che egli haueua fatto nella arte. Etdimo (Irò veramenteinfinitabontàin quefta pittura ; Conofcendofi nella tefladi quel fanto,ilqualcè Bartolo di Angiolino Angiolini ritratto di naturale , v- na terribilità tanto grande, chee’pare,chela fola parola manchi a quella fi* gura. Et chi non conobbe fan Paulo,guardando quello,uedrà quel dabbene della ciuilità Romana,inficme con la inuitta fortezza di quell’animo diuini^ fimo tutto intento alle cure della fede.Moftrò ancorain quefta pittura mede fimal’intelligezadi fcortarcle uedutedi lotto in fu, che fu veramente mara* uigIiofa,come apparifee ancor boggi ne’piedi ftcfli di detto Apoftolo}, p una clifficulcàfacilitata in tutto dalui,rifpettoaquellagoffa maniera uechia, che faceua(come io dilli poco difopra) tutte le figure in puta di piedi.Laqual ma- - nicra durò fino a lui fenza,che altri la correggefie.Et egli folo, prima di ogni altro la ridufle al buono del di d’hoggi. Accadde metre,che e’iauorauaìn. quefta opera,che e fu confagrataladettachiefàdel Carmine.Et Mafaccio in memoria di ciò,di ucrde terra dipinfe,di chiaro,& feuro, fopra la porta, che uà in conuento,dentro nel chioftro,tutta la fagra,come ella fu. Et ui ritraile infinito numero di Cittadini in mantello,& in cappuccio, che vanno dietro a la procellìonejfraiquali fece Filippo di fer Brunellefco in zoccoli,Donatel- Jo,Mafolinoda Panicale,flato fuo maeftro; Antonio Brancacci, che gli fece far la cappella,Niccolo da Vzzano,Giouanni di Bicci de’Medici,Bartolomeo . Valori/Valori Squali fono anco di mano del medefimo,in cafadiSimon Cord gerì- tilhuomo Fiorentino.Ritratteli! Umilmente Lorenzo RidoIh,che in que’tc- pi era Ambalciadore per la Rep.Fiorentina a Vinezia.Et non lolo vi ritraile i gcntilhuomini lopradettidi naturale,maancola porta del conuéto,&il portinaio con Iechiaui in mano. Queftaoperavèramentchain femolta perfez* zione,haucndo Mafaccio Caputo mettere tanto bene in fui piano di qlla piaz za,a cinque, 8c fei per fila,l’ordinanzadi quelle genti, che vanno diminuédo con proporzione,& giudizio, fecondo la veduta dell’occhio,che è proprio Y- namarauiglia; & maflìmamente,chevi fi conofce,comelefuflèro viui,ladi- fcrezione,che egli hcbbe in far quegl’huomini, non tutti d’una mifura, m» con vna certaoiltruanza,chedi ftihguequelli;cheloao piccoli, & grotti, da i grandi,& fonili.& tutti pofano i piedi in furun piano,fcortandoinfila tanto bene,che non fanno altrimenti i naturali. Dopo quefto,ritornato al lauoro della capella de Brancacci,feguitadcle ftoriedi fan Piero,cominciate da Ma-,. Colino,nefini vna parte,cioèl’iftoria della Cattedrali liberaregl’infermi,fu- fcitare i morti,& il lanare gli attratti con l’ombra, nell’andare al tempio coti fan Giouanni.'Ma tral’altre,notabiliflima apparifceqnella^douefan Pierop pagare il tributo,caua per commiiìlonedi Chrillo i danari del ventre delpe fce j perche oltrail vederfi quiuiin vn’Apoftolo.che è neH’ultimo, rielqualé èil ritratto {letto di Mafaccio,fatto da lui medefimò alo fpccchio,tanto bene che’par viuo vino 5 vi fi conofce l’ardir di lan Piero nella dimada, de laattézioì ne degl’A portoli,nelle varie attitudini in torno a Chrillo,affettando la refo- luzionc congedi fi pronti,che veramente apparifeon vari.Et il fan Piero maf limameli te,il quale nell’affaticarfi a caparci danari del ventre del pefee, ha la tetta fecola per lo Ilare chinato.Et molto piu quando e’paga il tributo'; douc fi vedel’aftetto del contare;&lafetedi colui,che rifquote, che fi guardai danari in mano con gràdtttimo piacere. Dipinleui ancora lardurrezzione del figliuolo del Re,fatta da fanPieró,& fan Paulo,ancora che per-la motte d’ef fo Malaccio, redatte imperfetta 1’op.cra,che fu poi finita da Filippino. Nell’i- ftoriadouefan Piero battezzaci (limagrandementevn’ignndo, che triema tragl’altri battezzati,attiderando di freddo,condotto con belliflimo rilièuo, de dolce maniera,ilquale da gli artefici,& vecchi, de moderni è flato fempre tenuto in riuerenza,& ammirazione.pcr ilchèda infiniti difegnatori,& mae ftri,continuamente fino al di d’hoggi è fiata frequen tata quella.cappella. Nella quale fono ancora alcune tette vi.uiiTime,6c tanto belle, che ben fi può dire,cheneffunomaeftro di quella età fi àccoftafle tanto a moderni quanto coftui. La onde le fue fatiche meritano infitti tiflìme lodi 5 Se mailimamente, per hauere egli dato ordine nel fuo màgi fterio,alla bella maniera de’tépi no* flri. Et che quefto fia il vero,tutti i piu celebrati fcultori, Se pittori, che fono flati da lui in qua i elercitandofij&ftudiando in quella cappella,lono diuenu ti eccellenti,& chiari,cioè fra Giouanni da Fielole; fra Filippo,Filippino,che lafinì,Ale(fo Baldouinetti, Andrea dal Caftagno, Andrea del Verrocchio, Domenico del Grillandaio,Sandro di Borticello,Lionardoda Vinci, Pietro Perugino,fra Bartolomeo di fan Marco,Mariotto Albertinell:,#: il diuinif= mo Michelagnolo Buonarroti. Raffaello ancora da V rbino,di quiui traile il principio della bella maniera fua,il Granaccio,Lorézo di Credi, Ridolfo del
Grillan-Grillandaio, Andrea del Sartori Rodevi Francia Bigio, Baccio Bandinelli, Alonfo Spagnuolojacopo da Puntormo,Pierino del Vaga, tk Toto del Nu- ziata.Et in Tomma tutti coloro,’che hanno cercato imparar quella artej, fono andati a imparar Tempre a quella cappellai apprendere i precetti, & le regole del Far bene,da le ligure di Mafaccio.Et leio non ho nominati molti lo* reftieri,&r molti Fiorentini,che fono iti a ftudiare a detta cappella ; Baltiche douc corrono i capi dell’arte,quiui ancora concorrono le membra. Ma contuttoché le cole di Malàccio,fiano Hate Tempre in cotanta riputazione ; egli è nondimeno opinione,anzi pur credenza Ferma di molti > che egli harebbe fatto ancora molto maggior frutto nell’arte,Te la morte,chedi z6:àni celo ra pi : non ce lo hauede toito coli per tempo.Ma,o fude l’inuidia, o FulTe pure » che le cole buono comunemente no durano molto,e’H morì nel bel del fiorire: Et andoflencTi di fubitOjchee’non mancò chi dubitale in lui di veleno, aliai piu,che p’alrro occidente. ■ .
Dicefi,che lentendo la morte Tua Filippo di Ter BrunallefcQ,dilTe,Noi hab- _ biamo fatto in Mafaccio vnagrdaiss.perdita. Er gli dolfe infinitamente,elfen dofi'afFaticato gru pezzo in moftrargli molti termini di profpettiua,e d’archi tettura.FufotterratoTiellamedefimachiefadelCarmine l’anno'1443. Et le bene allhora non gli F11 pollo fopra il Tepolcro memoria alcuna,per ederella to poco (limato uiuo. Non glièperò mancato doppo la morte chi lo habbia honorato di quelli epitaffi. •
D'ANNIBAL CARO
. Pinfl-> & la mia pittura al ~Ver fu pari ; ■
Vatteggiaif auuiuaije diedi il mot0^
Le diedi affetto ; Infermi! BuonarrotiÌ A tuttigli altri i & da me solo impari.
DI FABIO SEGNI. -
Inttidc cur Lachcfis primo fùb flore iuuentx Pollice difcindis fi amina funereo ì . •
Hoc "ì/no occifò innumeros occidis Apelles. .
Pifturx omnis obit hoc obeunte lepos.
,l Hoc Sole extinSlo extingiturtur sydera cimila.
Heu decus omne perit, hoc pereunte flmitl.