4* TERZA PARTE
Vita di Adarìotto oAlber tinellipittor fiorentina. : Ariotto AlbertineiÌi,familiarisfimo,& cordialilsimo amico, & fi può dire vn altro fra Bartolomeo j non folo per la continua
conuerlàtione, & pratica, ma anchora per la fimiglianza del« la maniera men tre che egli attefe dadouero all’arte; fu figliuo
lo di Biagio di Bindo Albertinelli.il quale leuatofi di età d’an »1 io. dal Battiloro, douc in fino à quel tempo hauea dato opra.
Hebbei primi principi della pittura in bottega di CofimoRoflcgli, nella quale prefè tal domeftichezza con Baccio dalla por ta,che crono vn'anima,et
▼n corpo, & fu tra loro tal fratellanza,che quando Baccio parti da Cofimo, per far l’arte da]fe,come maeftrofanche Mariotto fenando fecoidoue alla
port^san Piero Gattolini l’uno, d’altro molto tempo dimorarono >lauoran dq do molte cofe inficme: Se perche Mariotto no era tanto fondato nel difegno quanto era Baccio, fi diede allo ftudio di quelle anticaglie, che erano allhorain Fiorenza, la magior parte, Se le migliori [delle quali erano in cafa Me« dici; Se diiegnò affai volte alcuni quadretti di mezzo rilieuo, che erano fotto la loggia nel giardino diuerfo san Lorenzo,che in vno è Adone con vncanc bcllifsimo, Se in vnahroduoi igmudi vn che fìede, Se ha à piedi vn cane rial tro è ritto con le gambe foprapofte, che fappoggia ad’vn baffone : che fono iniracolofì :Se parimente due altri di fìmil Grandezza; in vno de quali fono due putti,che portano il fulmine di Giouejnell lai tro è vno igniudo vechio, fatto per loccafìone,che ha le ah fopra le spalle,& a piedi: ponderando con le mani vn par di bilancicioltre a quefti; era quel giardino tutto pieno di tor fi difemine, Se mafehi che erano non fololo ftudio di Mariotto, ma di tutti gli fruitori,& pittori del fuo tempo, che vna buona parte n’è hoggi nella Guardaroba del Duca Cofìmo, Se vna altra nel medefìmo luogo come i dua torli di Marfia:& le tefte fopra le fineftre, Se quelle degli Inperatori fopra le porte; a quefte anticaglie ftudiando Mariotto fece gran profitto nel difegno &prefcseruitiicon Madonna Alfonfinamadredel Duca Lorenzo; laquale, perche Mariotto attendeffea farfi valente, gli porgeuaogni aiuto. Coftui dunque tramezzando il difegnare col colorire fife aliai pratico comeapari in alcuni quadri,chefece per quellaSigniora, che fumo mandati dallei a RO ma a Carlo, Se Giordano Orfini, che vennono poi nelle mani dijCefar Borgia,Ritraffe Madonna Alfonfina di naturale molto bene. Et gli pareua hauc re rrouato per quella familiarità la ventura fua : Ma eflendo lanno 149 4,che Piero de Medici fu bandito,mancatogli quel’aiuto e fauore;Ritornò Marioc tò alla ftanza di Baccio doueattefe piu arduamente afar modeglidi terra, età ftudiare,&affaticatoli intorno al naturale,et aimitar le cofe di Baccio,on de in pochi anni fi fece vn diligete,& pratico maeftro Perche prefe tanto ani mo, vedendo riufeir fi bene le cofe fue, che imitando la maniera, Se l’andar del compagno, erada molti prefa la mano di Mariotto per quella delirate. Perche interuenendol’andata di Baccio al farfi frate Mariotto per il compa gno perduto,era quali fmarrito,& fuor di fe fteffo. Et fi ftrana gli parue que ila nouella,chedifperato, di cofa alcuna] non firallegraua.Et lem quella par te Mariotto non haueffe hauuto anoiail commerzio de’frati ,de’qualidi co tinuo diceua male,& era della parte,che teneua con tra la fazzione di frate Gi rolamo da Ferrara ; harebbe l’amore di Baccio operato talmente, chea forza nel conuento medefìmo col fuo compagno fi farebbedncapucciato egli anco ra. Ma da Gerozzo Dim, chefaceuafare nell’offa il giudicio, che Baccio ha- ueualafciato imperfetto, fu pregato, chehauendo quella medefima maniera,gli volefie dar fine;Etin oltre perche v’era il cartone finito di mano di Bac ciò, & altri difègni ;& pregato ancora da fra Bartolomeo, che haueua hau* 11 to a quel conto danari, Se fi faceua cofcienzadi non hauere ofleruato la prò meilarMariotto all’opra diede fine: doue con diligenza,& con amore conduf feil reftodell’opera talmente;che molti non lofapendo, penfano, ched’vna fòla mano ella fialauorata:Perilche tal cofagii diede grandifsimo credito nel l'arte. Lanorò alla^Certofadi Fiorenza nel capitolo vn Crocififlocon la No ; fil a donna,& la Maddalena appiè della Croce,& alcuni angeli in aere,che ri colgono il /angue di diritto opera lauorata in fre(co,& con diligenza, Se co smor,cattai ben condotta. Ma non paredo, che i frati del mangiare a lor mo doli trattattero, alcu ni Tuoi giouani, che fecoimparauano l’arte, non lo /ape do Mariottoj haueuano contrafatto la chiaue di quelle fineftre, onde fi por* gea’frati la pietanza, laqualeri/pondein camera loro 5 & alcune volte fecrc* tamenre quando a vno, Se quando a vno altro rubauano il mangiare. Fu molto romore di queftacofa tra’frati: perche delle co/e della gola fi rifento- no cofi bene come gli altri; ma facendo ciò i garzoni con molta dettrezza, Se eflendo tenuti buone per/one,incolpauanocoloro alcuni frati, cheper odio l’vn dell’altro il facettero: doue la cofa purfifeoperfe vn giorno. Perche i frati, acciocheil lauoro fi fintile,raddoppiarono la pietanza a Mariotto,& a* f uoi garzoni ; i quali con allegrezza,& rilafinirono quella opera. Alle mo* nache di san Giuliano di Fiorenza fece la tauola dello aitar maggiore, che in Guaifondalauorò in vnafua ftanza,infieme co vn’altranella medefima chic fad vn crocifitto con angeli>& Dio Padre, figurando la Trinità in campo do ro a olio. Era Mariotto perfona inquietifsima, Se carnale nelle cofed’amo* re, Se di buon tempo nelle cofe del viuere: perche venendogli in odiolefofi- fticherie,&gli ftillamenti di ceruellodella pitiurar&r ettendo fpeflodallelin gue de pittori mor/o, come è continua vfanza in loro, Se per heredita mante nuca: fi ri/oliiette darfi a piu batta,& meno fatico fa,& piu allegra arte j Et a* perto vna bellisfima hofteria fuor della porta san Gallo, Se al ponte vecchio al Drago vna tauerna, e hofteria fece quella molti meli, dicendo, che haue* ua prefa vn’arteja quale era fenza mu/coli, feorti, profpettiue, e quel ch’irci por ta piu,lenza bia/mo,& chequella, che haueualalctata, era contraria a q* fta ; perche imitaua la carne, Se il fangùe, Se quefta faceua il fangue,& la car ne, e che quiui ogn’ora fi fentiua,‘hauédo buon vino,lodare;&a quella ogni giorno fi (entiua biafimare. Ma pure venutagli anco quefta a noia,rimoi/o dalla viltà del meftiero,ritornò alla pittura;doue fece per Fiorenza quadri, pitturein cafadi Cittadini. Et lauorò a Giouan Maria Benintédi tre ftoriette di fua mano. Et in ca/a Medici per la creazione di Leon decimo dipinfe a olio vn tondo della fua arme con la fede, Ja/peranza,& la carità, il quale /opra la porta del palazzo loro flette gran tempo. Prefe a fare nella Compagnia di s. Zanobi allato alla Canonica di Santa Maria del Fiore vna tauola della Nun* ziata, & quella con molta fatica condulìe. Haueua fatto far lumia pofta, Se in fu l’opera la volle lauorare, per potere condurre le vedute,che alte, & lon tane erano abbagliate,diminuire, Sccrefcere afuo modo. Eragli entrato in fantafi3,che le pitture, che non haueuano rilieuo, Se fòrza, Se inficine anche dolcezza; non fufsino da tenere in pregio,& perche cono/ceua, che elle non fi poteuon fare vfeir del piano fenza ombre,lequali hauendo troppa ofeurit» reftano coperte, Se fefon dolci,non hanno forza, egli harebbe voluto agiu* gniere,]cóla dolcezza vn certo modo di lauorare, che l’arte fino allora non gliparcua,chehauefte fatto a fuo modojonde perche /egli por/e accattone in quefta opera di ciojfare fi mife a far per ciò fatiche ftraordinarie,lequali fi co nofeono in vno Dio Padre,che è in aria,& in alcuni putti,che fon molto rii« uati dalla tauola per vno campo feuro d'una prolpettiua, che egli vi fede col •ielo d’vna volta intagliata amezza botte,che girando sbarchi di quella,Sedi minuendi minuendo le linee al punto, ua di maniera indentro, che pare di rilicuo ; ol- tra che vi fono alcuni A ngeli che volano spargendo fiori, molto gratiofi.
Quella opera fu disfatta,& rifatta da Mariotto innanzi che la conducete' al fuo fine piu volte : fcanbiando ora il colorito o piu chiaro, o piu fcuro, Se talhorapiuviuace,&accefo , hora meno ima non fi latisfacendo a fuo modo, ne gli parendo hauere agiunto co la mano a i penfieri déll’intelletto harebbe voluto trottare vn biancho,chefuf!e flato piu fiero della biacha: do ue egli fi mife a purgarla,per poter lumeggiare in fu i maggior chiari amodo fuo,niente dimeno conofciutojnon poter far quello con larte, checompren de in fe hngegnio,& intelligentia humana : fi contentò di quello che hauea fatto, poi che non agiugnieua a quel che non fi poteua fare j Se ne confegui fra'gli artefici di quella opera lode,& honore: có credere ancora di cauarne per mezzo di quelle fariche da e padroni molro piuvtileche non fede. In- trauenendo dilcordia fra quegli,che la faceuano fare, Se Mariotto. Ma Pietro Perugino allora vecchio, Ridolfo Ghirlandaio,&Francefco Granacci la {limarono,& d’accordoil prezzo di elfa opera in fierae acconciarono.Fece in san Brancazio di Fiorenza in vn mezzo tondo la vifiratione di Nollra don na.’fimilmenteinfantaTrinita lauorò invna tauolalaNoflraDonna,san Girolamo,Se san Zanobi con diligenza per Zanobi del Maellro. Et alla chie fa della congregazione de’Preti di san Martino fece vna tauola della vifirazio ne molto lodata. Fu condotto al conuento de la Quercia fuori di Viterbo, &:quitti poi chchebbe cominciata vna tauola, gli venne volontà di veder Roma: Se coli in quella condottofi lauorò fini a Frare Mariano Fetti a S. Saluellro di Monte Cauallo alla cappellata, vna tauola aolio co san Dome nico, Santa Caterina da Siena, che Chrillo la fpofa, con la Nollra donna có delicata maniera. Et alla Quercia ritornato, doue haueua alcuni amori, a i quali per lo defiderio del non gli hauere polleduri,mentre che flette aRo ma, volfe moflrare ch’era ne la giollra valente: perche fece l’ultimo sforzo. Et come quel che nò era ne molto giouane ne valorolo in cofi fatte imprefe, fu sforzato metterfi nel letto. Di che dandola colpa all’aria di quel luogo, fi fe portare a Fiorenza in celle. Et non gli vaifero aiuti ne ri fiori, che di quel male fi morì in pochi giorni d’età danni 45. & in san Pier Maggiore di quel la città. Fu fepolto: de’dilegni di mano di collui ne fono nel nollro libro di penna,& di chiaro, & fcuro alcuni molto buoni:&particolarmente vna fca la a chiocciola difficile molto, che bene l’intédea,tirata in profpettiua.Ebbe Mariotto molti difcepolifra quali fu Giuliano Bugiardini il Francia Bigio Fiorentini,& Innoccntio da Imolade quali a fùo luogo fi parlerà. Parimente Vifino pittor Fiorentino fu fuo difcepolo,&migliore di tutti quelli,per di fegno, colorito, Se diligenza, Se per vna miglior maniera, che mollrò nelle cole cheefece, condotte con molradiligenza. E ancor che in Fiorenza ne fia nopocheiciofi può vederehoggi in cafadi Giouambatilla di Agnol Doni in vn quadro d’vna fpera coiorito a olio aulo di minio,doue fono Adamo,Se Eua igniudt, che mangiano il pomo: cofa molro diligen te,& vn quadro dun Chrillo depollo di crocieinfieme co i ladroni, doue e vno intrigamento be* neintefodifcalc, quiui alcuni aiutano adipor Chrillo,Se altri in lullelpalle portono vn ladrone alla fepoltura,con molte varie,&capricciofe attitudini, &z varietà di figure, atte a quel fiiggetto le quale moftrano, che egliera vale» thuomo; il medefimo fu da alcuni mercati Fiorentini condotto in Vngheria doue fece molte opere,Se vi fu ftimato aflài. Ma quello poucro huomo: fu per poco,arifchio di capitarui male, perche eflendo di natura libero e fciol* toi ne potendo fopportare il fallidio di certi Vnghcri importuni,che tutto il giorno gli rompeuano il capo, con lodare le cole di quel paefe ; come fe non tuflealtro bene,o fihcitàchein quelle loro flufc, & mangiar, &berc,neal- tra grandezza, o nobiltà, che nel loro Re, & in quella corte, E tutto il redo del mondo fotte fango, parendo allui, come è in effetto,che nelle cole d’Italia futtealtra bontà, gentilezza, & bellezza,flracco vnavoltadi quefleloro fciocchezzc,&: per ven tura ettendo vn poco allegro,gli fcappò di boccajche c valerla piu vn fiafeo di Trebbiano,& vn berlingozzo,che quanti Re,<Sc Re ine furon mai in que paefi» E fc c non fi abbatteua, che la cola dette nelle ma niadvn Vefcouo galanthuomo ,& pratico delle cofe del mondo;&: che im« porto il tutto,difcreto,& che feppe,&: volle,volcare la cola in burla, Egli im paraua a fcherzar con beflic, perche quelli animalacci V nghcri, non in tendendo le parole,& penfando che egli hauettc detto qualche gran cofa,coinc fcgli futfc per torre la vita c lo dato al loro Re, lo voleuano a furia di popolo, fenza alcuna redenzione crucifiggcrc. Ma quel Vefcouo dabbene , lo cariò dogniinpaccio,(limando quanto meritaua la virtù di quelvalenthuomo,& pigliando lacofa|per,buon verfo', lo rimifein grana del Re, che in tela la cofa,fene prefefollazzoi& poi finalmente fu in quel paefe, affai (limata,& honorata la virtù fua.Ma non duro la (ua ve tura molto tépojpche no potendo tollerare le (lufe,nc quella aria fredda, nimica della fua cóplelsiouc iu breue lo condutte a fine Rimanendo pc . ro villalagraiia efamajfua in qlli,chc lo conobbero in vita,&: che poi di mano in mano videro l’operefue Furono le fuc pitture circa l’anno. M D X11,