Descrezione dell'opere di Giorgio Vasari
Pittore, Architetto, Arretino.
AVDN D O io in fin qui ragionato dell’opere altrui, co queltamaggior diligenza,e fincerità,che ha laputo,e po» tutol’ingegno mio, voglio ancho nel fine di quelle mie fatiche raccorreitìfieme,efar note al mondo l’opereche la diuinà borirà inuha fatto grafia di condurre.percioche fe bene elle norilonò.’di quella perfezzione,che io uorrei, fi uedranondimeno'dachi uorrà confano occhio riguar tir,e perciò-,fe non degne di lode,almeno di fcufa: fanza che eflendo pur fu® ri,e veggendofì,non le pofTo nafcondcre. Et pero che potrebbono,pcr auc tura edere fcritte da qualcun’altro,è pur meglio,che io con fedi il vero,& ac¬culi da me detto la mia imperfezzione,laquale conofco da uantaggio. sicu¬ro di quello,che fe come ho detto, in loro non fi u edra eccellenza, e perfe¬zione,ui fi fcorgerà per lo meno,un’ardente didderio di bene operare,& vna grande,& indefeda faticajÓc l’amore grandidìmo,che io porto allenoftrear te. Onde auerrà fecondo le leggi,confettando io apertamente il mio difetto che mene farà una gran parte perdonato.
Per cominciarmi dunque da 1 miei p ri n ci pi j,dico, che hauendo a baftan za fauellaro dell’origine della mia famigliajdella mia nafcit2,e fanciullezzaje quanto iofudì da Antonio mio padrecon ogni forte d’amoreuolezza'jinca- tninato nella uia delle virtù,& in particolare del difegno,alquale mi uedeua molto inclinatojnellauita di LucaSignorelli da Cortona,mio paren te,in ql la di Francefco Saiuiati,e in molti altri luoghi della prefen te opera, con buo rie occadoni non darò a replicar le medefime cofe. Diro bene,che dopo ha nere io ne’'miei primi anni difegnato quante buone pitture fono per le chic fe d’Arezzo,mi furono infegnato i primi principij,con qualche ordine daGu glieimo da Marzilla Franzefe,di cui hauemodifopra raccontato l’opere, eia uita> Condotto poi l’anno 1524.3 Fiorenza da Siluio Paderini Cardinale di Cortonaiattefi qualche poco al Difegno fotto Michelagnolo, Andrea del Sarto,& altri.- Maettendol’anno 1527. dati cacciatii Medici di Firenze,& in particolare AledandrOj&Hippolito,coi quali haueua cod fanciullogran fetuitujpermezo di detto Cardinale.-mi fece tornare in Arezzo don Anto¬nio mio zio pater no, edendo di poco alianti morro mio padre di pefte, ilqua ledon Antonio tenendomi lontano dalla città,percheio non appedadì,fn cagione,che per fuggire l’otio,mi andai efercitando pel contado d’Arezzo, vicino ai nodriluoghi,indipignerealcunccofeafrefcoai contadini delpae fe,ancor che io non haueffi quafi ancor mai toccho colori, nel che fare m’au uiddijcheilprouarfi, & fare da fe aiuta, indegna, e fa che altri fa bonidima pratica. L’anno poi 1528. finita lapede,Ia prima opera,che io feci fu una ta» uolètta nellaChiefadi san Piero d’Arezo de’frati de serui. nella quale, che è appoggiataaun pilaftro,fono tre mezze figure,sant’Agata,san Rocche,esa Badiano. Laqualpitturajuedédolail Rodò,pittorefamofiGimo,chedi qtie giorni uenne in Arezzo,fu cagione,che conofcendoui qualche cofa di buo¬no,cauata dal naturale,mi uolle conofcereje che poi m’aiuto di difegpi,e di configlio. Ne pafsò molto,che per fuo mezo,midiede M.Lorenzo Gamur rini afare una tauola,della quale mi fece il Rodò il difegnoj& io poi la con dudicon quanto piu dudio>fatica,e diligenza mi fu pofiibile, per imparare, & acquidarmi un poco di nome. E fe il potere hauede agguagliato il vole re farei toftodiuenuto pittore ragioneuole,cotanto mi affaticaua, e ftudiaua le cofe dell’arte, ma io trouaua le diflìcultà molto maggiori di quello, chea principio haueua dimato.
Tuttauia,nó pdédomi d’animo,tornai aFiorézasdoneueggédo no poter fe nó có lughezza di tépo diuenir tale che io aiutadì tre forelle, e due fratelli minori di me,ftatimi lafciati da mio padre-, mi podi all’Orefice, ma ui detti poco: percioche uenuto il campo a Fiorenzal’anno tjip. me n’andai co Man no Orefice, e mio amiciffimo a Pifa. doue lalciato da parte l’efercitio dello« refice,dipinfi afrefeo l’archocheèfoprala porta della compagnia uecchia de’ Fiorentini, Se alcuni quadri aolio, che mi furono fatti fare per mezzodì ^don Miniato Pitti, Abbate allora d’Agnano fuor di Pifàje di Luigi Guicciar dmi,ehe in quel tempo era in Pifa. Crefcendo poi piu ogni giorno la guer¬ra,mi rifoluei tornarmene in Arezo. ma non potendo per la diritta uia,Sc -ordinaria,mi condurti per le mon tagnedi Modena a Bologna. Doue troua do, che fi faceuano,per la coronazione di Carlo quinto alcuni archi trionfa li di pittura,hebbi,cofi giouinetto da lauorare,con mio utile,Se honore.
E perche io difegnaua affai acconciamente,harei trouato da ftarui,eda lauo rare,ma il difiderio,che io haueua di riueder la mia famigliai parenti,fu ca¬gione,che trouata buona compagnia,me ne tornai in Arezzo, doue trouato in buono edere le cole mie,per la diligente cuftodia hauutane daldetto don Antonio miozio,quietail’animo,Seattefial difegno, facendo anco alcune colette a olio di non molta importanza, intanto edendo il detto don Minia¬to Pitti fatto; non fo fe Abbate, ò priore di santa Anna,Monafterio di Mon te Oliueto in quel di Siena,mandò per me; e cofi feci a lui,Se all’Albenga lo« ro Generale alcuni quadri,Scaltre pitture; Poiedendoil medefimofat¬to Abbate di san Bernardo d’Arezzo , gli feci nel pogginolo delborgano, in due quadri a olio. Iobbe,Se Moife.perche piaciuta a que’Monaci l’opera,mi feciono fare innanzi alla porta principale della Chiefa nella uolta, efacciatc d’un portico alcune pitture afrefeo,cioè iquattroEuangelifti con DÌO padre nella uolta,Se alcun’altrefiguregraridi quanto il uiuo. nelle quali fe bene, comegiouane poco fperto,non feci tutto,cheharebbe fatto un piu pratico, feci nondimenoquello che io feppi,e cola che non dispiacque a que’ padri, hauu to ri (petto alla mia poca età, e sperienza. Ma non- fi tòrto hébbi com¬piuta quell’opera,che padando il Cardinale Hipol» to de’ Medici per Arez- 20 in porte, mi condudea Roma afuoiferuigii,comes’èdetto nella uita del Salutati,Iadoue hebbt commodità,per cortefiadi quel Signore , di attende* re molti mefi allo ftudio del difegno. E potrei dire con uerità, quefta como¬dità,& lo ftudio di quefto tempo,edere dato il mio ueto, Se principal mae- ftro in quefta arte fe bene per innanzi,mi hatieano non poco giouato i fopra -nominati.’Senon mi s’era mai partito del cuore un’ardente dedderio d’impa rare,e uno indefedo ftudio di lempredifegnare giorno, e notte, MÌ furono anco di grande aiuto in que’tempi le concorrenze de’giouani miei eguali,& compagni,che poi fono flati per lo piu eccellentidìmi nella noftrà arte.
Non mi fu anco fe non'adai pungente dimoio il difiderio della gloria, & il medere molti edere riufeiti Tariffimi,Se uenuti a gradi,Se honori. Onde di- ceuaframe ftedoalcunauolta;perche nonèin mio potere conaffidua fatica e ftudio procacciarmi delle grandezze,e gradi che s’hanno acquiftato tanti altri? Furono pure anch’effi di carne,e d’oda, come fon’io . Cacciato dun¬que da tanti,e fi fieri (limoli,e dal bifogno che io vedeuahaueredi me la mia famiglia,mi difpofi a non uolereperdonarea niuna fatica,difagio, vigilia, a ìlento,per confeguire quefto fine. E cofi propoftomi nell’animo, non rima fe cofa notabile allora in Roma, nepoi in Fiorenza,Se altri luoghi,oue dime rai,laquaìe io in miagiouentu non difegnaflì; cnonfolo di pitture, maan- chedi fculttire,& architetture antiche,e moderne, et oltre al frutto ch’io fe¬ci in difegnando la uolta,e cappella di Michelagnolojnon retto cofa di Raf- -faello, Pulidoro,eBaldalfarre da Siena, che fimilmenteio non difegnatti, in compagnia di Francefco Salutati, comegia s’è detto nella fua uita. Etacciochehauefleciafcunodinoiidifegni d’ogni cofa,non difegnaua il giornol’uno quello,chel’altro, ma cofediuerfe: di notte poi ritraeuamole carte l’uno dell’altro, perauanzar tempo,e fare piu ftudio. per non dir nul* lacche le piu uòltenon mangiauamo la mattina fe non cofi ritti,e poche co¬de. Dopo laquale incredibile faticala prima opera,che m’tifcirt'e di mano , -comedi mia propria fucina, fu un quadro grande di figure quanto il uiuo d’una Venere con le Grazie,che la adorhauano,6cfaceuan bella, laquale mi fece fare il Cardinale de’Medickdel qual quadro non accade parlare, perche fu cofa da giouanetto,ne io lo toccherei :.fe non che miègrato ricordarmi ancor di que’primi principii,& molti giouamenti nel principio dell’arti, Eafta,cheqlSig. & altri mi diedero accedere,che fatte un nó foche di btió principio,e di viuace,e prótafiereza.Epchedraljiitrecofe,ui hauea fatto per mio capriccio un Satiro libidinofo,ilquale ftàdofi nafeofto fracerte fralche, ffrallegraua,& godeua in guardare le gratie,& Vencreignuderò piacque di maniera al Cardinale,che fattomi tutto di nuouo riuettire, diede ordine, chefacefiì in.un quadro maggiore, pur’a olio la battaglia de Satiriintorno a Faun t;$iluani,e putti,che quafi faceflero una Bacchanalia. perche mettoui mano, feci il cartone , e dopo abbozzai di colori la tela, che era lunga dicci -braccia/Hauendo poi a partire il Cardinale,per la uolta d’Vngheria, fatto- -mt conofcere a Papa Clemente,mi lafciò in protezione di fua Santità che mi dette in cuftodia del Signor HieronimoMontagùto fuo raaeftro di, camera con lettere,che udendo io fuggire l’aria di Roma quella fiate, io fatti riceu- to a Fioréza dal Duca Alefladro.ilche farebbe flato bene,che io haueffì fatto; -pcioche uolédo io pure Ilare i Roma,fra 1 caldi,l’aria,e la fatica, amalai di fo.r te,che per guarire fai forzato a farmi portare in certe ad Arezzo. pure finalmente guarito in torno alli x. del Dicembre, uegnente, uenni a Fio renza. douefuidal detto Ducariceuuto con buona cera,e poco appretto da xto in cuftodia al Magnifico M. O ttauiano de Medici,ilquale mi prefe di ma-niera in protezzione,che fempre,mentre uitte,mi tenne in luogo di fìgliuc* lo,la buona memoria del quale io riueriro fempre,& ricorderò, come d’uii -mioamoreuolittìmo padre. Tornato dunque ai miei fo!iti.ft.udij>hebbi co modo,per mezzo di detto Signore d’entrare a mia polla nella Sagrettia nuo ua di san Lorenzo,doue fono l’opere dtMichelagnoIo, ettendo egli, di quei • giorni andato a Romaje cofi le ftudiai per alcun tempo con molta diligenza cofi come erano in terra. Poi mettami a lauorare, feci in un quadro di tre braccia un Chritto morto, portato da Niccodemo,Giofeffo, òc altri alla fe- poltura;e dietro leMarie piangendo, llquale quadro,finito,cheful’hebbe il *JDuca Alettandro , con buono , c felice principio demieilatjori: perciochjs non folo ne tenne egli conto, mentre tutte> ma è poi fiato -fempre in carne« '•radel Duca Cofimo,& horaèin quella deH’lllullrittìmo Principe fuo figli¬nolo, et anepra, che alcupa.uolta io .habbiauoluto nmettetuf piano .5.
per migliorarlo in qualche parte,non fono dato iafeiato. Veduta dundue* quella mia prima opera il Duca Aledandro, ordinò, che io finifli la camera terrena del palazode'Medici,data lafciata imperfetta,come se detto,da Gio-r uanni da V dine. Onde io ui di pi n fi quattro dorie de’fatti di Cefare: quan¬do notandola in una mano ifuoi comentarii,e in boccha la spada ; quàdo' fa abruciare fieri tei di Pompeo,per non uedere l’operede’fuoi nemici: quati do dalla fortuna in mare trauagliato,fi da a conofcere a un Nocchieri.e final mente il fuo trionfo,ma quello non fu finirò del tutto. Nel qual tempo,an¬cor cheionóri haueflìfenon poco piu didiciortoanni,midauail Ducasei feudi il mele di prouifione,il piatto a me,& un feruitore, e le danze da habi tare,con altre molte commodita. Etancorche ioconofcelfinon meritarti to agra’n pezzo,io facea nondimeno tutto,che fapeua con amore,& con dili genza : ne mi pareua fatica dimandare a miei maggiori quello, che io non la peua. onde piu uolre fui d’opera,e di configlio aiutato dal Tribolo,dal Ba- dinello,e da altri, feci adunque in un quadro alto tre braccia elio Duca Ale! fandro,armato,e ritratto di naturale,con nuouainuentione e’un federe fat todi prigioni legati infieme,& con altrefantafie. E mi ricorda,cheoltreal ritratto,ilquale lómigliaua,per far il brunito di quell’arme bianco, lucido,e proprio,che io ui hebbi poco meno,che a perdere il ceruello,co tanto mi af- faticaiin ritrarredal ueroogni minuzia . Ma difperato^di potere in quella epa accollarmi al uero,menai Iacopo da Putormo,-ilquale io p la fua molta virtUj’ofìeruaua,a uedere l’opa,&cófigliarminlquale, uedutoil quadro,© conofciutala mia paflìone,mi dilleamoreuolmentesfigliuol mio, infino a che quelle arme uere,e lu Aranti danno a canto a quedo quadro,le tue ti par ranno lempre dipinterpercioche fe bene la biaccha è il piu fiero colore, che adoperi l’arte,è nondimeno piu fiero,e ludran te è il ferro, togli uia le uere,c uedrai poi,che non fono le tue finte armi coli cattiua cola,comele tieni. Quedoquadro fornito,chefu,diedial Duca,eil Ducalodonòja M.Otcauia no de’Medici nelle cui cafe è datò inlino a hoggi; in compagnia del ritratto di Chaterinaallora giouaneforelladeldetto Duca,epoi Reinadi Francia; e di quello del Magnifico Lorenzo uecchio. Nelle medefime cafe fono tre quadri pur di mia mano,e fatti nella miagiouanezza. In uno Abramo sacri fica Ifac. nel fecondo c Chrido nell’orto: e nell’altro la cena,chela con gl’A- podoli. In tanto eflendo morto.Hipolito Cardinale, nel quale era la lom- ma collocata di tutte le miesperanze,cominciai a conofcere,quanto fono va ne,le piu uoltejle fperanze di quedo mondo,e che bifogna in le delio,e nels Veliere da qualche cofa principalmente confidarli. Dopo qued’opere,ueg-
gendo io che il Duca era tutto dato alle fortificazioni,& al fabricare,comin-ciai,per meglio poterlo feruire,à dare opera alle cofe d’architettura, e ui Ipe fi molto tempo. In tanto hauendofi a far l’apparato per riceuere l’anno 1556 in Firenze l’Imperatore Carlo qum tornei dare a ciò ordine il Duca, cornile a i deputati fopra quella honoranza,come se detto nella uitadcl Tribolo , che m’haueflero leco adifegnare tutti g Varchi,& altri ornamenti da farli, p queli’entrata. Ilche fatto,mi fu anco,per beneficarmi,allogato,oltre le ban diere grandi del Cadello,e fortezza, come fi di de,la facciata a ufo d’arco trio fole,che fi fece a san Felice in piaza,aka braccia quaranta,e larga ucnti:& apa predo preflo,l’ornamento della porta a san Piero Gattolini, opere tutte grandi, e fopra le forze mie. e che fu peggio,hauendomi quelli fauori tirato addoffo mille inuidie;circa uenti huomini,che m’aiutauanofar le bandiere, e gl’al- tri lauori,mi piantarono in fui buono,a perfuafione di quello,e di quello,ac ciò io non poteflì condurre tante opere, e di tanta importanza. .Maiojche haueuapreuedutola malignità di quetali,ai quali hauealempre cercato di giouarejparte lauorando di mia mano giorno,e notte^e parte aiutato da pi t tori hauuti di fuora,che m’aiutauano di nalcofo, attendeua al fatto mio, & a cercare di luperare cotali difficultà.-emaliuoglienze con l’opere ftelTe.
Il qual mentre Bertoldo Corlìni,allora generale proueditore per sua Eccel¬lente haueua rapportato al Duca,che io haueua prefo afar tate cofe, che no era mai poffibile,cheiol’hauefficondottea tempo,emaffimamentenon ha nendoio huomini,& eflendo l’opere molto adietro ..perche mandato il Du; ca per me,e dettomi quello,che hauea in tefo,gli rilpofgche le mie opere era no a buon termine,come poteua uedere fuaEccellentia a fuo piacere, e che ilfineloderebbe il tutto, epartitomi dalui. non palio molto,cheoccultamé te uenne doueiolauoraua,euide il tutto,econobbein partel’inuidia, ema lignità di coloro,che fanza hauernecagione,mi pontauanoaddollo. Venu to il tempojche doueua ogni cola eflere a ordiue,hebbi finito di tutto punto e polli a luoghi loro,i miei lauori,có molta lodisfazione del Duca, e dell’vnì uerfale. La doue quelli di alcuni che piu haueuano penfatoamejchealoro flefli, furono meflì lu imperfetti, finita la fella,oltre a quattro cento scudi, che mi furono pagati,per l’opere,me ne dopò il Duca trecento, che fi leuas rono a coloro,che non haueuanojcondotto a fine le loro opere al tempo de terminato,fecondo'che fieraconuenuto d’accordo. Con i quali auanzi,e donatiuo maritai una delle mie forelle • ;E,poco dopo ne feci un’altra mona ca nelle Murate d’Arezo,dando al Monallerio oltre alla dote,o uero limofi nasuna tauolad’una Nunziata di mia mano,con un tabernacolo del Sacra-mento in ella tauola accomodatojlaqualefu polla dentro nel loro Choro , doue Hanno a nfitiare.
Hauendomipoi dato a fare la compagnia del Corpusdomini d’Arezzo la la uola dell’Altar maggiore di san Donjenicojui feci dentro un Chrillo depo- fto di Croce;e poco apprello per la compagnia di san Roccho cominciai la tauola della loro Chiefa in Firenze.‘ Hora mentre andaua procacciandomi, fotto la protezione del Duca AlelTandro honore,nome,e facilità, fu il pope roSignore crudelmente uccilo;e< a me leuato ogni speranza di quello, che io mi andaua,mediante illuofauore,promettendo dalla fortuna.perche nja cari,in pochi anni,Clemente',Hipolito,& Aleflandro,mi rifòluei,configlia- to da M. Ottauiano a Po uolere piu leguitare la fortuna delle Corti, ma l’ar te fola,fe bene facile farebbe: flato accomodarmi col Signor Cofimo de’ Me¬dici nuouo Duca. E coli tirando-innanzi in Arezo la detta tauola, e facciata di san Roccho,con l’ornamentojmi andaua mettendo a ordine* per andare aRoma,quando per mezzo didVLGiouanni Pollallra(comeDÌouolIe,alqua le lempre mi fono raccomandato) & dal quale riconolco/&.ho riconofciu* to fempreogni mio bene,fu chiamato a Camaldóli ca perdei! a congvegazio-’ 4 Kie Camaldolenfe.dai padri di queU’Heremo a uedere.quello ,che difègru-nano di voler fare nella loro Chiefa. Doue giunto,mi piacque fommamèfT- tcl’alpeftre,& heternafolitudine,e quiete di quel luogo santo: e fe bene mi accodi di prima giunta,che que’padri d’afpetto uenerando,ueggendomi co fi gioitane,ftauano /opra di lorojmi feci animo,e parlai loro di maniera,che- fi rifoluerono.a uolere feruirfi dell’opera mia nelle molte pitture, che anda uano nella loro Chiefa di Camaldoli a olio,& in frefco. ma doue uoleuano che io innanzi a ogni altra cofa tacelli la tauola delimitar maggiore, mortrai . loro con buone ragioni,che era meglio far prima una delle minori,che anda uano nel tramezo. E che finita quella,fefufle loro piaciuta,harei potuto fe- guitare. oltre ciò non uoli 1 fare con eflì alcun patto fermo di danaripna dirti che doue piacéfle loro,finita,che furte l’opera mia, me la pagartero a lor rrio do,e non piacendo me la rendettero,che la terrei per me ben uolentieri.
La qual conditione parendo loro troppo honefta, &: amoreuole, furono co tenti,che io metterti mano a lauorare. Dicendomi effi adunque,che ui uo¬leuano la Noftra Donna col figlio in collo,san Giouanni Batifta,e sa Hiero- nimo,i quali ambi due furono Heremiti, & habitaronoin bofchi,e lefeluej mi parti dall’Hermo,efcorfi giu alla Badia loro di Camaldoli :doue fattone con prettezza un difeg.no,che piacquedoro,cominciai la tauola, e in duerno fi l’hebbi finita del tutto,e niella al fuoluogo.con motto piaceré’dique pa- drifper quanto moftrarono)emio-,ilquale in detto fpatio di duemefi, pro- uai quanto molto piu gioui agli ft udii una dolce quiete, & honefta folitudi nejche i rumori delle piazze,e delle corti, conobbi dico l’error mio, d’hatie- re porto per l’addierro le fperanze mie negrhuomini,e nelle baie,egirando- ledi querto mondo, finita dunque la detta tauola,mi allogorono fubiiamé- te il retto del tramezzo della Chiefa: cioèle ftorie,& altro,cheda baflo,&al • to uiandauanodilauoro a frefco.-perciochelefaceflìla ftate uegnente, atte* fo che la uernata non farebbe quafi portibile lauorare a frefco in quell’ alpe , e fra que monti. per tanto tornaro in Arezzo,fini la taliola di san Rocche,fa- cendoui la Noftra Donna,feffanti.&ùn Dio padre,con certe faecte in mano¬figurate per la pefte. Lequali,mentre egli è in atto di fulminare,è pregato da- san Roccho,& altri fàrtti-perló'popolo. nella facciatafono molte figure afre' fco,lequali infieme con la tauola fono come fono. Mandandomi poi a chia¬mare in ual di Caprefefra Bartolomeo Gratiani frate di sant’Agoftino dal Monte san Sauino,midiede a fare una tauola grande a olio, nella Chiefa di santo Agoftino del Monte detto,per lattar maggiore.E cofi rimafo d’accor do,me ne uenni a Firenze a uedere M. Ottauiano,doue ftando alcuni gior¬ni,durai delle fatiche a far fi,che non mi rimetterte al feruizio delle corti, co mehaueua in animo, pure io uinfi la pugna con buone ragioni,e rifolueimi d’andar per ogni modo,atlanti che altro faceflì,a Roma. ma ciò non mi ven, nefattofe non poi che hebbi fatto al detto Mefler Ottauiano una copia del. quadro,nel quale ritratte già Raffaello da Vrbino Papa Leone, Giulio Car¬dinale de’Medici,& il Cardinale de’Rortì,perciochc il Duca riuoleua il pro¬prio,che allora era in potere di etto Metter Ottauiano. la qual copia,cheio fe ci è hoggi nelle caie degl’heredi di quel Signore;ilquale nel partirmi per Ro ma mi fece una lettera di cambio di 500. feudi a Giouanbatifta Puccini, che megli pagattc ad ogni mia richieftafoicendonriferuiti di quefti per potere . attende/attendere a tuoi ftudii,quando poi n’harai i! commodoro trai rendermegli ò in opere,© in contanti a tuo piacimento.
Arriuato dunque in Roma di Febraio l’anno i5)3. uiflèi tutto Giugno, ac- tendendo’in compagnia di GiouanbatiftaCungi dal Borgo mio garzone» difegnare tutto quello,che mi era riniafo indietro lai tre uolte, che era fiat® in Romaj& in particolare cioche era fotto terra nelle grotte. Ne laici ai co¬la alcuna d’archi tettura,ò {cultura,che io non dileguarti,e non miluraftì.
In tanto che porto dire con uerità, che i dilegni ch’io feci in quello spazio di tempOjfurono piu di trecento. De'qualì hebbi poi piacere,& utile molti ati ni in riuedcrgli,erinfrefcare la memoria delle cole di Roma. Lequali fati¬che,e ftudio,quanto mi giouartero, fi uide tornato che Rii in Tofcana nella tauola,cheio feci al Montesan Sanino,nellaqualedipinfì, con alquanto mi' glior maniera,un’artunzione di Noftra Donna,e da ballo,oltre agl’Apofto- li,che fono intorno al fepolcro,fanto Agoftino,esan Romualdo. Andato poi a Caraaldoli,fecondo che hauea promeflo a que’padri romiti,feci nell’al tra tauoladel tramezzo la natiuita di Giefu Chrifto,fìngendo una notte al-' Iuminatadallolplendoredi Chrifto nato, circódato da alcuni pallori, che l’adorano. Nel chcfareandai imitando con i colori i raggi folari,e ritraili le figure, e tutte l’altre cofe di quell’opa dal naturale,& col lume,accio furtero piu che fi potefte limili al uero.poi,perchequellumenon potea partarefo- pra lacapana,da quiui in fu,& all’intorno,feci che luplifte un lume,che vie¬ne dallo fplendore degl’Angeli che in aria cantano Gloria in excelfis Deo. senza che in certi luoghi fanno lume i pallori,che uanno attorno, con couo ni di paglia accefi, Se in parte la Luna, la Stella, & l’Angelo, che apparisca ■ certi pallori. Quanto poi al cafamento feci alcune anticaglie a mio capric-' cio^con Ila tue rotte,& altre cofe fomiglianti. Et in lomma condurti) quell’o¬pera con tutteleforze,efaper mio. e le bene non arriuaicon la mano, Se col1 pennello al gran difiderio,euolontà di ottimamente operare, quella pittura nondimeno a molti èpiaciuta. Onde Meftér Faufto Sabeo, huomo lettera ’ tifsrtmo,& allora cuftode della Libreria del Papa,fece,e dopo lui alcuni altri molti uerfi latini in lode di quella pittura,morti per auentura piu da molta aftèzzione,che dall’eccellenza dell’opera, comun che fia, fecola ui è di buo¬no,fu dono di Dio. finita quella tauola,firilolueronoi padri, che io facerti a frefeo nella facciata le ftorie,che ui andauano. onde feci fopra la porta il ri¬tratto dell’Heremo;da un latos. Romualdocon un Dogedi Vinezia,chefù- fant’huomo,edall’altrouna vifione,chehebbeildettofantola doue fece poi il fuo Heremo,con alcune fantafie,grottefche,Scaltre cofe,che ui fi ueg- giono. c ciò fatto,mi ordinarono,chela Hate dell’anno auenire io tornafsi a fare la tauola delimitar grande. In tanto il già detto don Miniato Pitti, che allora era vilitator della congregazione di Monte Vliueto,hauendo ueduta la tauola del Monte s.Sauino,el’opere di Camaldoli,trouò in Bologna dojFi lippo Serragli Fior. Abbate di s. Michele I Bofco,e gli dille,che hauédofi a di pignere il Refettorio di quell’honorato Monafterio, gli pareua,che a me ,c non ad altri fi doueftequell’ opera allogare. perche fattomi andare a Bolo¬gna,ancorché l’opera furtegrande,e d’importanza, la tolfi afare .ma prima udii uederc tutte le piu famofe opere di pittura, che flirterò in quella città,di Bologbefiyèd’altri; l’opera dunque della tettata di'quel refettorio.fu 'ditti fa in tre quadri, in una haueua ad edere quando Abramo nella ualle Mani bre apparecchiò dàmangiareagl’Angeli. Nel fecondo Chrifto,che edene- do in cafa di Maria Madalena,&Marta,parla con ella Marta,dicendogli,che' Maria ha eletto l’ottima parte. E nella terza haueua da edere dipinto s. Gre gorio a menfaco dodici poueri,fra i quali conobbe ederéChrifto. per tanto medo mano all’opera in queft’ultima finii san Gregorio a tauola in un con-' uenco,c (emiro da monaci bianchi di quell’ordine,per poterui accomodare que’ padri,lecondo,che efii uoleuano. Feci oltre ciò, nella figura di qtteb santo Pontefice l’effigie di Papa Clemente VII. & intorno,fra molti Signori Ambafciadori,Principi,& altri perfonaggi,chelo (tanno a uedere mangiare' ritraili il Duca Aledandro de’Medici per memoria de beneficile fauori,che'
10 haueua da lui riccuuti,e per edere (tato chi egli fu;& con edo molti amici' miei. E fra coloro,che feruono a tauola,poueri,ritratti alcuni frati miei do mettici di quel conuento,come di foreftieri,chemi feruiuano,difpenfatore, canouaÌQ,& altri cofifatti:ecofil’Abate-Serraglio,il Generale don Cipria¬no da Verona,e il Bentiùoglio. -Parimente ritratti il naturale, ne’veftimen ridi quel Pontefice,contrafacendo velluti, domafchi;'& altri drappi d’oro, e di feta d’ogni-forte. l’apparecchio poi,i/afi,animali .Scaltre cofefeci farèa- Chriftofano dal Borgo,come fi ditte nella fua.uita. Nella feconda Boria,cer cai fare di maniera le tette,i panni, & i cafamenti,oltre all’edere diuerffda i primi, che facettino piu che fi può apparire l’affetto di Chrifto nell’inftitui- r.e Madalena,&l’affezione,e prontezza di Marta nell’ordinare il conuito J'e dolerlid’etterelafciata fola dalla (creila in tante fatiche,e-minifterio. p non dir nulla dell’attenzione degl’Apottoli,Se altre molte cofe da edere confide ' rate in quella pittura. Qu.anto.alla terza ftoria,dipinfi i tre A ngeli<tieniti. ' domi ciò fatto nonfo come)in una luce celelle, che moftra partirli da loro, mentre i raggi d’un Sole gli circonda in una Nuuola. De’quali tre Angeli uecchio Abramo adora uno., fe bene fono tre quelli che uedejmentreSav ra fi fta ridendo,e penfando,come poda edere quello che gl e flato promes- foj& Agar con Ifmael in braccio fi parte dali’Hofpizio. fa anco la medefima luce,chiarezza a 1 ferui che apparecchiano,fra i quali,alcunichenópodono fotferire lo fpledore,fi mettono le mani (òpra gl’occhi,e cercano di coprirli: laquale uariecà di cofesperchel’ombre crude,Sci lumi chiari danno piu for- ■ za alle pitture, fecero a quefta hauer piu rilieuo,che l’altre due non hanno} e uariando di colore,fecero effètto molto diuerfo. Ma cofi hauefs’io faputo mettere in opera il mio concetto,come Tempre con nuoue in uenzioni,e fati- rafie,fono andaro allora,e-poi cercando le fatiche,& il difficile dell’arte. Quell’opera dunque,comun che fia fu da me condotta in otto mefi,inlieme con un fregio a fretto,& architettura,intagli,fpalliere,tauole, Se altri orna- • menu di tutta l’opera,edi tutto quel Refettorio:Se ilprezo di tutto mi con- ' tentai,che filile dugento feudi, coire quelli che piu alpiraua alla gloria, che ai-guadagno.- OndeM. Andrea Alciati mio amicidìmo,che allora leggeua in. Bologna,vi fece far fiotto quelle parole.
• Qttonis menflbus opus db Aretino Gcorgio pittimi, non tdm prteio, qudm amicom obfe<frio3zr honoris noto anno 153?. Pbilippus Scrralius poti, curami,feci Feci in quello medefimo tempo due tauolette d’un Chrifto morto, e d’una refturrezzione,lequali furono da don Miniato Pitti Abate porte nella Chie¬fa di santa Maria di Brarbiano.fuor di san Gimignano di Valdelfa. Lequali- ope fin ite, tornai fubito a Fiórenzajperciocheìl Treuifi,maeftro Biagio, & altri pittori Eolognefi,penfando cheio mi uoleflì acalare in Bologna,e torre loro di mano l’opere,& i ]auori,non ceftauano d’inquietarmi.ma piu noia- uanoloro ftertì,cheme,ilqualedicerte lor paflìoni,e modi mi rideua. in Fi- renzeadunquecopiai da un ritratto grandeinfino alleginocchia, un Cardi naleHipolitoa M. Ottauiano,&altri quadri,con i quali mi andai trattenen do inque’caldi infoportabili della (tate, i quali uenuti, mi tornai alla quie¬te , c frefeo di Camaldoli, per tare la detta tauola dell’ aitar maggiore. nella quale feci un Chrifto,che è deporto di crocc,con tutto quello ftudio, e fatica che maggiore mi fu poffibile.'&r perche col fare,& col tempo mi pareuapur migliorare qualche cofa, ne mi fodisfacendo della prima bozza gli ridetti di mertica, & la rifeci quale la fi uededi nuouo tutta. & inuitato dalla'fo- Iitudine,feciin quel medefimo luogo dimorando,un quadro al detto Mes- fer.Ottauiano,nel qvialedipinfi un san Giouanni ignudo, egiouinetto,fra certi fcogli,e maftì»e che io ritraili dal naturale di que’Monti. Ne a pena heb’ bi finite queft’opere,che capitò a Camaldoli Merter Bindo Altouiti, per fa-, re dalla cella di santo Alberigo,luogo di que’padri,una condotta a Roma pf uia del feuere,di grotli Abeti,per la fabricadi san Piero: ilquale ueggendo tutte l’opere da me ftate fatte in quel luogo,e per mia buona forte piacendo-* gli,prima che di li par t i fie, fi rifoluè,che io gli faceiìi per la fua Chiefa di san to A portolo di Firenze,una tauola. perche finita quella di Camaldoli, con la- facciata della cappella in frefeo,doue feci efperimenfo dbunireil colorito a. olio con quello,e riufeimmi aftaiacconciamentejme neuenni a Fioréza,Jefe ci la detta tauola. e perche haueua a dare faggio-di meaFioi'enza, non haué doui piu fatto fomigliante opera,haueua molti concorrenti, & defiderio di acquiftare nome,mi difpofi a uolerein quell’opera'tar il mio sforzo, e met- terui quanta diligenza mi furtemai potàbile . E per potere ciò fare Scarico di ogni molefto penfiero,prima maritai la mia terza forella, & cóperai una cafaprincipiata in Arezzo,con un fito.dafareorti‘belliffimi nel borgodi sa Vitò, nella miglior aria di quella città. D’Ottobreadunquel’anno i$4O. co minciai la tauola di Merter Bindo,per farui una ftoria,che dimoftrafte là con cezioiie di Noftra Donna.fecondochecrail titolo della cappella, la qual co sapche a me era aliai malageuolejhauutone M.Bindo,ed io il parere di mol • ti comuni amici,huomini 1 iiterati,la feci finalméte in qfta maniera, figurato • l’albero del peccato originale nel mezzo della tauola,alle radici,di erto come primi tràsgrertori del comandaméto di Dio, feci ignudi > et legati Adamo, &c Eua,edopo agl’alrri rami feci legati di mano in mano Abra,Ifac,Iacob, Moi fe, Aron,lofue,Dauir,e gì’altri Re fucellìuamétefecódoitépi. tutti dico lega ti pambeduele braccia,eccettoSamueI,es.Gio.Batiftai quali fono legati p un folo braccio,p eflere flati salificati nel vétre. A! tróco dell’albero feci au* uolto co la coda 1 atico fepéte,ilqua 1 e hauédo dal mezzo in fu ì forma huma najha le mani legate di dieiroj (opra il capo gli ha un piede /calcandogli le corna,la gloriofa Vergine,che l’altro tiene foprauna'Luna,ertédo veftita di - Sole,&coronata di n.ftelle.laqual vergine,dico,è (ottenuta in aria dentro a uno fplendore da molti A« geletti nudi,illuminati da i raggi,che uengono da lei. i quali raggi parimen te pattando fra le foglie dell’Albero,rendono lume a i legati,e pare,che uadà no loro fciogliendo i legami con la uirtu,e grazia,che hanno da colei donde procedono, in cielo poi,cioè nel piu alto della tauola fono due putti,che ten gono in mano alcune carti, nelle quali fono fcritte quette parole. Qtios £U£ culpa damnauit, Maria; gratia (oluit. In fomma io non hauea fino al lora fatto opera per quello che mi ricorda,ne con piu ftudiojne con piu amo re,e fatica di queftajma tuttauia', febenefatisfeci a altri per auentura,non (atisfeci già a me ftefloxome che io fappia il tempo,lo ftudio,e l’opera ch’io mifi particolarmente negl’ignudi,nelle tette,e finalmente in ogni cola.
Mi diede Metter Bindo,per le fatiche di quefta tauola trecento feudi d’oro ) &in oltrej’annofeguentemifece tate correlie,amoreuolezzein cafalua ! Roma;doue gli feci in un piccol quadro,quafi di minio,la pittura di detta ta uola,che io faro femp alla fua memoria ubbligato. Nel medefimo tépo ch’io feci qfta tauola che fu porta,come ho detto,! s, Apoftolo,fcci a M.Ottauiano de Medici una Venere, & vna Leda con i cartoni di Michelagnolo: & in ua gran quadro un fan Girolamo,quanto il ùiuo,in penitenza, il quale contem piando la morte di Chriftojche ha dinanzi in fulla Croce, fi percuoteil pet= to,per (cacciare della mente le cofedi Venere,e letentazioni della carne,che alcuna uolta il moleftauano,ancor che fattene i bofehi, e luoghi folinghi, e faluatichi,fecondo che egli (letto di (e largamente racconta.per lo che dim.o Arare,feci vna Venere,che con amore in braccio fugge da quella contempla zione,hauendo per mano il giuoco,& ettendogli cattate per terra le frecce, &il turcaflo:fenzachelefaetteda Cupido tirateuerfo quel fan to, tornano rotte uerfo di Iui;&alcune,che cattano,gli (ono riportate col beccho dalle Colombe di erta V eneredequali tutte pitture,ancóra che forfè allora mi pia¬certene,e da me flirterò fatte come feppi il megliojnon fo quanto mi piaccia¬no in quefta età. Ma perche l’arte in (e èdificile,bifogna torre da chi fa quel chepuo. Diro ben quello,pero che lo porto dire con uerita,d’hauerefem- prefattolemiepitture,inuenzioni,&diiegnicomunche fieno,non dico co grandiflima preftezza,ma fi bene con incredibile facilità,e fenza (lento. Dichemifia teftimonio,come ho detto in altro luogo,lagrandittìma tela» ch’io dipinfi in san Giouannidi Firenzein fei giorni foli l’anno 1542.porlo battefimo del signor don Francefo Medici,hoggi principe di Firenze,e di Sie na.Horafe bene io uoleua,dopo queft’opere,andareaRoma, per fatisfare a Metter Bindo Attoniti,non mi uenoe fatto, percioche chiamato a Vinezia da Metter Pietro Aretino,poeta allora di chiariffimo nome,e mio amiciflìmo fai forzato,perche molto difideraua uedermi,andar lajilche feci ancho uo- lentieriper uederel’operedi Tiziano,e d’altri pittori,! quel uiaggio. laqual colami uenne fatta,pero che in pochi giorni, nidi in Modena, & in Parma l’opere del Coreggiojquelle di Giulio Romano I wanroa, e l’antichità di Ve rona finalmente. giunto in Vinezia con due quadri dipinti di mia mano» con icartoni di Michelagnologli donai adon Diego di Mendozza,che mi mandò dugento feudi d’oro. Ne molto dimorai a Vinezia, che pregato dal¬l’Aretino feci a i signori della Cai» l’apparato d’una loro fetta 9 doue hebbi in mia compagnia Batifta Cu rigii, & Chriftofano Gherardi dal Borgo s. Si- polcros&Haitiano Fiori Aretino molto ualenti,& pratichi,di che nè in al« tro luogo ragionato a baftanza ,e gli noue quadri di pittura nel palazzo di Meficr Giotianni Cornaro.cioè nel soffittato d’una camera del fuo palazzo, che è da san Benedetto. Dopo quelle,& altre opere di non piccola importa za,che feci allora in Vinezia,me ne parti,ancor che*iofuflìfopra fatto da ila uori,chemi ueniuanoplemani,alli fedicid’Agoftolano i54i.e tornaimec neinToicana.doue auanti,che ad altro uolefli por mano,dipiniì nella uolta d’una camera,che di mio ordine era fiata murata,nella già detta mia cafa,tut te Farti,che fono fotto il difegno, ò che da lui dependono.Nel mezzo è una fama,che fiede Copra la palla del mondo,e Tuona una tromba d’oro > geltan- doneuiaunadi fuoco finta per la malcdicenza . &intornoaiei fono con or dine tutte le dette arti con i loro ftrumentiin mano; E perche non hebbi té- po a far il tutto,laiciai otto ouati,per fare in effì otto ritratti di naturalede’pri mi delle noftre arri. Ne medefimi giorni feti alle monache di santa Mar¬gherita di quella città,in una cappella del loro orto a frcfco una natiuità di Chrifto di figure grandi quanto il uiuo. E coli confumata, che hebbi nella pairia il reftodi quella fiate,e partedelI’Autunno,andaia Roma. Doueef- lendo dal detto Mefler Bindo riceuuto,e molto carezzato, gli feci in un qua droaolioun Chrifto quanto il uiuo leuato di Croce,e pofto in terra a pie« di della'madrete nell’aria Febo, che ofcura la faccia del Sole; e Diana quella della Luna. Nel paefe poi,ofcurato da quefie tenebre,fi veggiono fpezzarfì alcuni monti di pietra,molli dal terremoto,che fu nel patir del Saluatore: & certi morti corpi di santi,fi ueggiono, riforgendo ufcire de’sepolcri in uarij modi. Ilquale quadro finito,che fu,perfuagrazia,nó difpiacque al maggior pittore fruitore,& architetto,che fia fiato a tempi noftri,e forfè de noftri paf fati: per mezzo anco di quefto,quadro,fui moftrandogliele il Giouio , & Meffer BÌndo,conofriuto dall’llluftriffìmo Cardinale Farnefe,alquale feci fi come uolle,in una tauola alta otto braccia,elarga quattro,una luftizia,ch$ abbraccia uno Struzzo,carico delledodici tauole,& con lo scettro che ha la Cicogna in cima, A: armata il capo d’una celata di ferro,e d’oro,co tre pene, ìmprefa del giufto Giudice, di treuariati colori, era nuda tutta dal mez zoinfu. Alla cintura ha coftei legati, come prigioni, con catene d’oro i fette Vizii,che a lei fono contrariija corruzzione,l’ignoranza,la crudeltà,il ’ timore,il tradimento,la bugiarla maledicenza. Sopra le quali è portai fui le spalle la verità tutta nuda,offerta dal tempo alla i u Clizia, con u n prefen te di^due Colombe fatte per l’innocenza. Alla quale uerità mette in capo erta Indizia una corona di quercia per la fortezza dell’animo. Laquale tutta ope ra condurti con ogni accurata diligenza,come Ceppi il meglio. Nel medefi» mo tempo,facendoiogran ferui tu a Michelagnolo Buonarruoti, e piglian¬do da lui parere in tutte le cofe mie, egli mi pofep Cua bota molta piu affezio ne: efu cagione il fuo configliarmi a ciò, per hauere ueduto alcuni difegni miei, che io mi diedi di nuouo, & con miglior- modo allo Audio delle cofe d’aichitetturanlche per auen tura non harei fatto giamai Je quell’huomo ec cellentiflìmo non mi hauefle detto qucl.chemi dille che per modeftia lo rac do, Il san Piero seguente,cflcndograndiflìnn caldi in Roma> &hauendoli confu-confumata rutta quella vernata del 154.5. me ne tornai a Fiorenza.doue in ca- fa'Mefier Ottauiano de’MediciJa quale io poteua dir caia mia,.feci a M. Bia gioMei Lucchefe,fuo compare in una tauola il mcdelìmo concetto di quet la di Meller Bindoin Tanto A portolo, ma uariai dalla inuenzione ih filo re ogni cofà.'e quella finita fi mife in Lucca in san PieroCigolialla fua cappella, feci in un’altra della medefimagradczza,cioè alta fettebraccia, & larga quat tro,la Noftra Donna,san Hieronimo, san Luca,santa Cecilia,santa Marta santo Agoftino,esan Guido Romito, laquale tauola fu mcfla nel Duomo di Pila,doue n’erano molte altre di mano d’huomini eccellenti. Ma non debbi fìtorto condotto quefta al fuo fine,che l’operaio di detto Duomo mi diede a fare un’altra. Nella quale perche haueua andare fimilmente la Noftra Do na,per uariare dall’altra,feci efta Madonna có Chrirto morto a pie della Cro ce,pofato in grembo a lei,i ladroni in al to (opra le croci, & con le Marie, e Niccodemo,che fono intorno,accomodati i santi Titolari di quelle cappelle che tutti fanno componimento,e uagala ftoria di quella tauola . Di nuouo tornato a Roma l’anno 1544. oltre a molti quadri che feci a diuerfi amicijdé quali no accade far memoria,feci un quadro d’unaVenerecol difegno di Mi chelagnolo a M.Bindo Abortiti che mi rornauo Ceco in cafa,&dipifi p Galeot to da Girone mercante F101 crino in una tauola a olio Chrirto deporto di cro cejaqualefu porta nella Chiefa di sato Agoftinodi Roma alla fua cappella, p laquale tauola poter fare có mio comodo,infieme alcun’ope.che mi haueua allogato Tiberio Crifpo Cartellano di Cartel sàt’Agnolo, mi era ritirato da me in Trafteuerc,nel palazzo,che già murò il Vefcouo Adimari »fottosato. Honofrio5che poi è fiato fornito da Saiuiati il fecódoima ferendomi indifpo fto,e ftraccho da ifìnitefatiche,fui forzato tornarmene aFioréza.doue feci al cuni quadri,e fra gl’al tri vno,in cui eraDate,Petrarca, Guido Caualcanti, il Boccaccio,Cino da Pirtoia,eGuittoned’Arezzo,ilqualefu poi di Luca Mar¬tini,canato dalle tefieàtiche loro accuratamete:del quale ne fono fiate fatte poi molte copie, il medefimo anno i$44.códotto a Napoli dado Giammateo d’Anuerfa generale detonaci di mote Oliueto,pch’io dipignerti il refettorio d’unlovo Monafterio fabricatodal Re Alfófo primo.quando giufi, fui p nò accettare l’opa,eflédo ql refettorio,e ql Monaft. fatto d’architet. antica,e con le volte a quarti acuti,e bade,e cieche di lumi, dubitadodi nóhaueread ac¬qui ftar ni poco honore. pure affretto dado Min iato Pitti, e dado Hipolito da Milano mieiamicifs. & allora vifìtatori di qll’ordme,accettai finalmente l’impfa, la doueconofcédo no poterfarecofabuona,fenócógrà copia d’or namétirgl’occbi abagliàdo di chi hauea a uedereqll’opa,có la uarieta di mol te figure,mi rifoluei a fare tutte le volte di efto refettorio lauorate di ftucchi p leuar uia conficchi partimeli di maniera moderna, tutta qlla uecchiaia, e goffeza di fefti.nel che mi furon’di gràde aiuto le volte,e mura,fatte,come fi ufa 1 qlla citta,di pietre di tufo,che fì taglione come fa il legname, ò meglio, cioè come i mattoni no cotti iteraméte. pciocheio ui hebbi cómodita,taglia do,di faresfòdati di quadri,ouati>&'ottàgoli ringrofiado có chiodi,e rimeta tédo de’medefimi tufi. Ridotte adtìq; q.lle volte a buona ^porzione,có quei ftucchi,i quali furono-i primi,che a Napoli furtero lauorati modernaméte, e particolarméte le facciate,e tefte di ql refettorio;ui feci fei tauole a olio, alte
fette/fette brac. cioè tre p tettata, in tre eh e fono fopra l’entrata del Refettorio til piouere della mànaal popolo Hebreo,pfenti Moife,& Aro, chela ricogho- no. nel che mi sforzai di moftrare nelle dóne,negl’homini,e ne putti diuerfi ta d’attitudini,e ueftitiie l’affetto,co che ricogliono,e ripógono la manna,ri graziadone Dio. Nella tettata che è a sómo è Chrifto,che defina in cafa di Si mone,e Maria Madalena,checó lelachrimegli bagna i piedi,egl’afciuga co i capelli,tutta moftràdofi petita de’fuoi peccati, laquale iloria è partita in tre quadri. nel mezzo è la cena,a ma ritta unabottiglieria,con unacredéza pie« nadi vali in uarie forme,e ftrauagàti,& a man finiftra uno scalco, che cèdu¬te le viuade. le volte furono cópartite in.tre parti, in una fi tratta della fede, nella fecóda della religione,e nella terza dell’eternità. Ciafcuna delle quali, pche erano in mezzo,ha otto virtù intorno,dimoftrati a i monaci che inql refettorio magiano ql lo che alla loro uita,& pfezzione è richiefto. E p arric chire i uani delie volte,gli feci pieni di grottefche,lequali in 48. nani fanno ornamelo alle 43. immagini celeftt,& in fei faccie p lo lungo di ql refettorio fotco lefineftrefattemaggiori,ccóricchoornaméto, dipinfi fei delleparabo le di Giefu Chrifto,lequali fino a propofito di ql luogo. Alle quali tutte pit¬ture,Se ornaméti corrifpóde i’intaglio dellefpalliere fatte ricchamente. Do po feci allattar maggiore di qllaChiefa una tauola alta 8.,brac. détroui la N. Dona,che pfentaa-Stmeone nel répio G.Chrifto piccolino,con uouaiuézio ne. ma ègra cola,che dopo Giotto,no era ftato ifino allora in fi nobile, egra città,maeftri che in pittura haueftino fatto alcuna’cofad’iportaza. se ben’ vi era flato códotto attua cofa di.fuori di mano del Perugino,e di Raff p lo che m’igegnai faredi maniera,p quàto fi eftédeua il mio poco fape, che fi haues fero a fuegliare gl’igegni di ql paefe,a cofe gradi,e honoreuoli opare.Scqfto o altrojche ne fia flato cagione,da ql tépo in qua ui fono fiate fatte di ftucchi e pitture motte bel 11 fs. epe. oltre alle pitture fopradette, nella uoltadellafo refteriadel medefimo monaft. códuffi a frefco,di figure gradi quatoil viuo 9 Giefu Chrifto,che ha la Croce in ifpalla,Se a imitazione di lui molti de’ fuoi sati chel’hano fimilméte addoflo;p dimoftrare,che a chi vuole veramétefe- guitar lui,bifogna portare,e có buona paciézal’auuerfità che da il modo. Al generale di detto ordine cèdutili vn gra quadro Chrifto,che aparédo agl’A poftoli uguagliati in mare dalla fortuna,pnde p un braccio s. Piero, chea lui era corfo p l’acq; dubitàdo nó affogare.Et i vn’altro quadro p l’Abate Capec ciò,feci laretturezione.eqftecofe còdotte a fine,al S.dó PietrodiTolledo Vi cere di Napoli, di pi fi a fretto nel fuo giardino di pozzuolo una cappella, Se al cuni ornaméti di ftucchi fottilifs. p lo medefimo fi era dato Ordine di far’due grà’loggie,ma la cofa nó hebbe effetto,pqfta cagione. E (lèdo fiata alcuna dif feréza fra il Vece R e,e detti monacijuéne il Bargello có fua famigliaal mona fteriOjp pigliar l’Abate,Scalcimi monaci,che in jpceftìonehaueuano hauuto parole,p cèto di pcenéza,có i monaci neri.Mai monaci faefdo difefa, aiutati da circa 15. giouani,che meco di-ftucchi,e pitture lauorauanq,ferirono alcu rii birri, pio che bifognàdo di notte càfarglfs adarano chi qua è la .ecofiio ritnafo qtiafi folo, nó folo nó potei fareleloggiedi'Pozzuolo,ma ne anco fa rè 2.4.quadri di ftoriedel teftaméto vecchio,edella vitadis.Gio.Batiftariqua li non mi fadisfacédodi reftare in Napoli piu, portai a fornire a Roma-:
.donctt/dondegli mandare furono mcflì in torno alle fpalliere.e Copra gVarmatii di noce fatti con mia difegni,& architettura,nellasagreftia di san Giouani Cac bonaro,conucn to de’frati Heremitani offeruanri di santo Agoftino: a i qua li poco innanzi hauea dipin ta in una cappella fiior della Chiefa in tauola vn Chrifto crucififto,con riccho, e uario ornamento di ftuccho, a richieda del Scapando lor Generale,che fu poi Cardinale.parimen te a mezzo le fcale di detto conuento feci a frelcosan Giouanni Euangelifta , che Ila mirandola Noftra Donna ueftita di fole; con i piedi fopra la Luna, e coronata di dodici delle. Nellamedefimacitràdipinfi a MeflerTommafo Cambi,mercàteFio= ren tino,e'mio amiciflìmo nella fala d’una fua cafa,i quattro facciate i tempi» e le ftagioni dell’annojil fogno,il fonno fopra un terrazzo,doue fecie una fó tana. Al DucadiGrauinadipinfiin unatauola,cheeglicondufleal fuofta to,i Magi,che adorano Chrifto; & ad Orfancha fegretario del Vice Re feci un’altra tauola,con cinque figure intorno a vn Crucififlo, e molti quadri. Ma co tutto,ch’io fuffi affai bé uifto daque’Signori,guadagnaflì aliai, e Pope ogni giorno moltiplicaflerojgiudicai,poi che imiei huomini s’erano parti tijchefufle ben fatto,hauendo in un’anno lauoratoin quella città opere a ba danza,ch’io me ne tornadi a Roma. E cofi fatto,la prima opera,che io facci fi fu al Signor Ranuccio Farnefe,allora Arciuefcouo di Napoli,in tela quat¬tro portegli grandiffimi a olio,per l’organo del Pifcopio di Napoli,dentroui dalla parte dinanzi cinque fanti patroni di quella città.e détro la natiuitàdi Giefu Chrifto,con i pallori,e Dauit Re,che canta in fui fuo salterio
Dominiti dixit ad mc> & c.
Et cofi i fopradetti 24-. quadri,& alcuni di M. Tommafo Cambi,che tut¬ti furono mandatiaNapoli. E ciò fatto,dipinfi cinque quadri a Raffaello Acciainoli cliegli portò in Ifpagna,della paflìone di Chrifto. l’anno medefì mo,hauendo animo il Cardinale Farnefe di far dipignere la fala della Cacci- feria,nel palazzo di san Giorgio j Monfìgnor Giouio, difiderando che ciò li facefle perle mie mani,mi fecefare molli difègni di uarie inuézioni, che poi non furono meflìin opera. Nondimeno fi rifoluè finalmente 11 Cardinale, ch’ella fi faceftein frelco,econ maggior preftezza,che fufle poffibile,perfer uirfenea certo fuo tempo determinato. E la detta fala lunga poco piu di palmi cento,largha cinquanta,& altaaltretanto. Inciafcuna tefta adunque larga palmi cinquanta,fi fece unaftoria grande, ein una delle facciatelun¬ghe due,neH’a!rra per eftere impedita dalle fineftre,non fi potefar hiftorie,» però ui fi fece un ribattimento,limile alla facciata intefta,che^dirimpetto ;e per non far balamento,come inlino a quel tempo s’era ufatodagl’artefici in cottele ftorie,altoda terra noue palmi almenoifecip uariare,e far cola nuo- ua,nafcere leale da terra,fatte in uarii modi,& a cialcuna floria la fua. E fo= pra quelle feci poi corniciare a fiilire le figure a propofito di quel fuggetto.a poco a poco,tanto che trouano il piano,doue cominciala ftoria. lunga,e for fe noiofa cola farebbe dire tutu i particolari,e le minuzie di quelle ftorie;pe rò toccherò folo, e breuementelccofe principali. Adunquein tuttefono ftorie de’fatti di Papa Paulo terzo,& in cialcuna è il fuo ritratto di naturale. Nellapnma,douefono,perdirlecofi,lespediziom della corte di Roma, fi veggiono lopra il Teucre diuerfe nazioni,e diuerfeambafccrie,con molti
ritratti
ritratti di naturalejche uengono a chièder grazie,&ad offerire diuerfi tribù ti al Papa. Etoltre ciò in certe nicchione> due figure grandi, porte /opra lo porte,che mettono in mezzo la ftoria. delle quali una è fatta per l’eloquen¬za,che ha fopra due vittorie,che tengono la teftadi Giulio Ce/areic l’altra p la iuftizia, co duealtre vittorie, che tégono la tefta di Aleftàdro Magnot&nel l’altro del mezoèl’arme di detto Pp.foftenuta dalla liberalità,e dalla rimane razione.Nella facciata maggiore è il medefimoPp. che rimunera la uirtu'do nado porzioni,caualieratijbenefiz’j.péfionijvefcouadi^cappelli di Cardina li.e fra qi.che riceuono fono il 5adoleto,Polo,il Bembo,il Contarino,il Gio uio,il Buonarruoto,& altri uirtuofi tutti ritratti di naturale,&in quefta è de ero a un gran nicchione vna grazia co un corno di douizia pieno di dignità, ilqualcella riuerfa in terra.& le vettorie,che ha fopra a fomiglianza dell’altrc tengono la teftadi Traiano Imperatore. E uui ancho l’inuidia,chc mangia vipere,^Separé,che crepi di veleno.E difopra nel fine della ftoria è l’Arme del CardinalFarne(e,tenutadallafama,edallauirtu. Nell’altraftoria.il medefi mo Papa Paulo fi uede tutto intento alle fabrichc, & particolarmente a quel ladis.Piero,foprail Vaticano.Eperòfono innanzi al Papa ginocchioni la pittura, la /cultura, & l’architettura, lequali hauendo spiegato un difegno della pianta di e/To san Piero,pigliano ordine di eflequire, & lódurrealfuo finequell’opera.Euui.oltre le dette figure,l’animo,cheaprédofi il petto mo ftra il cuorej la Zollecitudine appreflo,& la ricchezza. E nella nicchia,(a Co¬pia con due vittorie,che tengono l’effigie di Ve/pafiano.E nel mezzo è la Re ligione chriftiana in un’altra nicchia.che diuide l’una ftoria dall’altra, e fo- prale/ono due uittorie,che tengono la teftadi Numa Pompilio. E l’arme, che è /opra quella hiftoria,e del Cardinal san Giorgio, chegia fabricò quel palazo. Nell’altra-ftoria,che è dirimpetto alle fpedizioni della corte,è la pace uniuèrlale fatta fra i Chriftiani,per mezzo di erto Papa Paulo terzo , e malli» mamentgfra Carlo quinto Imperatore,e Francefco Re di Francia che ui so ritratti. E però ui fi uede la pace abruciar l’arme,chiuderfi il tempio di Iano, & il furor incatenato.Delledue nicchiegrandi,che mettonoin mezzo la fto ria,in una è la concordia,con due uittorie fopra,che tengono la tefta di Tito Ipadore e nell’altra èia Charità co molti putti.fopra la nicchia tengono due vittoriela tefta d’Agufto.e nel fineè l’armedi Carlo quinto,tenuta dalla vie toria.e dalla Hilarita.e tutta queft’opera è piena d’infcrizionfie motti bellifli mi fatti dal Giouio. & in particolare uen’ha uno,che dice quelle pitture effe re /late tutte co ndotte in cento giorni, fiche io come giouane fecucome que gli,che non penfai fe non a fcruire quel fignore,che come ho detto defidc- rauahauerlafinita per un fuo feruizio,in quel tempo, e nel uero, febeneio m’affaticai grandemente in far cartoni,e fìudiare quell’opera,io eonfcfloha- uer fatto errore in metterla poi in mano di garzoni,per condurla piu prefto come mi bifogno fare.perche meglio farebbe flato haner penato cento meli & hauerla fatta di mia mano, percioche /e bene io non rhauefli fatta in quel modojcheharei uoluto per fetuiziodel Cardinale,&honor mio,harei pu¬re hauuto quella fatisfazione d’hauerla condotta di mia mano. Ma quello errore fu cagione,che io mi rifoluei a non far piu opere, che non fuffero da mefteflo del tutto finite fopra la bozza di mano degl’aiuti, fatta conidife-gnidi mia mano, fi fecero affai pratichi in queft’opera Eizzeral, <5cRouiaI<7 Spagnuóli,che aliai Ui lauorarono con eflo meco,e Batifta Bagnacauallo Bó lognefe,Baftian Fiori Aretino,Gioiianpaolo dal Borgo,& fraSahiadore Fo fchi d’Arezzo,e molti altri miei giouani. In quello tempo andando io fpes- fo la {era,finita la giornata,a ueder cenare’il detto Illuftnflìmo Cardinal FaC nefè,doue erano Tempre a trattenerlo,con bel 1 i{lìmi,& honorati ragionarne ti il Molza, Anibai Caro,M. Gandolfo,Mefler Claudio Tolomei, M. Ro-molo Amafleo,MOnfignor Giouio,&: altri moltiletterdti,egalant’huominu de’quali è Tempre piena la corte di quel Signore;!! uenne a ragionare una fe ra fra lai tre del Mufeo del Giouio,e de’ri tratti degl’huomini illuftri, che in quello ha porti con ordinejóc intenzioni bellillìme. E paflando d’una colà in altra,come fi fa ragionando,difle Monfignor Giouio,hauerehauutosé- pregran uoglia,& hauerla ancora,d’aggiugnere al Mufeo,&al Tuo libro de g!iElogii,vn trattato nel quale fi ragionarte degl’huomini illuftri nell’arte del difegno,ftati da Cimabue infimo a tépi noftri. Dintorno a che allargado fi,moftrò certo hauer gra cognizione,e giudizio nelle cole delle noftre arti, ma è ben uero,che baftadogli fare gra falcio,nó la guardaua cofi in fottile, e 'fpefTojfauellàdo di detti ar telici,o fcambiaua i nomi,i cognomi,le.patrie, l’o pere,o nódiceale cote come ftauano apunto,ma cofi alla grolla. Finito,che •hebbe il Giouio ql Tuo difcorfoiuoltatofi a me di fife il Cardinale,che ne dite uoi Giorgio^nó lara qfta una bell’opa,e fatica? bella rifpos’io,Monfignor II- luftrifs. Te il Giouio Tara aiutato da chichefia dell’arte,a mettere lecoTealuo ghi loro,& a dirle come ftanno ueramente. parlo cofi, percioche, le bene è ftato quefto Tuo difeorfo marauiglio{o,ha Tcambiato,e detto molte coTe vna per vn’altra.potrete dunque,loggiun Te il Cardi naie,pregato dal Giouio,dal Caro,dal Tolomei,èdagl’altri,dargli un funto uoi,&una ordinata notizia di tutti i detti artefici,dell’ope loro fecódo l’ordinede’tépi. E cofi harano an cho da uoi qfto benefizio le uortre arti. laqual coTa ancor che io conoTceflì erte re Topra le mie forze,promifi,fecódo il poter mio di far ben uolentieri,& cofi meflomi giu a ricercare miei ricordi, e ferii ti fatti intorno a ciò, infin da giouanetto,p un certo mio paflatempo , £< per una affezione che io haueua a la memoria de nortri artefici,ogni notizia de quali mi era carirtìma, mifi in fieme tutto,chein torno a ciò mi parueapropofito. E lo portaial Giouio ilqualepoi che molto hebbe lodata quella fatica, mi dille Giorgio mio,uo- glio,che prendiate noi quefta fatica di diftendere il tutto in quel modo,che ottimaméte ueggio faprete fare, pcioche a me non da il cuore,non conofcen do le maniere,ne fapendo molti particolari,che potrete fapere uohfanza che •quandopure io fàcefii,farei il piu piujun trattatetto fimilea quello di Pli¬nio,fate ql ch’io ui dico Vafari;pcheueggio,cheè priufeirui bellifs.che fag gio dato me ne hauete in qfta narrazione. ma-parendogli,che io a ciò fare nó furti molto rifoluto me lo fedire al Caro, al Molza, al Tolomei, & altri miei amicifs. pche rifolutomi finalméte,ui mifi mano con intenzione,finisa chefurte,di darla a uno di loro,che riuedutola,&acconcia,lamandaflefuori fiotto altro nomecheil mio. intanto partito di Roma l’anno 1546. del mele d’Ottobre,e uenutoa Fioréza,feci alle monachedel famofo Monafterio del le murate in tauola a olio,un cenacolo per lo loro refettorio, laquale opera mila ini fu fatta fare,e pagata da Papa Paulo terzo,che haueua monacKa in detto Monafterio una fua cognata,fiata Conteffa di pi ciglia n o. e dopo feci in un ahra tauola la Noftra Donna che ha Chrifto fanciullo in collo, ilquale fpofa fantaChaterina Vergine,è martire,edue altri fanti: laqual tauola mi fece fare M.Tomafo Cambi per una fua forella alloraBadefla nel monafterio del Bigallofuordi Fiorenza. E quellafinitafeci a Monfìgnorde’Roflì de’Conti di san Secondo,Se Vefcouo di Pauia,due quadri grandi a olionn uno è san Hieronimo,e nell’altro una Pietà, i quali amendue furono mandati in Fran¬cia. L’anno poi i$47.fini del tutto per lo Duomo di Pila,ad inftanza di M.Ba ftiano della Seta operaio,un’altra tauola,che haueua cominciata. E dopo a Simon Corfimioamiciflìmoun quadro grande a olio d’una Madonna. Ho¬ra mentre,cheiofaceua queft’opere,hauendo condotto a buon termine il li bro delle Vite degl’artefici del difegno,nonrmi reftaua quali altro a fare,che farlo trafcriuerc in buona forma,quando a tempo mi uenne alle mani don Gian’Matteo Factani da Rimini,monaco di Mòte Oliueto.pfona di lettere, e d’igegno,pche io gli facefli alcun’ope nella Chiefa,e monafterio di sata Ma¬ria di Scolcad’Ariminijladoueegli era Abate.Coftuiduq; hauédomi ^pmes fo di tarlami traferiuere a un fuo monaco ecc.fcrittore,e di correggerla egli fleflo mi tirò ad Arimini a fare,p qfta comodità la tauola,e aitar maggiore di' detta Chiefa,che è lótana dalla città circa ^.miglia. Nella qual tauola feci 1 wa gi,che adorano Xpo co unaifinirà di figure da mecódotte in ql luogo foleta rio co molto ftudio,imiiado qua to io potei,gl’huomini delle corti di tre Re, mefcolatiinfieme,ma in modo pò che fi conofce all’arie de’volti di che regio ne, efoggerto a qual Refia ciafcuno.Conciofia,che alcuni hanno le carna¬gioni bianche,i fecondi bigie,Se altri nere, oltre che la uiuerfità delli habiti, e-uarie portature, fa uaghezza,ediftinzione.emefla la detta tauola in mezzo daduegràquadri,nei quali è il reftodella corte,causili,liofanti,egiraffe, e pila capella ì uarii luoghi sparli,Profeti,Sibille,Euagelifti in atto diferiuere. Nella cupola,ò uero tribuna feci 4-grà figure,che trattano delle lodi di Chri flo,edellafuaftirpe,edella Vergine,eqfti fono Orfeo, & Homero cóalcuni motti greci,Vergilio col motto. la redit & Virgo,& c. e Dantecó qfti uerfi
Tu feicolci3cbc l'kumana natura Ncbilitajtifi,chc il fuo fattore,
Non fi sdegnò difarfl tua fattura. ■
Co molte altre figure,Sciuézioni delle quali nò accade altro dire.dopo,fegui udofi 1 tato di fcriuereil detto libro,e-ridurlo a buó termine,feci in s. Frane. d’Ariminiall’altar maggiore unatauolagrade a olio,co un s. Frane, che ria celie da Chrifto le ftimate nel mòte della Vernia,rierano dal uiuo: ma pche ql mòte è tutto di malli,e pietre bigie,e fimilméte s.Frane. & il fuo cópagno n fàno bigi,fin fi un sole,dentro alquale è Chrifto,con buò numero di Serafi ni,e coli fn l’opa variata,& il sàto co altre figure tutto lumeggiato dallo fplé doredi ql sole,Se il paefe a ombrato dalla uarieta d’alcuni colori cagiàti,chc a molti nò difpiacciono.Se allora furono molto lodati dal Card. Capo di fer roje'gato della Romagna. Códotto poi da Rimini a Rauenna,feci come 1 al traluogo s’è detto una tauola nella nuoua Chiefa della Badia di Clafli del¬l’ordine di Camaldoli,dipignédoui un Chrifto deporto di croce in grembo alla N.Donna
c nel medefimo tempo feci per diuerfi amici molti difegni, quadri, & altre opere minori che fono tan te,&: fi diuerfe,che a me farebbe difficile il ricor¬darmi pur di qualche parte,&alettori forfè nógratovdir täte minutieiin ta to eflendofi fornita di murare la mia cafa d’Arezzo,&10 tornatomi a cafa,fo ci i difegni,per dipignere la fala,tre camere, c la facciata quafi per mio fpas fodiqnelladate.Neiqualidifegnifecifra Fai tre cofe tutte le prouincie,e luoghijdoueiohaueualauoràio,quaficomeportaflino tributi,periguada gnfiche hauea fatto con cflo loro a detta mia cala, ma nondimeno,pcr allo¬ra non feci altro,che il palco della fala,ilqualeè affai riccho di legnami, con tredici quadri gradi,douelono gli Dei celedi,& in quattro angoli i quattro tempi dell’anno ignudi,i quali danno a uedere un gra quadro, che è in mez zo,dentro alquale fono in figuregrandi quätoil uiuo,la Virtù, che ha fotto i piedi l’Inuidia,&: prefa la Fortuna p i capegli,baftonal’una,el’altra.equel lo,che molto allora piacque,fi fu,che in girando la fala attorno, & efiendo in mezo la Fortuna,uiene tal uoltal’Inuidia aefler fopraefla Fortuna,& Vie tu,e d’altra parte la uirtu fopra l’Inuidia.e Fortuna, fi come fi uede,cheauic nefpeffeuolte neramente. Dintorno nelle facciate fono la Copiala Liberali tà,la Sapiézaja Prudenza,la Fatica,l’Honore,& altre cofe fimili.e fiotto attor no girano dorie di pittori antichi,di A pellet Z-eufi,Parrafio,Protegene,ó£ altri con uarij paramenti,e minuzie, che lafcio per breuità. feci ancora nei palco d’una camera di legname-intagliato,Abram in un gran tondo, di cui Dio benedice il ferne,e promette multiplicherain infinito &in quattro qua : drfichea quedo tódo fono intorno feci la Pace, la Concordia, la Virtù j eia Modedia, & perche adorauafempre la memoria,&le opere degli antichi, uedendo tralafciare il modo di colorire a t empera,mi uenne uoglia di rifu- fatare quedo modo di dipignere,& la feci tutta a temperajFqual modo p. certo non merita d’edere affatto difpregiato,o tralafciato. &aìl’éntrar della camera feci,quafi burlando,una fposa,che ha in una mano un raftrello, col quale modra hauere radrellato,e portato feco quanto ha mai potuto-dalla cafa del padre,e nella mano che ua innanzi,entrando in cafa il marito ha-vn> torchio accefo, modrandodi portare doueuailfuoco,checonfuma, edi- ftrugge ogni cofa. Mentre,che io mi daua coli paflando tempo, uenuto Fa no 1548. don Giouan’Benedcttoda Mantoa,Abatedi santa Fiore, eLucilla monaderio de’monaci neri Caffinenfi,dilettandoli infinitamente dellecofc di pitturaj& edendo molto mio amico,mi pregò, che io uoleffi fargli nella teda di uno loro refettorio un cenaeoi o,ò altra cofa fìmile. onde rifolutomi a compiacerli, andai penfando di farui alcuna cola fuor dell’ufo comune, c cofi mirifolueiinfieme con quel buon padrea farui le nozze dalla Reina He der con il Re Afnero;c il tutto in una tauola a olio, lunga quindici braccia « ma prima metterla in fui luogo,equiui poi lauorarla.il qual modofe lo pof fo io affermare,che l’ho prouato,e qnello,che fi uorrebbe ueramen te tenere a uolere che hauefiono le pittureifuoi proprij,eueri lumi, perciochein fat ti il lauorare a ballo,ò in altro luogo,che in fui proprio,doue hanno da da¬re,fa mutare alle pitture i lumi,l’ombre,e molte altre proprietà.ln qued’ope ra adunque mi sforzai di moftraremaefta,egrandezzajcomecheio non pof pi far giudizio,femi uenne fatto,ò nò: fo bene,che il tutto dilpofi in modo che con afiai bell’ordine fi conofcono tutte le maniere de feruen ti,paggi, feu dieri,foldati della guardia,bottiglieria,credenza,mufici,& un nano,&ogni altra cofa,che a reale,e magnifico conuito è richieda» V1 fi uede fra gl’altri lo fcalco condurre le uiuande in tauola,accompagnato da buó numero di pa^ gi ueftiti a liurea,& altri feudieri, e Cernenti. Nelle lefte della tauola,che e aouata,fonoSignori,&altrigran perfonaggi,e cortigiani che in piedi ftan- no,comes’ufa,3 uedereilconuito» Il Re Afluero ftando amenlacome Re altero,e innamorato fta tutto appoggiato foprail braccio finiftro,che porge una tazza di uino alla Reina,& in atto neramente regio,&: honorato. In so ma (e io haueflì a credere quello,che allora fentij dirne al popolo, e Cento an céra da chiunche uede queft’opera, potrei credere d’hauer Catto qualcofa, ma io Coda vantaggio come fiala bifogna,e quello che harei facto Ce la ma¬no hauefle vbidito a quello che io m’era concetto nell’idea.Tutta uia ui mifi (quefto pollo conCeflare liberamente) ftudio,e diligenza,Copra l’opera vie« ne nel peduccio d’una uolta vnChrifto che porge aqlla Regina una corona di fiori,& quefto è fatto in frefco,&uifu pofto p accénareil concetro fpiri- tnale della hiftoria : per la quale fi denotaua, che repudiata l’antica Sinago ga ChriftofpofaualanuouaChiefadefuoifedeliChriftiani. Fecilqftome defimo tempo il ritratto di Luigi Guicciardini,fratello di Mefier Francefco , chefcrifte la ftoriajper efiermi dettoMefler Luigi amiciflìmo,&hauermi Cat to quell’anno,come mio amoreuole compare,eflendo Commeftario d’Ai ez zo,unagrandiflìma tenuta di terre,detteFraflìnetoin Valdichiana. fiche c • fiata la Calure,& il maggior bene di cafa mia,e (ara de’miei fucceftori, fi co- mefpero;fe non mancherannoaloro fteflì.ilquale ritratto,che è appreflo gl’heredi di detto Mefier Luigi, fi dice efiere il migliore, e piu fomigliante d’infinitijche n’ho fatti: ne de ritratti fatti da me che pur fono afiai faro mo¬zione alcuna che farebbe co(a tediofa,&p dire il uero,me ne (ono difefo qua tohopotutodifarne. Quefto finito dipinfi a (raMariotto da Caftiglioni Aretino,per la Chiefa di san:France(co di detta terra in una tauola la noftra Donna,santa Anna,san Francefco,e fan Salueftro. E nel medefimo tempo difegnai al Cardinal di Mote,che poi fu Papa Giulio terzo,molto mio patro ne,ilqualeeraallora legato di Bologna,l’ordine,e pianta d’una gran coltiua. zione,chepoi fu meflain operaapiedel monte san Sauino,fua patriajdoue. fui piu uolte d’ordinedi quel Signore,chemoltofi dilettauadi fabricare». Andato poi,finite che hebbi queft’opere,a Fiorenza, feci quella fiate in un> fegno da portare a procefiione della compagnia drsan Giouanni de’Peduc ci d’Arezzo,efio fanto,che predica alle turbe,da una banda,e dall’altra il me defimo,che battezza Chriftofiaqual pittura hauendo Cubito, che fu finita mandata nelle mie cafe d’Arezzo,perche fufiecófegnata agl’huomini di det. ta compagnia,auuéne che paflando per Arezzo Mófignor Giorgio Cardi na led’Armignacn Franzefe,uideinell’andare per altro a uedere la mia cafa,-il detto fegno,o uero ftendardo.^perche piacciu togli,fece ogni opera d’hauer- lo,offerendo gran prezzo,per mandarlo al Re di Francia,mai© non uolli ma. cardi fede a chi me l’haueua fattofare. percioche fe bene .molti; diceuano, che n’harei potuto fare un’altro,non-fo fe mi tuflé uenuto fatto cofi bene, é .con pari diligenza, e non molto dopo feci per Mefier Anibaie Caro, fecódo che.- che mi haueua richiedo molto innanzi,per una fua lettera,che è dampata iff* un quadro Adone,che muore ingremboa Venere, fecondo l’inuenzione di Teocrito,laquale opera fu poi,e quafi contra mia uoglia condotta in Fra cia,edataaM. Albizodel Bene,infieme con una Pliche che da mirando co una lucerna Amore,che dorme,e fi fu egli a hauendolo cotto una fauilla di es fa lucerna, lequali tutte figure ignude,e grandi quanto il uiuo,furono cagio ne,che Alfonfo di Tommalo Cambi giouanetto allora bellidimo, lettera¬to,uirtuolo,e moltocortefe,egentìle,fi feceritrarreignudo, e tutto intero, iti perfona d’uno Endimione cacciatore amato dalla Luna; la cui candidez za,& un paefeall’intorno capricciofo,hanno il lumedallachiarezzadella lu najche fa nell’ofcuro della notte una ueduta adai propria,e naturale, perciò che io m’ingegnai con ogni diligenza di contrafare i colori proprii, che fuol dareil lume di quella bianca giallezza della Luna alle cofe,che percuote. Dopo quedo,dipinfi due quadri per mudare a Raugia,in uno la Noftrai Do¬na,& nell’altro una Pietà. & appredo a Francefco Botti in un gran quadro la Nodra Donna col figliuolo in braccio,e Giufeppojilquale quadro, che io certo feci con quella dihgenza,che feppi maggiore,fi portò feco in Ifpagna. Forniti quedi lauori andai l’anno medefimo a uedere il Cardinale de’Moti ti a Bologna,doue era legato,e con edo dimoràdo alcuni giorni, oltre a mol ti altri ragionamenti,feppe cofi ben dire,e ciò con tanto buone ragioni per- fuadermi,cheio mi rifoiuei,dretto da lui a far quello, che infimo allora,non . hauea uoluto fare,cioè a pigliare moglie,& cofi tolfi i come egli uolle, una figliuola di Francefco Baca nobile Cittadino Aretino. Tornato a Fioren* za feci un gran quadro di Noftra Donna,fecondo un mio nuouo capriccio, & con piu figure,ilqualehebbe Meder Bindo Altouiti, che perciò mi do¬nò cen to feudi d’oro,e lo condude a Roma,doueèhoggi nelle fue cafe. feci oltre ciò nel medefimo tempo molti alni quadri,come a Meffer Bernardet- to de’Medici,a MeHer Bart.Strada Fifico eccellente,e da altri miei amici,che non accade ragionarne. Di que’giorni,edédo morto Gismondo Martelli in Fioréza,& hauédo lafciato,p .teftaméto,che in s. Lorézo alla cappella di qlla nobile famiglia fi facede una tauola có la N.Dóna,& alcuni fantijLuigi, e Pa dolfo Martelli,infieme con M. Cofimo Bartoli,miei annaffimi, mi ricerca rono,che io facedi la detta tauola. Et hauutone licenza dal Signor Duca Co fimo patrone,e primo operaio di quella Chiefa,fui contento di farla: macó fàculta di po ter ili fare a mio capriccio alcuna cofa di s. Gifmódoralludédoj al nome di detto teftatore. Laquale conuenzione fatta,mi ricordai hauere inte fio che Filippo di Ser Brunellcfco architetto di quella Chiefa hauea data qlla forma a tuttelecappelle;accioin ciafcunafude fatta,non una piccola tauola
ma alcuna ftona,o pittura grande,che empiede tutto quel vano, perche dif- poftoauolerem queftapartefeguirela uolonta,& ordinedel Brunellefco: pitìguardandoaH’honore,cheal picciol guadagno,che di quell’opera defti nata a far una tauola piccola,& con poche figure potea trarrejfeciin una ta¬uola larga braccia dieci,&alta tredici la doria,o uero martino di san Gismó do Re,cioè quando egli la moglie,e due figliuoli furono gettati in un pozzo da un altro Re,ó uero Tiranno,e feci,che l’ornamento di quella cappella, il quale è mezzo tondo,mi feruide per uano della porta d’un gran palazzo’, ru ilica,per la quale fi hauede la ueduta del cortile quadro,fafienuto da pilaftri e colonne doriche,e finfi,chc per lo {traforo di quella fi uedede nel. mezzo un pozzo a orto faccie,con falita incorno di gradi ; per i quali lalendoimini ftri,portafiono a geccaredecci due figliuoli nudi nel pozzo. & incorno nelle loggiedipinfi popoli,che (tanno da unaparcea uedere quell’horrendo fpet tacolo:e nell’alcra,che è la finiftra feci alcuni mafnadieri,i quali hauendo pre fa con fierezza la moglie del Re,la porcano uerfo il pozzo,per farla morire. E irr fu ! la porta principale feci un gruppo di faldati,che legano san Gismon dojilquale con attitudine relafiara, e paziente moftra patir ben uolentieri quella morte,e martirio,erta mirando in aria quattro Angeli, che gli ino¬ltrano le palme,& corone del martirio,(uè, deila moglie, e de’figliuoli j la- qualcofa pare,che tutto il riconforti,&confali. Mi sforzai fimilmente di moftrare la crudeltà,e fierezza dell’empio Tiranno,che fta in fui pia del cor tile’difopra a uedere quella fua uenderta,ela morte di san Gifmondo. in so ma,quanto in me fu,feci ogni opera,che in tuttelefigure fodero piu che fi può i proprn affetti,e conuenienti attitudini,e fierezze, e tutto quello fi ri- chiedeua. ilche quanto mi riufcide,lafceròad altri farne giudizio. Diro be¬ne,che.io ni mifi quanto potei,e feppi di ftudio,fatica,e diligenza. Intanto di fiderando il Signor Duca Cofimo,che il libro delle Vi te,già condotto quali al fine,con quella maggior diligenza,che a me era fiato pollibi 1 e, e con l’aia to d’alcunimiei amici,fi delle fuori,&alle ftampe,lo diedi a LorenzoTorres tino imprefior Ducale,e cofi fu cominciato a ftamparfi. Ma non erano an¬che finite le Theoriche:quando,efiendo morto Papa Paulo terzo,cominciai a dubitare d’hauermi a partiredi Fiorenza,prima che detto libro fuffe fini¬to di (lampare, percioche andando io fuor di Fiorenza ad incontrare il Car dinal di Monte,che padana per andare al Conclaui,non gli hebbi fi torto fat to riuerenza,ealquanto ragionato,che mi dide,iouòa Roma,& al ficuro fa rò Papa, spedifciti, fa hai che fare,dubito, hatiutola nuoua, uientenea Ro ma sanza aspettare altri auuifi,o d’edere chiamato.
Ne fu uano co tal pronoftico, però che edendoquel Carnouale in A rezzo „e dandoli ordine a certe fede,e mafcherate,uenne nuoua che il detto Cardi¬nale era diuentato Giulio terzo» perche montato Cubito a cauallo venni a Fiorenza, donde, sollecitato dal Duca, andai a Roma, per ederui alla coro nazione di detto nuouo pontefice, & al fare dell’apparato .
E cofi giunto in Roma, & fcaualcatoa cafa Mefier Bindo,andai a far rette renza,e baciare il pie a sua Santità. Ilche fatto, le prime parole, che mi diffe furono il ricordarmi,che qllo,che mi haueua di fa pronofticato,nó era fiato uano; poi dunque,che fu coronato,e quietato alquanto, la prima cofa, che volle fi facerte,fi fu fadisfare a vn’obligo,che haueua alla memoradi M. An¬tonio secchio,e primo Cardinal di Móte,d’una fepoltura da farli as.Pieroa Mótorio.Della quale fatti i modelli,e difagni,fu condottarti marmo, come in altroluogos edetto pienaméte.. &m tàtoiofeci la tauoladiqlla cappella ■douedipinfi laconuerfionedis. Paulo.ma per uariare daqlloche haueafas to il Buonarruoto nella Paulina,feci s. Paulo,come egli fcriue giouane, effe già cafcato da cauallo è cèdono dai faldati ad Anania cieco,dal quale piro pofizione delle mani nceue il lume degl’occhi perduto,^ è battezzato.
Nella
looi Nella quale opera,© per la (Grettezza del luogo,o altro che ne folle cagione ƒ non fodisfeci interamente a me fteflo,fe bene forfè adaltri non difpiacque, & in particolare a Michelagnolo. fecifimilmenteaquel Pontefice un’altra tauola per una cappella del palazzo, ma quella,per le cagioni dette altra voi ta,fu poi da me condotta in Arezzo,e polla in pieueall’altar maggiore. . Ma quando ne in quella ne in quella già detta di san Piero a Motorio, io no hauedì pienamente fodisfacco ne a me,ne adaltri,non larebbe gran fatto,im pero che,bifognandomi edere continuamente alla uoglia di quel Pontefice, era Tempre in moto,o uero occupato in far dilegni d’architettura, e mafiìma mente elìendo io (lato il primo,che^ifegnade, e lacefie tutta l’inuenziono della Vigna Iulia, che egli fece fare con fpefa incredibile, iaqualefe bene fu poi da altri edequira,io fui nondimeno quegli,che mifi fempre in difegno i capricci del Papa,che poi fi diedero a riuedere,& correggerea Michelagno- lo:e Iacopo Barozzida Vignuola,fini con molti fuoi dilegui le danze,(ale,et altri molti ornamenti-di quel luogo. Ma la fonte bada tu d’ordine mio, e dell’Amannato,che poiui redo,e fece la loggia che è fopra la fonte.
Ma in quell’opera non fi potcua modrare quello,che altri fapede, ne far al¬cuna cofa pel uerfojpercioche ueniuano di mano in mano a quel Papa nuo« ui capricci,i quali bifognaua metter in edecuzione, fecondo, che ordinaua giornalmenteMeder piergiouanni Alioiti,Vefcouo di Porli. In quel men¬tre, bifognandomi l’anno t^o.uenireper altro aFioréza bédueuolte,la pri ma fini) la tauola di san Gismondo, laquale uenne il Duca a uedere in cafa
M. Ottauiano de’Medici doue la lauorai,egli piacque di forte,che mi di de, finite le cofe di Roma.me ne uenidì a Fioréza al fuo feruizio,doue mi fareb¬be ordinato quello hauedì da fare. Tornato dunque a Roma,edato fine al le dette opere cominciate,e fatta una tauola ali’altar maggiore della compa« gnia della Mifericordia di un san Giouanni decollato,adai diuerfo dagl’als tri,che fi fanno comunemente,laquale pofi fu l’anno 1555. me ne uolea tor- naresmafui forzato,non potendogli mancare,a fare aMeder Bindo Altouiti dueloggiegrandidìmedi ducchi, & a frefeo. Vna delle quali dipinti alla fua uigna con nuoua architettura,perche edendo la loggia tanto gràde che non fi poteuafenza pericolo girami lcuolte,lefeci fare con armadure di le¬gname,di duoie,di cane,fopra lequali fi lauorò di ftuccho,& dipife a frefeo, come fe fu fiero di muragliaj&p tale apparirono,& lo credute da chiunque uede.& fon retteda molti ornamenti di colonne di mifchio,antiche, e rare: e l’altra nel terreno della fua cafa in ponte,piena di ftorieafrefco. E dopo’p lo palco d’una anticamera quattro quadri grandi a olio,delle quattro ftagio ni dell’anno, e quelli finiti fui forzato ritrarre per Andrea della Fonte mio amiciflìmo una fua donna di naturale. & con edo gli diedi un quadro gran¬de d’un Chrifto,che porta la croce,con figure naturali,ilquale haueua fatto per un parente del Papa.alquale non mi tot nò poi bene di donarlo . Al Ve- feouo di Vafonafeciun Chriflo morto,tenuto da Niccodemo,e da due An¬geli, fica Pierantonio Bandini una natiuita di Chriflo col lume della notte, & con uaria inuenzione. Mentre io faceuaqueft’opere,eftaua pure a uede re quello che il papa difegnafiedi farc,uidi finalméte, che poco fi poteuada lui ipcrare,& che in uano fi faticauain feruirlo. perche, non ottante, che io battetti haueflì già fatto i cartoni,per dipignere a frefeo la loggia,che è Copra la fonte di detta vigna,mi riiólnei a volere per ogni modo uenire a Cernire il Duca di Fiorenza, martìmamente,effondo a ciò fare follecitato da M. Auerardo Serri- flori,edal Vefcouode’Ricafoli}ambafciatori in Roma di suaEcc.& con lev tere da M. Sforza Almeni Cuo Coppiere,e primo Cameriere ♦ Ertendo dun¬que trasferitomi in Arezzo,per di li uenirmenea Fiorenza,fui forzato fare a Monfignor Minerbetti Vefcouodi qllacittà,come a mio Sig. Seamicifs. in un quadro,grande quanto il uiuo,la Paeienza.in quel modo, che poi Ce n’c Cernito per imprefà,e riuerfo della lua medaglia,il sig. Hercole Duca di Fer¬rara. laquale opera finita uenni a baciar la mano al S. Duca Cofimo,dal qua lefui,per fuabenignita uedutoben uolentieri. & in ra to,che s’andò pésàdo a che primamente io douelfi por mano,fecifareaChrillofanoGherardidaI Borgo,co miei difegni la facciata di M. Sforza A Imeni di chiaro fcuro, in ql modo,& cóqlleinuenzioni,chefi fon dettein altro luogo diftefamente. & pchein quel tempo mi trouauo edere designori Priori della città diArezzo ofitio che gouerna la città,fui con letteredel Sig. Duca chiamato al Cuo ferui rio, &'aflolutodaquelIoobIigo,&uenutoaFiorézachesua Eccell. haueua cominciato quell’anno a murare quell’appartamento del fuo palazzo, che è uerfo la piazza del Grano con ordine del Taflo intagliatore, & allora archi¬tetto del palazzo: ma era flato porto il tetto tanto bado,che tutte quelle ftan ze haueuano poco sfogo,& erano nane affatto, ma perche l’alzai e i cauagli, Nil tetto era cofa lunga,confighai,che fi facerte uno (partimento,e ricinto di traui con sfondati grandi di braccia due,& mezzo fra i cauagli del tetto,e có ordinedi menfole per lo ritto, che facedono fregiatura circaa duo braccia foprà le traui,laqual colà piacendo molto a fua Ecc. diedeordinefubito,che cofi fi facede,e che il Tado lauorarte i legnami,& i quadri,dentro a i quali fi haueua a dipignere la geneologia degli Dei,per poi feguitare Calere ftanze. mentre dunque,che fi lauorauano i legnami di detti palchi,hauuto licenza dal Duca,andai a darmi due mefi fra Arezzo,de Cortona: parte per dar fine ad alcuni miei bifognij e parte per fornire un lauoro in frefeo cominciato in Cortona nelle facciate,e uolta della compagnia del Giefu. nel qual luogo fe¬ci tre ìftorie della vita di Giefu Chrifto,& tutti i facrificii flati fatti a Dio nel uecchio Teftamen to da Cimino,& Abel infino a Nemia Profeta, doue ache in quel mentre accomodai di modelli,&difegni la fabrica della Madonna nuoua fuor della cittàdaquale opera del Giefu finita,tornai a Fiorenza có tue ta la famiglia Canno 1555. al seruizio del Duca Cofimo. doue cominciai, e fi nii i quadri,e le facciate,^ il palco di detta fala difopra chiamata degli Ele¬menti,facendo ne i quadri,chefonovndici la caftrazione di Celio per Caria,1 dein un terrazzo a canto a detta fala,feci nel palco i fatti dt Saturno,e di Opi c poi nel palco d’un’altra cameragràde tutte lecofe di Cerere,eProferpina. I vna camera maggiore,che è allato a qfta,fimilméte nel palco,che è ricchifs, dftorie della Dea Berecintia,c di Cibelecol fuo trionfo,& le4. ftagioni,e nel le faccie tutti e dodici mefi. Nel palco d’un’altra,non cofi riccha,il nafeimen rodi Gioue,ilfuo eflere nutrito dalla capra Alfea,col rimanentedell’altreco fe di lui piu fegnalate. In un’altro terrazzo a canto alla medefima ftàza,mol- to ornato di pietre,e di ftucchi,altre cofedi Gioue,& Giunone. E finalmen-
te nella camera.che fegue ilnafcered’Hercolecon tuttelefuefàtiche;eqlta, che non fi potè mettere nel palco,fi mife nelle fregiature di ciafcuna ftanza» ò fi è radio ne’panni d’arazzo,che il S. Duca ha fatto teflere con mia cartoni a ciafcuna ftanza,corrifponden ti alle pitture delle facciate in alto ..Non diro delle grottefche,ornamenti,e pitture di ficaie,ne altre molte minuzie,fatte di mia mano in quello apparato di ftanze: perche oltre che spero le n’habbia^ fare altra uolta piu lungo ragionamentojlepuo uedere ciaficuno a fiua uoglia edarnegiudizio. Mentredifioprafidipigneuano quefte ftanze;fi murarono .l’altre che fono in fui piano della fiala maggiore, e rifipondono a quefte per dirittura a piombo,con gran;comodi di ficaie pubb‘che,e fecrete, che uanno dalle piu alte,alle piu baft'ehabitazioni del palazzo. Morto intantoil Taffip il Duca che haueuagrandifsima uoglia,che quel palazzo fiato’ muratoa ca- fo,& I piu uoltejn diuerfi tépi,e piu a comodo degl’ufiziali,che con alcuno buó’ordinejfi correggefle,fi ritaluè a uolere,che p ogni modo, fecondo che poilìbile era,fi raflettafle,e la fiala. grade col tépo fi dipignefle,& il Badinello fieguitafle la.comincia ta udienza, per dunque accordare tutto il palazzo ifie me,cioè il fatto con quello,che s’haueua da fare;mi ordinò che io faceti! pia piante,e difiegni. e finalmente fecondo, che alcune gl’erano piaciute, un mo dello di legname; per meglio potere a fiuo fienno andare accomodando tut¬ti gl’appattamen tke dirizzare,& mutar le leale uecchie che gli pareuano er¬re,mal con fiderate,e cattiue. Alla qual cofa,ancorcheimprefa difficile,e fo- pralefiorzemi pareflejmifi manose condu-ffi,-come leppi il meglio;un gratt- diflìmo modello,che è hoggi appreflo sua Ecc. piu per ubbidirla,.che colpe ranza m’hauefl’eda riufeire. llqualemodello,finito che fu,òfiufle sua,ò mia uentura,ò il difideriograndiffimo,cheio haueuadi fiodisfare,gli piacq; mol io. perche dato mano a mutare, a poco a poco fi è condotto, facendo hora una cola,&quando un’altra,al termine,che fi uede. Et in-tanto,che fifece.il rimanente,condùflì con ricchiffimolauorodi ftucchiin uarii spartimètilo prime otto ftaze nuoue,che fono il fui piano della {gran fiala,fra fialotti carne re,& una cappella,con uarie pitture,& infiniti ritratti di naturale che uégo- nojnelle hiftorie. cominciando da Cofimo uecchio, e chiamando ciafcuna ftazadal nomed’alcuhodificefio dataigrade,efamofio. In vna’aduque.fiono l’azzioni del detto Cofimo piu notabili,e quelle uirtu,che piu furono tue prie,& i fiuoi maggiori amici,e fieruitori,col ritratto de’figliuoli tutti di nata rale. ecofi fono in fiomma quella di Lorenzo vecchio, quella di Papa Leone fiuo figliuolo,quella di PapaClemente;quella del S.Giouanni padre di fi grà Duca,que!ladi efloS. Duca Cofimo. Nella cappella è un-belliffimo, e’gran quadro di mano di Raffaello da Vrbinojn mezo a s. Cofimo,eDamiano mie pi tture;ne 1 quali è detta cappella intitolata, cofi delle ftanze poi difiopra di pinte alla signora Duchefla Leonora,chefono quattro fono azzioni di doti ne illuftri,Greche,Hebree,Latine,eTofcane a ciafcuna camera una di qfte: percheoltre,chealtroue n’ho ragionato,lene dirà pienamente nel Dialogo» che tofto daremo in luce,come s’è detto, che i 1 tutto qui raccontare,farebbe flato troppo lungo dellequali mie fatiche ancora checontinue,difficili,& grandi,ne fui dallamagnanima liberalità di G gran Ducajoltrealle prouifio> ni grandemente,& largamente rimunerato. con.donatiui,& di cale honora'.
te,Srcomode.in Fiorenza,&in uillà,perche io potefli piu agiatamente fer- uirlo.óltre che nella patria mia d’Arezzo mi hahonorato del fupremo magi ftrato del Gonfalonieri,& altri vfitii con faculta che io polfa follituire I que gli un déCittadini di quel luogo,fenza che a fer Piero mio fratello ha dato in Fiorenza vfiti d’utile,&: parimente a mia parenti d’Arezzo fauori eccefliui, la doue io non faro mai per le tante amoreuolezze fatio di confellar l’obligo che io tengo con quello sig. E tornando all’opere mie dico,che pensò que¬llo Eccell.Sig. di mettere ad elecutione un penderò hauuto già gran tempo, di dipignere la falagrande, concetto degno della altezza, & profondità del l’ingegno fuo,ne fo le,come dicea,credo burlando meco,perche péfaua cer to,cheio ne cauerei le mani,et adifuoi la uederebbe finita ,o pur fufi'e qual che altro fuo fegreto,&,come fono fiati tutti e fuoi!, prudétillìmo giuditio. l’effetto in fommafu che mi commefle che fi alzaflìi caualli, & il tcito piu di quel che gl’era braccia tredici,& fi facefiì il palco di legname, & fi mettefii d’oro,& dipigneflt pien di ftorieaolio: imprefa grandifs. importantifs. &-fc non sopraTanimo forfefopra le forze mie:ma o che la fede di quel gran Sig. eia buona fortuna che gl’ha in tutte le cofe,mi facefiì da piu di quel cheio fono,o che la Iperanza,e Poccafione di fi bel fuggetto mi ageuolafli molto di facultà;,o che (e quello, doueuo proporre a ogn’ altra cofa) la grana di DIO mi fomminiftraflì le forze: io la prefi. E come fi èueduto la condufiì con tra Popenione di moltijn molto manco tempo,non folo cheio haueuopromel fo,&che meritaua l’opera: ma neancheio,òpenfaflì mai sua E. I.Ben mi pé foche ne ueniflìmarauigliata,& fodisfattifiìma: perche uenne fatta al mag gior bifogno,& alla piu bella occafioné che.gli potefii occorrerete quella fu accio fi lappi a la cagione di tanta forteti tudine,che hauendo preferitto il ma ritaggio che fi trattarla dello Ululi. principe noftrócon la figliuola del palla to Imperatore,de forella del prelente: mi panie débito mio far ógni sforzo' chein tempo,&occafioné di tanta fella, queftache era la principale ftanza del palazzo,e doue fi haueuano a far gli atti piu impor tanti,fi poterti godere. & qui lalcierò penfare non folo a chi è dell’arte,ma a chi è fuora ancora pur chehabbi ueduto la grandezza,Óc uarietà di quell’opera,laquale occafioné ierribiliflìma,&grande,douerra Grufarmi fe io non hauefsi per cotal fretta fatisfatto pienamente in una varietà cofi grande di guerre in terra,& in ma« re,efpugnazionidicittà,batterie,alfalti,fcaramuccie,edificazioni di città, configli publici,cerimonie antiche,e moderne. Trionfi, e tante altre cole > che non che altro gli schizzi,difegni,e cartoni di tanta opera richiedeuano lunghiflìmo tempo. per non dir nulla de’corpi ignudi, nei quali confillela pertezzione delle nollre artijne de paefi,doue furono fatte le dette cofe dipl- te,i quali ho tutti hauuto a ritrarre di nnturale in fui luogo,e fito proprio-,fi conièancora ho fatto molti Capitani generali,loldati,& altri capi,che furo no in’quelleimprcfe,che ho dipinto.Et in fomma ardirò dire,che ho hauuto occafioné di farein detto palco,quali tutto quello, che può credere penfiero exoncettod’huomo,uarietà di corpi,vifi,uellimenti,abigliamen ti,celate,eU. mi,corazze accóciature di capi diuerfe,causili,forniméti, barde, artiglierie d’ogni forte,hauigazioni,tempelle,pioggie,neuate,e tante altre cofe, che io non ballo a ricordarmene.ma chi uede quell’opera può ageuolmente imma g inarfi quate fatiche,c quante tiigilie habbia fopportato in fare con quanto fiudio ho potuto maggiore,circa quaranta ftorie grandi,Sealcune di loroi ; quadri di braccia dieci perogni verfo,con figure grandiflime,el tutte le ma mere. E fe bene mi hanno alcuni de’giouani miei creati aiutato^ mi hanno,- alcuna uolta fatto commodo,& alcnna nò. percioche ho hauuto tallora, co' me fanno elfi a rifare ogni cola di mia mano,e tutta ricoprire Iatauola,pchc fia d’una medefima maniera, lequali fiorie dico trattano delle cofe di Fiore za,dalla fila edificazione infino a Roggi; la diuifione in quartieri, le città fot topofte,nemici fuperati,città foggiogate,Se in’ultimo il principio,efine del laguerra di Pi fa da uno de’latijedall’altro il principio Umilmente, efine di quella di Siena,vna dal gouerno popolare condotta,& ottenuta nello spa¬zio di quattordici anni,e l’altra dal Rucain i4,mefiicomefi vedra;oltreql- lojcheè nel palco,efara nelle«facciare,chefono ottatabraccia lungheciafcu na,Se alte veti,che tutta uia uò dipignédo a frefco,p poi ancho di ciò poter ragionare in detto Dialogo.Ilche tutto ho uoluto direin fin qui nóp altro che'p moftrare,có quata fatica mi iono adopato,& adopo turtauia nelle co fe dell’arte,Se co quategiufte cagioni potrei fcufarmi,doue in alcuna hauef fi (che credo hauere in molte)mancato. Aggiugneròanco,chequafinelme defimo tempo,hebbi carico di dileguare tutti gl’archi da inoltrarli aS.E.per determinare l’ordine tutto,Se poi metteregran parte in opera/Se far finire il già detto grandiflimo apparato,fatto in Fiorenza.per le nozze del sig.Prin cipe ili u (tri flìmojdi far fare con miei difegni in dieci quadri j al ti braccia l’uno,Se undici larghi,tutte le piazze delle città principali del dominio, tira * te in profpettiua,con i loro primi edificatori,Se infegne,oltre di far finire la tefta di detta fala,cominciata dal Bandinellordtfar fare nell’altra unafeena,. la maggiore,e piu riccha>chefufiedaaltri fatta mai,e finalmente di condur re le fiale principali di quel palazzo,i loro ricetti,Seil cortile,e colonne in ql modo,che fa ognuno,e che fi èderto dilopra,con quindici città dell’impe¬rio,edel Tiruolo,ritrattedi naturalein tantiquadri. Nonèanche fiatopo co il tempo,che ne’medefimi tempi ho meflointirareinnanzi, da che pri¬ma la cominciai,la loggia,Segrandifsima fabrica de’Magifirati,ehe uclta fui fiume d’Arno, della quale’nonho mai fatto murare altra cofapiu diffìcile» ne piu pericolola,per efferefondata in fui fiume,e quali in aria . ma era ne- ceff aria,oltre all’alire cagioni,per appiccarui,come fi è fatto il gran corrido¬re,che attrauerfandojl fiume,ua dal palazzo Ducale,al palazzo, Se giardino de’Pitti. ilquale corridore fu condotto in cinque mefi con mio ordine,e di- fegno ancor che lìa opera da penfare, che non potefle condurli in menodi cinque anni, oltre,che ancho fu mia cura il far rifare,per le medefime nozze & accrefcere nella tribuna maggiore di santo Spirito i nuoui ingegni della fefta,che già fi faceua i n san Felice in piazza.ilche tutto fu ridotto a quellap • fezzione,che fi poteua maggiore, onde non fi corrono piu di que’ pericoli, che già fi facenano in detta fefta. E fiata fimilmente mia cùra l’opera del pa- » lazzo,e Chiefa de’Caualieri di santo Stefano in Pifa:e la tribuna, o vero cu¬pola della Madonna dell’Humiltà in Piftoia,che è opera importantifsima» Diche tutto,fenzafcularelamiaimperfezzione, laqualeconofio da uatag gio fe cofa ho fatto di buono,rendo infinitegrazie a Dio, dal quale spero h3
nere uere anco tanto d’aiuto,che io uedro,quandoché fia finita la terribile impre fa delle dette facciate della fala,con piena fodisfazione de’miei signori, che già,per ifpazio di tredici anni,mi hanno dato occafione di grandifsime co¬le,con mio honore, & utile operare ; per poi, come ftraccho,logoro, & in uecchiato ripofarmi. e fe le cofe dette,per la piu parte, ho fatto con qualche fretta,e preftezza, per diuerfe cagioni,quella spero io di fare con mio com - modo,poi cheti fignor Duca fi contenta che io non la corra, ma la faccia co agio,dandomi tutti quei ripofi,e quelle ricreazioni, che io medefimo io difi . derare, onde l’anno pattato,eden do ftraccho per le molte opere fopradette mi diede licenza,cheio potefsi alcuni mefi andareafpafto, perche mettomi in uiaggio cercai poco meno, che tutta Italia,riuedédo infiniti amici, e miei fignori,d’opere di diuerfi eccellenti artefici,come ho detto difopra ad altro propofito. In ultimoeflendoin Rcmaper tornarmeneaFiorenza, nel ba ciarei piedi al santifsimo,e beatifsimo-Papa Pio quinto,mi comife che io gli, faceflì in Fiorenza una tauola per mandarla al fuo cóllento, e Chiefa del Bo, fco,che gli faceua tuttauia edificare nellaTua patria, uicino ad Aleflandria della Paglia. Tornato dunque a Fiorenza, e per hauerlomi sua Santi cà co mandato,e per le molte amoreuolezze fattemi,gli feci fi com e hauea com- meflomijin una tauola l’adorazione de’Magi,la quale,come feppc effere fta ta da me condotta a fine, mi fece in tendere, che per fua contentezza, e per conferirmi alcuni funi penfieri,io andatti con la detta tauola a Roma, ma fòpra tutto,per difcorrere fopra la fabrica di san Piero , laquale moftra di Hauere a cuore fommamente . Meftomi dunque a ordine con cento feudi,. che per ciò mi mandò,e mandata innanzi la tauola,andai a Roma,
Doue poi che fin dimorato un mefe,& hauuti molti ragionamenti con sua San tità,econfigliatolo a non permcrtereches’alterafle l’ordine del Buonar ruoto nella fabrica di san Piero, e fatti alcuni difegnismi ordinò,che io facef. fi perj’altar maggiore della detta fua Chiefa del Botto, & non una tauola >. come s’ufa comunemente,ma unamachinagrandiftìma quafia^uifaxFarco trionfale,con due tauolegrandi,una dinanzi^ unadi dietro$& in pezzi mi nori,circa trenta ftorie piene di moltefigure che tutte fono a boniftìmo ter¬mine condotte. Nel qual tempo ottenni gratiofamente da sua Santità (ma. dàdomi co infinita amoreuolezza,&fauore le bolle efpedite gratis) la eretio he d’un’a cappella,& Decanato nella pieued’Arezzo:cheè la cappella maggio rè di detta pieueicó mio padronato,et della cala mia,djota ta da me,:& di mia mano dipita ;e t offerta alla bótà diuina p vna ricognitione(acor che minima fia)del grade obligo ch’ho co S. Maiefta p ifinitegratie,& benefiti che s’ède gnato farmi. La tauola della quale,nella forma,e molto fimile alla detta difo pratiche è ftato anche cagione i parte di ridurlami a'memoria,pche è ifolata & ha fimilraéte due tauoletvna già tocca difopra nella parte dinazi,e unajdel là hiftoriajdi s. Giorgio,di dietro mefie in mezzo da quadri co certi siiti, e fot to in quadretti minori l’hiftorie loro,che di quato e (otto l’altare in vna bel lifs. tóba i corpi loro co altre reliquie principali della citta. Nel mezzo uienc vn tabernacolo attaibene accomodato p il Sacramento : pche corrifponde a Tvno,e l’altro altare,abellito di hiftorie del uecchto,& nuouo teftamétottyt- ìeappropofito di quelmifterio. come in parte.s’cragionaro.akrone.
Mi era Mi era anche (cordato di dire,che l’anno innanzi,quado andai la prima voi ta a baciargli i piedi,feci la uiadi Perugia,per mettere a fuo luogo, tre gran tauole fatte ai monaci neri di san Piero in quell? città, per un loro refetto¬rio . In vna cioè quella del mezzo fono le nozze di Cana Galilea, nelle quali Chrifto fece il miracolo di conuertire l’acqua in uiuo. Nella feconda dama deftra e Eli(eò Profera,chefa diuentar dolce con la farina l’amariffima Olla: i cibi della quale guaftì dalle coloquinre i fuoi Profeti nó'poteuano magiare e nella terza è s.Benedetto, alqualeannunziadouncóuerfo,in tépo di gradi lhma careftia,e quadojapunto macaua da uiuere a i fuoi monaci,che fonojar riuati.'alcuni Camelli carichi di farina alia porta,e’uede chegl’Angeli di Dio gli códuceuanomiràcolofamécegràdifs. quantità di farina. Alla signora Gè tilina,madrejdel S.Chiappino,e S.Paulo Vitelli,dipinfì in Fiorenza,e d idi le madai a città di Cartello una gràjtauola,in cui è la coronazione di Noftra Do na,i alco un balIod’Angek,&a bado molte figure maggiori del uiuo,laqual tauola fu porta in san Francefco di detta citta, per la Chiefa del poggio a Ca iano,uilla del signor Duca,feci in una tauola Chrifto morto in grembo alla madressan Cofìmo,esan Damiano,che Io contemplano; & un Angelo in aria,che piangendo mortraimifterii della pafiìone di erto noftroSaluatore. E nella Chiefa del Carmine di Fiorenza,fu porta quali ne medefimi giorni una.fauóla di mia mano,nella cappella di Matteo.e Simon Botti,miei amicif fimi,nella quale è Chrifto crucifirto,la Noftra Donna,san Giouanni, e la Ma, dalena.che piangono. Dopo a Iacopo Capponi feci,per mandare in Francia duegran quadri; iu uno è la Primauera, e nell’ altro l’Au tunno, con figure grandi,e nuoue inuézioni. & in un’altro quadro maggiore un Chrifto mor to foftenuto da due Angeli,e Dio Padre in alto . Alle Monache disata Ma ria Nouellad’A rezzo mandai, pur di quegiorni,© poco auanti, una tauola, dentro la quale è la Vergine annunziata dall’A ngelo,edagli lari due santi. & alle Monache di Luco di Mugello dell’ordine di Camaldoli un’altra tauo la,cheènelloroChorodi dentrojdoueè Chrifto crucififlo,la Noftra Don¬na,san Giouanni,e Maria Madalena.
A Luca Torrigiani molto mio amoreuohflìmo,&domeftico,ilquale defi derando fra molte cofe che a dell’arte noftra,hauere una pittura di mia ma= no propria,per tenerla apprefto di fe,gli feci in un grà quadro V enere ignu¬da, con le tre Grazie attorno, che una gli acconcia il capo l’altra gli tiene lo specchio,& l’altra uerfa acqua in un uafo per lauarla: laqual pittura m’inge gnai condurla col maggiore ftudio,Sc diligenza che io potei,fi per contenta rejnon meno l’animo mio,che quello di fi caro,& dolce amico, feci ancora a Antonio de Nobili Generale depositario disuaEccell. & molto mio affetio natoolrrea un fuoritrattosforzatocontroallanaturamiadifarnevna tefta diGiefu Chrifto,cauata dalle parole che e Létulo fcriue della effìgie fua,che Luna,e l’altra fu fatta con diligentia,& parimente un’altra alquanto maggio re,ma Limile alla detta al Signor Mandragone primo hoggi appreffo a don Francefco de’Medici Principe di Fiorenza,& Siena, quali donai a suaSigno ria p effer egli molto affetionato alle virtù,Scnoftre arti, a cagione che e’pof fa ricordarli quando la uede che io lo amo,ócgli fono amico, ho ancora fra mano che (pero finirlo predo un gran quadro cofa capricciofiflìma che de-ue ac feruire per il signore AntohiaM'ontaluo signore della Saffetta,degnarne te primo Cameriere,& piu inrrinfecoal Dupanodro, e tanto a meannciflì- mo,e dolce domedico amicoper non dir fuperiore,chefelamano mi Cerni¬rà alla uoglia ch’io tengho di lafciargli di mia mano un pegno della1 affetio- ne che io le porto, si conofcerà quanto io lo hono'ri,&habbia caro chela me moria di Inonorato,&fedel signore amato da me, viua ne poderi. poi che egli uolentieri fi affa cica, &: fauorifee tutti e-begli ingegni di quello medierò ò che fi dilettino del difegno.
Al Signor Principedon Francefco ho fatto vltimamente due quadri, che ha mandati aTolledoin Hpagnaaunaforelladella Signora Ducheda Leo¬nora fuamadre. & perfeun quadre.ttopiccolbaufodiminio,con quaran« ta figure fra grandi,e piccole,fecondò una fua belliflima inuenzionev A FilippoSaluiatihofìnita,non ha molto,una rauola, cheua a-Prato nelle Cuore di san Vincenzio: doue in alto è la nodra Donna coronata, come allo ra giunta in cielo,& a baffo gl’Apoftoli intorno al Sepolcro. A i Monaci ne ri della Badia di Fiorenza dipingo Umilmente una tauola, che èuicinaal fi¬ne, d’una AffunzionediNodranonna,egl’Apodoli in figure maggiori del’ uiuo,con altre figure dalle bande,e do ri e, de ornamenti intorno, in nuouo modo accomodati. E perche il Signor Duca,ueramen re in tutte le cofe ec- cellentiflìmo,ficompiace non folo nell’edificazionide’palazzi,città,fortezze porti,loggie,piazze,giardini,fontane,villaggi,Scaltre cofefomiglianti,belle magnifiche,& utiliffime,e comodo de’fuoi popoli: ma anco foraraamentei far di nuouo,& ridurre a miglior forma,e piu bellezza,come catolico Pren- cipe,in Tempii,e le sante Chiefe di Dio,a imitazione del gran Re Salamone;- vltimamen te.ha fattomi leuare il tramezzo della ChiefadisantaMaria No- uella,chegli toglieua tutta la fua bellezza„e fatto un nuouo Choro,e ricchi! fimo dietro l’altare maggiore,per leuar quello,che occupaua nel mezzo grà parre’di qlla Chiefa.Ciche fa parere quella,una nuoua Chiefa belliflìma, co meèueramenre. E perche le cofe,che non hanno fra loro ordine, e propor zione,non poffono eziandio effere belle in teramente,ha ordinato,che nelle- nauate minori,fi facciano in guidi,che corrifpondano al mezzodegl’archi,e fra colonna,e colonna,ricchi ornameli ti di pietre con nuoua foggia,che fer- uino con i loro altari in mezzo.per cappelle,e fieno tutte d’una,o duemanie¬re. E che poi nelletauole,che uanno dentro a detti ornamenti, alte braccia-, fette,e larghe cinque,fi facciano le pitture a uolonta,e piacimenta;de’padro' ni di effe cappelle. •
In uno dunque>di detti ornamenti di pietra,fatti con mio difegno, hofat: to perMonfignor Reuerendiflìmo AledandroStrozzi,Vefco.uodi Volter¬ra mio uecchio,& amoreuoliflimo padrone un Chridocrucififfo, fecondo» la uifionedi santo Anfelmo,cioè con fette uirtu,fenza le quali non pollìa-r mo falire per fette gradi a Giefu Chrido,& altre confiderazi^niitatte dal me- defimo fantote nella medefima Chiefa per l’eccellentemaedro Andrea Pas» quali,medicodel Signor Duca,ho fatto in uno di detti ornamenti la reffur* rezionedi Giefa.Chridoin.quelmodo,cheDÌo mi ha infpirato,per compia cere eflo maeftro Andrea,mio amicidìmo,.Il medefimo ha uoluto che fi fas- .eiaquedogran Duca nellaChiefa grandifsimadisanta.CracediFirenze:cioè che fi lieui il tramezzo,fi faccia il Choro dietro l’altar maggiore, tirado elio altare alquanto innanzi,e pónéndouifopraunnuóuoriccho taber« nacolo per lo santiflìmo Sacramento,tutto ornato d’oro,di ftoric,e di figu¬re. & oltre ciò,che nel medefimo modo,che fi^èdetto di santa Maria Nouel la', vi fi faccino quattordici cappelle a canto al muro,con maggior fpela,&or namento,chelefudette:perefierequefta Chiela molto maggiore cheqlla/ ’Nelle quali tauole,accompagnando le due del Saluiati,e Bronzino, ha da ef fere tutti 1 principali mifterii del Saluatore dal principio dellafua paffionein ’fino a che manda lo spirito Santo Copra gl’A portoli. laquale tauola della mif fione dello Spirito Santo,hauendo fatto il difegno delle cappelle,& ornarne ti di piètre,ho io fra mano per M. Agnolo Biffoli,generale tefauriere di que fti Signori,e mio (ingoiare amico. Ho finito,non è molto due quadri gran¬di,che fono nel Magiftratode’noueGonferuadoriacantoasan Piero Sche raggio,in tino èia tefta di Chrifto,e nell’altro una Madonna. Ma pche trop po farei lungo aùolere minutamente raccontare molte altre pitture, dife- gni che non hanno numero,modelli,e mafeherate,che ho fatto,epcheque- ftó èa baftanza,e da vantaggioinón diro di me altro,fe non che per grandi, e d’importanza che fieno ftatele cofe che ho mertofempre innanzi al Duca Cofimo,non ho mai potuto aggiugnere,non che luperare la grandezza del« l’animo fuo,come chiaramente uedraffi in una terza sagreftia, che uuolfare a canto a san Lorenzo,grande,e limile a quella,che già ui fece Michelagno- dosma tutta di uarii marmi mifchi,emufaicoiper dentro chiuderui in fepol- cri honoratifiìmi, e degni della fua potenza,e grandezza, l’olla de’fuoi mor¬ti figliuoli,del padre,madre,della magnanima Duchella Leonora fua cófor- te,edife. Di che ho io già fatto un modello a fuo gnfto, e fecondo che da lui mi è ftato ordinato,ìlquale mettendoli inopera,fara quella elfere vn nuo no Mauloleo magnificènte.,e ueraméte Reale. & fin qni balli hauer parlato di me,condotto con tante fatiche nella età d’anni cinquantacinque, & per uiuerequanto piaceràa Diocófuohonore, & in feruirio Tempre delli ami ci,& quanto le mie forze potrà in vno còmodo,S; auguméto di quelle nobi 'liffimearti.
L’AVTORE AG L’A RT;E FrC.l DEL DISEGNO.
Onorati,e nobili artefici,a prò,& comodo de’quali principal¬mente,io a coli lunga faticala feconda uolta, melfo mi fono j io mi ueggiojcol fauore,6c aiuto della diuina grazia, hauere quellocompiutamentefornito,cheio nel principio della pre« lente mia fatica, promifi di fare. per laqual colà Iddio pri¬
mieramente,& apprerto i miei fignori ringraziandole mi hanno onde io habbia ciò potuto fare comodamente conceduto,èdadare alla penna, & al la mente faticata ripolo : ilche faro torto che haro detto alcune cofe brieue- mcnte. Se adunque parerte ad alcuno che tal uolta, in fcriuendo furti ftato anzi Righetto,& alquàto proliflo; l’hauere io voluto piu,che mi fi a (lato pof fibile,eflere chiaro>& dauan ti altrui mettere le cofe in guifa,che quello,che non se intefo, ò io non ho faputo dire coli alla primaria per ogni modo ma . nifefto •ifefto. E le quello,che una uolta fi è.dctro >è rataraftatoifi altro luogo re-plicato,orcio due fo-no fiate le cagióni, l’hauere cofr richieftola materia di cui 6 tratta,& l’hauereio nel tempo,che ho rifatta,e fi è l’opera riftampata, interrotto piu ffunafiataperifpazio nondicodi*giorni',maehmeli, tatari- uste,ò per iiiaggi.o per foprabondanti fa ciche, opere dipinture, difegni, e fa- briche, sanzachea un par miófil confettaliberamente) èquàfi imponìbile guardarli da tutti gl’errori. A coloro, a i quali parefle che io hauelìì alcu- ni,o uecchi,o moderni troppo lodato , e che facendo comparazione da c(T> uecchiaquellidiqucftaetà.feneridefierosnon tachraltrp mi rifpondert fenon che intendo hauere Tempre lodato,non femplicemente, macomes’v fa dire,fecondo che,& battuto rifpetto a i luoghi,tempi,& altre fomiglianti circonftanze. e nel uero,come che Giotto folle pohiam cafo, ne’fuoi tempi lodatiffimo.non fo quello,che di lui,e d’altri antichi fi folta detto,fe folli fta to al tempo del Buonarruoto:oÌtre che gl’huomini di quello fecolo, i 1 quale è nel colmo della perfezzione,non farebbono nel grado,che fono; fe quelli non fodero prima fiati tali,e quel che furono innanzi a noi. et in fommacre dafi,che quello che ho fatto in lodare,o biafimare,non l’ho fatto malageuol mente,ma Iota per direìl nero,o quello che ho credu tocche uero fia.
Ma non fi può lepipre hauer in irono labilancia dell’Orefice, e chi ha pro- uatochccofaè ta fcriuere,ein3iìimamcntcdoucfì hanno a fare compara¬zioni,che fono di taro natura odiofc,o dar giudiziojmi hauerà per ifeufato. e ben fo io quante fieno le fatiche, i difag', c i danari, che ho fpefo in molti anni,dietro a queft’opcra. E fono fiate tali,c tante le difficultà, che ci ho tro uaté, che piu uoke me ne farei giu tolto per disperazione, ta il foccorfo di molti buoni,c ueri arancia i quali fatò lepre obbliga filli tapi non mi haues- fero fatto buon’ani mo,& confortatomi a taguitarc,con tutti quegl’amore- uoli aiuti,cheperlorofi fono potuti,di notizie,e d’auifi,e rifeontri di uaric cofc,delle quali cóme,che uedute l’haùeffoio.ftaua aliai pe’rple fio,e dubbio ta. I quali aiuti fono ueramente fiati fi fatti,che io ho potuto puramente fco\ prrre il ucro,'édarè in luce quell opera-,per rauuiuarc la memoria di tanti ra ri,e; pellegrini ingegni,quafi del tuttofepolta.c a benefizio di qnechc dopo noi uerranno. Nel che-fare mi fono flati,come altroue fi è detto,di non pie colo aiuto gli fcritti di Lorenzo Gh ibcrti,di Domenico Grill andai, e di Raf faello da Vrbino. A i quali fe bene ho preftato fede,ho nondimeno femprc uolutorifcontrareillordire con la uedutadell’opere. efiendo,che intaglia la lunga pratica i (ollcciti dipintori a conofcere come fapete,non altramente le viarie maniere degl’artéfici.che fi faccia iin dotto,e pratico cancelliere i di uerfi,e uariati ferini de’fnoi eguali.-e ciafcuno i caratteri de’fuoi piu filetti fa migliavi amici,congiunti. Horafeio haueròconfeguitoilfine,cheio ho defiderato,chc è fiato di giouare.&infiememente dilettare,mi fata fomma- mente grato. & quando fia altrimenti mi faradi contento, ò almeno alleg¬gi amen to di noia,hauer durato fatica in cofa honoreuole,eche dee farmi de gno appo i uirtuofi di pietà,non che per dono. Ma per uenire al fine hoggi mai di lì lungo ragionamento,io ho ferino come pittore, & con quell’ordi ne,e modo che ho faputo migliore. & quanto alla lingua in quella ch’io par lo,o F iorcntina,oTofcana ch’ella fia,& in quel mede che ho faf uve piu
le,& ageuolc,lafciando gPornati,e luoghi periodi,la fceJ tabelle Uoci, & gli altri ornamenti del parlare,c fcriucre dottamente a chi non.ha come ho iòj piu le mani a i pennelli,che alla penna,& piu il capo a i dilegni,che allo feri*? uere. e le ho feminati per l’opera molti uocaboli proprii delle noftre arti,de i quali no occorfe per auentura feruirfi a 1 piu chiari,Si maggiori lumi dell»' lingua noftra: ciò ho fatto per non poterfar di manco,e per.eflere intè •<!' fo da uoi artefici,peri quali come ho detto mi fono meftb prin- r cipalmente a quella fatica. Nel rimanentehauendo far . / ÌO f toquello,cheholaputo,accettatelonolentic-the dà me non uogliate quel ch’io non ,:Ld ’ . ; ì fo,enQpoflo:appagandouidel .buonoalo mio,che è, claràsépre
digiouare,e piacere altrui,
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Fine della Vita di Giorgio Vafàri, Pittore^,
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