VITA DI LAZARO VASARI
ARETINO, PITTORE,
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RANDE èveramenteilpiaceredi coloro,chetruoua no qualcuno de’fuoi maggiori,& della propria fami* glia efler flato in vna qualche profefsioneod’arme,o di lettere,o di pittura,o]qual fluoglia altro nobile efer cizio Angolare,e famofo.Et quegrhuomini, che nell* hiftorietrouanoefler fattahonorata menzione d’al- cuno de’fuoi paflati,hanno pure fenon altro,vno fti*molo alla virtù,&vn freno, che gli ratiene daino fare cola indegna di quella famiglia,che ha hauuto huomini illuftri,& chiarifsi* mi.Ma quanto fia il piacere,come difsi da principio,lo pruouo in me fteflo ,
hauendo trouato frai miei paflati Lazaro Vafarieflere flato pittore famofo ne’tempi fuoi j non folamente nellafuapatria,main tutta Tofcana ancora’, E ciò non certo fenza cagione,come potrei moftrar chiaramente jfe, come ho fatto degl’altrijmi fufle lecito parlare liberamente di lui. Maperche, ef* fendo io natodelfanguefuo,fi potrebbe ageuolmente credere, cheio in lo- dandolo paflafsi i termini ; lafciando da parte i meriti fuoi,& della famiglia, diròfemplicemente'queìlojcheionon pollo , Se non debbo in jniun modo tacere,non volendo mancare al vero,donde tutta pendel’hiftoria. Fudun* que Lazzaro Valari pittor Aretino amicifsimo di Piero della Francefcadal Borgo a fan Sepolcro,e fempre praticò con eflo lui,métte egli lauorò, come fgè detto,in Arezzo: Negli fu cotale amicizia,come fpeffo adiuiene, fe nó di giouamento cagione: percioche,doue prima Lazzaro attendeua folamente a far figure piccole,per alcune cofe,fecondo,che allora fi coftumaua'i fi die- de a far cofe maggiori,mediante Piero della Francefca. Et la prima opera in frefcojfu in fan Domenico d’Arezzo nella feconda cappella a man manca,en trando in chiefa,vn fan Vincenzio,a pièdejqualedipinfeinginocchioni, fe & Giorgio fuo figliuolo giouanetto,in habiti honorati di que’tempi,che fi raccomandano a quel fanto,efIendofi il giouane con vn coltello inauerten tementepercoflo il vifb.Nella quale opera,febene'non è alcuna infcrizionc, alcuni ricordi nondimeno de’vecchi di cala noftra,e l’arme, che vi è de’ V a- ari,fanno,che coli fi crede fermamente1. Di ciò farebbe fenza dubbio flato in quel ccnuento memoria,ma perche molte volte per i foldati fono andate malelefcritture,&ogni altra cofa,non me nemarauiglio. Fu la maniera di Lazzaro tanto limile a quella di Pietro Borghefe,chepochifsimadifferenza fra l’una,& l’altra fi conofceua.E perche nel fuo tempo fi coftumaua aliai di- pignere nelle barde de’caualli varij lauori,& partimenti d’imprefe, fecódo, che coloro erano,che le pcrtauano,fu in ciò Lazzero bonifsimo maeflro ; Se mafsimamente eflendofuo proprio far figurine piccole con molta grazia, le quali in cotali arnefi molto bene fi accomodauano.Lauorò Lazz.per Nicco- lo Piccino,& per i fuoi foldati,e capitani molte cofe piene di florie, Se d’im* prefe,che furono tenute in pregio', &con tanto fuo vtile,che furono cagio- ne,mediante ìlguadagno, che ne traeua, che egli ritirò in Arezzo vna gran parte/parte de’luoi fratelli', iquali attendendo allemifture de’vafidi terra,habita- uano in Cortona. Tirofsi pariméte in cafa LucaSignorelli da^ortona luo nipote,nato d’unafua forella;ilquale,ellendo di buono ingegno, acconciò con Pietro Borghefe,acciò imparale l’arte della pittura, il che benifsimo gli riufcì,come al fuo luogo fi dirà. Lazzaro dunque attendendo a ftudiare con tinuamentele cofe dell’arte, fi fece ogni giorno piu eccellente,come nedimo ftrano alcuni dilegni di fua mano molto buoni,che fono nel noftro libro. E perche molto fi compiaceua in certe cofe naturali, e piene d’affetti, nelle quali efprimeua b-nifsimo il piagnere,il ridere,il gridare,la paura, il tremi« to,e certe limili cofe,per lo piu,le fue pitture fon piene d’inuenzionicofi fat te; come fi può vedere in vna cappellina dipinta a frefco di fua mano in san Gimignano d’Arezzo,nellaqual è vn crucififio,laN. Donna, san Giouanni, eia Maddalena a piè del la croce,che in varie attitudini piangono coli viua« mente, chegl’acquiftarono credito,e nomefrai luoi cittadini.Dipinfeinlui drappo,perla compagnia difanto Antonio della medefima città vn Gonfalone,che fi porta a procelsione,nel quale fece Giefu Chriflo alla colonna nu do,e legato con tanta viuacità, che par che tremi, et che rutto riftretto nelle Ipallefofferifca con incredibile humilità,epacienzalepercolle, cheduegiu« dei gli danno. De’quali vno,recatoli in piedi,gira con ambe le mani, voltare do le fpalle verfo Giefu Chrifto in atto crudelifsimo. L’altro in profilo, £c in punta di pie s’alza,e ftrignendo con le mani la sferza, e digrignando 1 den ti,mena con tanta rabbia,che piu non fi può dire. A queftidue dipinfe Laza roliveftimenta (tracciate, per meglio dimoftrarel’ignudo •, ballandogli in vn certo modo ricopritele vergogne loro,e le meno honefte parti. Quella opera,ellendo durata in fui drappo ( di che certo mi marauiglio)tanti anni, & in fino ahoggi, fu per la fua bellezza,^ bontà fatta ritrarre da gl’huomini di quella compagnia dal priore Franzefe,comeal Ino luogo ragionaremo. Lauoro anco Lazaro a Perugia nella chiefa de’Serui in vna capella acanto ala la.fagreftia, alcune ftoriedella N.Donnaj, &vn crucififtò ; E nella pieuedi MonrePulciano vnapredelladifigurepiccole. In Caftiglioni Aretino vna tauola a tempera in S.Francelco,& altre molte cofe, che per non efter lungo, non accade raccontare: <Sc particolarmente di figure piccole molti cafloni, chefono perlecafede’Cittadini. E nella parte guelfa diFiorenzafi vede fra gl’armamen ti Vecchi alcune barde fatte da lui,molto ben lauorate. Fece ancora per la compagnia di S.Baftiano in vn gonfalone,’il detto fantoalla colonna,e certi Angeliche lo coronano,ma hoggi è guado, & tutto confila mato dal tempo. Lauoraua in Arezzo ne’tempi di Lazaro fineftre di Vetro Fabiano Salloli Aretino, giouane in quello efercizio di molta intelligenza , come ne fanno fedel’opere, che fono dijfuo nel Velcouado, Badia, Pieue, & altrj luoghi di quella città 3 ma non haueua moltodifegno,e nonaggiugne ua a gran pezzo a quelle,che Parri Spinelli faceua : perche deliberando,fi co me ben fiipeua cuocerei vetri, commettergli, & armargli,cofi volerfarequal che opera,che fulle anco di ragioneuole pittura 3 fi fece fare a Lazaro duecar toni a fua fan rafia,per fare duefìneftre alla Madonna delle Grazie. E ciò ha- uendo ottenuto da Lazaro,che amico fuo,e cortefe Artefice era, fece le det« te fineftre,e le condufte di maniera belle, e ben fatte, che non hanno da ver« gognarlì/gognarfida molte. In vna è vna .NkDonna.molto bella ; e nell’altra£laquale è di gran lunga miglipre,) cvnarefurczzionedi Chrido, chéhadinauzralle polcro vn’Arrpatoin ilcorto,che per,edere la finedra piccola,e per confegué te la pittura,cmarauiglia,come in fi poco lpazio,pofioho apparire quelle figure coli grandi. Molte altre cole potrei diredi Lazaro,ìlqualedefignò be* nilsimo,come fi può uedere in alcune carte del nodro libro ; ma,perche còli mi par ben farro,le tacerò.
Fu Lazaro pedona piaceuole, & arguissimo nel. parlare :<Sr ancora, che fude molto dedito ai piaceri,non però fi partì mai dalla vita honeda. V.ific anni 7Z,e laido Giorgio fuo figliuolo,ilquale attelc continuamente all’anti- quitade’Vafi di Terra Aretini: e nel tempo, che in Arezzo dimoraùa M.Gé tile Vrbinate,Velcouo di quella città,ritrouò i modi del colore rodo, e nero de’Vafi di terraglie infino al tempo del Re Porfena i uecchi A retini latioraro no. Ed egli,che indudriofa pedona era,fece Vafi grandi al Torno d'altezza d’un braccio, e mezzo; i quali in cafa fua fi veggionoancora. Dicono, che cercando egli di vafi in vn luogo,dotte penfaua, chegl’antichi hauedero la« uorato; trottò in vn campo di terra al ponte alla Calciarella, luogo coli chia maro, fiotto terra tre braccia, tre archi delle fornaci antiche, & intorno aefsi di quella midura,e molti vafi rottfidegl’interi quattro;iquali,andando in A« rezzo il Mag. Lorenzo de’Medici, da Giorgio, per introduzzionedel Vjdco-110 ■ gl’hebbe in dono Onde furono cagione,e ptTcipio della leruitu,che có ql lafelicifsima cafa poi fempre tenne. Lattorò Giorgio benilsimo di rilieuo, come fi può uedere in cafa fua,in alcune tede di fua mano. Hebbe cinque figliuoli malchi,squali tutti fecero Pelercizio medefimo,e tra loro furono buo. Artefici Lazzaro,& Bernardo,chegiouinetto morì a Roma. Ecerto fela morte non lo rapiua coli rodo alla cafa fua, per l’ingegno,che dedro, e pron to fi videin lui,egli hauerebbe accrefciuto honore alla patria fua. Morì Laz zaro Vecchio nel i452;& Giorgio luo figliuolo,edendo di ótf.irtjni nel t4S 4 e furono fepolti amendttc nella Pieue d* A rezzo,appiè della cappella loro di s. Giorgio, doue in lodedi Lazzaro furono col tempo appiccati quedi VerlL .Aretlj txultet tellus chrifiimd : namque tjl , Rebus in anguftisjn tcnuique labori Vix operum iftius parta cognofcere poj?tj, Nyrtmcida tuccat : CaUicrates filcat.
Finalmente Giorgio Valari vitim©, Icrittorc della prelcnte doria,cpmc prato de’benefizij, che riconofce in gran parte dalla virrìì de’luoi maggiori, hauendo,come fi dide nella uita di Piero Lauratidai fuoi Cittadini, & dagl* operai, e Canonici riceuuto in dono la cappella maggiore di detta Pieue, e quella ridotta nel termine,chefi èdetto,ha fatto nel mezzodei choro, che è dietro airaltate,unàhiioua lèpoltura; &c in quella, trattole donde prima era noTatto riporre l’oda di detti Lazzaro,e Giorgio uecchi, e quelle parimente di tutti gl’altri, che fono dati, didetra famiglia cofi fèmine,come mafehi; eco fi fatto nuouo fepoìcro a tutti i difcédéti della cala de’V A s A R I II corpo firmi mente della madre,che morì in Firenze l’anno 1 5 5 7, datoindepofito alcuni
anni in S.Croce, ha fatto porre'nella detta fepoltur a, fi come ella difideraua con Antonio fuo marito,e padre di lui,che morì in fin l’anno 1517 di peftilé- za : E nella predella,che è (otto la Tauola di detto al tare fono ritratti di naturale dal detto Giorgio Lazzaro, & Giorgio vecchio fuo Auolo, Antonio fuo padre,e M. Madalenade’Taccifua madre» E quello fia il fine della vita di Lazzaro Vafari pittore Aretino &c.
Jine della Vita di Labaro Vafarì pittore Aretino.