*Vita del Cronaca tArchitetto fiorentino.
OLTI ingegni fi perdono,iquali farebbono opere rare, & de
gne,fe nel venire al mondo percoteflero in per(òne,che fapel«
fino,&volcffino mettergli in opera à quelle cole, douc e’ fon
buoni. Doue egli auuienc bene fpellò, che chi può, non fa, &
non vuole;&fepure chi che fia vuole fare vna qualcheeccel-
lente fabbrica,non fi cura altrimenti cercare d’vno architetto rariffimo,& cT
vno fpirito molto eleuato. A nzi mette lo honore & la gloria fua in mano à
certi ingegni ladri, che vituperano Ipefio il nome & la fama delle memorie.
Et per tirare in grandezza chi dependa tutto da lui (tantopuote la ambizio«
ne) da fpeflo bando a’ difegm buoni,che fi gli danno;& mette in opera il piti
cattiuo; onde rimane alla fama fua la goffezza dell’opera,ftimandofi per que
' gli,che
VITA DEL CRONACA FIOR. 9r
gli,che fono giudiciofi, l’artefice, de chi lo fa operare, edere d’vno animo i- ficflò,da che ne l’opere fi coniungono. Et per lo con trario,quanti feno fiati i Principi poco intendenti, iquali per e llerfi incontrati in pcrfonc eccellenti, Se di giudizio, hanno doppo la morte loro non minor fama hauuto, per le memorie delie fabriche.che in vita fi hauefiero per il dominio ne* popoli. Ma veramen te il Cronaca fu nel luo tempo auucnturato; percioche egli lep pefare trouò chi di continuo lo mite in opera,& in cofe tutregrandi, de ma* pnifiche.Dicoftui fi racconta,che mentre Antonio Pollamelo era in Roma a lauorarcle fepol ture di bronzo,che fono in San Pietro ; gli capitò à cafa vn giouancttofuo parente, chiamato per proprio nome Simone; fuggitoli da Fiorenza,per alcune quiftioni; ìlqualehauendo molta inclinazione all’arte dell’architettura,per edere fiato con vn maeftro di legname,cominciò à con fiderarclc bellifiìme anticaglie di quella città, & dilettandofene le andati* »»furando con grandiffimadiligenzia.La ondefeguitando,non molto poi, che fu. fiato à Roma, dimoftrò haucrc fatto molto profitto ; fi nelle mifure} òc fi nel mettere in opera alcuna cofa. Per ilche fatto penderò di tornarfena à Firenze, fi patti di Roma, de arriuato alla patria, per edere diuenuto adai buon ragionatore,contauale marauiglie di Roma,& d’altri luoghi,con tan* ta accuratezza, che fu nominato da indi in poi il Cronaca: parendo vcramé te a ciafcuno, che egli fuflc vna Cronaca di cofe nel filo ragionamento. Era dunque coftui fattoli tale,che’fu ne’moderni tenuto il piu eccellente archi- tettorc,éhefiidenella Citta di Fiorenza : per hàuèie ncldifcerncre i luoghi giudizio,& per moftrare,che era con lo ingegno piu eleuato che molti altri che atiendeuano à quel medierò. Conolcendofi per le opere lue quanto egli fufii buono imitatore delle cole antiche : de quamo egli ofleruaffelc rego lede Vetrutfio,&le opere di Filippo di Ser Brunellefco. Era allhora in Fio* renza quel FilippoStrozzi, che hoggi à differenza del figliuolo, fi chiama il vecchio', ilqualc per le fue ricchezze defideraua ladare di fe alla patria, de a‘ figliuoli,tra lealtre,memoria di vn bel palazzo.Perlaqual cofa Benedetto da Maiano,chiamato à quello effetto da lui,gli fece vn modello ifolato intorno intorno,che poi fi mifeinopera,ma non interamente, come fi dira di lotto, non volendo alcuni vicini fargli commcditadelecafeloro. Onde cominciò il palazzo in quel modo che potè,& condufleilgufeio di fuori, auatiJa mot tc di elio Filippo pref!o,chc alla fine* ilquale gufeio è d’ordine ruftico,& gra duato,come fi vede. percioche la parte de’ bezzi dal primo fi neftrato in giu, infieme con le porte è rudica grandemente: Se la parte,che è dal primo fine- flrato,alfecondo è mcnoruftica affai.Hora accadde,chepartendofi Benedet to di Fiorenza, tornò apunto il Cronaca da Roma ; onde efiendo mefiò per le mani a Filippo,gli piacque tanto, per il modello, che gli fece del cortile, e del cornicione,che va di fuori intorno al palazzo, che conofciu ta l’eccellen» za di quell’ingegno,volle,che poi il tutto pafiàflcpcrIefuemani,feruendo- fi Tempre poi di lui. Feceui dunque il Cronaca, oltra la bellezza di fuori con ordine Tofcanojn cima vna cornice Corintia rad to magnifica, che è per fine del tetto ,• dellaquale la metà al prefente fi vede finita, con tanta lìngolar grazia,che non vi fi può apporrete fi può piu bella difìderare. Quella cornice fu ritratta dal Cronache tolta,& mifijrata apunto in Romana vna an«
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tica,che fi truoua a Spoglia Chrifto,laquale fra molte, che ne fono in quell a citta e tenuta belliffima: bene è vero, ch'ella fu dal Cronaca ringra’ndita a. proporzione del palazzo,acciò facefie proporzionato fine, &c anche col Tuo agetto tetto a quel palazzo,&cofi l’ingegno del Cronaca Teppe feruirhdel* le co Te d’ai tri,& farle quafi diuen tar lue. fiche non riefee a molti, perche il fatto fla non in hauer folamcnreritratti,edifegni di cofe belle, ma in faperJc accommodare fecondo,che e quello,à che hanno a feruire,con grazia,mifu* ra,proporzione,& conuenienza. Ma quanto fu, e Tara Tempre lodata quella cornice del Cronaca; tanto fu biafimata quella,che fece nella mede (ima cits ta al palazzo de’Bartolini Baccio d’Agnolo, ilqualepofe fopra vna facciata piccola,Se gentile di membra,per imitare il Cronaca,vna gran cornice antì - ca mifurata apunto dal fronte Spizio dì monte Cauallo,ma tornò tanto male,per non hauerefaputo con giudizioaccommodarla, che no potrebbeflàr Pegg,0i&: pare (òpra vn capo piccino vna gran berretta. Non bada agl’arte* fici,come molti dicono, fatto ch’egli hanno Popere feufarfi con dire: ellelo- no miftirate apunto dall’antico, e fono caliate da buoni maeflri: attefo che il buon giudizio,& l’occhio piu giucca in tutte le cofe,che non fa la mifuradc le fefle.il Cronaca dunque condufle la detta cornice con grande arte,infino al mezzointorno intorno a quel palazzo,col dentello, Se vouolo, Se da due bande la fini tutta,contrapefando le pietre,in modo, perche veniffino bdica te,e legate, che non fi può veder cola murata meglio. nc condotta con più diligenza? perfezzione. Cofi anche tutte Tal tre pietre di quello palazzo fo* no tanto finite, e ben commefle ch’elle paiono non murate, ma tutte d’vn pezzo. E perche ogni colà corrifpondeflc fece fare per ornamento del detto palazzo ferri bellif fimi per tutto,e le lumiere, che fono in fu canti, e tutti furono da Niccolo Groflo Caparra fabro Fiorentino con grandiffimadiligènr 7.3 lauor'ate, Vedefi in quelle lumiere marauigliofeje cornicele colonne,i ca pitegli,ele menfòlc faldate di ferro con marauigliofo magiftero. Ne mai ha lauorato Moderno alcuno di ferro,machine fi grandi,& fi diffìcili con tanta fcienza,&: pratica. Fu Niccolo Groflo perfona fanraflica,&: di Tuo capo,ragie) neuole nelle Tue cofe,& d’altri,ne mai volcua di quel d’altrui. Non volfe mai far credeza à nefluno,de’fuoi lar.ori,ma Tempre voleua l’arra. Et per quello, Lorenzo de’Medici lo chiamaua il Caparra,& da molti altri anchora per tal nomecraconofciuto.Egli haueua appiccato alla fila bottega vna infegna,ne laquale erano libri, ch’ardeuano : perilche quando vno gli chiedeua tempo a pagare,gli diceua,io non poflo, perchei miei libri abbrucciano, & non Vi fi può piu fcriuere debitori. Gli fu dato a fare per i signori Capitani di parte Guelfa, vn paio d’alari,iquali hauendo egli finiti,piu volte g!i furono manda ti a chiedere. Et egli di continuo vfaua dire,io fudo, & duro fatica fu quella encudinc, Se voglio che qui fu mi fiano pagati i miei danari. Perche effi di nucuo ri man domo per illor lauoro,& a dirgli che per i danari andafle, che fubito farebbe pagato, Se eglioflinato rifpondeua, che prima gli portaflero i danari. La onde il proneditore venuto in collera,perche i capitani gli vole— uano vedere,gli mandò dicendo,ch’eflo haueua hauuto la metà de i danari,
& che mandate gli alari,che del rimanente lo fodisfarebbe. Per laqual cofa il Caparraauuedutofi del vero, diede al donzello vno alar folo, dicendo, te
porta
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pòrta quefto,ch e il loro, 8c fe piace à elfi, porta l’intero pagamento, che te •gli darò,percioche quédo è mio. Gli vfficiali veduto l’opera mirabile, che in quello hauelia fattogli mandarono i danari à bottega, & e(To mandò loro 1’ altro aIare.Diconoanchora,che Lorenzo de Medici volfefarfareferramen- ti,per mandareàdonar fuora,accioche l’eccellenzadel Caparra fivedede:
Ì
ierche andò egli dello in perfona a bottega lua,& per auuentura trouo,che
àuoraua alcune cofe,che erano di pouere perfone, da lequali haueua hauus
to parte del pagamento per arra, richiedendolo dunque Lorenzo, egli mai
non gli volle promettere di feruirlo, le prima non feruiua coloro, dicendo*
gli,che erano venuti à bottega inanzi lui, &che tanto ftimaua i danari loro,
quanto quei di Lorenzo - Al medelìmo portarono alcuni cittadini giouani
vn difegno,perchefacelleloro vn ferro da sbarrare, & rompere altri ferri co
vna vite: ma egli non gli vollealtrimenti feruire, anzi (gridandogli dille lo-
ro: io non voglio per niun modo in cofi fatta cofa feruiruij percioche non fo
no fe non in finimenti da ladri,e da rubare,ò luergognare fanciul e.Non fo-
no vi dico cofa per me,neper voi, iquali mi parete huomini da bene, codo-
r° veggendo,cne il Caparra non voleua feruirgli, dimandarono chi lode in
Fiorenza,che potette leruirglirperche venuto egli in collera con dir loro vna
gran villania, (égli leuò d’intorno. Non volle maicoftui lauorareà Giudei,
anzi vlaua dire,che iloro danari erano fraccidi,e putiuano. Fu perlona buo
m,è religio(a,ma di ceruello fan tadico,&odinato -, ne volendo fornai partirli
di Firenze,per offerte,che gli fu (fero fatte,in quella vide, & mori. Ho di co«
dui voluto fare quella memoria} perche inueronell’elercizio fuo fu (ingoia-
re^ non ha mai hauuto, ne hauera pari,come fi pilo particolarmente vede«
re ne’ ferri,c nelle h* Hi firme lumiere di quello palazzo de gli Strozzi, ilquale
fu condótto a fine dal Cronaca.& adornato d’vn ricchilìimo cortile d’ordi-
ne Gorinthio,e Dorico, con ornamenti di colonne, capitelli, cordici, fene-
ftre,eporte belhffime. E fe à qualcuno parede, che il di dentro di quello pa*
lazzo non con ìfpondelfe al di fuori,fappia, che la colpa non è del Cronaca,
percioche fu forzato accommodarfi dentro al gufeio principiato da altri, e
(eguitare.in gran parte quello, che da altri era dato medo inanzi : e non fu
*'poco,chelo riducette à tanta bellezza,quanta è quella,che vi fi vede, li mede
fimo fi rifponde à coloro, che dicelfino, che la falita delle leale non è dolce,
ne di giuda mifura,ma troppo erta,e repente -, 3c cofi anco ì chi dicede, che
le danze,egraltriapartamenti didentro non corrilpond«dfino,come fi è dee
to alhgrandezza,6c magnificéza di fuori.Ma no perciò fara mai tenuto que
do palazzo,le non veramente magnili co,e pari à qual fi voglia prillata fabri*
ca,chefiadatain Italia ànodri répi edificata. Onde meritò,&merita il Cro«
naca.per queda opera,infi rida comendazione. Fece il inedefimo la lagredia
sdì Santo Spirito in Fiorenza.che è vn tempio a otto facce, con bella propor-
zione, & condotto molto pulitamente. E fra l’altre cofe che in quella opera
lì veggiono,vi fono alcuni capitelli condotti dalla felice màno d’A ndrea dal
MonteSanfouinò,che fonolauoraticon fommaperfezzione.E fimilméreil
ricettò della detta fagredia,che è tenuto di belliflìma inuenzione, fe bene il
partimelo come fi dira non è fu le colonne ben partito.Fece ancho il medefi
moiachiefadi s.Fracelco deiloderuanza in fui poggio di san Miniato fuor
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TERZA PARTE
di Firéze,e Umilmente tutto il conuen to de’ Frati de* Semi,che è eo a molto lodata.Ne’ medefimi tempi doucndofìfare,perconfigliodi Fra Hieronimo Sauon.arola, allhora fiimofilìimo predicatotela gran fiala d«l configlio nel palazzo della Signoria di Fiorenza,ne fu prefo parere con Lionardo da Vin® ci*, Michelagnolo Buonaroti, anchora che giouanetto -, Giuliano da san Gallo j Baccio d’Agnolo, e Simone del Poliamolo detto il Cronaca, ilquaVe era molto amico,ediuoto del Sauonarola. Coftoro dunque dopo molte di- Ipucc, dettono ordine d’accordo, che la lala fi facefiein quel modoch’ell’è poi fiata fempreinfino,che ella li èà i giorni noftri, quafi rinouata,comefi* detto,c fi dira in altro luogo. E di tutta l’opera fu dato il carico al Cronaca, come ingegnofo>&anco come amico di fra Girolamo detto,&: egli la con® dulie con molta preft_czza,e diligenza, & particolarmente moftrò belliffimo ingegno nel fare il tetto,per edere l’edifizio grandilfimo per tutti i verfi. Fece dunque l’afticciuola del caualio, che è lunga braccia trentotto da muro à muro,di piu traui cominelleinfieme,augnate, de incatenate beniffimo, per non eller poffibile trouar legni àpropofitodi tantagrandezza : edouegl’al* tri caualli hanno vn monaco folo tutti quelli di quella fiala n’hanno tre per ciafcuno, vno grande nel mezzo,de vno da ciafcun lato, minori. Gl’archali fono lunghi a proporzione, de cofii puntoni di ciafcun monaco,ne tacerò che i puntoni de monaci minori ponrano dal lato verfo il muro neU’archa^ le,e verlo il mezzo nel puntoncdel monaco maggiore.Ho voluto raccótare in che modo Hanno quelli caualli, perche furono fatti con bella confidera- iione, 6c io ho veduto dilegnargli da molti, per mandare in diuerfi luoghi. Tirati fu quelli coli fatti caualli, c polli l’vno lontano dall’altro fei braccia j « pollo fimilmentein breuilfimo tempo il tetto,fu fatto dalCronaca conficca re il palco, ilquale allora fu fatto di legname femplice, de compartito a quadrile’ quali ciafcuno per ogni verfo era braccia quattro, con ricignimento atomo di cornice, e pochi membri ; e tanto quanto erano grolle le traili, fu fatto vn piano,cherigiraua intorno a i quadri,& a tutta l’opera,có borchiò- ni in fu le crociere,e catonate di tutto il palco.E perche le due teliate di que* fra fila,vna per ciafcun lato,erano fuordi fqtudra otto braccia*, non prefix no,come harebbono potuto fare rilòlutione d’ingrollare le mura, per ridur la in ifquadra,ma feguitaronolemura eguali infimo al tetto', con fare tre fi* neftre grandi,per cialcuna delle facciate delle tefte. Mafinito il tutto riulcen do loro quella fiala, perla luaftraordinaria grandezzaciecadi lumij Scrifpct to al corpo coli lungo, e largo, nana, de con poco sfogo d’altezza,& in fom- ma quafi tutta fproportionata: cercarono, ma nó-giouò molto l’aiutarla coi fare dalla parte di lcuante due finefire nel mezzo della lala, e quattro dalla bandadi ponente. Appreflo per darle vltimo fine feciono in lulpianodel mattonato,co molta preftezza,efiendo a ciò lollecitati da i cittadini, vna'rin ghiera di legnamekitorno intorno alle mura di quella,larga,& alta tre brac eia,con i fuoi federi a vlb di theatro, de con balauftri dinanzi ; fopra laquale ringhiera haueuano a Ilare tutti i magiftrati della città. E nel mezzo della facciata,che è volta àleuante'era vnarelidenza piu eminente,doue col Gonfaloniere di ìuftitia fiauano i signorie da ciafcun lato di quello piu eminent i w luogo erano due porte, vna dellcquali entraua nel fegreto, e l’altra nello
Ipecchio,
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VITA. DEL CRONACA FIOR.
, fpecchio: e nella facciata che è dirimpetto à qutfta, dallato Hi ponente, er* rn’altare Hòue fidiceua mefia.con vna tauoladimanodifra Bartolomeo, co me fi èdetto,& à canto all'altare la bigoncia Ha orarprNel mezzo poi dellafa la erano panche in fila,&àtrauer(oper i cittadini.Enel mezzo.«.iella ringhie. ra,& in fu le cantonate erano alcuni palli con fei gradi, che fateuano (alita* & commodo à i tauolacini,per raccorrei partiti. In quella fala,cl\e fu allora molto lodata,come fatta con preftezza,& cò molte belle confiderazipni, ha. poi meglio (coperto il tempo gli errori dell’efier bada, feura, malinconica, e fuor di (quadrarla nondimeno mentano il Cronaca,egl’altri di eflerfcufap ri,fi per la prefiezza,con che fu fatta, come volleno i cittadini, con animo.d* ornarla.col tempo di pitture,e metter il palco d'oro, efipercheinfinoallpra non era fiato fatto in Italia la maggior fala;ancqr che grandiffimefiano qugl la del palazzo di S.Marco in Roma,quella del Vaticano fatta da Pio ri. & lu nocentio ottauo: quella del cartello di Napolijdel palazzo di MilanOjd’Vrbi no,di Vinezia,edi Padoa.Dopoquefiofeceil Cronaca,colconfiglio dei me defimi,per falireàquefta(ala,yna (cala grande,larga (ei,braccia, ripiegata ip due falite,èriccha d’ornamenti di macigno,con pilaftri,e capitelli contiti,Se cornici doppie,&c con archi della medefima pietra : le volte à mezza botte, e. le fineftre con colonne di rni(chio,&icapiteili.di marmo intagliato.Etaqco j*a,che quella opera fufle.molto lodata, piu farebbe fiata, (e quella (calanon (ufleriulcita malageuole.e troppo ritta* efiendo, che fi poteua far piu dolce, come fi (ono fatte al tépo del Duca Cofimo nel medefimo fpazio dii larghezza^ non piu, le (cale nuouefatte da,Giorgio Vafari, dirimpetto à quella del Cronaca,lequali (ono.tantodoIci,&ageuo!i,eheèqua } il fai'rie, come andare per piano.E cioè ftatoopera.de! detto S. Duca Cofimo, ilquale, come è in tutteiecofe,enelgouerriode’./upi popoli difelicifiìmo ingegno,edigrae di(fimogiudizio,nonperdonaoeà(pefa,neàcofa veruna, perche tintele fortificazioni, & edifieij publich&priuati rorrifpondino alla grandezza del fuo animose fiano.non menu belli,che vtili,ne meno vtili,che belli. Cònfideran. do dunque Tua Eccellenza che il corpo di quefta lala èli maggiore,^ piu magnifico,e piu bello di tutta Europa,fi è rifoluta in quelle parti,che fono difet tofed’acconciarla,& in tutte i’altreco’ldifegno, & opera di Giorgio Vaiati Aretino farlaornatifiima(opra tutti gl’edifizijd’Mlia, & cófi a|zatajagran= dezza delle mura fopra il vecchio,dodici bracciali maniera che è alta dal pai uimentò al palco,braccià trcntadiia, fi (ono riftauratj i caualh fatti dal Cio-f naca,che reggono il tettò,&rimeffi in alto con niioao.ordine,e rifatto il pai co vecchio,che era ordinario,e (emplice,enon ben degno di quellafala,con variofpartimento,riccodi cornici,pieno d’intagli, e tuttóméftq d’oro, con trenranoue tauole di pitturein quadri,tondi,& ottangoli, la maggior parte de’quahfonodi none braccial’vnc^ecalcuni maggiori, coniftoriedi pitture àoliojdifiguredi (ette,òotto*E»racciale maggiori .Nellequaliltorie, comin* ciandofidal primo principio »fono graccrcfcimenn,egl’honori,Ie vittorie^ tutti i fatti egregi) della citta di Fiorenza, e del dominio * & particolarmente la gu erra di Fifa, edi Siena, con vna infinità d’altre cofe, che troppo (atei lungoàraccontarle. E fi èlafciaro conueniente (paziodi feflantabraccia per ciafcuna delle facciate dalle bande, per fare in ciatcuna tre (Ione, che
corei-
toz
• * - TERZA PARTE
corrilpondìno al palco,quantoticne lo Ipazio d? Tette quadri dà'Ciàfcun lato ‘che trattano delle gitetréd* Pila,èdi S^na .d quali i parti menti delle facciate lono tanto grandicelle non fi lo no'anco veduti maggiori fpaz'frpeirfarcillo- fiedi pitture,nedàgl’andehi,nedai mòderni.t loiioì dettifpàrtimentiorè nati di pietregrandiffime, lequali fi «ingiungono alle'téfte della fiala j doue da vna parte,cioè verfo tramontana hafattofinireil S. Duca', fecondo che era (lata cominciata, & condotta à buon termineda Baccio Baridìnelli, vna tacciata piena di colonne,e pilallri,e di nicchie piene di ftatue di marmo', il- quale appartamento ha da ferui're per vdichza publica, come à Ino luogo fi dira. Dall’altra banda dirimpètto à quefta,ha da eflerin vn’àltra fimi legacci a tacche fi fa dall' Antannato (cultore, &: arch:tettò, vna fon te «he getti acqua nella (ala,con riccOiSc beililfimo ornamento di colonne, e di llatuedi mare mo,cdi bronzò.Non tacerò, che per efler fi alzato il tetto di quella lala dodi ci braccia,ella n’ha acquifiato non folamcn te stogo, ma lumi aflailfimi, per* cioche oltre gl'al tri, che fono piu in alto ; in «alcuna di quelle teliate vanno tre glandi Hi me finefire, che verranno col piano lòpra vn corridore/chela loggia dentro la lala,& da vn lato,fopra l’opera del Bandinello, donde fi feo pura tutta la piazza con beliifihna veduta. Ma di qùeftà lala„ e degli altri ac- cocimtchéin quello palazzo Afono fittile fanno fi ragionerà in altro luogo piu lungamente. Queltb^per bora diro io,chefieil Cronaca^e quegli altri in« gegnofiartefici,che dettomi il difegno di quella lala,poteffino ritornar viui, permio credere non riionofcerebheroneilpalazzo,nelafa!a,necofa,che vi (ìa,laqual lala, cioè quella parte, che è in ilquadra, c lunga braccia nouan- ta,& larga braccia tren dotto, fenza l’opere de) Bandinello, e adì’A manna« to. Ma tornando al Cronaca, ne gl’vltimi anni della fua-vita, eragli entrato nel capo tanra frenefia delle cole di fra Girolamo Sauonarola, che altro, che di quelle fue cole non vokua ragion are. E co '.ì viuendo,finalmente d’an ni L V. d’vna infirmila aliai lunga li mori. E fu honoratamen te lepolto nel« la chiela di Santo Ambruogio di Fiorenza nel M. D. IX. e non dopo lungo fpaziodi tempo gli fu fatto quello Epitaffio da M.Giouanbattifta Strozzi* CRONACA*
Viuo>& mitte,c mille carni}c mille ancora •> • '
Merce de’ u'mi mieip&UzzUc tempi B etti Roma uìur'à l'alma min flora* -
Hebbcil Cronaca vn fratello chiamato Matteo, che attéfealta fruìtura, & (lette con Amtinio Rovelli no fruitore, & ancor che filile di bello, ebuono ingeghoidifegnairebene;& haueflebuona pratica nellauoraredi marmo,
! non laido àldina opera finita ; petclie togliendolo al mondo la morted’antli XIX. non potè adempiere quello,
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